N. 250 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 2008
Ordinanza del 14 aprile 2006 emessa dal G.i.p. del Tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Erra Giada ed altri Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria - Termine di prescrizione di tre anni - Mancata previsione dell'applicazione di tale termine a tutti i reati di competenza del giudice di pace - Violazione del principio di ragionevolezza. - Codice penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, art. 3.(GU n.36 del 27-8-2008 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Esaminati gli atti del procedimento n. 9949/01 RGNR e 1587/06 GIP nei confronti di: ERRA Giada nata a Viareggio il 16 luglio 1974, CARDINI Gabriele nato a San Miniato l'11 luglio 1963, CARDINI Osman nato a San Miniato il 28 maggio 1930, JOANNAS Cristiana nata a Empoli il 7 febbraio 1972, JOANNAS Francesco nato a Fucecchio il 15 gennaio 1973, indagati per i reati di cui agli artt. 594 e 582 c.p. commessi in San Miniato (PI) il 10 giugno 2001. O s s e r v a A seguito della proposizione di due querele reciprocamente sporte da Erra Giada, Cardini Gabriele e Cardini Osman, da una parte, e Joannas Cristina e Joannas Francesco, dall'altra, si iniziava procedimento penale nei confronti di tutti gli indagati nei confronti dei quali venivano ipotizzati i reati di lesioni personali ed ingiurie commessi in San Miniato (PI) in data 10 giugno 2001. Con riguardo a tali reati il Pubblico Ministero formulava richiesta di archiviazione ritenendo l'intervenuta prescrizione dei medesimi sulla base della disposizione del quinto comma dell'art. 157 c.p. come modificato dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 («Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica i/termine di tre anni»). Avverso la richiesta di archiviazione proponevano opposizione Joannas Cristina e Joannas Francesco sostanzialmente contestando l'applicabilita' della disposizione normativa richiamata dal Pubblico Ministero poiche' per i reati ipotizzati la pena prevista non risulta diversa dalla pena pecuniaria (al reato di cui all'art. 582 c.p. e' applicabile la pena pecuniaria accompagnata da quella della permanenza domiciliare ovvero del lavoro di pubblica utilita'; per il reato di ingiurie e' prevista la sola pena pecuniaria). Contestava, inoltre, l'applicabilita' del nuovo termine di cui al quinto comma dell'art. 157 c.p. ai reati di competenza del giudice di pace considerato che, a norma dell'art. 58 decreto legislativo n. 274/2000, anche ai fini della prescrizione la pena dell'obbligo della permanenza domiciliare ed il lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella originaria. La norma di riferimento che viene in rilievo ai fini della decisione e' la disposizione del nuovo art. 157, comma 5, c.p., in forza del quale, allorche' per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine prescrizionale di tre anni. La norma appare applicabile nella specie - risultando di maggior favore - per effetto della disciplina transitoria prevista dall'art. 10, commi 2 e 3, della legge n. 251/2005, stante la pendenza del procedimento alla data della sua entrata in vigore. Gia' i primi commentatori della nuova disposizione - poi seguiti dalla giurisprudenza formatasi in fase di iniziale applicazione - l'hanno riferita ai reati di competenza del giudice di pace, per i quali ai sensi dell'art. 52 decreto legislativo n. 274/2000 puo' essere irrogata - nei casi di cui al secondo comma, lettere a) seconda parte, b) e c) - la sanzione della permanenza domiciliare o del lavoro sostitutivo, in alternativa alla mera pena pecuniaria. In effetti il disposto dell'art. 157 comma 5, c.p., risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6 legge n. 251/2005, non appare relativo - a meno di non sostenere una sua attuale inapplicabilita' - a reati diversi da quelli oggi di competenza del giudice di pace puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo. A questo proposito occorre sottolineare che non rileva che tali sanzioni siano previste in forma alternativa alla pena pecuniaria atteso che il comma quinto dell'art. 157 c.p. novellato si riferisce ai casi di mera previsione edittale di pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria a differenza di quanto avviene al primo comma della stessa norma laddove i termini di prescrizione sono stabiliti avuto riguardo alla natura dei reati (delitti e contravvenzioni) e indipendentemente dalle previsioni sanzionatorie («ancorche' puniti con la sola pena pecuniaria»). Neppure puo' ritenersi ostativo all'applicazione del termine triennale di prescrizione ai reati di competenza del giudice di pace puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo il dettato dell'art. 58 decreto legislativo n. 274/2000 per il quale «Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e i/lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena detentiva iella specie corrispondente a quella della pena originaria». Basta, in proposito, porre mente alla definizione di sanzioni alternative alla detenzione per «il lavoro di pubblica utilita» e per la «permanenza in casa» contenuta nell'art. 16 lett. a) della legge n. 468/1999 di delega al Governo in materia di competenza penale del Giudice di Pace ed alla stessa Relazione governativa al decreto legislativo n. 274/2000, laddove si parla di «scomparsa della pena detentiva» e di introduzione di «nuovi protocolli sanzionatori» per pervenire alla definizione di pene paradetentive per l'obbligo di permanenza domiciliare e per il lavoro di pubblica utilita' che costituiscono, cosi', un vero e proprio sottosistema sanzionatorio (in tal senso cfr. Tribunale di Pisa, Ufficio Giudice per le Indagini Preliminari, sent. 8-20 febbraio 2006 n. 41). Nel caso che ci occupa entrambi i reati ipotizzati risultano di competenza del giudice di pace: in base al trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 52 decreto legislativo n. 274/2000, mentre per le ingiurie nella forma non aggravata dovrebbe essere irrogata la sola multa da euro 258 a 2.582 (essendo prevista la pena editale originaria della reclusione non superiore nei massimo a sei mesi: art. 52, comma 2, lettera a, primo periodo, decreto legislativo n. 274/2000) per il delitto di lesioni volontarie, punito con la reclusione da tre mesi a tre anni, e' prevista l'applicazione, in via alternativa, della multa da euro 516 a 2.582 o della pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero della pena del lavoro di pubblica utilita' da venti giorni a sei mesi (art. 52, comma 2, lettera b, decreto legislativo n. 274/2000). Palese l'irrazionalita' delle conseguenze sulla disciplina della prescrizione dei reati che derivano dal diverso trattamento sanzionatorio riservato alle due fattispecie: la prima (art. 594 c.p.), punibile con la sola pena pecuniaria, sarebbe sottoposta al termine di prescrizione ordinario previsto dal primo comma dell'art. 157 c.p. di sei anni (scadente nella specie il 10 giugno 2007), mentre il secondo, connotato da obbiettiva maggiore gravita', dovrebbe oggi essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione essendo sottoposto al piu' breve termine triennale. Questo giudice ritiene non superabile in via interpretativa l'evidenziata irragionevolezza della disciplina normativa senza disattendere il tenore letterale delle singole disposizioni richiamate: la stessa costruzione teorica di un sottosistema sanzionatorio previsto per i reati del giudice di pace che comprenderebbe anche le sanzioni pecuniarie demandate alla applicazione da parte ditale organo della giurisdizione non convince. Essa, infatti, se risulta coerente con riferimento alle cd. «sanzioni paradententive» di nuova introduzione, non puo' comprendere nel suo ambito anche le pene pecuniarie se non operando un vero e proprio salto logico sulle ragioni di una loro differenziazione da quelle di previsione codicistica, delle quali conservano la natura (recita in proposito l'art. 52 decreto legislativo n. 274/2000: «si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente») e rispetto alle quali non e' prevista alcuna diversa disciplina normativa. Non potendosi accedere a soluzioni ermeneutiche correttamente sostenibili che non collidano con norme e principi costituzionali, si impone l'obbligo di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, c.p. cosi' come sostituito dalla legge 2 dicembre 2005 n. 251. La questione deve ritenersi non manifestamente infondata con riguardo al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione apparendo manifestamente irragionevole la norma nella parte in cui prevede un termine prescrizionale piu' breve per reati di maggiore gravita' per i quali siano irrogabili, in alternativa alla pena pecuniaria, la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, ed invece un termine maggiore perche' possano pervenire a prescrizione reati puniti con la sola pena pecuniaria. In proposito si osserva come il principio di ragionevolezza delle disposizioni normative costituisca un'accezione particolare del principio di uguaglianza alla quale e' tenuto il legislatore nell'esercizio della sua discrezionalita' allo scopo di evitare disparita' di trattamento che potrebbero derivare nell'esercizio dell'azione penale. E la proporzionalita' tra le cause estintive del reato - tra le quali senz'altro deve rientrare il decorso del tempo necessario perche' maturi la piu' severe sanzioni per esso previste - alla quale il termine di prescrizione deve essere rapportato con criterio di gradualita' - costituisce un sicuro parametro di riferimento allo scopo di rendere armonico il trattamento da riservare ai destinatari dell'azione penale. La disciplina oggetto di censura, invece, appare ictu oculi fortemente lesiva del sistema egualitario che deve permeare l'ordinamento laddove - prescindendo da ogni riferimento al cd. oblio sociale dell'illecito che e' nella ratio dell'istituto della prescrizione - consente tempi di prescrizione piu' lunghi per fatti meno gravi di altri ai quali e', invece, applicabile la causa estintiva del reato dopo un minor lasso di tempo dalla sua realizzazione. Opportuno, pertanto, per essa appare il vaglio di coerenza e non contraddizione da parte della Corte costituzionale, unico organo legittimato a fornire una lettura unificante del termine di prescrizione per tutti i reati di competenza del giudice di pace, indipendentemente dalla sanzione per ciascuno di essi prevista. La rilevanza della questione sussiste nel giudizio in corso influendo in maniera diretta sulla decisione che questo giudice e' chiamato ad adottare, circa l'avvenuta prescrizione, ad oggi, di tutti i reati ipotizzati nei confronti degli indagati.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto con l'art. 3 Costituzione - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 5, c.p., come novellato dall'art. 6, legge n. 251/2005, nella parte in cui non prevede che il termine di prescrizione di anni tre si applichi, oltre che ai reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, a tutti gli altri reati di competenza del giudice di pace. Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata agli imputati ed al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica. Pisa, addi' 14 aprile 2006. Il giudice per le indagini prelimanari: Murano