N. 14 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 maggio - 23 luglio 2008

Ricorso   per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  stato
(merito) depositato  in cancelleria il 23 luglio 2008 (del Presidente
del Consiglio dei ministri)

Segreto  di  Stato  - Procedimento penale nei confronti di funzionari
  del  SISMi,  di  agenti  di un Servizio straniero (CIA) e di altri,
  relativamente  al  sequestro  di  persona  in  danno  di Nasr Osama
  Mustafa  Hassan,  meglio noto come Abu Omar - Ordinanze istruttorie
  emesse   dal   Tribunale   di   Milano,  sez.  IV  penale,  giudice
  monocratico,   con   le  quali  veniva  disposta  la  revoca  della
  precedente   ordinanza   di   sospensione  del  procedimento  e  la
  sostituzione,   nel   fascicolo  del  dibattimento,  dei  documenti
  omissati  con  quelli non omissati (ordinanza del 19 marzo 2008) e,
  successivamente,  l'ammissione  della prova testimoniale cosi' come
  richiesta  dal  pubblico  ministero (ordinanza del 14 marzo 2008) -
  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato sollevato dal
  Presidente  del  Consiglio  dei ministri - Denunciata lesione delle
  prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di
  segreto di Stato - Violazione del principio di leale collaborazione
  -   Richiesta  alla  Corte  costituzionale  di  dichiarare  la  non
  spettanza   al   Tribunale  di  Milano,  sez.  IV  penale,  giudice
  monocratico,  ne' di ammettere, ne' di acquisire, ne' di utilizzare
  atti,  documenti  e fonti di prova coperti da segreto di Stato e su
  tale  base di procedere ad istruttoria dibattimentale; di procedere
  oltre  nel  dibattimento  nella perdurante pendenza dei giudizi per
  conflitto    di   attribuzione   nei   quali   si   discuta   della
  utilizzabilita'  di  atti istruttori e/o documenti perche' compiuti
  od  acquisiti  in  violazione  del  segreto di Stato; di procedere,
  comunque,   oltre  nell'istruttoria  dibattimentale  -  Conseguente
  richiesta   di   annullamento  delle  ordinanze  istruttorie  sopra
  indicate.
- Ordinanze  istruttorie 19 marzo 2008 e 14 maggio 2008 del Tribunale
  di Milano, sez. IV penale.
- Costituzione,  artt. 1, 5, 52, 87, 95, 102 e 126, in relazione agli
  artt.  12  e 16 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, 202, 256 e 362
  cod.  proc.  pen.  (vigenti  al  tempo) e 39, 40 e 41 della legge 3
  agosto 2007, n. 124.
(GU n.34 del 13-8-2008 )
   Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  e presso la medesima
domiciliato  in  Roma,  via  dei  Portoghesi n. 12, avente ad oggetto
conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del
Tribunale  di  Milano  -  sez.  IV penale - giudice monocratico dott.
Oscar  Magi,  in  relazione  alle ordinanze 19 marzo 2008 e 14 maggio
2008  con  cui,  rispettivamente,  veniva  accolta la richiesta della
Procura  della  Repubblica  di  Milano  di  revocare  l'ordinanza  di
sospensione  del  processo  per il sequestro di Abu Omar pendente nei
confronti  di  funzionari  del  SISMi  (tra cui il suo direttore), di
agenti  di  un Servizio straniero (CIA) e di altri, e veniva disposta
l'integrale  ammissione  dei  capitoli  di  prova indicati dal p.m. e
relativi  ai testi da 45 a 65 della sua lista. Il decreto di rinvio a
giudizio e la relativa richiesta erano stati adottati, infatti, sulla
base  (anche)  di  fonti  di  prova  che  si  assumevano acquisite in
violazione  del  segreto  di  Stato  e  cio'  aveva  dato  vita a due
conflitti   di   attribuzione  -  tuttora  pendenti  -  promossi  dal
Presidente del Consiglio contro il Procuratore della Repubblica ed il
g.i.p.-g.u.p.  di  Milano, in considerazione dei quali il Tribunle di
Milano  aveva  ordinato  la sospensione del dibattimento. La disposta
revoca   di   tale  sospensione,  con  conseguente  prosecuzione  del
dibattimento  dinanzi  al  Tribunale  di  Milano  in pendenza di tali
giudizi  di  conflitto  fra  poteri costituisce, quindi, in generale,
esercizio  di  funzione  giurisdizionale  in  materia in cui sono sub
iudice  i  poteri  della  autorita'  giudiziaria  e  costituisce,  in
particolare,  contestazione menomatrice dei poteri del Presidente del
Consiglio  in materia di segreto di Stato laddove - nell'ordinanza 14
maggio  2008  -  si  afferma  la  prevalenza  del  potere giudiziario
all'accertamento  del  reato  rispetto  al  potere  presidenziale  di
segretare fonti di prova.
                              F a t t o
   1.  -  La  vicenda  e'  ben  nota  a  codesta  Corte, ma converra'
brevemente riassumerla.
   La  Procura  della Repubblica di Milano, procedendo nelle indagini
sul  sequestro  di  persona  di  Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu
Omar,   avverti'   ben   presto   che   la   sua   attivita'  sarebbe
necessariamente  entrata  in contatto con aree coperte dal segreto di
Stato  e  di  questo  ebbe,  anzi,  preciso avvertimento da parte del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  il  quale,  informato  dal
Direttore  del  SISMi delle richieste di notizie indirizzategli dalla
Procura  milanese,  con nota 11 novembre 2005 n. USG/2.SP/1318/50/347
(doc.  1),  nell'affermare  energicamente  l'assoluta estraneita' del
Governo  e  del SISMi al sequestro in danno di Abu Omar, confermo' le
disposizioni  precedentemente  impartite  dai  suoi  predecessori  in
materia  di  segreto di Stato, in particolare per quanto attiene alle
«relazioni dei Servizi ... con organi informativi di altri Stati».
   E'  chiaro  l'implicito  richiamo  alla  direttiva  30 luglio 1985
n. 2001.5/707  (doc.  2),  nella  quale  veniva stabilita, in estrema
sintesi,  la  assoluta  oggettiva  segretezza dell'organizzazione dei
servizi e dei rapporti fra servizi italiani e servizi stranieri.
   Direttiva,  d'altronde,  ben  nota  agli operatori nel campo della
giustizia  penale  (cfr. Assise Roma, sentenza n. 21/97 del 12 giugno
1997 e Cass., sez. I pen., sentenza n. 3348 del 29 gennaio 2002).
   L'apposizione  del  segreto  di  Stato  fu  ancora  reiterata  dal
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  con  nota  26  luglio 2006
n. USG/2.SP/813/50/347  (doc.  3)  contenente risposta al Procuratore
della  Repubblica  di Milano, il quale aveva chiesto «la trasmissione
di  ogni  comunicazione  o  documento ... concernenti il sequestro in
oggetto  indicato (Abu Omar: n.d.r.) o le vicende sopra descritte che
lo  hanno  preceduto  o, in generale, tutti i documenti informativi e
atti  relativi alle pratiche delle c.d. «renditions». «Tanto Premesso
-  continuava  il  Procuratore  della  Repubblica di Milano - rivolgo
richiesta  alla S.V. competente ai sensi dell'art. 1, legge 24 ottbre
1977,  n. 801,  nella  ipotesi  in  cui  su  tali  atti,  documenti o
informative,  ove  effettivamente  esistenti,  gravasse il segreto di
Stato, di valutare l'opportunita' di revocarlo».
   La  risposta  del  Presidente  del  Consiglio  pro  tempore  fu la
seguente:   «...   rilevo   che   su   detta  documentazione  risulta
effettivamente  apposto  il  segreto di Stato da parte del precedente
Presidente   del   Consiglio   dei  ministri;  il  segreto  e'  stato
successivamente   confermato   dallo   scrivente.   Ne'   sussistono,
nell'attuale  contesto,  le  condizioni  per  rimuovere il segreto di
Stato da detta documentazione ...».
   Fu,  inoltre,  prima sequestrata in forma integrale, poi ottenuta,
su  ordine  di  esibizione, in forma parzialmente oscurata per tutela
del  segreto,  documentazione  SISMi  utilizzata dal p.m. in un primo
momento  nella  versione  integrale  (e  poi  sostituita  con  quella
«omissata»  come  meglio  si  precisera).  La  iniziale utilizzazione
integrale  aveva  formato  oggetto  di  un  primo mezzo di censura in
entrambi i conflitti.
   2. - Un particolare strumento di indagine utilizzato dalla Procura
milanese fu, poi, quello delle intercettazioni telefoniche effettuate
«a  tappeto»  su utenze «di servizio» del SISMi, in ordine alle quali
e'  stata  dedotta  una  oggettiva  violazione  del segreto di Stato,
coessenziale  con la segretezza dell'organizzazione del servizio, nei
giudizi di conflitto pendenti.
   3.  -  Un'ulteriore  profilo  dei  conflitti  sub iudice era, poi,
quello  della  contestazione da parte del Presidente del Consiglio di
una  linea  di  condotta  degli  inquirenti  volta ad acquisire dagli
indagati  e  dai  testimoni  notizie  coperte  da  segreto  di Stato,
segnatamente per quanto attiene ai rapporti fra SISMi e CIA.
   Oltre ai due conflitti sopra menzionati, promossi dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri (che hanno assunto i nn. R.G. 2 e 3/2007),
veniva  promosso  un terzo conflitto dalla Procura milanese contro il
Presidente del Consiglio, avente ad oggetto l'apposizione del segreto
di  Stato su fatti eversivi dell'ordine costituzionale, con ulteriore
denuncia  dei  vizi  di  eccesso  di  potere,  violazione  di legge e
violazione  altresi'  del  principio  di  obbligatorieta' dell'azione
penale (conflitto n. 6/2007).
   In  pendenza  di  tali  conflitti il Tribunale di Milano - sez. IV
penale  - giudice monocratico dott. Oscar Magi, dinanzi a cui pendeva
il  processo  «Abu Omar», sospendeva il dibattimento con ordinanza 18
giugno  2007, ribadita il 31 ottobre successivo, in attesa dell'esito
dei  giudizi di costituzionalita' pregiudiziali rispetto al presente,
la  cui  udienza  di  discussione era stata fissata per il 29 gennaio
2008.
   Nella  immediata prossimita' di tale udienza, peraltro, i processi
costituzionali  venivano  rinviati  a  nuovo  ruolo  per la ventilata
possibilita'  di  una  soluzione concordata dei conflitti. I relativi
contatti  -  strumentali  al  fine  -  tra i poteri, intermediati dai
rispettivi  legali,  subivano,  peraltro,  una interruzione a seguito
della  crisi  di  governo  intervenuta alla fine dello scorso mese di
gennaio.
   L'Ufficio  del  p.m. chiedeva, quindi, la revoca dell'ordinanza di
sospensione  del  procedimento nonche' la sostituzione, nel fascicolo
del  dibattimento,  dei  documenti  non  omissati con quelli omissati
(sostituzione  che  costituiva  uno  degli  elementi  della ventilata
soluzione concordata dei conflitti).
   Con  ordinanza  19  marzo  2008  (doc.  4)  il Tribunale di Milano
accoglieva  entrambe  le richieste del p.m., disponendo la riapertura
del procedimento e, con successiva ordinanza 14 maggio 2008 (doc. 5),
respingendo   una  eccezione  difensiva,  ammetteva  integralmente  i
capitoli di prova indicati dal p.m. e relativi ai testi da n. 45 a 65
della  lista (doc. 4-bis), chiamati a deporre anche od esclusivamente
sui rapporti fra SISMi e CIA in relazione al caso Abu Omar.
   Nella  seduta  del  21  maggio  2008  il  Consiglio  dei  ministri
deliberava  di elevare conflitto contro il Tribunale di Milano - sez.
IV  penale  -  giudice monocratico dott. Oscar Magi con provvedimento
che si produce per estratto (doc. 6).
   Il  Presidente  del  Consiglio,  come  in epigrafe rappresentato e
difeso, propone quindi il presente ricorso per le seguenti ragioni di
                            D i r i t t o
   1. - Sull'ammissibilita' del ricorso.
   Sia  consentito  al  riguardo  limitarsi  a  richiamare gli ultimi
precedenti  specifici  in  termini  di codesta Corte (ordinanze 124 e
125/2007).
   2. - Nel merito: violazione degli artt. 1, 5, 52, 87, 95, 102, 126
Costituzione  in relazione agli artt. 12 e 16, legge 24 ottobre 1977,
n. 801  e  202,  256  e  362 c.p.p. (vigenti al tempo) e 39, 40 e 41,
legge 3 agosto 2007, n. 124.
   2.1.  - La violazione da parte del Tribunale delle prerogative del
Presidente del Consiglio in materia di segreto di Stato e', in parte,
automatica  conseguenza  della  pregressa violazione, operata a monte
dal  p.m.e dal g.i.p.-g.u.p. La sottoscritta difesa non potra' quindi
-  in parte qua - che richiamare le stesse censure gia' formulate nel
precedente conflitto contro il Procuratore della Repubblica di Milano
e contro il g.i.p.-g.u.p.
   Si  osserva  in  proposito  che,  se  e' vero che nelle democrazie
avanzate il governo della cosa pubblica ha per regola la trasparenza,
vero  e'  anche  che non esiste ordinamento al mondo che non conosca,
sia  pure  in  via di eccezione e con varie denominazioni, l'istituto
del segreto di Stato.
   Un segreto da opporsi per la tutela di valori fondamentali e tanto
forte da resistere ad altri valori pur essi di fondo.
   Nel  nostro  ordinamento  costituzionale,  codesta  Corte,  con la
storica  sentenza  24  maggio  1977  n. 86,  attraverso  l'esame  del
combinato  disposto  degli  artt.  1, 5, 52, 87 e 126 Costituzione ha
ritenuto  di  individuare  tali valori, posti al vertice di quelli su
cui poggia la salus rei publicae, nella esistenza, nella integrita' e
nella essenza democratica dello Stato. In proposito e' necessario far
riferimento  ad una scala di valori perche', come e' noto, l'istituto
della «segregazione» impone una comparazione fra valori, fra funzioni
e  fra  interessi:  quelli che attraverso la segretazione si vogliono
tutelare   e   quelli  che  attraverso  la  segretazione  si  debbono
sacrificare.
   Nella  specie,  il  livello «supremo» dei valori tutelabili con il
presidio del segreto di Stato, postula la resistenza di tale presidio
anche  rispetto  ad altri valori, funzioni ed interessi, pur tutelati
dalla  Costituzione,  quali  il  valore della giustizia e la funzione
giurisdizionale.
   Sempre  con  la sentenza sopra citata codesta Corte ha individuato
nel  Presidente  del Consiglio dei ministri, quale responsabile della
«suprema»  attivita'  politica (art. 95 Cost.) il necessario titolare
del  potere  di  segretazione.  Un  potere da esercitare, ovviamente,
nell'esercizio   di   una  discrezionalita'  puramente  politica  con
l'adozione  di  un  atto che di quella natura politica partecipa e di
fronte  al  quale,  quindi, necessariamente deve arrestarsi il potere
giurisdizionale.
   Naturalmente  -  ha  soggiunto  codesta Corte - l'atto politico di
segretazione  non  puo'  ritenersi  sottratto  a qualunque controllo:
soggiacera'  invece  all'istituzionale controllo del Parlamento (art.
94  Cost.),  dinanzi  al  quale  il  Governo  (ed  il  suo  Capo)  e'
responsabile  politicamente.  Sara'  appena  il  caso,  da ultimo, di
rammentare  in  proposito  la  non  segretabilita'  di fatti eversivi
dell'ordine  costituzionale  pure  affermato  da  codesta  Corte.  La
relativa    segretazione    si    porrebbe   infatti   come   rottura
dell'ordinamento  costituzionale  in  contraddizione con il valore da
proteggere: l'integrita' dello Stato democratico.
   In  puntuale  applicazione  dell'insegnamento  cosi' riassunto, il
legislatore  ha  riformato  i  «Servizi» con la nota legge 24 ottobre
1977,  n. 801,  poi  in parte (ma solo in parte) trasfusa negli artt.
202, 204, 256 e 362 del nuovo c.p.p. Legge poi novellata con la legge
3 agosto 2007, n. 124.
   In  virtu'  di tale normativa, quando su determinate notizie viene
ritualmente  apposto  il  segreto  di  Stato  e  tali  notizie  siano
essenziali per la definizione del processo penale, detto processo non
puo'  che  concludersi con sentenza di non luogo a procedere o di non
doversi procedere per l'esistenza di un segreto di Stato.
   La  normativa,  espressamente  dettata solo per il processo penale
(probabilmente perche' detto processo rappresenta da un lato la forma
di giurisdizione piu' esposta ad imbattersi nel limite del segreto di
Stato,  dall'altro  quella meno suscettibile di limitazioni di fronte
all'accertamento  della  verita),  deve  estendersi  anche al giudice
civile e amministrativo. Giudice che, pero', a differenza del giudice
penale,  in  caso  di  opposizione del segreto non potra' rendere una
pronuncia di non liquet ma dovra' pronunciarsi, invece, sulla domanda
in  base  alle  proprie regole di giudizio applicate agli elementi di
cui  dispone,  anche  a costo di rendere una sentenza sostanzialmente
ingiusta  (come  d'altronde  accade  quando  il giudice e' altrimenti
vincolato  dalla  regola  probatoria)  ma  rinunciando  comunque alla
conoscenza  delle notizie coperte da segreto in quanto «essenziale e'
che  non sia divulgato nemmeno nell'ambito del processo un segreto di
Stato» (Cass., s.s.u.u., 26 gennaio 1989-17 novembre 1989 n. 4905).
   Se  quanto  sopra  e'  esatto - e non sembra lecito dubitarne - la
apposizione  del  segreto  di  Stato  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio  su determinate notizie integra l'esercizio di una potesta'
che costituisce «sbarramento al potere giurisdizionale stesso» (Corte
cost.,   sentt.   86/1977  e  110/1998  cit.).  Recentemente  e'  poi
intervenuta   la  riforma  contenuta  nella  legge  n. 124/2007,  che
peraltro - anche a prescindere dalle regole relative alla successione
delle  leggi nel tempo - non sembra avere sostanzialmente innovato in
parte qua, enunciando, invece, principi gia' contenuti nel sistema ed
in larga parte adottati nella prassi giudiziaria previgente.
   2.2. - Nella specie, come risulta dalla narrativa in fatto e dalla
documentazione  elencata,  il  Presidente  del  Consiglio aveva a due
riprese affermato e confermato l'esistenza di un segreto di Stato.
   Una  prima  volta precisando che il segreto copriva i rapporti del
SISMi  con  i  Servizi stranieri, una seconda volta che detto segreto
copriva  «tutti  gli  atti,  documenti  e  informative  relativi alle
pratiche delle c.d. renditions».
   Nei  due  conflitti  nn.  2  e 3/2007 sopra citati si assumeva che
Procura  milanese,  prima,  e  g.i.p.-g.u.p.,  poi, avrebbero a vario
titolo  violato  tale  segreto  offrendo  al  dibattimento  - ed alla
relativa  ulteriore  pubblicita'  -  materiale probatorio coperto dal
segreto   di  Stato,  in  particolare,  tra  l'altro,  procedendo  ad
intercettazione  telefonica  di  un  rilevante  numero  di  utenze di
servizio SISMi e cercando di ottenere da indagati e testimoni notizie
sui rapporti fra SISMi e CIA.
   Il  procedere  oltre  nel dibattimento senza attendere l'esito del
giudizio  sul  conflitto di attribuzioni lede, quindi, di per se', le
attribuzioni  del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di
segreto  di  Stato,  in  quanto  il principio di leale collaborazione
sembrerebbe   imporre  al  giudice  del  dibattimento  il  dovere  di
attendere  l'esito  del  conflitto prima di utilizzare fonti di prova
potenzialmente inutilizzabili perche' coperte da segreto di Stato.
   Ne'  sembra  legittimare  tale  scelta  una motivazione di matrice
esclusivamente  processualpenalistica,  facente  riferimento a spunti
analogici  tratti dagli artt. 47 e 479 c.p.p. o un richiamo al valore
costituzionalmente  garantito  della ragionevole durata del processo,
attesoche'   il   dettato  costituzionale  in  materia  non  solo  fa
pacificamente premio su quello del legislatore ordinario, ma, come ha
insegnato  codesta  Corte costituzionale (sentt. 86/1977 e 110/1998),
quando ha ad oggetto il segreto, poiche' attiene alla sicurezza dello
Stato  democratico  -  che  e'  «interesse essenziale» - ha «assoluta
preminenza  su  ogni  altro,  in  quanto tocca ... l'esistenza stessa
dello Stato». Uno Stato del quale la giurisdizione (e quindi anche il
principio del giusto processo) e' solo «un aspetto».
   Vero e' che, nella ordinanza de qua, il Tribunale ha avuto cura di
precisare  che  la ventilata possibilita' di una soluzione concordata
varrebbe   da   sola   a   depotenziare  il  processo  costituzionale
pregiudicante (il che per la verita' appare assai discutibile).
   Vero e' anche che il tribunale ha adottato una cautela, precisando
che  in  caso  di  emergenza  probatoria su cui sorgesse un dubbio di
segretezza  si  adotterebbero  i  provvedimenti  opportuni per la sua
tutela.
   Deve,  pero',  osservarsi  in  proposito  che  trattasi di cautela
senz'altro  apprezzabile  ma  che non vale a superare l'obbiezione di
fondo  di una oggettiva violazione del segreto, come sopra precisato,
e che viene, comunque, vanificata da successivo provvedimento.
   2.3.  -  Con  ordinanza  14  maggio 2008, infatti, il Tribunale di
Milano  ha ammesso, tra l'altro, le prove testimoniali articolate dal
p.m.  con  l'elenco  dei  relativi testi, respingendo la richiesta di
limitazione avanzata dalla difesa di uno degli imputati.
   Tale  richiesta  aveva  ad  oggetto  «le  testimonianze  dei testi
indicati  dal  p.m.  ai  nn.  da 45 a 65, testi tutti appartenenti al
SISMi  o  ex appartenenti al medesimo servizio» con riguardo «ad ogni
domanda  ...  relativa ai rapporti CIA/SISMi, rapporti ... coperti da
segreto di Stato». L'esistenza del segreto di Stato su tali rapporti,
derivante  dalla  lettera  della  legge n. 801/1977 e dalla direttiva
della P.C.m. 30 luglio 1985 n. 2001.5/707 era stata, come gia' detto,
specificamente  riaffermata  dal Presidente del Consiglio pro tempore
con  nota  11  novembre  2005  n. USG/2.SP/1318/50/347 indirizzata al
Procuratore  della  Repubblica  di Milano e nuovamente confermata dal
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore  con  nota  26  luglio  2006
n. USG/2.SP/8  13/50/347 (sempre indirizzata al Procuratore milanese)
e contenente specifico riferimento ai rapporti SISMi-CIA. L'esistenza
pacifica  di  tale  segretazione  e' stata, d'altronde, espressamente
riconosciuta  dalla  Procura  della Repubblica di Brescia, che, nella
memoria  9  ottobre  2007  (all.  7)  alle  pagg.  35  e  36, afferma
categoricamente  l'esistenza del segreto di Stato sui «rapporti fra i
Servizi italiani e la CIA».
   Il  giudice milanese ha ritenuto di poter rigettare tale eccezione
sulla  scorta della considerazione che non sarebbero state consentite
«domande  ...  tese  a  ricostruire  la  tela  dei piu' ampi rapporti
CIA/SISMi;  »  (come  tali  coperti da segreto di Stato) ma sarebbero
state,  invece,  consentite domande relative a specifici rapporti fra
soggetti  appartenenti  a  detti  organismi  se ed in quanto volte ad
individuare  «ambiti  di  responsabilita'  personali  collegati  alla
dinamica dei fatti di causa», in quanto per i gravi reati per i quali
si procede «non era e non e' prevista alcuna immunita».
   Cosi'   argomentando,  il  giudice  penale  milanese  ha  leso  le
prerogative  del  Presidente del Consiglio dei ministri in materia di
segreto di Stato, affermando il principio che il segreto di Stato non
puo'  mai  coprire  una fonte di prova nell'accertamento di un reato,
principio  che  e'  esattamente  l'opposto  di quello affermato dalla
legge  e  chiarito  da  codesta  Corte costituzionale (in particolare
sent. 86/1977, 110/1998, 410/1998).
   Se  e'  vero,  infatti,  che  il  segreto  di Stato non conferisce
(rectius:   non  conferiva)  specifiche  immunita'  agli  agenti  dei
servizi,  vero  e'  anche  che  ben puo' essere apposto il segreto di
Stato  su  una  fonte  di  prova  ancorche'  necessaria o addirittura
indispensabile per l'accertamento di un reato.
   Tanto  vero  che  se  quella  fonte di prova e' indispensabile per
l'accertamento   del  reato  «il  giudice  dichiara  di  non  doversi
procedere per l'esistenza di un segreto di Stato» (art. 202 c.p.c.).
   Nella   specie   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
nell'affermare  la  assoluta  estraneita' del Governo al sequestro di
Abu-Omar,  aveva, pero', apposto il segreto sulle fonti di prova atte
a rivelare rapporti fra SISMi e CIA, come era nei suoi poteri-doveri,
fermo  il potere dei magistrati di ricercare altrove ogni altra prova
lecita  e  possibile (vedasi in proposito la lucida esposizione della
Procura della Repubblica di Brescia sopra citata).
   Il  giudice  di  Milano,  nel ritenere superabile tale apposizione
nella  misura in cui il superamento e' funzionale all'accertamento di
un  reato,  nega  con  cio'  stesso la prerogativa del Presidente del
Consiglio, vanificando in toto l'istituto del segreto di Stato.
   Semplificando   al   massimo   potrebbe  dirsi,  infatti,  che  il
magistrato  milanese ha capovolto il principio di bilanciamento fra i
poteri  sancito  in parte qua dall'ordinamento: principio che e': «il
segreto  di  Stato costituisce limite alla funzione giurisdizionale»,
affermando,  invece,  che «l'esercizio delle funzioni giurisdizionali
costituisce  limite  al  segreto  di  Stato». Affermazione che sembra
rappresentare  una  istintiva rivendicazione del Giudiziario a fronte
di  un  malsofferto  privilegio  dell'Esecutivo  e che si ritrova nel
conflitto  n. 6/2007, laddove la Procura assume che l'apposizione del
segreto   di  Stato  sia  viziata  da  violazione  del  principio  di
obbligatorieta' dell'azione penale e nel decreto di archiviazione del
G.i.p.  di  Brescia  (all.  8)  laddove  si  afferma (pag. 3) «non e'
prevista,  nel  nostro  ordinamento,  la  possibilita' di paralizzare
l'attivita'  di  indagine  nei  confronti  di un fatto reato mediante
l'opposizione  del  segreto  di Stato». Proposizione che altro non e'
che una negazione contra legem dell'istituto del segreto di Stato.
                              P. Q. M.
   Chiede  che  la  Corte  ecc.ma,  previo  accoglimento  dei ricorsi
proposti  contro  il Procuratore della Repubblica ed il g.i.p.-g.u.p.
di  Milano  (conflitti  nn.  2  e  3/2007) e previo rigetto di quello
proposto  dal  Procuratore  della  Repubblica  di  Milano  (conflitto
n. 6/2007);
   Dichiari  che non spetta al Tribunale di Milano - sez. IV penale -
giudice  monocratico  dott. Oscar Magi, ne' ammettere, ne' acquisire,
ne' utilizzare atti, documenti e fonti di prova coperti da segreto di
Stato  e  su tale base procedere ad istruttoria dibattimentale, cosi'
offrendo tali documenti e fonti di prova ad ulteriore pubblicita';
   Dichiari,  in  ogni  caso,  che  non spetta al Tribunale di Milano
procedere  oltre  nel  dibattimento  in  pendenza,  dinanzi a codesta
Corte,  di  conflitti  fra poteri dello Stato in cui si discuta della
utilizzabilita'  di atti istruttori e/o documenti perche' compiuti od
acquisiti in violazione del segreto di Stato;
   Dichiari,   comunque,  che  non  spetta  al  Tribunale  di  Milano
procedere  oltre  nella  istruttoria  dibattimentale  enunciando come
regola  di  cautela per rispetto del segreto sui rapporti fra SISMi e
CIA  il  principio  che  tale segreto avrebbe ad oggetto «la tela dei
piu'  ampi  rapporti CIA/SISMi» ma mai «specifici rapporti» idonei ad
individuare   «ambiti   di   responsabilita'   personale»   con  cio'
capovolgendo  la regola del rapporto esistente fra segreto di Stato e
funzione  giurisdizionale  ed  affermando  la  prevalenza  del potere
giudiziario   all'accertamento   del   reato   rispetto   al   potere
presidenziale di segretare fonti di prova;
   Annulli  conseguentemente  le ordinanze del Tribunale di Milano 19
marzo 2008 e 14 maggio 2008.
   Si   produce,  contestualmente  al  presente  ricorso,  unitamente
all'estratto del verbale di deliberazione di elevazione del conflitto
adottata  dal Consiglio dei ministri nella seduta del 21 maggio 2008,
tutta la documentazione elencata nel presente ricorso.
   Per  il caso di dichiarata ammissibilita' del ricorso sopraesteso,
sin  da  ora  si  chiede all'ill.mo Presidente che la discussione del
merito  avvenga a porte chiuse (ai sensi dell'art. 15, legge 11 marzo
1953,  n. 87),  nella  stessa  udienza  in  cui  saranno  discussi  i
conflitti nn. 2, 3 e 6/2007.
     Roma, addi' 29 maggio 2008
 Il vice Avvocato generale dello Stato: Ignazio Francesco Caramazza
              L'Avvocato dello Stato: Massimo Giannuzzi
            Il procuratore dello Stato: Marinella Di Cave

Avvertenza
   L'ammissibilita'  del  presente  conflitto  e'  stata  decisa  con
ordinanza n. 230/2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª s.s.,
n. 28 del 2 luglio 2008.