N. 311 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 - 14 maggio 2008
del 5 giugno 2008 emessa dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria sui ricorsi riuniti proposti da Consorzio del tartufo di Roscetti ed altri contro Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro ed altri Alimenti e bevande - Regione Umbria - Disciplina della raccolta, conservazione e commercio dei tartufi - Previsione di limiti di estensione territoriale piu' restrittivi per le tartufaie controllate - Violazione del principio di uguaglianza per il deteriore irragionevole trattamento del proprietario del fondo rispetto al raccoglitore - Incidenza sul principio di liberta' d'iniziativa economica privata e sul diritto di proprieta' - Contrasto con i principi contenuti nella legge-quadro statale n. 752/1985. - Legge della Regione Umbria del 28 febbraio 1994, n. 6, art. 4, commi 2-quater e 2-quinquies, introdotti dall'art. 4 della legge della Regione Umbria del 26 maggio 2004, n. 8. - Costituzione, artt. 3, 41, 42 e 117. Alimenti e bevande - Regione Umbria - Disciplina della raccolta, conservazione e commercio dei tartufi - Previsione di limiti di estensione territoriale piu' restrittivi per le tartufaie controllate - Obbligo di riparametrazione delle tartufaie esistenti prima dell'entrata in vigore della legge censurata - Violazione del principio di uguaglianza, di certezza del diritto e di legittimo affidamento per l'applicazione retroattiva della normativa censurata - Incidenza sul principio di liberta' di iniziativa economica privata e sul diritto di proprieta' - Contrasto con i principi contenuti nella legge-quadro statale n. 752/1985. - Legge della Regione Umbria del 26 maggio 2004, n. 8, art. 18. - Costituzione, artt. 3, 41, 42 e 117.(GU n.42 del 8-10-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza. 1) Sul ricorso numero di registro generale 315 del 2007, proposto da: Consorzio del Tartufo di Roscetti, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Rampini, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, viale Indipendenza, 49; Contro Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro, rappresentata e difesa dall'avv. Fabrizio Domenico Mastrangeli, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, piazza Italia n. 4; regione Umbria e con l'intervento di Unione Tartufai dell'Umbria, rappresentata e difesa dall'avv. Carmelita Cosentino, con domicilio eletto presso l'avv. Fulvio Carlo Maiorca in Perugia, viale Roma, 74; 2) Sul ricorso numero di registro generale 343 del 2007, proposto da: Azienda Agraria Ganovelli Franco e Giorgio Soc. semplice, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Rampini, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, viale Indipendenza, 49; Contro Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro, rappresentata e difesa dall'avv. Fabrizio Domenico Mastrangeli, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, piazza Italia n. 4; regione Umbria. 3) Sul ricorso numero di registro generale 458 del 2007, proposto da: Brofferio Diego, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Baldoni, con domicilio eletto presso lo stesso, via Pievaiola, 21; Azienda Agraria il Palazzetto, Brofferio Alfredo; Contro Comunita' Montana dell'Alto Chiascio, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Marchetti, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, via Mazzini, 16; regione Umbria con l'intervento ad opponendum della Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino Gualdese, rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Fiorucci e Luigi Santioni, con domicilio eletto presso l'avv. Nicola Marcinni, in Perugia, viale Roma, 11 per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia: 1) quanto al ricorso n. 315 del 2007: della nota del direttore tecnico della Comunita' montana 10 agosto 2007 n. 11139 e atti connessi (rilascio attestazione di riconoscimento di tartufaia controllata); 2) quanto al ricorso n. 343 del 2007: delle note 10 agosto 2007, prot n. 0011139 e 5 giugno 2007, prot. 0008167 del direttore tecnico della Comunita' montana (procedimento rinnovo di riconoscimento di tartufaie controllate); 3) quanto al ricorso n. 458 del 2007: della nota del dirigente della Comunita' montana n. 10303 del 30 ottobre 2007 (necessita' nuova delimitazione tartufaia). Visti i ricorsi con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio - nei singoli ricorsi, come sopra specificato - della Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro e della Comunita' Montana dell'Alto Chiascio; e visti altresi' gli atti d'intervento in giudizio, sopra indicati; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2008 il dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuta l'opportunita' di riunire i tre ricorsi; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o e d i r i t t o 1. - La legge regionale umbra 28 febbraio 1994, n. 6, ha regolamentato la disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi. Fra l'altro, l'art. 2 dispone che «la raccolta dei tartufi e' libera nei boschi, nei terreni non coltivati e lungo le sponde e gli argini dei corsi d'acqua classificati pubblici dalla vigente normativa», dove con il termine «libera» s'intende che e' liberamente consentita anche a chi non e' proprietario del suolo. Che e' quanto dire che il tartufo appartiene al ricercatore che se ne impossessa. Tuttavia l'art. 3 prevede la costituzione di «tartufaie coltivate» e «tartufaie controllate» e riserva ai conduttori (in pratica ai proprietari dei suoli o ai loro aventi causa) la proprieta' dei tartufi «di qualunque specie» ivi prodotti. Sin qui, la legge regionale riproduce quasi alla lettera il disposto della legge-quadro statale, 16 dicembre 1985, n. 752, la quale dispone che «la raccolta dei tartufi e' libera nei boschi e nei terreni non coltivati» e che «hanno diritto di proprieta' sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano... purche' vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse». Seguono, nella legge regionale, le disposizioni concernenti la disciplina dettagliata delle tartufaie coltivate e controllate (riconoscimento, modalita' di tabellazione, obblighi del conduttore, ecc.). Conviene sottolineare che la legge regionale n. 6 del 1994, nel suo testo originario, non poneva limiti alle dimensioni delle tartufaie coltivate o controllate; in pratica, il proprietario poteva chiedere il riconoscimento di una tartufaia coltivata o controllata per qualunque estensione di terreno, sempreche' ve ne fossero i requisiti oggettivi e venissero rispettati gli oneri e obblighi di legge (beninteso sotto la vigilanza delle autorita' locali competenti). 2. - E' poi sopravvenuta legge regionale umbra 26 maggio 2004, n. 8, la quale ha modificato il testo dell'art. 4 della precedente legge regionale, introducendo in esso, per quello che qui interessa, i commi 2-quater e 2-quinquies. Il comma 2-quater prevede che «la superficie massima delle tartufaie controllate non puo' superare tre ettari». Il comma 2-quinquies dispone che «nei confronti di eventuali consorzi od altre forme associative tra aventi titolo alle tartufaie controllate, comunque tra loro confinanti, il limite di cui al comma 2-quater e' elevato a 15 ettari». Infine, l'art. 18 della medesima legge regionale. n. 8/2004 prevede che «entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, le tartufaie controllate costituite precedentemente dovranno essere riperimetrate». Quindi, per effetto del combinato disposto delle ricordate previsioni le comunita' montane in epigrafe, con i provvedimenti impugnati, hanno imposto ai titolari delle tartufaie controllate esistenti nei rispettivi territori le cennate riduzioni di superficie e le correlate riperimetrazioni. Tali atti riguardano il Consorzio Roscetti (ric. n. 315/2007), titolare di tartufaie controllate per complessivi 680 ettari; l'Azienda Ganovelli (ric. n. 343/2007), titolare di una tartufaia controllata di circa 16 ettari, e il sig. Brofferio (ric. n. 458/2007) titolare di una tartufaia controllata di circa 33 ettari. 3. - Contro gli atti delle comunita' montane ricorrono, con separati ricorsi, i tre soggetti indicati in epigrafe. Nei ricorsi si sostiene, essenzialmente: (a) l'inapplicabilita' delle nuove norme alle tartufaie gia' in essere, quanto meno per tutta la durata delle autorizzazioni gia' rilasciate, poiche', diversamente, si realizzerebbe l'arbitraria retroattivita' delle norme stesse; (b) l'inapplicabilita' delle norme stesse, in particolare, al ricorrente Consorzio Tartufo di Roscetti (ricorso n. 315/2007), giacche' si tratterebbe non di un consorzio tra tartufaie fra loro confinanti, ma tra aziende agrarie (nell'ambito delle quali sono costituite tartufaie), tipologia consortile, quest'ultima, estranea alla sfera di efficacia dei precetti in rassegna poiche' questi riguarderebbero solo i consorzi tra tartufaie confinanti; (c) l'illegittimita' costituzionale delle menzionate modifiche normative giacche' queste, ove ritenute applicabili anche alle tartufaie controllate gia' esistenti, sostanzialmente violerebbero l'affidamento nonche' i diritti di proprieta' (segnatamente sui tartufi) e d'iniziativa economica, tutti costituzionalmente garantiti. 4. - Le comunita' montane si sono costituite (ciascuna nel giudizio o nei giudizi che le riguardano) controdeducendo argomentatamente ed eccependo, fra l'altro, l'irricevibilita' e l'inammissibilita' per difetto di interesse dei ricorsi rispettivamente perche' i provvedimenti oggi impugnati: sarebbero meramente riproduttivi di altri non tempestivamente avversati; non avrebbero natura provvedimentale e quindi lesiva giacche' meramente applicativi di norme di legge vincolanti, dalle quali discenderebbe direttamente ed immediatamente la lesione delle posizioni giuridiche dei ricorrenti. L'Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino-Gualdese e l'Unione Tartufai dell'Umbria sono intervenute ad opponendum rispettivamente nei ricorsi n. 458/2007 e n. 315/2007. 5. - Il Collegio, in primo luogo, riunisce ricorsi in epigrafe per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, oltre che di identita' delle questioni giuridiche. In secondo luogo, ritiene che i gravami siano ricevibili giacche' i provvedimenti impugnati hanno un contenuto diverso da quelli precedenti rammentati dall'amministrazione poiche', a tacer d'altro, impongono termini perentori per l'adeguamento delle tartufaie alla normativa sopra ricordata. In terzo luogo, giudica ammissibili i gravami stessi essendo evidente, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti resistenti, l'interesse a proporli. Questo perche' i provvedimenti impugnati: impongono adempimenti concretamente lesivi e sanzionabili, addirittura con il mancato rinnovo del riconoscimento delle tartufaie (cfr. provvedimento seriale n. 0011139/10 agosto 2007, impugnato con i ricorsi n. 343-2007 e n. 315-2007); contengono censure d'incostituzionalita' che investono le norme delle quali l'amministrazione invoca la diretta lesivita', proprio per escludere quella autonoma degli atti avversari. 6. - Superate cosi' le questioni preliminari, e passando all'esame del merito, il Collegio osserva che gli atti amministrativi impugnati risultano aderenti alle disposizioni della legge regionale. Ed invero, non e' fondata la tesi dei ricorrenti secondo cui le disposizioni limitative non si applicherebbero alle tartufaie gia' riconosciute: l'art. 18 della l.r. n. 8/2004 («entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, le tartufaie controllate costituite precedentemente dovranno essere riperimetrate») e' inequivoco in senso contrario. Quanto all'argomento, dedotto dal solo ricorrente Consorzio Roscetti (ric. n. 315/2007), secondo il quale la disposizione specificamente riguardante le tartufaie consortili non riguarderebbe la sua posizione, in quanto le tartufaie delle aziende consorziate non sono confinanti fra loro, si osserva che trattasi di argomento non conferente: supposto che al Consorzio ricorrente non si applichi il comma 2-quinquies (riduzione della tartufaia consortile a 15 ettari) inevitabilmente si applicherebbe ai singoli consorziati il comma 2-quater (riduzione delle rispettive tartufaie a 3 ettari), e non e' dimostrato che tale seconda prospettiva sia piu' favorevole della prima (e quand'anche lo fosse sarebbe comunque pregiudizievole). 7. - Accertato che gli atti amministrativi sono conformi alla legge regionale, appare rilevante e non eludibile la questione di legittimita' costituzionale che il Collegio intende sollevare, per quanto di ragione, anche d'ufficio, oltre a quanto prospettato dai ricorrenti. In realta' si tratta di due questioni, l'una principale, l'altra subordinata: a) la prima censura riguarda la legge regionale n. 8/2004, nella parte in cui, innovando rispetto alla legge regionale n. 6/1994, introduce un limite all'estensione delle tartufaie controllate, cosi' incidendo sul diritto di proprieta' del titolare del fondo (art. 42, Cost.) e sulla liberta' dell'iniziativa economica (art. 41, Cost.), e introducendo altresi' una irragionevole disparita' di trattamento fra il ricercatore e il proprietario del fondo (art. 3, Cost.); b) la seconda (e subordinata) censura riguarda la stessa legge regionale, nella parte in cui applica la limitazione di cui sopra anche alle tartufaie gia' riconosciute, incidendo cosi' ugualmente (anche se sotto profili parzialmente diversi) sul diritto di proprieta' e sulla liberta' dell'iniziativa economica, e, ancora, provocando disparita' di trattamento fra i due soggetti (il ricercatore e il proprietario). In entrambi i casi, si ravvisa altresi' un contrasto con l'indirizzo espresso dalla legge-quadro. 8. - Per illustrare le suddette censure, conviene partire dalla premessa che per principio generale, recepito negli artt. 820 e 821 del codice civile, i prodotti vegetali sono frutti naturali che appartengono di diritto al proprietario del fondo, quand'anche alla loro produzione non concorra l'opera dell'uomo. E questo un principio fondamentale dello statuto della proprieta' fondiaria. Il diritto sui frutti non e' semplicemente un accessorio o una «variabile indipendente» della proprieta', ma ne costituisce l'essenza, in quando a ben vedere la proprieta' di un terreno agricolo o boschivo (che e' forma primordiale della proprieta' immobiliare) consiste proprio nel diritto esclusivo di appropriarsi dei frutti, anche spontanei. Le eventuali eccezioni debbono avere una giustificazione razionale, etica e sociale e debbono comunque essere limitate. Tanto e' vero che, ad. es., l'usufrutto non puo' mai essere perpetuo. Del resto, anche il «tesoro» (art. 932 cod. civ.) appartiene di diritto al proprietario del fondo, ancorche' costui, per definizione, non abbia alcun merito nella sua produzione, e talvolta neppure nel suo ritrovamento. 9. - Vero e' che antica consuetudine ammette la liberta' di raccolta di taluni prodotti spontanei quali i fiori di campo, le bacche ed erbe selvatiche e simili; ma detta consuetudine - e la legislazione che vi si ispira - trovano una giustificazione razionale (a) nel presupposto che si tratta di prodotti privi di un valore economico intrinseco, raccolti solo per diletto e destinati all'autoconsumo o, al piu', alla cessione ad un prezzo che non eccede la modesta remunerazione dell'opera del raccoglitore, e (b) nella (conseguente) presunzione del disinteresse del proprietario (in passato, era questo il caso anche dei funghi, considerati il cibo povero per antonomasia, come dimostra l'adagio che invita a non far nozze coi funghi). In altre parole, la prevalenza del diritto del raccoglitore su quello del proprietario del fondo si giustifica razionalmente in quanto il prezzo di mercato del prodotto raccolto corrisponde al «valore aggiunto» apportato dal lavoro del raccoglitore, essendo nullo o trascurabile il valore intrinseco. A questa logica sembrano ispirate anche le sentenze n. 328/1990 e n. 212/2006 che hanno ritenuta costituzionalmente legittima la norma che riconosce la liberta' di raccolta dei tartufi, in quanto protegge le esigenze «di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione del proprio reddito». 10. - Tuttavia, almeno per quanto riguarda il tartufo, la situazione di fatto e' ora ben diversa rispetto a quella nel cui ambito si erano formate le antiche consuetudini. Di conseguenza sono mutati anche i termini delle questioni di diritto. Ed invero - com'e' ben noto - il tartufo e' oggi un bene di elevatissimo valore commerciale. Il suo prezzo, in Umbria, puo' andare, com'e' notorio, da un minimo di € 1.550 circa al kg per le specie meno pregiate, a un massimo di € 5.000 circa per quelle piu' pregiate. Prezzi, questi, usualmente correnti, si badi bene, ove si acquisti direttamente dal ricercatore, ai quali debbono aggiungersi, ovviamente, gli incrementi connessi ai passaggi del circuito distributivo. E significativa, fra l'altro, tale differenza del prezzo di mercato, perche' dimostra che esso e' determinato dal valore intrinseco del prodotto, piuttosto che dal valore aggiunto apportato dall'opera del ricercatore, presumibilmente uguale in tutti i casi. Sicche' appare irragionevole che il diritto del ricercatore prevalga su quello del proprietario del fondo, visto che proprio alle caratteristiche di quest'ultimo si deve la presenza di tuberi piu' o meno pregiati. In altre parole, la normativa in esame e' censurabile perche' consente al ricercatore non solo di ritrarre un giusto compenso per la propria opera, ma di lucrare il maggior valore inerente ad un bene economico alla cui produzione in nessun modo ha concorso, sottraendolo interamente al proprietario di quello che e' il suo maggiore, o unico, fattore di produzione (la terra). Come se all'orefice si consentisse di prelevare gratuitamente oro da forzieri altrui, per realizzare monili che poi vendera' lucrando tanto il corrispettivo della lavorazione quanto il valore della materia prima. Donde una probabile violazione, oltre che dell'art. 42 della Costituzione, anche dell'art. 3, in quanto vi e' irragionevole disparita' di trattamento fra i due soggetti, il primo dei quali si arricchisce a detrimento del secondo. L'irragionevolezza di questa disciplina appare tanto piu' stridente, ove la si confronti con quella relativa al «tesoro», di cui all'art. 932 del codice civile (e, considerate le circostanze, non sembri esagerato accostare il tartufo al tesoro). 11. - Non si vuol riaprire, qui, la questione, gia' dibattuta davanti alla Corte, della legittimita' costituzionale della normativa che consente la libera raccolta dei tartufi su fondi altrui. Si vuole invece mostrare, con le considerazioni svolte sopra, come il principio della liberta' di raccolta sia razionalmente accettabile in quanto equamente bilanciato con la tutela degli interessi del proprietario del fondo. L'equo bilanciamento, ad avviso di questo Collegio, e' dato dalla legge-quadro 16 dicembre 1985, n. 752, art. 3, la quale contempera la liberta' del ricercatore con la facolta', data al proprietario del fondo, di qualificare come tartufaia controllata (con i conseguenti obblighi e diritti) tutte le superfici che ne siano tecnicamente idonee, senza limiti di estensione. Si e' visto sopra che una delle basi razionali che giustifica la liberta' di raccolta e' la presunzione del disinteresse del proprietario; la decisione di istituire una tartufaia controllata fa venir meno tale presunzione ed e' ragionevole, quindi, che a questo punto receda la liberta' di raccolta. La legge regionale, che limita drasticamente l'estensione delle tartufaie controllate, rompe quell'equilibrio. La differenza fra la legge statale (che non prevede limiti dimensionali) e la legge regionale (che li prevede) non e' dunque un aspetto marginale, ne' un dettaglio «tecnico». Il legislatore regionale non si e' limitato ad integrare e specificare i contenuti della legge-quadro; ha invece introdotto una disposizione che la contraddice in un punto essenziale. La legge statale fa prevalere la volonta' del proprietario del fondo - ove espressa nelle forme stabilite e con l'accettazione degli oneri inerenti - sull'interesse dei terzi estranei; la legge regionale pone al diritto di proprieta' una limitazione non compatibile con la «filosofia» della legge statale (e ci si puo' anche chiedere se e sino a che punto il legislatore regionale possa incidere sullo statuto della proprieta). 12. - A parte cio', assume notevole rilievo, ai fini di cui discute, il fatto che la scelta del proprietario del fondo, di istituire una «tartufaia controllata» e di chiederne il riconoscimento, non e' solo un atto di esercizio del diritto di proprieta' (inteso a provocare l'effetto di precludere ai terzi la raccolta dei tartufi) ma e' un atto di iniziativa economica. Come risulta dal complesso degli articoli da 4 a 9 della legge regionale n. 6/1994 (testo vigente) il riconoscimento della tartufaia controllata presuppone (a) l'accertamento di una serie di condizioni oggettive, e (b) l'assunzione, da parte del proprietario, dell'impegno di effettuare una serie di interventi (ovviamente onerosi) di miglioramento, manutenzione ed incremento; il mancato adempimento del relativo progetto comporta la revoca del riconoscimento (art. 9, comma 6) oltre ad una sanzione pecuniaria (art. 20). In questa luce, l'esclusivita' del diritto di raccogliere i tartufi, accordata al titolare della tartufaia controllata, appare correlata non solo e non tanto al diritto di proprieta', quanto al fatto che i tartufi, a questo punto, sono il risultato di un'attivita' produttiva programmata, organizzata e dispendiosa. In altre parole, sono il frutto di un'attivita' d'impresa. 13. - Di conseguenza, gia' e' anticipato, la disposizione (introdotta dalla legge regionale n. 8/2004) che pone limiti estremamente restrittivi all'estensione delle tartufaie controllate, incide non solo sul diritto di proprieta' (art. 42 della Costituzione) ma anche sulla liberta' d'impresa (art. 41). Si impedisce infatti al proprietario di assumere un'iniziativa economica che comporterebbe investimenti e lavoro, a fronte della prospettiva di un'utile. E con cio' si lede non solo l'interesse privato ed economico del proprietario-imprenditore (interesse comunque costituzionalmente protetto dagli artt. 41 e 42) ma anche l'interesse pubblico allo sviluppo economico e, per quanto di ragione, quello alla protezione della natura. Infatti la limitazione imposta alle tartufaie controllate comporta che determinati terreni rimarranno privi di quegli interventi di miglioramento e di manutenzione di cui sarebbero suscettibili e che potrebbero essere effettuati solo a cura e spese del proprietario, e non dai ricercatori liberi, che non hanno ne' titolo ne' interesse ad occuparsene. 14. - Va notato, per quanto possa occorrere, che le sentenze costituzionali n. 328/1990 e n. 212/2006 hanno esaminato la questione solo con riferimento all'art. 42 della Costituzione (perche' cosi' era stata sollevata) e non anche con riferimento all'art. 41, ne' all'art. 3 che invece a questo Collegio sembrano entrambi pertinenti e risolutivi. 15. - Concludendo sul punto, risulta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2-quater e 2-quinquies della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, nel testo modificato dalla legge regionale 26 maggio 2004, n. 8, art. 4, nonche' (per quanto di ragione) di quest'ultima norma, per sospetta violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione. E, ancora, per sospetta violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752. 16. - Tuttavia, dato e non concesso che si voglia ritenere costituzionalmente legittima la nuova normativa che limita l'estensione delle tartufaie controllate, resta dubbia la costituzionalita' della legge regionale 26 maggio 2004, n. 8, art. 18, la quale, anziche' far salve le tartufaie controllate riconosciute anteriormente alla sua entrata in vigore, ha assoggettato anche queste ultime alla nuova disciplina, ordinandone la riperimetrazione. Sono state trascurate, invero, le legittime aspettative maturate dai titolari per effetto non solo e non tanto degli atti amministrativi di riconoscimento, ma anche e soprattutto degli investimenti gia' effettuati e dei lavori compiuti. In questo caso, le violazioni, sopra descritte, degli artt. 3, 41 e 42 sono tanto piu' evidenti, in quanto intervengono su un'iniziativa economica gia' espletata. Le aree, gia' inserite in una tartufaia controllata ed ora liberalizzate, sono arricchite dagli interventi effettuati; ed i ricercatori se ne avvantaggeranno ulteriormente. Mentre il proprietario si vedra' depauperato non solo del valore intrinseco dei prodotti nati nel suo terreno, ma anche di tutti gli investimenti e lavori fatti inutilmente. Donde la sospetta incostituzionalita' dell'art. 18 della legge regionale n. 8/2004, in parte qua, per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, nonche', di nuovo, per sospetta violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752. 17. - Tutto cio' premesso e ritenuto, il Collegio decide di sospendere i giudizi riuniti e di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per quanto di sua competenza.
P. Q. M. Riuniti i ricorsi, ritenute rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' concernenti: a) l'art. 4 della legge regionale umbra 26 maggio 2004, n. 8, nella parte in cui introduce i commi 2-quater e 2-quinquies nell'art. 4 della legge regionale umbra 28 febbraio 1994, n. 6, nonche' di quest'ultima in quanto cosi' modificata, per sospetta violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione e per sospetta violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752; b) l'art. 18 della legge regionale umbra 26 maggio 2004, n. 8, nei sensi di cui in motivazione, per sospetta violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione e per sospetta violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752. Sospende i giudizi e dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente decisione sia notificata alle parti del giudizio nonche' al Presidente della Giunta regionale dell'Umbria, e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale dell'Umbria. Cosi' deciso in Perugia, nella Camera di consiglio del giorno 14 maggio 2008. Il Presidente: Lignani L'estensore: Cardoni