N. 311 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 - 14 maggio 2008

del  5  giugno  2008  emessa  dal  Tribunale amministrativo regionale
dell'Umbria  sui ricorsi riuniti proposti da Consorzio del tartufo di
Roscetti  ed altri contro Comunita' Montana dell'Alto Tevere Umbro ed
altri

Alimenti  e  bevande  -  Regione  Umbria - Disciplina della raccolta,
  conservazione  e  commercio  dei  tartufi - Previsione di limiti di
  estensione   territoriale   piu'   restrittivi   per  le  tartufaie
  controllate  -  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  per il
  deteriore  irragionevole  trattamento  del  proprietario  del fondo
  rispetto  al  raccoglitore  -  Incidenza  sul principio di liberta'
  d'iniziativa  economica  privata  e  sul  diritto  di  proprieta' -
  Contrasto  con  i  principi  contenuti  nella  legge-quadro statale
  n. 752/1985.
- Legge  della  Regione  Umbria  del  28 febbraio 1994, n. 6, art. 4,
  commi  2-quater  e  2-quinquies, introdotti dall'art. 4 della legge
  della Regione Umbria del 26 maggio 2004, n. 8.
- Costituzione, artt. 3, 41, 42 e 117.
Alimenti  e  bevande  -  Regione  Umbria - Disciplina della raccolta,
  conservazione  e  commercio  dei  tartufi - Previsione di limiti di
  estensione   territoriale   piu'   restrittivi   per  le  tartufaie
  controllate - Obbligo di riparametrazione delle tartufaie esistenti
  prima dell'entrata in vigore della legge censurata - Violazione del
  principio  di  uguaglianza,  di certezza del diritto e di legittimo
  affidamento   per   l'applicazione   retroattiva   della  normativa
  censurata  -  Incidenza  sul  principio  di  liberta' di iniziativa
  economica  privata  e  sul  diritto di proprieta' - Contrasto con i
  principi contenuti nella legge-quadro statale n. 752/1985.
- Legge della Regione Umbria del 26 maggio 2004, n. 8, art. 18.
- Costituzione, artt. 3, 41, 42 e 117.
(GU n.42 del 8-10-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la presente ordinanza.
   1)  Sul ricorso numero di registro generale 315 del 2007, proposto
da:  Consorzio  del  Tartufo  di  Roscetti,  rappresentato  e  difeso
dall'avv.  Mario  Rampini,  con  domicilio eletto presso lo stesso in
Perugia, viale Indipendenza, 49;
   Contro  Comunita'  Montana dell'Alto Tevere Umbro, rappresentata e
difesa  dall'avv. Fabrizio Domenico Mastrangeli, con domicilio eletto
presso lo stesso in Perugia, piazza Italia n. 4; regione Umbria e con
l'intervento  di  Unione Tartufai dell'Umbria, rappresentata e difesa
dall'avv.  Carmelita  Cosentino,  con  domicilio eletto presso l'avv.
Fulvio Carlo Maiorca in Perugia, viale Roma, 74;
   2)  Sul ricorso numero di registro generale 343 del 2007, proposto
da:  Azienda  Agraria  Ganovelli  Franco  e  Giorgio  Soc.  semplice,
rappresentata  e difesa dall'avv. Mario Rampini, con domicilio eletto
presso lo stesso in Perugia, viale Indipendenza, 49;
   Contro  Comunita'  Montana dell'Alto Tevere Umbro, rappresentata e
difesa  dall'avv. Fabrizio Domenico Mastrangeli, con domicilio eletto
presso lo stesso in Perugia, piazza Italia n. 4; regione Umbria.
   3)  Sul ricorso numero di registro generale 458 del 2007, proposto
da:   Brofferio  Diego,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Roberto
Baldoni,  con  domicilio  eletto presso lo stesso, via Pievaiola, 21;
Azienda Agraria il Palazzetto, Brofferio Alfredo;
   Contro  Comunita'  Montana  dell'Alto  Chiascio,  rappresentata  e
difesa  dall'avv.  Marco  Marchetti,  con  domicilio eletto presso lo
stesso  in  Perugia, via Mazzini, 16; regione Umbria con l'intervento
ad  opponendum  della Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino
Gualdese,  rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Fiorucci e Luigi
Santioni,  con  domicilio  eletto  presso  l'avv. Nicola Marcinni, in
Perugia,  viale  Roma,  11  per  l'annullamento,  previa  sospensione
dell'efficacia:
     1)  quanto  al ricorso n. 315 del 2007: della nota del direttore
tecnico  della  Comunita'  montana  10  agosto  2007  n. 11139 e atti
connessi   (rilascio  attestazione  di  riconoscimento  di  tartufaia
controllata);
     2) quanto al ricorso n. 343 del 2007: delle note 10 agosto 2007,
prot  n. 0011139 e 5 giugno 2007, prot. 0008167 del direttore tecnico
della  Comunita'  montana  (procedimento rinnovo di riconoscimento di
tartufaie controllate);
     3)  quanto  al ricorso n. 458 del 2007: della nota del dirigente
della  Comunita'  montana  n. 10303  del  30 ottobre 2007 (necessita'
nuova delimitazione tartufaia).
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Viste le memorie difensive;
   Visti tutti gli atti della causa;
   Visti  gli atti di costituzione in giudizio - nei singoli ricorsi,
come  sopra  specificato  -  della Comunita' Montana dell'Alto Tevere
Umbro  e della Comunita' Montana dell'Alto Chiascio; e visti altresi'
gli atti d'intervento in giudizio, sopra indicati;
   Relatore  nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2008 il dott.
Carlo Luigi Cardoni e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
   Ritenuta l'opportunita' di riunire i tre ricorsi;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
                     F a t t o  e  d i r i t t o
   1.  -  La  legge  regionale  umbra  28  febbraio  1994,  n. 6,  ha
regolamentato    la    disciplina   della   raccolta,   coltivazione,
conservazione e commercio dei tartufi.
   Fra  l'altro,  l'art.  2  dispone  che «la raccolta dei tartufi e'
libera  nei boschi, nei terreni non coltivati e lungo le sponde e gli
argini   dei   corsi  d'acqua  classificati  pubblici  dalla  vigente
normativa», dove con il termine «libera» s'intende che e' liberamente
consentita  anche  a chi non e' proprietario del suolo. Che e' quanto
dire che il tartufo appartiene al ricercatore che se ne impossessa.
   Tuttavia l'art. 3 prevede la costituzione di «tartufaie coltivate»
e  «tartufaie  controllate»  e  riserva  ai conduttori (in pratica ai
proprietari  dei  suoli  o  ai  loro  aventi causa) la proprieta' dei
tartufi «di qualunque specie» ivi prodotti.
   Sin  qui,  la  legge  regionale  riproduce  quasi  alla lettera il
disposto  della  legge-quadro  statale,  16 dicembre 1985, n. 752, la
quale dispone che «la raccolta dei tartufi e' libera nei boschi e nei
terreni non coltivati» e che «hanno diritto di proprieta' sui tartufi
prodotti  nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le
conducano...  purche' vengano apposte apposite tabelle delimitanti le
tartufaie stesse».
   Seguono,  nella  legge  regionale,  le disposizioni concernenti la
disciplina   dettagliata  delle  tartufaie  coltivate  e  controllate
(riconoscimento,  modalita' di tabellazione, obblighi del conduttore,
ecc.).
   Conviene  sottolineare  che  la legge regionale n. 6 del 1994, nel
suo  testo  originario,  non  poneva  limiti  alle  dimensioni  delle
tartufaie coltivate o controllate; in pratica, il proprietario poteva
chiedere  il  riconoscimento di una tartufaia coltivata o controllata
per  qualunque  estensione  di  terreno,  sempreche'  ve ne fossero i
requisiti  oggettivi  e  venissero rispettati gli oneri e obblighi di
legge   (beninteso   sotto   la   vigilanza  delle  autorita'  locali
competenti).
   2.  - E'  poi  sopravvenuta  legge regionale umbra 26 maggio 2004,
n. 8,  la  quale  ha modificato il testo dell'art. 4 della precedente
legge  regionale, introducendo in esso, per quello che qui interessa,
i commi 2-quater e 2-quinquies.
   Il  comma  2-quater  prevede  che  «la  superficie  massima  delle
tartufaie controllate non puo' superare tre ettari».
   Il  comma  2-quinquies  dispone  che  «nei  confronti di eventuali
consorzi  od altre forme associative tra aventi titolo alle tartufaie
controllate,  comunque tra loro confinanti, il limite di cui al comma
2-quater e' elevato a 15 ettari».
   Infine,  l'art.  18  della  medesima  legge  regionale.  n. 8/2004
prevede  che  «entro  un  anno  dall'entrata in vigore della presente
legge,  le  tartufaie controllate costituite precedentemente dovranno
essere riperimetrate».
   Quindi,   per  effetto  del  combinato  disposto  delle  ricordate
previsioni  le  comunita'  montane  in  epigrafe, con i provvedimenti
impugnati,  hanno  imposto  ai  titolari  delle tartufaie controllate
esistenti nei rispettivi territori le cennate riduzioni di superficie
e le correlate riperimetrazioni.
   Tali  atti  riguardano  il  Consorzio Roscetti (ric. n. 315/2007),
titolare   di  tartufaie  controllate  per  complessivi  680  ettari;
l'Azienda  Ganovelli  (ric.  n. 343/2007),  titolare di una tartufaia
controllata   di   circa   16  ettari,  e  il  sig.  Brofferio  (ric.
n. 458/2007)  titolare  di  una  tartufaia  controllata  di  circa 33
ettari.
   3.  -  Contro  gli  atti  delle  comunita'  montane ricorrono, con
separati ricorsi, i tre soggetti indicati in epigrafe.
   Nei ricorsi si sostiene, essenzialmente:
     (a)  l'inapplicabilita' delle nuove norme alle tartufaie gia' in
essere,  quanto  meno  per  tutta la durata delle autorizzazioni gia'
rilasciate,  poiche',  diversamente,  si  realizzerebbe  l'arbitraria
retroattivita' delle norme stesse;
     (b)  l'inapplicabilita'  delle  norme stesse, in particolare, al
ricorrente  Consorzio  Tartufo  di  Roscetti  (ricorso  n. 315/2007),
giacche'  si  tratterebbe  non di un consorzio tra tartufaie fra loro
confinanti,  ma  tra  aziende  agrarie  (nell'ambito delle quali sono
costituite  tartufaie),  tipologia consortile, quest'ultima, estranea
alla  sfera  di  efficacia  dei  precetti  in rassegna poiche' questi
riguarderebbero solo i consorzi tra tartufaie confinanti;
     (c)  l'illegittimita'  costituzionale delle menzionate modifiche
normative  giacche'  queste,  ove  ritenute  applicabili  anche  alle
tartufaie  controllate  gia'  esistenti, sostanzialmente violerebbero
l'affidamento  nonche'  i  diritti  di  proprieta'  (segnatamente sui
tartufi)   e   d'iniziativa   economica,   tutti   costituzionalmente
garantiti.
   4.  -  Le  comunita'  montane  si  sono  costituite  (ciascuna nel
giudizio   o   nei   giudizi   che   le  riguardano)  controdeducendo
argomentatamente  ed  eccependo,  fra  l'altro,  l'irricevibilita'  e
l'inammissibilita'    per    difetto   di   interesse   dei   ricorsi
rispettivamente perche' i provvedimenti oggi impugnati:
     sarebbero  meramente  riproduttivi  di altri non tempestivamente
avversati;
     non  avrebbero  natura  provvedimentale e quindi lesiva giacche'
meramente  applicativi  di  norme  di  legge  vincolanti, dalle quali
discenderebbe   direttamente   ed  immediatamente  la  lesione  delle
posizioni giuridiche dei ricorrenti.
   L'Associazione   Tartufai  del  Comprensorio  Eugubino-Gualdese  e
l'Unione   Tartufai   dell'Umbria   sono  intervenute  ad  opponendum
rispettivamente nei ricorsi n. 458/2007 e n. 315/2007.
   5. - Il Collegio, in primo luogo, riunisce ricorsi in epigrafe per
evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, oltre che di
identita' delle questioni giuridiche.
   In  secondo luogo, ritiene che i gravami siano ricevibili giacche'
i  provvedimenti  impugnati  hanno  un  contenuto  diverso  da quelli
precedenti  rammentati dall'amministrazione poiche', a tacer d'altro,
impongono  termini  perentori  per l'adeguamento delle tartufaie alla
normativa sopra ricordata.
   In  terzo  luogo,  giudica  ammissibili  i  gravami stessi essendo
evidente,  contrariamente  a quanto sostenuto dalle parti resistenti,
l'interesse a proporli.
   Questo perche' i provvedimenti impugnati:
     impongono   adempimenti  concretamente  lesivi  e  sanzionabili,
addirittura con il mancato rinnovo del riconoscimento delle tartufaie
(cfr.  provvedimento seriale n. 0011139/10 agosto 2007, impugnato con
i ricorsi n. 343-2007 e n. 315-2007);
     contengono  censure d'incostituzionalita' che investono le norme
delle  quali  l'amministrazione  invoca la diretta lesivita', proprio
per escludere quella autonoma degli atti avversari.
   6. - Superate cosi' le questioni preliminari, e passando all'esame
del merito, il Collegio osserva che gli atti amministrativi impugnati
risultano aderenti alle disposizioni della legge regionale.
   Ed  invero,  non  e' fondata la tesi dei ricorrenti secondo cui le
disposizioni  limitative  non  si applicherebbero alle tartufaie gia'
riconosciute:   l'art.  18  della  l.r.  n. 8/2004  («entro  un  anno
dall'entrata in vigore della presente legge, le tartufaie controllate
costituite   precedentemente   dovranno   essere  riperimetrate»)  e'
inequivoco in senso contrario.
   Quanto   all'argomento,  dedotto  dal  solo  ricorrente  Consorzio
Roscetti   (ric.  n. 315/2007),  secondo  il  quale  la  disposizione
specificamente  riguardante le tartufaie consortili non riguarderebbe
la  sua  posizione,  in quanto le tartufaie delle aziende consorziate
non  sono  confinanti  fra loro, si osserva che trattasi di argomento
non  conferente: supposto che al Consorzio ricorrente non si applichi
il  comma  2-quinquies  (riduzione  della  tartufaia  consortile a 15
ettari)  inevitabilmente  si  applicherebbe ai singoli consorziati il
comma  2-quater  (riduzione delle rispettive tartufaie a 3 ettari), e
non  e'  dimostrato  che tale seconda prospettiva sia piu' favorevole
della    prima    (e    quand'anche   lo   fosse   sarebbe   comunque
pregiudizievole).
   7.  -  Accertato  che  gli  atti amministrativi sono conformi alla
legge  regionale,  appare  rilevante  e non eludibile la questione di
legittimita'  costituzionale  che  il Collegio intende sollevare, per
quanto  di  ragione,  anche d'ufficio, oltre a quanto prospettato dai
ricorrenti.
   In  realta'  si tratta di due questioni, l'una principale, l'altra
subordinata:
     a) la prima censura riguarda la legge regionale n. 8/2004, nella
parte  in  cui,  innovando  rispetto  alla legge regionale n. 6/1994,
introduce un limite all'estensione delle tartufaie controllate, cosi'
incidendo  sul diritto di proprieta' del titolare del fondo (art. 42,
Cost.) e sulla liberta' dell'iniziativa economica (art. 41, Cost.), e
introducendo altresi' una irragionevole disparita' di trattamento fra
il ricercatore e il proprietario del fondo (art. 3, Cost.);
     b)  la  seconda (e subordinata) censura riguarda la stessa legge
regionale,  nella  parte  in  cui applica la limitazione di cui sopra
anche  alle  tartufaie  gia' riconosciute, incidendo cosi' ugualmente
(anche   se  sotto  profili  parzialmente  diversi)  sul  diritto  di
proprieta'  e  sulla  liberta'  dell'iniziativa economica, e, ancora,
provocando   disparita'   di  trattamento  fra  i  due  soggetti  (il
ricercatore e il proprietario).
   In   entrambi  i  casi,  si  ravvisa  altresi'  un  contrasto  con
l'indirizzo espresso dalla legge-quadro.
   8.  -  Per  illustrare le suddette censure, conviene partire dalla
premessa  che  per principio generale, recepito negli artt. 820 e 821
del  codice  civile,  i  prodotti  vegetali  sono frutti naturali che
appartengono  di  diritto al proprietario del fondo, quand'anche alla
loro produzione non concorra l'opera dell'uomo.
   E questo  un principio fondamentale dello statuto della proprieta'
fondiaria. Il diritto sui frutti non e' semplicemente un accessorio o
una  «variabile  indipendente»  della  proprieta',  ma ne costituisce
l'essenza,  in  quando  a  ben  vedere  la  proprieta'  di un terreno
agricolo  o  boschivo  (che  e'  forma  primordiale  della proprieta'
immobiliare)  consiste  proprio nel diritto esclusivo di appropriarsi
dei frutti, anche spontanei. Le eventuali eccezioni debbono avere una
giustificazione  razionale, etica e sociale e debbono comunque essere
limitate. Tanto e' vero che, ad. es., l'usufrutto non puo' mai essere
perpetuo.
   Del  resto,  anche  il «tesoro» (art. 932 cod. civ.) appartiene di
diritto al proprietario del fondo, ancorche' costui, per definizione,
non  abbia  alcun merito nella sua produzione, e talvolta neppure nel
suo ritrovamento.
   9.  -  Vero  e'  che  antica  consuetudine  ammette la liberta' di
raccolta  di  taluni  prodotti  spontanei  quali i fiori di campo, le
bacche  ed  erbe  selvatiche  e  simili; ma detta consuetudine - e la
legislazione che vi si ispira - trovano una giustificazione razionale
(a)  nel  presupposto  che  si  tratta di prodotti privi di un valore
economico   intrinseco,   raccolti   solo  per  diletto  e  destinati
all'autoconsumo o, al piu', alla cessione ad un prezzo che non eccede
la  modesta  remunerazione  dell'opera  del raccoglitore, e (b) nella
(conseguente)  presunzione  del  disinteresse  del  proprietario  (in
passato,  era  questo  il  caso anche dei funghi, considerati il cibo
povero  per  antonomasia, come dimostra l'adagio che invita a non far
nozze coi funghi).
   In  altre  parole,  la  prevalenza del diritto del raccoglitore su
quello  del  proprietario  del  fondo  si giustifica razionalmente in
quanto  il  prezzo  di  mercato  del prodotto raccolto corrisponde al
«valore  aggiunto»  apportato  dal  lavoro  del raccoglitore, essendo
nullo o trascurabile il valore intrinseco.
   A  questa logica sembrano ispirate anche le sentenze n. 328/1990 e
n. 212/2006  che hanno ritenuta costituzionalmente legittima la norma
che riconosce la liberta' di raccolta dei tartufi, in quanto protegge
le  esigenze  «di  quella parte della popolazione che nella ricerca e
raccolta  dei  tartufi  trova  un  motivo  di distensione ed anche di
integrazione del proprio reddito».
   10.  -  Tuttavia,  almeno  per  quanto  riguarda  il  tartufo,  la
situazione  di  fatto  e'  ora  ben diversa rispetto a quella nel cui
ambito  si erano formate le antiche consuetudini. Di conseguenza sono
mutati anche i termini delle questioni di diritto.
   Ed  invero  -  com'e'  ben  noto  -  il tartufo e' oggi un bene di
elevatissimo  valore  commerciale.  Il  suo  prezzo,  in Umbria, puo'
andare,  com'e' notorio, da un minimo di € 1.550 circa al kg per
le  specie  meno  pregiate,  a  un  massimo di € 5.000 circa per
quelle piu' pregiate.
   Prezzi, questi, usualmente correnti, si badi bene, ove si acquisti
direttamente   dal   ricercatore,   ai   quali  debbono  aggiungersi,
ovviamente,   gli   incrementi  connessi  ai  passaggi  del  circuito
distributivo.
   E significativa,  fra  l'altro,  tale  differenza  del  prezzo  di
mercato,   perche'  dimostra  che  esso  e'  determinato  dal  valore
intrinseco  del prodotto, piuttosto che dal valore aggiunto apportato
dall'opera del ricercatore, presumibilmente uguale in tutti i casi.
   Sicche'  appare  irragionevole  che  il  diritto  del  ricercatore
prevalga su quello del proprietario del fondo, visto che proprio alle
caratteristiche  di quest'ultimo si deve la presenza di tuberi piu' o
meno pregiati.
   In  altre  parole,  la  normativa  in esame e' censurabile perche'
consente  al  ricercatore non solo di ritrarre un giusto compenso per
la propria opera, ma di lucrare il maggior valore inerente ad un bene
economico   alla   cui   produzione   in  nessun  modo  ha  concorso,
sottraendolo  interamente  al  proprietario  di  quello che e' il suo
maggiore,  o  unico,  fattore  di  produzione  (la  terra).  Come  se
all'orefice si consentisse di prelevare gratuitamente oro da forzieri
altrui,  per  realizzare  monili  che  poi vendera' lucrando tanto il
corrispettivo della lavorazione quanto il valore della materia prima.
   Donde  una  probabile  violazione,  oltre  che  dell'art. 42 della
Costituzione,  anche  dell'art.  3,  in  quanto  vi  e' irragionevole
disparita'  di  trattamento fra i due soggetti, il primo dei quali si
arricchisce a detrimento del secondo.
   L'irragionevolezza   di   questa   disciplina  appare  tanto  piu'
stridente,  ove  la  si confronti con quella relativa al «tesoro», di
cui  all'art.  932  del codice civile (e, considerate le circostanze,
non sembri esagerato accostare il tartufo al tesoro).
   11.  -  Non  si  vuol  riaprire, qui, la questione, gia' dibattuta
davanti alla Corte, della legittimita' costituzionale della normativa
che consente la libera raccolta dei tartufi su fondi altrui.
   Si vuole invece mostrare, con le considerazioni svolte sopra, come
il principio della liberta' di raccolta sia razionalmente accettabile
in  quanto  equamente  bilanciato  con  la tutela degli interessi del
proprietario del fondo.
   L'equo  bilanciamento, ad avviso di questo Collegio, e' dato dalla
legge-quadro 16 dicembre 1985, n. 752, art. 3, la quale contempera la
liberta'  del  ricercatore  con la facolta', data al proprietario del
fondo,  di  qualificare come tartufaia controllata (con i conseguenti
obblighi  e  diritti)  tutte  le  superfici che ne siano tecnicamente
idonee,  senza  limiti di estensione. Si e' visto sopra che una delle
basi   razionali   che  giustifica  la  liberta'  di  raccolta e'  la
presunzione  del  disinteresse  del  proprietario;  la  decisione  di
istituire una tartufaia controllata fa venir meno tale presunzione ed
e'  ragionevole,  quindi,  che  a  questo punto receda la liberta' di
raccolta.
   La  legge  regionale,  che limita drasticamente l'estensione delle
tartufaie controllate, rompe quell'equilibrio.
   La  differenza  fra  la  legge  statale  (che  non  prevede limiti
dimensionali)  e la legge regionale (che li prevede) non e' dunque un
aspetto   marginale,  ne'  un  dettaglio  «tecnico».  Il  legislatore
regionale  non  si e' limitato ad integrare e specificare i contenuti
della  legge-quadro;  ha  invece  introdotto  una disposizione che la
contraddice  in un punto essenziale. La legge statale fa prevalere la
volonta'  del  proprietario  del  fondo  -  ove  espressa nelle forme
stabilite  e con l'accettazione degli oneri inerenti - sull'interesse
dei  terzi estranei; la legge regionale pone al diritto di proprieta'
una  limitazione  non  compatibile  con  la  «filosofia»  della legge
statale  (e  ci  si  puo'  anche  chiedere  se  e sino a che punto il
legislatore regionale possa incidere sullo statuto della proprieta).
   12.  -  A  parte  cio',  assume  notevole  rilievo, ai fini di cui
discute,  il  fatto  che  la  scelta  del  proprietario del fondo, di
istituire   una   «tartufaia   controllata»   e   di   chiederne   il
riconoscimento,  non  e'  solo  un  atto  di esercizio del diritto di
proprieta'  (inteso  a  provocare l'effetto di precludere ai terzi la
raccolta dei tartufi) ma e' un atto di iniziativa economica.
   Come  risulta  dal  complesso  degli articoli da 4 a 9 della legge
regionale n. 6/1994 (testo vigente) il riconoscimento della tartufaia
controllata  presuppone (a) l'accertamento di una serie di condizioni
oggettive,   e   (b)   l'assunzione,   da   parte  del  proprietario,
dell'impegno  di  effettuare  una  serie  di  interventi  (ovviamente
onerosi)  di  miglioramento,  manutenzione  ed incremento; il mancato
adempimento   del   relativo   progetto   comporta   la   revoca  del
riconoscimento  (art.  9,  comma  6) oltre ad una sanzione pecuniaria
(art. 20).
   In  questa  luce,  l'esclusivita'  del  diritto  di  raccogliere i
tartufi,  accordata  al  titolare della tartufaia controllata, appare
correlata  non  solo  e non tanto al diritto di proprieta', quanto al
fatto   che   i  tartufi,  a  questo  punto,  sono  il  risultato  di
un'attivita'  produttiva  programmata,  organizzata e dispendiosa. In
altre parole, sono il frutto di un'attivita' d'impresa.
   13.   -  Di  conseguenza,  gia'  e'  anticipato,  la  disposizione
(introdotta   dalla   legge  regionale  n. 8/2004)  che  pone  limiti
estremamente  restrittivi all'estensione delle tartufaie controllate,
incide   non   solo   sul   diritto  di  proprieta'  (art.  42  della
Costituzione)  ma  anche  sulla  liberta'  d'impresa  (art.  41).  Si
impedisce infatti al proprietario di assumere un'iniziativa economica
che  comporterebbe  investimenti e lavoro, a fronte della prospettiva
di un'utile.
   E  con  cio' si lede non solo l'interesse privato ed economico del
proprietario-imprenditore   (interesse   comunque  costituzionalmente
protetto  dagli  artt.  41  e  42) ma anche l'interesse pubblico allo
sviluppo  economico  e, per quanto di ragione, quello alla protezione
della   natura.   Infatti   la  limitazione  imposta  alle  tartufaie
controllate  comporta  che  determinati  terreni  rimarranno privi di
quegli interventi di miglioramento e di manutenzione di cui sarebbero
suscettibili  e  che potrebbero essere effettuati solo a cura e spese
del  proprietario,  e  non  dai ricercatori liberi, che non hanno ne'
titolo ne' interesse ad occuparsene.
   14.  -  Va  notato,  per  quanto  possa occorrere, che le sentenze
costituzionali n. 328/1990 e n. 212/2006 hanno esaminato la questione
solo  con  riferimento  all'art. 42 della Costituzione (perche' cosi'
era  stata  sollevata)  e  non anche con riferimento all'art. 41, ne'
all'art.  3 che invece a questo Collegio sembrano entrambi pertinenti
e risolutivi.
   15.   -   Concludendo   sul   punto,   risulta   rilevante  e  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  4,  commi  2-quater e 2-quinquies della legge regionale 28
febbraio  1994,  n. 6,  nel testo modificato dalla legge regionale 26
maggio  2004,  n. 8,  art.  4,  nonche'  (per  quanto  di ragione) di
quest'ultima  norma,  per  sospetta violazione degli artt. 3, 41 e 42
della  Costituzione. E, ancora, per sospetta violazione dell'art. 117
della  Costituzione,  in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre
1985, n. 752.
   16.  -  Tuttavia,  dato  e  non  concesso  che  si voglia ritenere
costituzionalmente   legittima   la   nuova   normativa   che  limita
l'estensione   delle   tartufaie   controllate,   resta   dubbia   la
costituzionalita'  della  legge  regionale 26 maggio 2004, n. 8, art.
18,   la   quale,   anziche'   far  salve  le  tartufaie  controllate
riconosciute   anteriormente   alla   sua   entrata   in  vigore,  ha
assoggettato  anche  queste ultime alla nuova disciplina, ordinandone
la riperimetrazione.
   Sono  state  trascurate, invero, le legittime aspettative maturate
dai   titolari   per   effetto  non  solo  e  non  tanto  degli  atti
amministrativi  di  riconoscimento,  ma  anche  e  soprattutto  degli
investimenti gia' effettuati e dei lavori compiuti.
   In  questo caso, le violazioni, sopra descritte, degli artt. 3, 41
e   42   sono   tanto   piu'  evidenti,  in  quanto  intervengono  su
un'iniziativa economica gia' espletata. Le aree, gia' inserite in una
tartufaia  controllata  ed  ora  liberalizzate, sono arricchite dagli
interventi   effettuati;  ed  i  ricercatori  se  ne  avvantaggeranno
ulteriormente.  Mentre il proprietario si vedra' depauperato non solo
del  valore intrinseco dei prodotti nati nel suo terreno, ma anche di
tutti gli investimenti e lavori fatti inutilmente.
   Donde  la  sospetta  incostituzionalita'  dell'art. 18 della legge
regionale n. 8/2004, in parte qua, per violazione degli artt. 3, 41 e
42  della  Costituzione,  nonche',  di nuovo, per sospetta violazione
dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge
16 dicembre 1985, n. 752.
   17.  -  Tutto  cio'  premesso  e  ritenuto,  il Collegio decide di
sospendere  i  giudizi  riuniti  e  di  rimettere gli atti alla Corte
costituzionale per quanto di sua competenza.
                             P.  Q.  M.
   Riuniti   i  ricorsi,  ritenute  rilevanti  e  non  manifestamente
infondate le questioni di costituzionalita' concernenti:
     a)  l'art.  4  della legge regionale umbra 26 maggio 2004, n. 8,
nella parte in cui introduce i commi 2-quater e 2-quinquies nell'art.
4  della  legge  regionale  umbra  28 febbraio 1994, n. 6, nonche' di
quest'ultima  in  quanto  cosi'  modificata,  per sospetta violazione
degli  artt.  3, 41 e 42 della Costituzione e per sospetta violazione
dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 3 della legge
16 dicembre 1985, n. 752;
     b)  l'art.  18 della legge regionale umbra 26 maggio 2004, n. 8,
nei  sensi di cui in motivazione, per sospetta violazione degli artt.
3, 41 e 42 della Costituzione e per sospetta violazione dell'art. 117
della  Costituzione,  in relazione all'art. 3 della legge 16 dicembre
1985, n. 752.
   Sospende  i  giudizi e dispone la rimessione degli atti alla Corte
costituzionale.
   Ordina  che  la  presente  decisione sia notificata alle parti del
giudizio  nonche' al Presidente della Giunta regionale dell'Umbria, e
sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale dell'Umbria.
   Cosi'  deciso  in Perugia, nella Camera di consiglio del giorno 14
maggio 2008.
                       Il Presidente: Lignani
                                                 L'estensore: Cardoni