N. 323 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 - 12 luglio 2008

del  12  luglio 2008 emessa dal Tribunale di Firenze nel procedimento
civile  promosso  da  C.S.A. ed altro contro Centro Demetra S.r.l. ed
altro

Procreazione  medicalmente  assistita - Limiti all'applicazione delle
  tecniche  sugli  embrioni  -  Divieto  di  crioconservazione  degli
  embrioni  soprannumerari  - Previsione della creazione di un numero
  massimo  di  tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico e contemporaneo
  impianto  -  Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e di
  ragionevolezza  sotto il duplice profilo dell'intrinseca incoerenza
  di detta disciplina con la finalita' esplicitata dal legislatore di
  favorire  la  soluzione  dei  problemi riproduttivi derivanti dalla
  sterilita'   o  dalla  infertilita'  umana,  e  dell'ingiustificata
  uniformita'   di  trattamento  riservata  a  situazioni  soggettive
  normativamente differenziabili in quanto bisognose di un protocollo
  terapeutico diversificato - Incidenza sul diritto alla salute della
  donna   non   adeguatamente   bilanciato   rispetto   alla   tutela
  dell'embrione   -   Contrasto  con  il  divieto  costituzionale  di
  sottoposizione a trattamenti sanitari non voluti dall'interessato e
  non  rivolti  alla  tutela  della  sua  salute  ovvero della salute
  pubblica,  in  conseguenza della predeterminazione di un protocollo
  sanitario  unico  e  non  ritagliato sulle necessita' di cura della
  singola persona.
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 3 e 32, commi primo e secondo.
Procreazione medicalmente assistita - Consenso informato - Previsione
  che  la  volonta' di ciascuno dei soggetti della coppia di accedere
  alle  tecniche  di procreazione medicalmente assistita possa essere
  revocata   fino   al   momento   della  fecondazione  dell'ovulo  -
  Irrevocabilita'  del  consenso da parte della donna all'impianto in
  utero   degli  embrioni  creati,  dal  momento  della  fecondazione
  dell'ovulo - Contrasto con il divieto costituzionale di trattamenti
  sanitari obbligatori che non siano rivolti alla tutela della salute
  dell'interessato ovvero della salute pubblica.
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 6, comma 3, ultimo periodo.
- Costituzione, art. 32, comma secondo.
(GU n.44 del 22-10-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Premesso quanto segue: che C.S.A. e P.G., hanno presentato ricorso
di urgenza prendendo le seguenti conclusioni:
     che  il  Tribunale di Firenze, disattesa ogni contraria istanza,
difesa  ed eccezione, con provvedimento ex art. 700 c.p.c., voglia in
via urgente dichiarare nel merito e in via principale, il diritto dei
ricorrenti di: a) ricorrere alla diagnosi genetica pre impianto (PDG)
al  fine  di  trasferire e impiantare nell'utero della signora C. gli
embrioni  creati che non presentino in forma conclamata, la specifica
patologia  di  cui  sono  portatori  i  genitori; b) sottoporsi ad un
protocollo  di  PMA  per  il  quale il centro medico, in forza di una
interpretazione   costituzionalmente   (artt.   2,  3,  32  Cost.)  e
teleologicamente  (art.  1, legge n. 40/2004) orientata dell'art. 14,
comma  2  e 3, legge n. 40/2004, sia autorizzato a produrre un numero
di embrioni adeguato a scontare il «rischio genetico» e «diagnostico»
del   caso   concreto,   comunque  idoneo  a  mantenere  le  medesime
probabilita'  di  successo  dell'intervento  rispetto  ad una ipotesi
ordinaria,  quindi  non  inferiore  a  6  unita'; c) sottoporsi ad un
trattamento  medico eseguito secondo tecniche e modalita' compatibili
con  un  elevato  livello di tutela della salute della donna nel caso
concreto  (con  tutte  le  implicazioni consequenziali in ordine alla
decisione  circa  la  contemporaneita' del trasferimento di tutti gli
embrioni  prodotti);  d)  disporre,  in  attesa della definizione del
giudizio  di  merito  e in via incidentale dell'eventuale giudizio di
legittimita'   costituzionale,   la   crioconservazione  dei  residui
embrioni  risultati affetti dalla patologia della esostosi, ordinando
infine  alla  parte  resistente  la  prosecuzione  del  protocollo di
procreazione  medicalmente  assistita  finalizzato all'impianto degli
embrioni risultati non affetti ovvero portatori sani.
   In  via  subordinata,  renda  in  via d'urgenza ogni provvedimento
ritenuto  opportuno  in  relazione  al  caso  di specie, indicando le
modalita' di esecuzione;
   Renda   ogni   provvedimento   relativo   e  conseguente,  in  via
subordinata, sollevi la questione di legittimita' costituzionale:
     A)  degli  artt.  13 e 14, legge n. 40/2004 (divieto assoluto di
qualsiasi  ricerca  clinica  o  sperimentale  sull'embrione  che  non
risulti  finalizzata  alla tutela dello stesso) per contrasto con gli
artt. 9, 32, 33 primo comma Cost.;
     B)  dell'art.  6, comma 3, legge n. 40/2004 (divieto assoluto di
revoca del consenso alla PMA dopo l'avvenuta fecondazione dell'ovulo)
per contrasto con gli artt. 2, 13, 32 Cost.;
     C)  dell'art.  14,  commi  2  e  3,  legge n. 40/2004 (numero di
embrioni   producibili   e  condotte  terapeutiche  predeterminate  e
inderogabili  del  medico)  per  contrasto con gli artt. 2, 9, 31, 32
Cost.; art. 1, legge n. 40/2004;
     D) dell'art. 13, commi 1 e 2 e 14, commi 1 e 4, legge n. 40/2004
in  quanto  affetti da illogicita' ed irragionevolezza, per contrasto
con   gli   artt.  4  e  6,  legge  n. 194/1978  (norma  a  contenuto
costituzionalmente  vincolato: Corte cost. sent. n. 27/1975; 26/1981;
35/1997; 514/2002) e artt. 2, 3, 31, 32, Cost.;
     E) dell'art. 14, commi 1 e 4, legge n. 40/2004 in quanto affetti
da illogicita' ed irragionevolezza ove interpretati restrittivamente,
per contrasto con gli artt. 2, 32 Cost.;
   Con vittoria di spese, competenze e onorari.
   A  sostegno  della  domanda  le  parti ricorrenti hanno esposto in
fatto    di    essere    conviventi,    di    essere    affetti    da
sterilita/infertilita'  sine  causa  come  accertato medicalmente; di
essere  la  signora  C.  affetta  da  malattia genetica irreversibile
denominata  esostosi  multipla ereditaria (anch'esso dato certificato
medicalmente); di avere fatto richiesta del ricorso alla procreazione
medicalmente assistita presso il centro convenuto e di avere altresi'
richiesto  di  procedere  alla  diagnosi  pre-impianto  attesa 1'alta
percentuale  di trasmissibilita' della malattia all'embrione (pari al
50%);  di  avere  ricevuto  il rifiuto della struttura sanitaria alla
diagnosi  pre-impianto  a  motivo della entrata in vigore della legge
n. 40/2004  e  delle  Linee  guida  sulla  procreazione  medicalmente
assistita  di  cui  ai d.m. Ministro della salute 21 luglio 2004, che
nel  combinato  disposto  degli  artt.  13 e 14 della legge e 7 delle
Linee  guida  vietano  la  diagnosi pre-impianto consentendo solo una
diagnosi osservazionale assolutamente inutile nel caso di specie.
   A  seguito  di  cio'  e sulla base della recente giurisprudenza di
merito  essi  avevano  fatto  ricorso  al  tribunale il quale in sede
cautelare  li  aveva autorizzati alla diagnosi genetica pre-impianto;
che  quindi  essi  avevano acquisito relazioni mediche dalle quali si
evidenziava  che  la  previsione  delle  modalita'  predeterminate di
esecuzione  della  PMA  di cui all'art. 14, comma 2, legge n. 40/2004
erano  irragionevoli  ed  inique  nel caso concreto in relazione alla
salute  della ricorrente e alla possibilita' di creazione di embrioni
malati  pari  a  50%;  per  le  ragioni esposte il numero di embrioni
necessari ad assicurare una adeguata percentuale di successo era pari
a 6.
   Le  responsabili  del  Centro convenuto cui essi si erano rivolti,
pur  concordando  sul  merito della vicenda, non avevano aderito alla
domanda  di  creazione  di  6 embrioni perche', a loro dire, proibito
dall'art. 14, legge cit.
   Hanno  rilevato  che la attesa di un giudizio di merito provoca un
danno alla salute psichica della coppia ed in particolare della donna
anche   attesa   la   incapacita'   economica  di  affrontare  viaggi
terapeutici   all'estero   come  viceversa  scelto  da  altre  coppie
italiane.  Hanno  sostenuto  in diritto che la situazione sostanziale
dedotta  e' il diritto alla salute, alla autodeterminazione informata
alla  procreazione  cosciente  ed assistita; che vi sia una relazione
necessitata  tra  concreta  possibilita'  di  successo della diagnosi
genetica ed il numero di embrioni producibili; che la richiesta della
coppia  di  adeguare  il protocollo della fecondazione assistita alle
esigenze  del  caso  concreto  e'  legittima e fondata e in contrasto
colla ratio dell'art. 14, legge cit.: infatti la stessa legge prevede
un  giusto bilanciamento delle posizioni coinvolte, bilanciamento che
la  applicazione  dell'art.  14  in  concreto  nega:  che  la mancata
esecuzione  della  diagnosi pre-impianto e il mancato adeguamento del
trattamento  medico  alle  esigenze  del caso concreto sottopongono i
medici  a  profili  di  responsabilita'.  Chiedono  inoltre che venga
sollevata  questione  di costituzionalita' degli artt. 13 e 14, 1egge
cit.  in  relazione agli artt. 9, 32 e 33 Cost.; dell'art. 6, comma 3
in  relazione  agli artt. 2, 13 e 32 Cost.; dell'art. 14, commi 2 e 3
in  relazione agli artt. 2, 9, 31, e 32, Cost.; degli artt. 13, commi
1,  2,  e  art.  14,  comma 1 e 4 in relazione agli artt. 4 e 6 della
1egge  n. 194/1978; dell'art. 14, commi 1 e 4 in relazione agli artt.
2 e 32 Cost.
   Si  costituiva  il  Centro  Demetra S.r.l. il quale concludeva per
l'accertamento  che  il  Centro  medesimo  non era tenuto a adempiere
spontaneamente  alle prestazioni sanitarie richieste dai ricorrenti e
in  ipotesi  che  venisse  sollevata  questione  di costituzionalita'
dell'art. 13, commi 2 e 3 e dell'art. 14, comma 2 per contrasto cogli
artt.  2,  9,  31  e  32 Cost. Rilevava quanto segue a sostegno delle
proprie ragioni. A seguito di controlli e pareri medici acquisiti, la
parte  attrice  aveva  richiesto  al Centro di adeguare il protocollo
alle  particolari  esigenze  della  coppia  derivanti dalla patologia
genetica  che limitava il successo del trattamento dall'ordinario 18%
al  5-10%  e  cio'  con  due interventi: 1) creazione di un numero di
embrioni  pari  a  6;  2)  impianto del numero di embrioni secondo la
concreta  esigenza  della paziente; pur aderendo da un punto di vista
medico  scientifico  alla  richiesta,  il  centro  non  aveva  potuto
addivenire  alla stessa essendo dall'art. 14, commi 2 e 3 prevista la
creazione  di  massimo  3  embrioni da impiantare contemporaneamente.
Sottolineava  come da un punto di vista scientifico, tenuto conto dei
rischi  collegati  al  generale  stato  di  salute  della  madre,  la
incertezza  relativa  al  tipo  di  sterilita'  sofferto,  il rischio
genetico  di creare oltre il 50% di embrioni malati, la previsione di
impiantare  3 embrioni in utero si configurava come irragionevole sia
per  la  madre  che  per  l'embrione  stesso.  L'unico  contemporaneo
impianto comportava la diminuzione della possibilita' di successo con
conseguente  necessita' di plurime stimolazioni ovariche suscettibili
di  nocumento  alla  donna.  La particolarita' della situazione della
ricorrente imponeva la creazione di un numero di embrioni sufficiente
a  scontare  oltre il rischio genetico anche quello diagnostico e che
veniva individuato nel caso concreto nel numero di 6.
   Chiamata la causa avanti al giudice della cautela si costituiva in
udienza  il  prof.  M.G.P.,  in  proprio  e  nella  sua  qualita'  di
Presidente  del  comitato Verita' e Vita il quale dichiarava di avere
interesse  a  intervenire  nel  procedimento  di urgenza sia ai sensi
dell'art.  105,  secondo  comma  c.p.c.  in adesione alle ragioni del
Centro  Demetra  sia  ai  sensi dell'art. 105, primo comma c.p.c. per
fare  valere  le  ragioni degli embrioni che i ricorrenti intendevano
produrre.  Quanto  all'intervento a sostegno delle ragioni del Centro
Demetra  rilevava  di  avere  un  proprio interesse a intervenire: il
Comitato era una associazione la quale nel proprio Statuto richiamava
come  fine  il riconoscimento e la difesa della vita e della dignita'
di  ogni  essere  umano  dal concepimento alla morte naturale... e in
tale  qualita'  essa  aveva presentato una proposta di modifica delle
Linee  guida; quanto all'intervento volontario autonomo rappresentava
di  avere  richiesto la nomina di un curatore speciale degli embrioni
richiesta  ancora  sub  iudice.  Nel  merito  rilevava la assenza del
periculum   in  mora;  la  inefficacia  e  la  inopponibilita'  della
ordinanza  agli  embrioni  di  cui  si  preannunciava  la  creazione,
ritenuti  dalla  legge 40 soggetti di diritti verso i soggetti adulti
obbligati.
   Riteneva la necessita' della partecipazione del p.m.
   Concludeva  perche'  in  via  preliminare  venisse  autorizzata la
visione del fascicolo; perche' venisse dichiarata la inammissibilita'
del  ricorso;  perche'  nel  merito  venisse  respinta la domanda dei
ricorrenti;  perche'  venisse  sospesa  la  decisione in attesa della
nomina  del curatore degli embrioni e infine perche' venisse disposta
la integrazione del contraddittorio nei confronti del p.m.
                         Ritenuto in diritto
   In  ordine  all'intervento di prof. M.G.P., in proprio e n.n. Egli
dichiara  di  agire  personalmente e nella qualita' di Presidente del
Comitato  Vita  e Verita' sia ai sensi dell'art. 105, primo comma che
ai sensi dell'art. 105, secondo comma c.p.c.
   L'art.  105, primo comma c.p.c. recita: «Ciascuno puo' intervenire
in  un processo tra altre persone per valere in confronto di tutte le
parti  o  di  alcune  di  esse  un  diritto  relativo  all'oggetto  o
dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo».
   Quanto  all'intervento del P. in proprio egli non deduce di essere
titolare  di  alcun  diritto  e  l'intervento  e'  pertanto del tutto
inammissibile («L'art. 105 c.p.c., primo comma, descrive l'intervento
principale come l'istituto processuale con cui il terzo fa il proprio
ingresso  nel  giudizio  per  far valere il proprio diritto, relativo
all'oggetto  o  dipendente  dal titolo gia' dedotto nel processo, nei
confronti  di  tutte le parti (C. 10530/2004). E di diritto nel senso
giuridico del termine deve trattarsi, non essendo sufficiente un mero
interesse   di  fatto  a  giustificare  l'intervento  principale  (C.
2453/1983)»);  quanto  all'intervento  del  P. quale presidente della
associazione  Vita e Verita', esso sembra essere svolto deducendo due
diverse  qualita'.  Da  una  parte  quale  curatore  in pectore degli
embrioni avendo lo stesso Comitato richiesto la nomina di un curatore
al  presidente del tribunale: si invoca a tale fine anche l'art. 2028
c.c. (gestione di affari altrui).
   A tale proposito deve rilevarsi da una parte che nessuna nomina vi
e'  stata  in  capo  al soggetto che agisce e quindi nessun interesse
appartenente  ad  altro  eventuale  soggetto di diritto rappresentato
puo'  essere  invocato; dall'altra che l'art. 2028 c.c. presuppone lo
svolgimento   di   negozi   a  contenuto  patrimoniale,  ipotesi  che
certamente non ricorre nel caso di specie (si parla infatti di affare
altrui  richiamando pertanto una valutazione di ordine economico: «Il
concetto  di  "affare altrui" enunciato dall'art. 2028 e' sicuramente
molto piu' ampio di quello di "atti giuridici" che compare in materia
di mandato (art. 1703). Per comune ammissione l'affare puo' riferirsi
sia ad atti giuridici che materiali. L'affare, oltre ad essere lecito
deve  avere  contenuto  patrimoniale;  dovendosi  escludere  atti  di
gestione  in  materia di diritto di famiglia ed ogniqualvolta entrino
in  gioco  interessi  e  ragioni di carattere personale»). Dall'altra
parte  si  invoca  il fine che persegue il Comitato volto alla tutela
della  vita  dal  concepimento alla morte... e tuttavia tale generico
interesse, non configura la specifica situazione giuridica soggettiva
indicata  come  titolarita'  del  diritto  richiesta dal primo comma,
dell'art. 105 c.p.c.
   Quanto  alla  ricorrenza  dell'intervento come descritto dall'art.
105,  secondo  comma c.p.c. («puo' altresi' intervenire per sostenere
le  ragioni  di  una delle parti quando vi ha un proprio interesse»),
ribadito  quanto sopra detto sull'intervento del P. in proprio, anche
per il Comitato di cui e' Presidente, attesa la rilevanza giuridica e
soggettiva  che  l'interesse  di cui all'art. 105, secondo comma deve
avere,  ne difetta la ricorrenza («Il terzo interveniente adesivo ha,
invero,  interesse  alla  vittoria  della  parte  adiuvata  in quanto
titolare  di  una  situazione dipendente dal rapporto principale gia'
oggetto  della lite, suscettibile di subire un pregiudizio in caso di
soccombenza  della  prima  (Liebman,  Manuale,  97-98;  Proto Pisani,
Lezioni,  401;  Montesano,  Arieta, 306). In particolare, il nesso di
pregiudizialita-dipendenza  sussiste  ogni  volta che nell'ambito del
rapporto   pregiudicato   si   possa   riscontrare,   come   elemento
costitutivo,  un  altro  rapporto  intersoggettivo, ossia il rapporto
principale   o   condizionante  (Monteleone,  Diritto,  218).  Questa
peculiare  situazione  vale  ad attribuire al terzo interveniente una
legittimazione  secondaria  o, appunto, dipendente (Liebman, Manuale,
98-99)»). L'intervento e' pertanto inammissibile.
   Infine  non  ricorrono  le  ipotesi di intervento obbligatorio del
p.m.  (questione  che  nonostante la inammissibilita' dell'intervento
deve  essere  esaminata  di  ufficio)  come  tassativamente  indicate
dall'art.  70,  secondo  comma c.p.c. e pertanto non si e' incorsi in
nessuna  nullita' per difetto di contraddittorio, che quindi non deve
essere integrato.
Rilevanza della questione di costituzionalita'.
   C.  e  P.  chiedono che il giudice della cautela accerti in via di
urgenza:  1)  il diritto di essi ricorrenti a ricorrere alla diagnosi
genetica  pre-impianto  (PDG)  al  fine  di  trasferire  e impiantare
nell'utero della signora C. gli embrioni creati che non presentino in
forma  conclamata,  la  specifica  patologia  di cui sono portatori i
genitori;   2)   a   sottoporsi  ad  un  protocollo  di  procreazione
medicalmente assistita per la quale il centro medico, in forza di una
interpretazione   costituzionalmente   (artt.   2,  3,  32  Cost.)  e
teleologicamente  (art.  1, legge n. 40/2004) orientata dell'art. 14,
comma  2  e 3, legge n. 40/2004, sia autorizzato a produrre un numero
di embrioni adeguato a scontare il «rischio genetico» e «diagnostico»
del   caso   concreto,   comunque  idoneo  a  mantenere  le  medesime
probabilita'  di  successo  dell'intervento  rispetto  ad una ipotesi
ordinaria,  quindi  non  inferiore  a 6 unita'; 3) a sottoporsi ad un
trattamento  medico eseguito secondo tecniche e modalita' compatibili
con  un  elevato  livello di tutela della salute della donna nel caso
concreto  (con  tutte  le  implicazioni consequenziali in ordine alla
decisione  circa  la  contemporaneita' del trasferimento di tutti gli
embrioni  prodotti);  4)  a disporre, in attesa della definizione del
giudizio  di  merito  e in via incidentale dell'eventuale giudizio di
legittimita'   costituzionale,   la   crioconservazione  dei  residui
embrioni  risultati affetti dalla patologia della esostosi, ordinando
infine  alla  parte  resistente  la  prosecuzione  del  protocollo di
procreazione  medicalmente  assistita  finalizzato all'impianto degli
embrioni risultati non affetti ovvero portatori sani.
   Essi   pertanto   in  sintesi  chiedono  l'accesso  alla  diagnosi
pre-impianto,  e  la  applicazione  di  un  trattamento medico (quale
sicuramente  e'  la  PMA  come  infra)  che  sia perimetrato sul caso
concreto  della  coppia richiedente, tenendo in conto da una parte la
malattia genetica di cui (oltre la sterilita' sine causa medicalmente
accertata  e  provata  in  atti)  soffre  la  donna  e  dall'altra le
necessita'  di  tutela  della  salute  della  donna (e della coppia),
sottoponendola  quindi  all'impianto  che  secondo  la scienza medica
offre  piu'  possibilita'  di  successo,  con crioconservazione degli
embrioni  malati  in  attesa  della  definizione  del procedimento di
merito.  Motivano  la  loro richiesta di urgenza quanto al fumus boni
iuris  sulla  esistenza di un diritto alla salute della donna e della
coppia  da  bilanciare col diritto degli altri soggetti coinvolti nel
trattamento   di   procreazione  medicalmente  assistita;  quanto  al
periculum  colla  lesione  al  diritto  alla  salute  che  deriva dal
protrarsi del tempo necessario per ottenere una pronuncia di merito.
   Tuttavia  la  applicazione della normativa richiamata dagli attori
ed  opposta  dalla parte convenuta, non autorizza se non in parte, il
giudice  alla pronuncia richiesta. Quanto alla diagnosi pre-impianto,
deve  rilevarsi  che  a  seguito  dell'intervento della pronuncia del
Tribunale  amministrativo  regionaleLazio  del  gennaio  2008  e alla
conseguente  emanazione delle linee guida del 18 aprile 2008, che non
contengono  piu' la previsione della legittimita' della sola diagnosi
osservazionale,  non  sussiste  perche'  non  ricavabile  dal dettato
legislativo  (lettura costituzionalmente orientata della legge n. 40)
il  divieto  di  accesso  alla  diagnosi  pre-impianto ove volto alla
individuazione  di  malattia  genetica (si cfrt. sul punto il proprio
precedente 17 dicembre 2007 nonche' sent. Trib. Cagliari 24 settembre
2007);  in  ogni caso risulta che la coppia anche nella vigenza delle
precedenti   Linee  guida  era  stata  autorizzata  all'accesso  alla
diagnosi pre-impianto cosicche' per l'una e l'altra ragione non vi e'
interesse alla decisione.
   Quanto  alle  residue  richieste formulate, l'art. 14, commi 1 e 2
della   legge  n. 40,  dispongono  testualmente  «I)  E'  vietata  la
crioconservazione e la soppressione di embrioni fermo quanto previsto
dalla  legge  22  maggio  1978, n. 194. II) Le tecniche di produzione
degli embrioni... non devono creare un numero di embrioni superiore a
quello  necessario  ad un unico e contemporaneo impianto comunque non
superiore a tre.».
   E'  evidente quindi che la richiesta della parte ricorrente, volta
alla  creazione  di  un  numero di embrioni idoneo al caso concreto e
comunque diverso e superiore a tre, alla effettuazione di un impianto
idoneo  nel  caso  concreto  e  quindi  anche  diverso  da un unico e
contemporaneo  impianto  di  tre  embrioni, e all'accertamento che la
parte  convenuta  effettui  il  trattamento secondo le necessita' del
caso    concreto,    cio'   implicando   necessariamente   anche   la
crioconservazione  non  solo degli eventuali embrioni malati ma anche
degli embrioni sani da eventualmente impiantare dopo l'insuccesso del
primo  impianto, onde non procedere a nuova stimolazione ovarica, non
e' accoglibile atteso l'assetto normativo che configura in termini di
assoluta  vincolativita'  (sanzionando  il diverso comportamento come
reato)  la  necessita'  della  creazione  di  soli  tre  embrioni  da
impiantarsi contestualmente e contemporaneamente in utero con divieto
di   crioconservazione  sia  di  embrioni  malati  che  genericamente
sovrannumerari.   Non  vi  e'  pertanto  spazio  per  interpretazione
costituzionalmente   orientate   e   la   applicazione   della  legge
comporterebbe    salva   la   diversa   questione   di   legittimita'
costituzionale  che  si  pone,  il  rigetto  della  domanda.  Da cio'
consegue  la  rilevanza  della  questione di costituzionalita' che si
intende porre.
   Quanto alla ammissibilita' della posizione della questione in sede
cautelare, nessun dubbio puo' aversi (e la questione appare condivisa
dalla  stessa  Corte  cost.  come si ricava per inciso dalle seguenti
massime:   «Nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via
incidentale  sono  inammissibili  le  questioni  sollevate in sede di
giudizio  cautelare  dopo  l'accoglimento  della  relativa istanza da
parte  del  giudice,  e  cio'  per l'avvenuto esaurimento di ogni sua
potesta'  in quella sede, con conseguente irrilevanza della questione
ai  fini  di  quel  procedimento.  Invece,  la  sospensione,  in  via
provvisoria  e temporanea, degli atti impugnati fino alla ripresa del
giudizio  cautelare  dopo  1'incidente  di costituzionalita' disposta
contemporaneamente   all'ordinanza  di  rimessione  alla  Corte,  non
determinando  l'esaurimento  del potere cautelare del giudice, non fa
venir meno la rilevanza della questione sollevata. (Nella specie, nel
giudizio  vertente  sull'art. 55 del d.lgs. n. 277 del 1991, promosso
dal  Consiglio  di Stato su appello contro un'ordinanza del Tribunale
amministrativo regionaleVeneto con cui si era negata la sospensiva di
un  provvedimento  emesso  in  base alla norma impugnata, la Corte ha
respinto  l'eccezione di inammissibilita' avanzata dall'Avvocatura di
Stato,  in quanto la sospensiva dello stesso provvedimento disposta a
sua  volta  dal  giudice  a  quo  nel  sollevare  la questione, aveva
carattere provvisorio). Corte cost., 27 gennaio 1995, n. 30).
   Il  procedimento  cautelare  e'  infatti istaurato davanti ad A.G.
(secondo  quanto  richiede  l'art.  23,  legge  n. 87/1953) dotata di
potere  decisorio  sul  caso di specie, tanto maggiormente rafforzato
dopo  la  riforma  del  procedimento  cautelare  che  ha  determinato
l'affievolimento  del  vincolo di strumentalita' tra la cautela ed il
merito,  presupponendo  pertanto  il  permanere  della  efficacia del
provvedimento   anticipatorio   (come   l'attuale)   pur   senza   la
instaurazione del giudizio di merito.
   Valutazioni in ordine alle esigenze di celerita' in relazione alla
necessita'    di    sospensione   conseguente   alla   questione   di
costituzionalita',  da  una parte riposano su dati di fatto attinenti
alla  lunghezza  dei  processi  che  non  hanno  rilevanza  giuridica
dall'altro  non  sono  in  grado  di  risolvere  la  questione  della
applicabilita'  da  parte  del  giudice  di  merito  di  norme che si
presentano difformi dal dettato costituzionale.
Ammissibilita' della questione.
   Si  intende qui sollevare questione di costituzionalita' dell'art.
14,  commi 1 e 2, legge n. 40/2004, per contrasto cogli artt. 3, e 32
Cost. e dell'art. 6, comma 3 ultima parte per contrasto coll'art. 32,
secondo comma Cost.
   Come  detto  l'art.  14 ai commi citati stabilisce l'obbligo della
creazione  di  un  numero  massimo di tre embrioni da impiantarsi con
unico   contemporaneo   impianto   ed   il   conseguente  divieto  di
crioconservazione degli embrioni (c.d. embrioni sovrannumerari).
   L'assetto  voluto  dalla  legge  sulla fecondazione assistita crea
grave  nocumento  alla  salute  della  donna e nello stesso tempo non
garantisce  il  fine  che  essa  stessa si propone come programmatico
(favorire  la  soluzione  dei  problemi riproduttivi legati derivanti
dalla  sterilita' o dalla infertilita' umana...: art. 1, 1egge n. 40)
fornendo soluzioni contraddittorie e non ottimali.
   Deve  in  primo luogo evidenziarsi che la legge impone, in caso di
insuccesso,   la  necessita'  di  procedere  a  plurime  stimolazioni
ovariche  in  quanto  prevede  la  esaustivita'  di  ciascun ciclo di
produzione  ed  impianto,  non consentendo la crioconservazione degli
embrioni  per successivi impianti; cio' comporta seri problemi per la
salute  della  donna  che  si  deve sottoporre a trattamenti ormonali
plurimi, con conseguenze mediche accertate. Ed in particolare:
     1)   Uso   di   farmaci  induttori  della  ovulazione:  disturbi
transitori   (flushing,   ritenzione   idrica,  senso  di  pesantezza
all'addome,  sbalzi  del  tono dell'umore); questi ultimi, in caso di
trattamenti  reiterati,  possono  provocare  gravi  conseguenze sulla
stabilita'  psicologica  della  donna  e  minare  il  rapporto con il
compagno determinando quindi anche un danno alla salute della coppia;
     2)  Rischi  chirurgici  collegati  al  prelievo ovocitario quali
infezioni, sanguinamenti, e rischi connessi all'anestesia;
     3) L'incidenza della sindrome da iperstimolazione ovarica severa
e' stimata complicare 1'1% di tutti i cicli di PMA e la mortalita' e'
di 1:45.000/1:50.000 di donne trattate con gonadotropine;
     4)  Il cancro ovarico e' la sesta neoplasia piu' frequente nelle
donne,  con  un  tasso di sopravvivenza a 5 anni del 40%. L'incidenza
varia  moltissimo  nei  vari  paesi e sono stati identificati un gran
numero  di  fattori di rischio, fra cui l'infertilita' e la cosidetta
«ovulazione incessante».
   E'  stato  quindi  ipotizzato  che  tra  gli  effetti  dei farmaci
induttori  della  ovulazione  potesse esserci quello di un legame con
1'insorgenza di qualche caso di cancro. L'incapacita' di concepire e'
di per se' stessa un fattore di rischio.
   Quanto  in  relazione  ai  rischi  alla  salute  cui  la  donna e'
sottoposta  inutilmente  per la necessita' indicata dall'art. 14 cit.
di  doversi  sottoporre  a  piu'  impianti  nel  caso di impianto non
riuscito.
   Non  vanno  poi  taciuti  i  problemi per la salute psichica della
donna  e della coppia essendo dato comunemente noto che i trattamenti
terapeutici non hanno rilevanza psicologica neutra ma inducono stress
tale da arrivare fino a determinare la desistenza dal trattamento o a
rivolgersi  a centri posti all'estero (pratica che anch'essa comporta
disagio  psicologico  oltre  a  selezionare  le coppie sulla base del
censo).
   Deve  quindi evidenziarsi la lesione al diritto della salute della
donna  pur  nel bilanciamento della tutela della salute dell'embrione
richiesto   dall'art.   1,   1egge  cit.  atteso  che  aldila'  della
definizione  giuridica  del concetto di concepito (sulla quale non vi
e' neppure nella scienza comunita' di interpretazione) deve ritenersi
la  prevalenza del diritto alla salute dell'essere persona rispetto a
cio'  che ancora persona non e' (non puo' essere ignorato il richiamo
della  Corte  costituzionale  alla  tutela  prioritaria del gia' nato
rispetto  al  feto:  v per tutte Corte cost., 18 febbraio 1975, n. 27
«Il  danno o pericolo conseguente al protrarsi di una gravidanza puo'
essere  previsto, ma non e' sempre immediato e non esiste equivalenza
fra  il  diritto non solo alla vita, ma anche alla salute della madre
che  e'  gia' persona, e quello dell'embrione che persona deve ancora
diventare.»):  lesione  pertanto  del  dettato  costituzionale di cui
all'art. 32, primo comma Cost.
   Altresi'    viene    leso    il   principio   di   ragionevolezza,
estrinsecazione  del  principio  di  uguaglianza  sostanziale  di cui
all'art.  3  Cost.,  in  contrasto  colla finalita' esplicitata dalla
legge   stessa   di  porre  soluzioni  a  problemi  di  sterilita'  o
infertilita' (art. 1, legge cit.).
   Ridurre  la  fecondazione assistita ad un modello unico valido per
tutte  le  situazioni  concrete che si presentano alla attenzione dei
medici,   comporta   obliterare  completamente  quelle  che  sono  le
acquisizioni  scientifiche  le  quali indicano come i plurimi fattori
che  afferiscono  alla  coppia  genitoriale incidono sulla scelta del
trattamento  da attuare che quindi deve essere lasciato (come d'altra
parte  tutti i trattamenti medici salvo sempre il consenso informato)
alla  discrezionalita'  del  medico  che e' il depositario del sapere
tecnico del caso concreto. Emerge dalla stessa relazione del Comitato
sanitario  del Ministero che i fattori di sterilita' sono legati alla
eta'  della  donna,  alla  eventuale  malattia  genetica di cui uno o
entrambi i genitori sono portatori (come nel caso di specie); e' dato
scientificamente  acquisito che l'impianto ottimale non e' l'impianto
di  tre  embrioni  che diminuisce anzi la possibilita' che l'embrione
attecchisca;  e' altresi' dato notorio che l'impianto di tre embrioni
comporta  gravidanze  plurigemellari con scarsa possibilita' che esse
vengano portate a termine e comunque con tutti i rischi per la salute
della  donna  e del feto che le gravidanze plurigemellari comportano.
Ed  infatti  si ha riscontro oggettivo di quanto sino ad ora motivato
nei seguenti dati riportati dalla Relazione del ministro della salute
al  parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme
in  materia di procreazione medicalmente assistita (legge 19 febbraio
2004, n. 40, articolo 15) - anno 2007 - Roma, 30 aprile 2008.
   «...  La percentuale di gravidanze, calcolata sul totale dei cicli
iniziati,  e'  pari al 18,9% e rappresenta un indicatore di efficacia
delle tecniche applicate ...
   ... Percentuali di gravidanze in rapporto all'eta' della paziente.
Una  delle  variabili  che  maggiormente  influisce  sul  buon  esito
dell'applicazione  delle tecniche di fecondazione assistita, e quindi
sulla  probabilita'  di  ottenere  una  gravidanza,  e'  l'eta' della
paziente.  Le  percentuali  di gravidanze rappresentate in figura 18,
secondo  la  classe di eta' delle pazienti, sono calcolate sul numero
di cicli iniziati.
   Risulta   evidente   l'esistenza  di  una  relazione  inversamente
proporzionale  tra  l'eta'  e  le percentuali di gravidanze ottenute.
All'aumentare dell'eta', infatti, il rapporto tra gravidanze ottenute
e  cicli  iniziati, subisce una progressiva flessione. E se, dai dati
raccolti,  si evince che su cento cicli iniziati in pazienti con meno
di  29  anni,  sono state ottenute circa 29 gravidanze, e' anche vero
che  su  cento  cicli  iniziati  in pazienti con 45 anni o piu', sono
state  ottenute  circa  una o due gravidanze, a seconda della tecnica
utilizzata.».
   Si  segnala  il  rischio  di  gravidanza gemellare o trigemellare:
«Genere  di  gravidanze:  percentuale  di  gravidanze  gemellari e di
gravidanze multiple ottenute da tecniche di secondo e terzo livello.
   ... Per gravidanze multiple vengono intese le gravidanze trigemine
e quadruple.
   In  generale,  la  percentuale  di gravidanze gemellari e' pari al
18,4%,  mentre  le  gravidanze  multiple  rappresentano il 3,3% delle
gravidanze ottenute.
   Nell'applicazione  delle  tecniche  che prevedono scongelamento di
embrioni  o  di  ovociti,  le  percentuali  di gravidanze gemellari e
multiple, appare leggermente piu' contenuta.».
   Quanto  al  successo  della  legge  40  rispetto  alle percentuali
antecedenti  alla  entrata  in  vigore, cosi' si esprime la relazione
ministeriale:
   «Andamento  nel  tempo: variazione delle percentuali di gravidanze
ottenute negli anni 2003-2006.
   Sia  per la tecnica FIVET che per la ICSI si registra un andamento
decrescente. Osservando le percentuali di gravidanza sul totale delle
tecniche    a   fresco   eseguite,   si   registra   una   flessione,
statisticamente significativa, che va dal 24,8% del 2003 al 21,2% del
2005.  Nel  2006 le percentuali di gravidanza mostrano invece, valori
perfettamente sovrapponibili a quelli dell'anno precedente. La figura
21 mostra le percentuali di gravidanza ottenute con tecniche a fresco
nei   tre   periodi   precedentemente  menzionati,  ma  questa  volta
rapportate ai trasferimenti di embrioni eseguiti.
   Anche  in  questa  analisi  e'  possibile  osservare  un andamento
negativo  nelle  percentuali di gravidanza ottenute. Mentre nell'anno
2003  il  valore  si attestava al 27,6%, nell'anno 2005 questo appare
ridotto  al  24,5%  e anche in questo caso, tali differenze risultano
statisticamente  significative. Nel 2006 si registrano percentuali di
gravidanze  simili  a quelle del 2005, salvo per la tecnica FIVET che
tende ad assumere un valore piu' simile a quello della ICSI.».
   La  relazione  cosi' conclude: «Gia' nel 2005 si era osservato che
l'eta'  delle  pazienti  che  accedono  alle  terapie di procreazione
assistita, era piuttosto elevata. Nell'osservazione dei dati del 2006
si e' rilevato addirittura un incremento, anche se ridotto, dell'eta'
delle  pazienti.  Come  e'  logico  dedurre  questo  e' assolutamente
penalizzante  rispetto  ai risultati che e' possibile ottenere grazie
all'applicazione dei trattamenti di fecondazione assistita.
   E'  stata confermata, l'osservazione gia' riportata nel precedente
rapporto,   che   la   normativa  vigente,  ha  portato  a  modifiche
nell'applicazione  delle  pratiche  cliniche.  Una  delle conseguenze
indirette  di  tale  applicazione  e'  stato l'aumento della quota di
cicli  in  cui  e'  stata  utilizzata  la  tecnica  ICSI,  a  scapito
dell'applicazione  della tecnica FIVET, che rispetto al 2005 e' ancor
piu' marcata.
   L'analisi   dei   dati   rileva  come  in  piu'  della  meta'  dei
trasferimenti  effettuati  vengano  utilizzati  tre  embrioni, questo
aumenta  il  rischio di gravidanze gemellari, soprattutto su pazienti
in giovane eta'.
   Questo  fenomeno  che avevamo soltanto ipotizzato nella precedente
relazione,  ha  trovato  conferma  grazie  all'introduzione  di nuove
variabili nelle schede di raccolta dati.
   Le  percentuali di gravidanze ottenute nel 2006 sono perfettamente
sovrapponibili  a  quelle  dell'anno precedente, denotando un mancato
incremento  nelle percentuali di gravidanze che invece si registra in
tutti gli altri paesi europei.».
   Come  dimostrano  i  dati  che  si sono riportati, la applicazione
della tecnica imposta dalla legge lungi quindi dal favorire le coppie
portatrici  di  sterilita' e consentire la nascita di piu' bambini ha
determinato  un  abbassamento della percentuale di bambini nati colla
tecnica  in provetta, anche in relazione coi dati degli altri paesi e
un  aumento  dei  parti  bi  o  pluri gemellari. Cio' comporta che la
tecnica    prescelta    sia   assolutamente   irragionevole,   e   la
irragionevolezza  risiede  nella imposizione di una sola possibilita'
di  impianto  con  massimo tre embrioni, non valutando i vari fattori
che   accedono   al  singolo  caso  concreto  e  che  si  ripete,  ne
condizionano  l'esito  (eta',  malattie,  tipo  di sterilita' etc.) e
comporta  un pericolo aggiunto alla salute della donna e del feto per
l'intervenuto  aumento dei parti bi o plurigemellari: e' noto infatti
che  la  mortalita'  perinatale nelle gemellari e' circa 5 volte piu'
alta  delle  singole  mentre  nelle  triple,  7 volte piu' alta senza
contare   i  costi  sia  ordinari  (ricovero,  accertamenti  e  parti
operativi che straordinari (terapia neonatale) che sono assolutamente
maggiori dei costi da sostenersi per il parto singolo).
   Con  cio'  lungi dal perseguire 1'intento dichiarato di cura della
malattia  (sterilita),  la  legge  impone  con valutazione ex ante un
trattamento  sanitario non necessariamente utile a persone/coppie che
presentano  peculiarita'  di  salute  che  andrebbero  curate  con un
trattamento  personalizzato.  Il  caso  di  specie  ne rappresenta un
esempio concreto, essendo stato evidenziato dai sanitari che hanno in
cura la C., che la possibilita' di trasmissione della malattia incide
al  50%  percentuale da ulteriormente calcolarsi sulla percentuale di
successo  della  PMA in genere. Non lasciare ai ricorrenti in accordo
col  medico  curante,  la  scelta  sul numero di embrioni da creare e
successivamente  impiantare, provvedendo alla crioconservazione degli
embrioni  residui,  comporta in pratica la negazione all'accesso alla
tecnica  di  fecondazione  assistita.  Si  ha  pertanto  lesione  del
principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 della Costituzione
in  quanto  si  trattano in unico modo posizioni soggettive del tutto
dissimili e che necessiterebbero di un approccio di cura diverso.
   Per  altro  verso  ancora  si  ha lesione di principi propri della
Carta costituzionale.
   Non puo' infatti tacersi che 1'art . 32, secondo comma Cost. vieta
i  trattamenti  sanitari  obbligatori  se  non  imposti per legge nel
rispetto  della  dignita'  della  persona  umana.  Deve ulteriormente
valutarsi  che  il  trattamento  sanitario  puo'  essere imposto alla
persona  per  la tutela della sua salute o per la tutela della salute
pubblica  (TSO  o  vaccinazioni  p.e.).  Che  la  PMA sia trattamento
sanitario  non e' revocabile in dubbio e si evince dalla stessa legge
che  precisa  trattarsi  di  cura  alla  sterilita' (art. 1 cit.). La
predeterminazione  di  un protocollo sanitario unico, non configurato
sulle  necessita'  di  cura  della singola persona e la necessita' di
adesione  allo  stesso  comporta  la  sottoposizione  della persona a
trattamento  sanitario  non  voluto e non volto alla tutela della sua
salute  o  della  collettivita':  e' infatti limite alla applicazione
della  legge sul trattamento sanitario obbligatorio la limitazione di
soli casi in cui la malattia individuale minacci la salute collettiva
(cosi'   nota   dottrina).  L'unica  eccezione  alla  obbligatorieta'
dell'impianto  che la legge 40 contempla e' posta dall'art. 14, comma
2  cit., laddove si sospende il trasferimento nell'utero per causa di
malattia  della  madre, non prevedibile al tempo della fecondazione e
per  il  solo  periodo  necessario  al  superamento  di tale stato di
malattia.
   Ne  emerge  una necessarieta' dell'impianto cosi' come configurato
dalla  legge,  anche  in presenza di un diniego all'impianto da parte
della madre cio' comportando una inammissibile coazione alla cura.
   Cio'  comporta  anche la valutazione di contrasto coll'ordinamento
costituzionale e segnatamente coll'art. 32, secondo comma Cost. della
norma  dettata dall'art. 6, legge cit. nella parte in cui sancisce la
irrevocabilita'   del   consenso   ad   accedere   alle  tecniche  di
fecondazione assistita dal momento della fecondazione dell'ovulo, con
riferimento  alla  posizione  della  donna  cui deve essere praticato
l'impianto.   Si   ripete  infatti  che  dal  principio  discende  la
coercibilita'  di  un  trattamento sanitario che non e' ammesso dalla
Costituzione  se  non  con  riserva  di  legge  nella sussistenza dei
requisiti che ne legittimano la imposizione.
   Deve  pertanto  sollevarsi  questione  di  costituzionalita' degli
artt.  14,  primo  e  secondo comma e dell'art. 6, comma 3, u. parte,
della  legge  n. 40/2004  nella  parte in cui impongono il divieto di
crioconservazione  degli  embrioni  soprannumerari,  la necessarieta'
della  creazione  di  massimo  tre  embrioni nonche' la necessarieta'
dell'unico   e   contemporaneo  impianto  di  embrioni  comunque  non
superiori  a tre, e laddove prevedono la irrevocabilita' del consenso
da parte della donna all'impianto in utero degli embrioni creati, per
contrasto  col  disposto  dell'art.  3  Cost.  e  32, primo e secondo
comma Cost.
                              P. Q. M.
   Dichiara  la  inammissibilita'  dell'intervento di prof. M.G.P. in
proprio e nella qualita' di Presidente del Comitato Verita' e Vita;
   Ritenutane  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza, rimette
alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14, commi 1 e 2, legge n. 40/2004, per contrasto, quanto ai
commi  1  e  2 dell'art. 14 cit., cogli artt. 3 e 32, primo e secondo
comma  Cost.  e dell'art. 6, comma 3, ultima parte, legge n. 40/2004,
per  contrasto  coll'art. 32, secondo comma Cost., nella parte in cui
impongono    il   divieto   di   crioconservazione   degli   embrioni
soprannumerari,  la  necessarieta'  della  creazione  di  massimo tre
embrioni nonche' la necessarieta' dell'unico e contemporaneo impianto
di  embrioni  comunque  non  superiori  a tre, e laddove prevedono la
irrevocabilita'  del  consenso  da  parte della donna all'impianto in
utero degli embrioni creati.
   Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale.
   Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata a cura della
cancelleria  alle  parti,  al pubblico ministero ed al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  sia  comunicata  ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
     Cosi' deciso in Firenze, l'11 luglio 2008.
                    Il giudice estensore: Mariani