N. 335 SENTENZA 8 - 10 ottobre 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita  al  servizio  di  pubblica  fognatura  e di depurazione -
  Debenza  da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista
  di   impianti   centralizzati   di   depurazione   o  questi  siano
  temporaneamente  inattivi  -  Lamentata  irragionevole  imposizione
  all'utente    dell'obbligo    di    pagamento    in   mancanza   di
  controprestazione  -  Eccepita inammissibilita' della questione per
  difetto  di  rilevanza, per difetto di motivazione sulla rilevanza,
  per  omessa  indicazione  di  un tertium comparationis e per omessa
  descrizione della fattispecie - Reiezione.
- Legge  5  gennaio  1994,  n. 36,  art.  14,  comma 1, sia nel testo
  originario  che  nel  testo  modificato dall'art. 28 della legge 31
  luglio 2002, n. 179.
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 41 e 97.
Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita  al  servizio  di  pubblica  fognatura  e di depurazione -
  Debenza  da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista
  di   impianti   centralizzati   di   depurazione   o  questi  siano
  temporaneamente  inattivi  -  Lamentata  irragionevole  imposizione
  all'utente    dell'obbligo    di    pagamento    in   mancanza   di
  controprestazione  -  Eccepita inammissibilita' della questione per
  incoerenza  della  stessa  - Prospettazione di rilievo da esaminare
  congiuntamente al merito.
- Legge  5  gennaio  1994,  n. 36,  art.  14,  comma 1, sia nel testo
  originario  che  nel  testo  modificato dall'art. 28 della legge 31
  luglio 2002, n. 179.
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 41 e 97.
Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita  al  servizio  di  pubblica  fognatura  e di depurazione -
  Debenza  da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista
  di   impianti   centralizzati   di   depurazione   o  questi  siano
  temporaneamente  inattivi  -  Lamentata  irragionevole  imposizione
  all'utente    dell'obbligo    di    pagamento    in   mancanza   di
  controprestazione  -  Limitazione  dello  scrutinio alla sola quota
  della  tariffa  unitaria  del servizio idrico integrato riferita al
  servizio  di  depurazione,  oggetto della richiesta di rimborso nei
  giudizi a quibus.
- Legge  5  gennaio  1994,  n. 36,  art.  14,  comma 1, sia nel testo
  originario  che  nel  testo  modificato dall'art. 28 della legge 31
  luglio 2002, n. 179.
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 41 e 97.
Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita al servizio di depurazione - Debenza da parte degli utenti
  anche  se  la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di
  depurazione    o    questi   siano   temporaneamente   inattivi   -
  Qualificazione  della  tariffa  del  servizio idrico integrato come
  corrispettivo   di   una   prestazione   commerciale   complessa  -
  Irragionevole   previsione   della   imposizione   dell'obbligo  di
  pagamento   della   quota   di  tariffa  riferita  al  servizio  di
  depurazione  in  mancanza  della controprestazione - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua - Assorbimento delle altre censure.
- Legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 14, comma 1, nel testo modificato
  dall'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179.
- Costituzione, art. 3 (artt. 2, 32, 41 e 97).
Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita al servizio di depurazione - Debenza da parte degli utenti
  anche  se  la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di
  depurazione    o    questi   siano   temporaneamente   inattivi   -
  Qualificazione  della  tariffa  del  servizio idrico integrato come
  corrispettivo   di   una   prestazione   commerciale   complessa  -
  Irragionevole   previsione   della   imposizione   dell'obbligo  di
  pagamento   della   quota   di  tariffa  riferita  al  servizio  di
  depurazione  in  mancanza  della controprestazione - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua - Assorbimento delle altre censure.
- Legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 14, comma 1.
- Costituzione, art. 3 (artt. 2, 32, 41 e 97).
Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita al servizio di depurazione - Debenza da parte degli utenti
  anche  se  la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di
  depurazione  o  questi siano temporaneamente inattivi - Intervenuta
  abrogazione  e  sostituzione, con norma di analogo contenuto, della
  disposizione    dichiarata    costituzionalmente    illegittima   -
  Illegittimita' costituzionale in pare qua, in via consequenziale.
- D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 155, comma 1, primo periodo.
- Costituzione, art. 3; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27.
(GU n.43 del 15-10-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE;  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe TESAURO, Paolo
   Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 1,
della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse
idriche), sia nel testo originario che in quello modificato dall'art.
28  della  legge  31  luglio  2002,  n. 179  (Disposizioni in materia
ambientale),  promossi  con  ordinanze  del  3  e  31 maggio e del 18
settembre  2007  dal  Giudice  di  pace  di Gragnano, rispettivamente
iscritte  al n. 830 del registro ordinanze 2007 e ai nn. 38 e 184 del
registro  ordinanze  2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 3, 10 e 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli atti di costituzione della s.p.a. G.O.R.I., nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 23 settembre 2008 e nella camera
di consiglio del 24 settembre 2008 il giudice relatore Franco Gallo;
   Uditi  gli  avvocati  Vincenzo  Cocozza  e Ferdinando Pinto per la
s.p.a. G.O.R.I. e l'avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  civile, il Giudice di pace di
Gragnano  -  con ordinanza del 3 maggio 2007 (r.o. n. 830 del 2007) -
ha  sollevato,  in  riferimento agli articoli 2, 3, 32, 41 e 97 della
Costituzione,  questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  1,  della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia
di risorse idriche), nel testo modificato dall'art. 28 della legge 31
luglio  2002,  n. 179 (Disposizioni in materia ambientale) [in vigore
dal 28 agosto 2002 al 28 aprile 2006], nella parte in cui prevede che
la  quota  di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di
depurazione e' dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura
sia  sprovvista  di  impianti  centralizzati  di depurazione o questi
siano temporaneamente inattivi.
   Il  rimettente riferisce che: a) l'oggetto del giudizio principale
e'  la domanda proposta da Savino Cesarano nei confronti della s.p.a.
G.O.R.I.,  societa'  di  gestione  del  servizio idrico integrato nel
Comune  di  Gragnano, affinche' sia accertata e dichiarata non dovuta
la  quota di tariffa riferita alla depurazione di acque reflue da lui
pagata per l'anno 2003, con conseguente restituzione della stessa; b)
l'attore  afferma  che  la  societa'  convenuta  aveva  richiesto  il
pagamento  del  canone  di depurazione «pur non avendo effettuato ne'
potendo effettuare il servizio di depurazione delle acque reflue, per
essere notoriamente carente degli appositi impianti»; c) la convenuta
chiede  il  rigetto  della  domanda, in quanto infondata, perche', in
base  all'art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994, pur essendosi
verificata  «la trasformazione della natura del canone di depurazione
da  tributaria  in  tariffaria»,  l'obbligazione  di corrispondere il
canone  e' comunque «inderogabile per espressa previsione di legge, e
cio'  indipendentemente  dalla  sussistenza  o  meno  di  un servizio
corrispettivo».
   Il  rimettente  osserva  che l'art. 14, comma 1, della legge n. 36
del  1994  -  il  quale  prevede  che la quota di tariffa riferita al
servizio  di  pubblica  fognatura  e  di depurazione sia dovuta dagli
utenti  anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati  di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi
e  che  «i  relativi  proventi, determinati ai sensi dell'articolo 3,
commi  da  42  a  47, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, aumentati
della  percentuale  di  cui al punto 2.3 della delibera CIPE 4 aprile
2001,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2001,
affluiscono  a un fondo vincolato a disposizione dei soggetti gestori
del  Servizio idrico integrato la cui utilizzazione e' vincolata alla
attuazione   del   piano   d'ambito»  -  viola:  a)  l'art.  2  della
Costituzione,  perche' «importa l'aggressione del diritto inviolabile
alla  qualificazione dell'individuo come soggetto di diritto», per il
quale  e'  esclusa  «ogni  forma di potere arbitrario e persecutorio,
compreso  quello  che  impone una prestazione patrimoniale in assenza
della  relativa  controprestazione», e perche', «non prevedendo [...]
un  limite  temporale oltre il quale non sia possibile procedere alla
riscossione  del  canone  di  depurazione  in  assenza  del servizio,
rimette  al  mero  arbitrio  degli  amministratori  locali,  deputati
all'applicazione  della norma, la cessazione del pagamento del canone
in  assenza  del  depuratore»  e  differisce,  cosi',  «sine  die  la
realizzazione  della  qualita'  di  soggetto di diritto»; b) l'art. 3
della  Costituzione, perche', imponendo irragionevolmente agli utenti
di   versare  la  quota  di  tariffa  del  servizio  di  fognatura  e
depurazione  anche  in  mancanza  del  servizio stesso, determina una
discriminazione  dei cittadini che versano la tariffa senza usufruire
del servizio di depurazione, rispetto a coloro che versano la tariffa
e  si  giovano,  invece,  del  servizio;  c) l'art. 32 Cost., perche'
incoraggia  «il  lassismo  degli enti locali a spese della salute dei
cittadini  e  delle  future generazioni danneggiate dall'inquinamento
che  ne  scaturisce»;  d)  l'art. 41 Cost., perche' il privato cui e'
affidata la «gestione delle risorse idriche», «imponendo il pagamento
di  una  tariffa  pur in assenza del servizio di depurazione, espleta
una  attivita'  economica  in  contrasto  con  la  dignita'  umana  e
l'utilita'  sociale»  e  perche' «i valori intangibili della dignita'
umana   e   dell'utilita'  sociale  [...]  risultano  ancor  di  piu'
compromessi dalla mancata previsione normativa di un limite temporale
alla  cessazione  del pagamento della tariffa senza il corrispondente
servizio,  oltre  che  dalla rimessione del predetto limite temporale
esclusivamente alla mera discrezionalita' degli amministratori locali
deputati  all'applicazione  della norma»; e) l'art. 97 Cost., perche'
consente  alla  pubblica  amministrazione «d'imporre ai cittadini una
sorta  di  "tassa  sine  titulo"  la cui finalizzazione ad una futura
esecuzione degli impianti appare generica ed astratta».
   In  punto  di rilevanza delle questioni, il giudice a quo premette
di  essere  giurisdizionalmente competente, rilevando che la causa di
fronte  a  lui  instaurata  «ha  ad  oggetto  la  non  debenza  e  la
conseguente  restituzione del canone di depurazione pagato per l'anno
2003»  e che, «per giurisprudenza costante, sussiste la giurisdizione
del  giudice ordinario e non piu' quella delle commissioni tributarie
[...],  ogni  qualvolta  la  lite  giudiziaria  sia relativa alla non
debenza  o alla restituzione del canone di depurazione per un periodo
successivo al 3 ottobre 2000».
   Osserva   il  rimettente  che  «la  definizione  del  giudizio  di
costituzionalita'  dell'art.  14,  legge  n. 36/1994, come modificato
dall'art.  28, [della legge] 31 luglio 2002, n. 179, e' assolutamente
rilevante  per  la  risoluzione  della  controversia,  in  quanto  la
predetta  norma  rappresenta  sia  la  disposizione che dovra' essere
applicata  in  giudizio,  sia il riferimento normativo indispensabile
per  il  merito della controversia», perche' «dal 28 agosto 2002 fino
al   28  aprile  2006,  il  canone  di  depurazione  e'  stato  [...]
regolamentato   dall'art.   14,   comma  1,  legge  n. 36/1994,  come
modificato dall'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179».
   2.   -   Si   e'   costituita   la   s.p.a.   G.O.R.I.,  eccependo
preliminarmente   la   manifesta   inammissibilita'   delle  proposte
questioni,  perche':  a)  «e'  assolutamente  generica la valutazione
effettuata  dal  Giudice  sulla rilevanza della questione», in quanto
egli  «si  limita [...] all'affermazione, tautologica, secondo cui la
norma  oggetto  di sindacato e' quella che dovra' essere applicata in
giudizio»;  b) «l'ordinanza e' [...] contraddittoria e omissiva nella
ricostruzione   della  fattispecie  normativa,  in  riferimento  alla
situazione  concreta»,  in  quanto  non tiene conto del fatto che, in
caso  di  mancanza  di  impianti  di  depurazione,  i  canoni vengono
utilizzati    per    l'attuazione   del   piano   d'ambito;   c)   e'
«contraddittoria  l'impostazione  adottata  laddove, da una parte, il
Giudice  ricostruisce  la  tariffa in termini di corrispettivo di una
prestazione   e,  dall'altra,  ricostruisce  i  vizi  in  termini  di
illegittimo esercizio del potere autoritativo».
   Nel  merito,  la  s.p.a.  G.O.R.I.  chiede  che le questioni siano
dichiarate manifestamente infondate.
   In riferimento all'evocato art. 2 Cost., rileva la genericita' dei
rilievi  svolti  dal rimettente e osserva che l'obbligo del pagamento
del canone di depurazione delle acque reflue si inquadra tra i doveri
del  cittadino verso la comunita', fissati dallo stesso art. 2 Cost.,
senza  che in contrario rilevi la circostanza che il Comune non abbia
preventivamente  fissato  un termine per lo svolgimento dei lavori di
realizzazione  dell'impianto  di  depurazione.  Infatti  -  sempre ad
avviso  della  s.p.a.  G.O.R.I. - tale ultima circostanza non attiene
alla   «legittimita'   di   una  previsione  legislativa  astratta  e
generale»,  ma  alla «efficacia amministrativa di un ente locale cui,
al  piu', puo' contestarsi proprio la mancata attuazione del disposto
legislativo». Il termine entro il quale «debbano essere utilizzate le
somme  accantonate  non  rileva  ai  fini  della  imposizione e della
conseguente  valutazione circa la sua legittimita», perche' «non puo'
[...]  che  essere rimesso, in concreto, all'attivita' amministrativa
in  funzione  del  suo  svolgersi, condizionato, come e', da elementi
che,  in  quanto  tali,  non  possono  valutarsi in astratto e che si
differenziano  in  relazione  alle  singole  realta' fattuali, su cui
finiscono  per incidere». L'agire amministrativo - sostiene la s.p.a.
G.O.R.I.   -   «non   puo'   essere   condizionato   da   tempistiche
aprioristicamente   ed   astrattamente   definite»,  ferma  restando,
comunque, «la possibilita', per i cittadini anche attraverso le forme
associative  in  cui  spesso gli interessi diffusi si organizzano, di
sollecitare  gli  interventi». Tale sollecitazione potrebbe «avvenire
anche  attraverso  strumenti  formali,  con  la fissazione di termini
normativamente previsti, quali quelli contenuti nella legge n. 241/90
sull'agire   amministrativo».  In  ogni  caso,  la  controprestazione
sarebbe   legittimamente   strutturata  dal  legislatore  in  maniera
complessa  quale  attuazione  del piano d'ambito, «fase prodromica al
completamento del servizio relativo al ciclo integrato delle acque».
   In riferimento all'evocato art. 3 Cost., la s.p.a. G.O.R.I. rileva
preliminarmente  la  genericita'  della censura per la mancanza di un
tertium   comparationis   e   di   una  «adeguata  descrizione  della
fattispecie  concreta  da  cui emerga una ontologica differenza della
ipotesi  che giustifichi, ai fini del giudizio di ragionevolezza, una
differente  disciplina».  Osserva,  inoltre,  che  - contrariamente a
quanto sostenuto dal rimettente - la norma censurata, essendo diretta
a  rendere  concreto, attraverso la raccolta dei fondi con vincolo di
destinazione,  il  diritto  dei  cittadini a godere di un servizio di
depurazione  delle  acque  reflue,  realizza  effettive condizioni di
parita'   ed   uguaglianza   dei   cittadini,   perche'   elimina  la
discriminazione  che  si  verifica  per la mancanza degli impianti in
parte del territorio.
   In  riferimento all'art. 32 Cost., la s.p.a. G.O.R.I. sostiene che
la  censura  e'  generica,  in  quanto  non  e'  chiaro  quale sia il
collegamento  tra  l'affermazione  del  giudice  a  quo  per  cui  la
disposizione  censurata  «incoraggia  il lassismo degli Enti Locali a
spese   della   salute  dei  cittadini  e  delle  future  generazioni
danneggiate  dall'inquinamento  che  ne scaturisce» e il diritto alla
salute.  La  disposizione  in questione, anzi, «e' diretta attuazione
delle norme costituzionali, in quanto costituisce strumento giuridico
necessario  a  realizzare  una  situazione  ambientale  piu' idonea a
garantire  il  diritto  alla  salute  dei residenti di un determinato
territorio».
   In  riferimento  all'art. 41 Cost., la s.p.a. G.O.R.I. richiama le
considerazione gia' svolte in relazione agli altri parametri evocati,
osservando  che  «il  giudice  a  quo,  lungi  dal proporre ulteriori
eccezioni  di  legittimita'  costituzionale,  ripropone  le  medesime
argomentazioni gia' affrontate in precedenza».
   In  riferimento,  infine,  al  parametro  dell'art.  97  Cost., la
medesima    societa'    per    azioni   rileva   che   esso   attiene
all'imparzialita'  e al buon andamento della pubblica amministrazione
e,  pertanto,  non  ha  alcun  nesso  con  «la  scelta legislativa di
destinare  fondi  alla  realizzazione del Piano d'Ambito, finanziando
gli  stessi  con un parziale contributo dei cittadini». In ogni caso,
«proprio   lo   strumento  del  vincolo  posto  ai  proventi  per  la
realizzazione  dell'impianto,  e,  dunque,  la illegittimita' di ogni
eventuale   differente  utilizzazione,  dimostra  la  coerenza  della
previsione con i generali principi di buon andamento».
   3.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,    concludendo   per   l'inammissibilita'   o   comunque   per
l'infondatezza delle questioni.
   L'Avvocatura generale sostiene, in particolare che: a) «la carente
descrizione   della   fattispecie  oggetto  del  giudizio  principale
impedisce  di comprendere quale sia l'inadempienza accertata ai danni
della  societa' GORI s.p.a. gestore del servizio idrico integrato per
giustificare l'eventuale ripetizione delle somme corrisposte a titolo
di  canone  di  depurazione»; b) il canone di depurazione delle acque
reflue ha natura di prestazione patrimoniale imposta; c) non sussiste
la  violazione  dell'art. 2 Cost. lamentata dal rimettente, in quanto
«la  norma  in  questione lungi dal mortificare la persona umana come
soggetto  di  diritti, viceversa ne esalta la soggettivita' giuridica
favorendo  la  prestazione  di  un  servizio pubblico irrinunciabile,
quale  e' la depurazione delle acque reflue»; d) «l'eventuale inerzia
nella  realizzazione dell'impianto di depurazione da parte degli enti
pubblici competenti costituisce una circostanza di mero fatto che non
puo'   determinare   l'incostituzionalita'   della   norma,  ma  puo'
eventualmente  rilevare  nel  senso  dell'attribuzione della relativa
responsabilita'  agli  enti  medesimi  con  le normali conseguenze di
legge»;  e) «il tributo di cui si controverte presenta [...] elementi
di forte analogia con la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, il cui
versamento  e' dovuto anche laddove l'impianto di smaltimento non sia
stato  ancora  realizzato ed i rifiuti vengano in ipotesi trasportati
in  impianti  situati  fuori  regione;  f) non sussiste la violazione
dell'art.  3 Cost., perche' l'eventuale disparita' di trattamento fra
chi  usufruisce  e chi non usufruisce del servizio di depurazione non
discende  dalla  norma,  ma,  al  piu',  dalle  modalita'  della  sua
applicazione;  g)  non  sussiste la violazione dell'art. 32 Cost., in
quanto  il  prelievo  censurato  e'  destinato  a finanziare opere ed
impianti  di  depurazione  e  ha la funzione di supplire ad eventuali
carenze  di fondi dei Comuni; h) non sussiste la violazione dell'art.
41  Cost.,  con  riferimento  all'asserita  violazione della dignita'
umana,  perche'  «la  norma  e'  preordinata  proprio  a garantire la
copertura  finanziaria per lo svolgimento di un'attivita' di utilita'
sociale  quale la depurazione delle acque reflue»; i) non sussiste la
violazione   dell'art.   97   Cost.,  in  quanto  la  norma  realizza
l'imparzialita'  e  il buon andamento della pubblica amministrazione,
«mediante   la  predisposizione  di  una  copertura  finanziaria  per
l'erogazione di un servizio pubblico irrinunciabile».
   4.   -   Con   successiva   memoria   depositata   in  prossimita'
dell'udienza,  la  s.p.a.  G.O.R.I.  ha sostanzialmente ribadito, nel
merito, quanto gia' sostenuto nell'atto di costituzione, eccependo la
manifesta  inammissibilita'  delle  sollevate  questioni, sui rilievi
che:  a) le questioni sono premature, essendo la loro rilevanza «solo
futura  ed  ipotetica  ed  anzi  neanche  prevista, giacche' [...] il
giudice  rimettente  non  era  ancora nelle condizioni di prospettare
alcun  esito  del giudizio, essendo assenti valutazioni essenziali ai
fini   della   controversia   come  introdotta  dal  ricorrente»;  b)
«assolutamente  vago  e'  il  riferimento  a formule stereotipate per
sostenere  la  violazione  dell'art.  2  della  Costituzione  e della
dignita'  di  soggetto  di  diritto»;  c)  e' incoerente la scelta di
denunciare,  in  riferimento  al  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art.   3   Cost.,   una  norma  che,  attraverso  il  vincolo  di
destinazione  delle  somme derivanti dalla riscossione della quota di
tariffa  riferita alla depurazione all'attuazione del piano d'ambito,
e'  diretta  ad  eliminare  la disuguaglianza fra chi beneficia della
depurazione  e  chi  no;  d)  e'  incoerente la censura relativa alla
violazione  dell'art.  32  Cost., perche' basata sulla considerazione
non  giuridica  che la formulazione della norma impugnata «incoraggia
il  lassismo  degli  Enti locali a spese della salute dei cittadini e
delle   future   generazioni  danneggiate  dall'inquinamento  che  ne
scaturisce»; e) i riferimenti del rimettente ai parametri degli artt.
41 e 97 Cost. sono indeterminati e contraddittori.
   La  s.p.a.  G.O.R.I.  afferma, inoltre, che le sollevate questioni
non sono fondate e sostiene, in particolare, in relazione all'evocato
art.  2  Cost., che: a) «la circostanza che una delle prestazioni sia
differita   nel   tempo,   in   considerazione   della   complessita'
dell'intervento   non   solo   tecnico,   ma  anche  organizzativo  e
gestionale,  non  ne  muta  la natura corrispettiva, che e' garantita
dalla  circostanza  che  tutte  le  somme sino ad ora riscosse sono e
saranno  vincolate alla specifica finalita' individuata dalla legge»;
b)   la   norma   censurata   risponde  a  finalita'  solidaristiche,
prevedendo,  nell'interesse  della  collettivita'  degli  utenti,  il
pagamento della quota di tariffa anche da parte di chi non usufruisca
del servizio di depurazione.
   5.  -  Nel corso di un diverso giudizio civile, il Giudice di pace
di  Gragnano - con ordinanza del 31 maggio 2007 (r.o. n. 38 del 2008)
-  ha  sollevato,  in  riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 97 Cost.,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, della
legge  n. 36  del 1994, nel testo originario [in vigore dal 3 ottobre
2000  al  27 agosto 2002], nella parte in cui prevede che la quota di
tariffa  riferita  al servizio di pubblica fognatura e di depurazione
sia  dovuta  dagli  utenti  anche  nel  caso  in cui la fognatura sia
sprovvista  di  impianti  centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi.
   Il  rimettente riferisce che: a) l'oggetto del giudizio principale
e' la domanda proposta da Vincenzo Sabbatino nei confronti del Comune
di Gragnano, affinche' sia accertata e dichiarata non dovuta la quota
di  tariffa  riferita  alla depurazione di acque reflue da lui pagata
per  l'anno  2001,  con  conseguente  restituzione  della  stessa; b)
secondo   l'attore,  il  Comune  convenuto  gli  aveva  richiesto  il
pagamento  del  canone  di depurazione pur non avendo assicurato agli
utenti  la  fruizione del servizio di depurazione delle acque reflue,
per mancanza degli appositi impianti; c) sempre secondo l'attore, «in
assenza  di  tale  fruizione,  nella  chiara configurazione sia di un
inadempimento contrattuale che dei presupposti per la risoluzione per
inadempimento  limitatamente  a  singole  coppie  di  prestazioni, il
somministrato  aveva  diritto alla restituzione della somma pagata al
convenuto  per  il servizio di depurazione»; d) il convenuto solleva,
in  via  preliminare, eccezione di difetto di legittimazione passiva,
asserendo  che  «i  suoi compiti erano limitati solo alla riscossione
del  canone in questione per conto della Regione Campania, alla quale
venivano  versati i corrispettivi incassati» e, nel merito, chiede il
rigetto  della domanda attorea, in quanto infondata, perche', in base
all'art.  14,  comma  1,  della  legge  n. 36  del 1994, il canone di
depurazione  e',  comunque,  dovuto  anche  in  mancanza dei relativi
impianti.
   Il  rimettente  osserva  che l'art. 14, comma 1, della legge n. 36
del  1994, prevedendo che la quota di tariffa riferita al servizio di
pubblica fognatura e di depurazione sia dovuta dagli utenti anche nel
caso  in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di
depurazione o questi siano temporaneamente inattivi e che «i relativi
proventi   affluiscono   in  un  fondo  vincolato  e  sono  destinati
esclusivamente alla realizzazione e alla gestione delle opere e degli
impianti  centralizzati  di  depurazione»,  viola: a) l'art. 2 Cost.,
perche'   «importa   l'aggressione   del   diritto  inviolabile  alla
qualificazione dell'individuo come soggetto di diritto», per il quale
e'  esclusa «ogni forma di potere arbitrario e persecutorio, compreso
quello  che  impone  una  prestazione  patrimoniale  in assenza della
relativa  controprestazione»,  e  perche',  «non  prevedendo [...] un
limite  temporale  oltre  il  quale  non sia possibile procedere alla
riscossione  del  canone  di  depurazione  in  assenza  del servizio,
rimette  al  mero  arbitrio  degli  amministratori  locali,  deputati
all'applicazione  della norma, la cessazione del pagamento del canone
in  assenza  del  depuratore»  e  differisce,  cosi',  «sine  die  la
realizzazione  della  qualita'  di  soggetto di diritto»; b) l'art. 3
Cost.,  perche'  determina  una  discriminazione  dei  cittadini  che
versano  il  tributo  senza  usufruire  del  servizio di depurazione,
rispetto  a  coloro  che  versano  la tariffa e si giovano invece del
servizio;  c)  l'art. 32 Cost., perche' incoraggia «il lassismo degli
enti  locali  a  spese  della  salute  dei  cittadini  e delle future
generazioni  danneggiate  dall'inquinamento  che  ne  scaturisce»; d)
l'art.  97  Cost.,  perche'  consente  alla  pubblica amministrazione
«d'imporre  ai  cittadini  una  sorta  di  "tassa sine titulo" la cui
finalizzazione   ad  una  futura  esecuzione  degli  impianti  appare
generica ed astratta».
   In  punto  di rilevanza delle questioni, il giudice a quo premette
di  essere  giurisdizionalmente competente, rilevando che la causa di
fronte  a  lui proposta ha ad oggetto la non debenza e la conseguente
restituzione  del  canone  di  depurazione  pagato  per  l'anno 2001,
periodo  in relazione al quale la Corte di cassazione ha affermato la
sussistenza  della  giurisdizione  del  giudice  ordinario e non piu'
quella delle commissioni tributarie. Premette, altresi', che sussiste
la  legittimazione  passiva  del  Comune  convenuto,  «visto che esso
all'epoca  dei  fatti di causa (anno 2001) era il diretto gestore del
servizio  idrico  integrato»  ed  «ha  proceduto alla riscossione del
canone di depurazione dall'attore mediante emissione della fattura di
pagamento, proprio in qualita' di titolare della pretesa creditoria».
   Osserva   il  rimettente  che  «la  definizione  del  giudizio  di
costituzionalita'  dell'art.  14,  legge  n. 36/1994, come modificato
dall'art.  28, [della legge] 31 luglio 2002, n. 179, e' assolutamente
rilevante  per  la  risoluzione  della  controversia,  in  quanto  la
predetta  norma  rappresenta  sia  la  disposizione che dovra' essere
applicata  in  giudizio,  sia il riferimento normativo indispensabile
per  il  merito  della controversia», perche' dal «3 ottobre del 2000
sino  al  27 agosto del 2002, la disciplina del canone di depurazione
e' stata regolamentata dall'art. 14, comma 1, legge n. 36/1994, nella
sua formulazione originaria».
   6.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   svolgendo  considerazioni  analoghe  a  quelle  esposte  nel
giudizio  r.o. n. 830 del 2007 e concludendo per l'inammissibilita' o
comunque per l'infondatezza delle questioni.
   7.  -  I  giudizi, la cui trattazione era inizialmente fissata per
l'udienza  del  6  maggio e la camera di consiglio del 7 maggio 2008,
sono  stati  trattati  all'udienza  del 23 settembre e alla camera di
consiglio del 24 settembre 2008.
   8.  - Nel corso di un altro giudizio civile, il Giudice di pace di
Gragnano - con ordinanza del 18 settembre 2007 (r.o. n. 184 del 2008)
- ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 32, 41 e 97 Cost.,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, della
legge  n. 36  del 1994, nel testo modificato dall'art. 28 della legge
n. 179  del  2002  [in  vigore dal 28 agosto 2002 al 28 aprile 2006],
nella  parte  in  cui  prevede  che  la  quota di tariffa riferita al
servizio  di  pubblica  fognatura  e  di  depurazione e' dovuta dagli
utenti  anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
   Il  rimettente riferisce che: a) l'oggetto del giudizio principale
e'  la  domanda proposta da Carmela Alfano nei confronti della s.p.a.
G.O.R.I.,  societa'  di  gestione  del  servizio idrico integrato nel
Comune  di  Gragnano, affinche' sia accertata e dichiarata non dovuta
la  quota di tariffa riferita alla depurazione di acque reflue da lei
pagata per l'anno 2003, con conseguente restituzione della stessa; b)
l'attrice  afferma  che  la  societa' convenuta le aveva richiesto il
pagamento  del  canone  di depurazione «pur non avendo effettuato ne'
potendo effettuare il servizio di depurazione delle acque reflue, per
essere notoriamente carente degli appositi impianti»; c) la convenuta
chiede  il  rigetto  della  domanda  attorea,  in  quanto  infondata,
perche',  in  base  all'art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994,
pur  essendosi  verificata «la trasformazione della natura del canone
di  depurazione  da  tributaria  in  tariffaria»,  l'obbligazione  di
corrispondere  il  canone  e'  comunque  «inderogabile  per  espressa
previsione  di  legge,  e  cio' indipendentemente dalla sussistenza o
meno di un servizio corrispettivo».
   Quanto alle questioni di legittimita' costituzionale prospettate e
alla  motivazione  sulla rilevanza e non manifesta infondatezza delle
stesse,  il  giudice  a  quo svolge considerazioni identiche a quelle
esposte nell'ordinanza r.o. n. 830 del 2007, sopra riportate.
   9.  -  Si  e'  costituita  la  s.p.a. G.O.R.I., concludendo per la
manifesta   inammissibilita'   o,  in  subordine,  per  la  manifesta
infondatezza  delle  proposte  questioni  e  svolgendo considerazioni
analoghe  a quelle esposte nella memoria di costituzione nel giudizio
r.o. n. 830 del 2007.
   10.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,    concludendo   per   l'inammissibilita'   o   comunque   per
l'infondatezza  delle questioni e svolgendo considerazioni analoghe a
quelle esposte nel giudizio r.o. n. 830 del 2007.
   11.  -  Con  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza, la
s.p.a.  G.O.R.I.  ha  ribadito  quanto  gia'  sostenuto  nell'atto di
costituzione,  svolgendo  considerazioni  analoghe  a  quelle esposte
nella  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza nel giudizio
r.o. n. 830 del 2007.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Con le ordinanze r.o. n. 830 del 2007 e n. 184 del 2008, di
contenuto  sostanzialmente  identico,  il Giudice di pace di Gragnano
dubita,   in  riferimento  agli  artt.  2,  3,  32,  41  e  97  della
Costituzione, della legittimita' dell'art. 14, comma 1, della legge 5
gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), nel
testo  modificato  dall'art.  28  della  legge 31 luglio 2002, n. 179
(Disposizioni in materia ambientale) [in vigore dal 28 agosto 2002 al
28  aprile  2006], nella parte in cui prevede che la quota di tariffa
riferita  al  servizio di pubblica fognatura e di depurazione - quota
che  affluisce  «a  un  fondo  vincolato  a disposizione dei soggetti
gestori  del  Servizio  idrico  integrato  la  cui  utilizzazione  e'
vincolata  alla  attuazione  del  piano  d'ambito»  - e' dovuta dagli
utenti  anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti
centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
   In  particolare,  per  il rimettente, la norma censurata viola: a)
l'art.   2  Cost.,  perche'  incide  sul  «diritto  inviolabile  alla
qualificazione  dell'individuo come soggetto di diritto»; b) l'art. 3
Cost.,  perche'  irragionevolmente  impone  agli utenti di versare la
quota  di  tariffa  del  servizio di fognatura e depurazione anche in
mancanza  del  servizio  di  depurazione; c) l'art. 32 Cost., perche'
consente  che  la salute dei cittadini e delle future generazioni sia
danneggiata  dall'inquinamento  che  deriva  dal «lassismo degli enti
locali»;  d)  l'art.  41  Cost.,  perche'  il  gestore  delle risorse
idriche, imponendo senza limiti temporali il pagamento di una tariffa
pur  in  assenza  del servizio di depurazione, «espleta una attivita'
economica  in  contrasto con la dignita' umana e l'utilita' sociale»;
e)  l'art.  97  Cost., perche' consente alla pubblica amministrazione
«d'imporre  ai  cittadini  una  sorta  di  "tassa sine titulo" la cui
finalizzazione   ad  una  futura  esecuzione  degli  impianti  appare
generica ed astratta».
   2.  -  Con  l'ordinanza  r.o.  n. 38  del  2008, lo stesso giudice
rimettente  dubita  - sollevando in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e
97  Cost. questioni analoghe a quelle sollevate con le ordinanze r.o.
n. 830 del 2007 e n. 184 del 2008 - della legittimita' costituzionale
dell'art.  14,  comma  1,  della  legge  n. 36  del  1994,  nel testo
originario  [in  vigore  dal 3 ottobre 2000 al 27 agosto 2002], nella
parte  in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di
pubblica  fognatura e di depurazione - quota che affluisce a un fondo
vincolato  ed  e' destinata «esclusivamente alla realizzazione e alla
gestione delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione» -
e'  dovuta  dagli  utenti  anche  nel  caso  in  cui la fognatura sia
sprovvista  di  impianti  centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi.
   3.  -  I  tre  giudizi  sopra  menzionati vanno riuniti per essere
congiuntamente  trattati  e  decisi,  in considerazione dell'evidente
analogia delle questioni prospettate.
   4.  -  Come  appena  ricordato, nei giudizi r.o. n. 830 del 2007 e
n. 184  del  2008,  il rimettente denuncia, in riferimento all'art. 3
Cost.,   l'irragionevolezza   della  norma  censurata,  perche'  essa
ingiustificatamente impone agli utenti di versare la quota di tariffa
del  servizio  di  fognatura  e depurazione anche nel caso in cui gli
impianti    centralizzati    di    depurazione   manchino   o   siano
temporaneamente  inattivi, cosi' discriminando tali utenti rispetto a
quelli   che   versano   la  tariffa  e  si  giovano,  invece,  della
controprestazione costituita dal servizio.
   4.1.  - In detti due giudizi, la costituita s.p.a. G.O.R.I., cioe'
la  societa'  di gestione del servizio idrico integrato nel Comune di
Gragnano,  eccepisce l'inammissibilita' della suddetta questione, per
difetto di rilevanza o di motivazione sulla rilevanza, e comunque per
la  mancata  prospettazione  di  un  tertium comparationis. La difesa
erariale,  a  sua  volta, eccepisce l'inammissibilita' della medesima
questione,  affermando  che «la carente descrizione della fattispecie
oggetto  del  giudizio  principale impedisce di comprendere quale sia
l'inadempienza  accertata ai danni della societa' GORI s.p.a. gestore
del   servizio   idrico   integrato   per   giustificare  l'eventuale
ripetizione   delle   somme   corrisposte   a  titolo  di  canone  di
depurazione».
   Le eccezioni non sono fondate.
   Entrambe  le  ordinanze  di  rimessione,  infatti:  a)  descrivono
sufficientemente   le  fattispecie  oggetto  dei  giudizi  a  quibus,
specificando che esse riguardano richieste di rimborso della quota di
tariffa  riferita  al  servizio  di  depurazione  per l'anno 2003; b)
muovono dal presupposto che gli utenti hanno pagato la suddetta quota
in  mancanza del servizio di depurazione delle acque reflue (come del
resto  riconosciuto dalla stessa s.p.a. G.O.R.I.); c) chiariscono che
la  norma  applicabile  ratione temporis alla fattispecie e' la norma
denunciata;  d)  denunciano  la  violazione dell'art. 3 Cost. sia per
l'irragionevolezza  intrinseca  della  norma sia per la disparita' di
trattamento che questa crea, nell'ambito di coloro che sono tenuti al
pagamento  della  tariffa  del  servizio  idrico  integrato,  tra chi
fruisce  e  chi  non  puo'  fruire  del servizio di depurazione delle
acque.
   4.2.  - La s.p.a. G.O.R.I. eccepisce, altresi', l'inammissibilita'
della  medesima questione, affermandone l'incoerenza, perche' essa ha
ad  oggetto  una  norma  che,  attraverso  il vincolo di destinazione
all'attuazione   del  piano  d'ambito  delle  somme  derivanti  dalla
riscossione  della  quota  di  tariffa  riferita alla depurazione, e'
diretta  proprio  ad  eliminare  la  disuguaglianza fra chi beneficia
della  depurazione  e  chi  no. Tuttavia tale eccezione, allegando la
ragionevolezza    della    norma,    si   risolve   in   un   rilievo
sull'infondatezza  della  questione  e,  pertanto,  non  puo'  essere
esaminata   in   via  preliminare,  separatamente  dal  merito  della
questione medesima.
   5.  -  Passando  all'esame  del  merito  della  dedotta violazione
dell'art.  3  Cost.,  deve  innanzi  tutto  rilevarsi  che le censure
proposte  riguardano solo la quota dell'unitaria tariffa del servizio
idrico   integrato   riferita   al  servizio  di  depurazione,  quota
costituente  oggetto  esclusivo  delle  richieste  di  rimborso degli
utenti nei giudizi principali.
   Ancorche'  la  norma  denunciata  non distingua espressamente tale
quota  da quella riferita al servizio di pubblica fognatura, tuttavia
l'autonoma  rilevanza di essa si desume dall'espresso riferimento che
l'art.  3,  comma 42, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica), fa alla quota medesima,
determinandone   in   modo   distinto   la   misura   da   applicarsi
transitoriamente  fino  alla  «entrata  in  vigore  della tariffa del
servizio  idrico  integrato,  prevista dall'articolo 13 della legge 5
gennaio  1994,  n. 36».  Tale  distinzione  e'  presente  anche nella
normativa  di  attuazione  della legge n. 36 del 1994, costituita: a)
dal d.m. 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la definizione delle
componenti  di costo e la determinazione della tariffa di riferimento
del  servizio  idrico  integrato); b) dalla delibera CIPE 19 dicembre
2002, n. 131/02 (Direttive per la determinazione, in via transitoria,
delle   tariffe  dei  servizi  acquedottistici,  di  fognatura  e  di
depurazione   per   l'anno  2002).  In  particolare,  ai  fini  della
determinazione,   con   il  metodo  normalizzato,  della  «componente
modellata dei costi operativi» della tariffa di riferimento, il primo
dei  due  suddetti provvedimenti individua, al punto 3.1, «formule di
costo»  diverse  per i tre distinti elementi nei quali si articola il
servizio  idrico integrato, e cioe' il «servizio acque potabili», «il
servizio  fognature»  e  il «servizio trattamento reflui» (attinente,
appunto,  alla  depurazione). Il secondo provvedimento, ai fini della
determinazione  degli  investimenti  specifici per i singoli servizi,
individua  interventi  distinti  per  il  servizio di fognatura e per
quello  di  depurazione  (allegato  1, punti 2.2 e 2.3) e disciplina,
all'allegato 2 - significativamente intitolato «Adeguamento parametri
per  la  tariffa  di  depurazione  2002»  -  la sola quota di tariffa
riferita al servizio di depurazione.
   Sulla   base  di  tale  ricostruzione  del  quadro  normativo,  lo
scrutinio  di  questa  Corte  va,  pertanto,  circoscritto alla quota
dell'unitaria  tariffa  del  servizio  idrico  integrato  riferita al
servizio di depurazione.
   6.   -   Il   giudice  a  quo  denuncia  l'irragionevolezza  della
disposizione  censurata,  nella  parte  in  cui  essa  prevede che la
suddetta  quota  di  tariffa, pur avendo natura di corrispettivo, sia
dovuta dagli utenti anche quando manchi la controprestazione cui essa
e'  collegata,  e  cioe'  «anche  nel  caso  in  cui la fognatura sia
sprovvista  di  impianti  centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi».
   La censura e' fondata.
   6.1.  - Il rimettente muove dal presupposto interpretativo che nel
sistema  delineato dalla legge n. 36 del 1994 la tariffa del servizio
idrico  integrato, articolato in tutte le sue componenti - e, quindi,
anche  quella  relativa  al  servizio  di  depurazione - ha natura di
corrispettivo di prestazioni contrattuali e non di tributo.
   Questa  Corte  ritiene  che  tale presupposto sia corretto e trovi
fondamento nelle seguenti considerazioni.
   Innanzi  tutto,  dall'analisi dei lavori preparatori relativi alla
norma  censurata  si desume che il legislatore ha inteso costruire la
tariffa  in  modo  tale  da  coprire  i  costi  del  servizio  idrico
integrato.  In tali lavori si afferma che «l'utilita' particolare che
ogni  utente  [...]  ottiene dal servizio dovra' essere pagata per il
suo  valore economico» e che «la tariffa deve [...] essere espressiva
del   costo  industriale  del  servizio  idrico  rappresentato  [...]
dall'integrazione    dei    servizi    di    captazione,   adduzione,
distribuzione,   collettamento   e   depurazione»  (atti  Camera  dei
deputati,  XI legislatura, 6 ottobre 1993, pagina 18599; nello stesso
senso,   anche   atti  Camera  dei  deputati,  XI  legislatura,  VIII
Commissione  permanente,  15  giugno 1993, pagine 57-58). In coerenza
con  tale  impostazione, l'art. 13, comma 1, della citata legge n. 36
del  1994  stabilisce  espressamente  che  tutte  le componenti della
tariffa   rappresentano   «il   corrispettivo   del  servizio  idrico
integrato»,  costituito, in base a quanto previsto dall'art. 4, comma
1, lettera f), della stessa legge, «dall'insieme dei servizi pubblici
di  captazione,  adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di
fognatura e di depurazione delle acque reflue».
   La  natura  di corrispettivo della tariffa e', poi, confermata dal
successivo  comma  2  dell'art. 13, il quale stabilisce che essa deve
assicurare  «la  copertura  integrale  dei costi di investimento e di
esercizio».  In  particolare,  essa deve essere determinata in base a
criteri  sostanzialmente  analoghi a quelli stabiliti in via generale
per  la  determinazione  delle  tariffe  dei  servizi pubblici locali
dall'art.  117  del  d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle
leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali), e cioe' «tenendo conto
della  qualita'  della  risorsa  idrica e del servizio fornito, delle
opere  e  degli  adeguamenti  necessari,  dell'entita'  dei  costi di
gestione   delle  opere,  dell'adeguatezza  della  remunerazione  del
capitale   investito   e   dei   costi  di  gestione  delle  aree  di
salvaguardia».  Tale  impostazione  legislativa  e'  analoga a quella
adottata   dal   legislatore   in   altri   settori   concernenti  la
determinazione della remunerazione di prestazioni di pubblici servizi
e,  in  particolare,  a quella di cui agli artt. 11-nonies e seguenti
del   decreto-legge   30  settembre  2005,  n. 203,  convertito,  con
modificazioni,   dalla   legge   2  dicembre  2005,  n. 248,  per  la
determinazione  dei  diritti  aeroportuali  mediante  il  metodo  del
cosiddetto  price  cap.  Tali diritti sono stati qualificati come non
tributari,  con  norma  di carattere interpretativo, dall'art. 39-bis
del  decreto-legge  1°  ottobre 2007, n. 159, aggiunto dalla legge di
conversione  29  novembre, n. 222, e la loro natura di «corrispettivi
dovuti  in  base  a contratti» e' stata affermata da questa da questa
Corte con la sentenza n. 51 del 2008.
   La natura non tributaria della quota di tariffa disciplinata dalla
norma  censurata  e' stata, inoltre, costantemente riconosciuta dalle
sezioni  unite  della  Corte di Cassazione, che, con riguardo proprio
alle  controversie  relative  alla  quota  riferita  al  servizio  di
depurazione,  hanno ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice
ordinario,  sul  presupposto  che,  con il passaggio dalla disciplina
previgente  a  quella  della  legge  n. 36  del  1994,  i "canoni" di
depurazione  delle  acque  reflue  si  sono  trasformati da tributo a
«corrispettivo  di diritto privato» (ex plurimis, Cassazione, sezioni
unite  civili,  sentenze  n. 6418  del  2005, n. 16426 e n. 10960 del
2004;  tutte  precedenti all'entrata in vigore dell'art. 3-bis, comma
1,  del  decreto-legge  30  settembre  2005,  n. 203, convertito, con
modificazioni,  dall'art.  1  della legge 2 dicembre 2005, n. 248, il
quale  ha  espressamente  attribuito alla giurisdizione tributaria le
controversie  relative  alla  debenza del «canone per lo scarico e la
depurazione   delle   acque  reflue»,  indipendentemente  dalla  loro
qualificazione come tributo o corrispettivo).
   L'uso  legislativo  del  termine  «corrispettivo»  e  la  rilevata
struttura  sinallagmatica  del  rapporto con l'utente si armonizzano,
altresi',  con  il disposto dell'alinea e della lettera b) del quinto
comma  dell'art.  4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e
disciplina   dell'imposta   sul  valore  aggiunto),  come  modificato
dall'art.  31, comma 30, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure
di  finanza  pubblica  per la stabilizzazione e lo sviluppo), i quali
considerano  le  quote  di tariffa riferite ai servizi di fognatura e
depurazione   come   veri   e  propri  corrispettivi  dovuti  per  lo
svolgimento  di  attivita' commerciali, «ancorche' esercitate da enti
pubblici»,  come tali assoggettate a IVA. Infatti, la qualificazione,
anche ai fini di quest'ultima imposta, di dette quote di tariffa come
corrispettivi  evidenzia  ulteriormente  la scelta del legislatore di
non  ricondurre  le  quote stesse al novero di quei «diritti, canoni,
contributi»  che  la  normativa  comunitaria  (da  ultimo,  art.  13,
paragrafo  1,  primo  periodo,  della  Direttiva  n. 2006/112/CE  del
Consiglio,   del   28   novembre  2006)  esclude  in  linea  generale
dall'assoggettamento  a  IVA, perche' percepiti da enti pubblici «per
le  attivita'  od  operazioni  che  esercitano  in  quanto  pubbliche
autorita».
   Sempre    in   questa   prospettiva   va,   infine,   interpretata
l'inapplicabilita'  alla  tariffa  del  servizio  idrico  integrato -
disposta dalla stessa legge n. 36 del 1994 contenente la disposizione
censurata  (in  combinato disposto con l'art. 17, ottavo comma, della
legge  10  maggio  1976,  n. 319,  recante «Norme per la tutela delle
acque  dall'inquinamento»)  -  di  quelle  modalita'  di  riscossione
mediante  ruolo,  che  sono  tipiche  (anche  se  non  esclusive) dei
prelievi  tributari.  L'art.  15 della citata legge n. 36 del 1994 si
limita,  infatti, a disporre che «la tariffa e' riscossa dal soggetto
che   gestisce   il   servizio  idrico  integrato»,  eliminando  ogni
riferimento a quei meccanismi coattivi di riscossione dei tributi che
erano,  invece,  espressamente  richiamati  dal  previgente  art. 17,
ottavo  comma,  primo periodo, della legge n. 319 del 1976 - il quale
ne  prevedeva l'applicabilita' solo «fino all'entrata in vigore della
tariffa fissata dagli articoli 13, 14, 15 della legge 5 gennaio 1994,
n. 36»  - e disciplinati dagli artt. 273 e seguenti del regio decreto
14  settembre  1931,  n. 1175  e  dagli  artt.  68 e 69 del d.P.R. 28
gennaio 1988, n. 43.
   L'interpretazione  della  legge  n. 36  del  1994,  condotta  alla
stregua  dei  comuni criteri ermeneutici, porta dunque a ritenere che
la  tariffa  del  servizio idrico integrato si configura, in tutte le
sue  componenti,  come  corrispettivo  di una prestazione commerciale
complessa,  il quale, ancorche' determinato nel suo ammontare in base
alla  legge,  trova  fonte  non  in un atto autoritativo direttamente
incidente sul patrimonio dell'utente, bensi' nel contratto di utenza.
L'inestricabile connessione delle suddette componenti e' evidenziata,
in  particolare, dal fatto sopra rilevato che, a fronte del pagamento
della   tariffa,   l'utente   riceve  un  complesso  di  prestazioni,
consistenti  sia  nella  somministrazione  della  risorsa idrica, sia
nella  fornitura  dei servizi di fognatura e depurazione. Ne consegue
che  la  quota  di  tariffa  riferita  al servizio di depurazione, in
quanto  componente  della  complessiva  tariffa  del  servizio idrico
integrato,  ne  ripete  necessariamente  la  natura  di corrispettivo
contrattuale,  il  cui  ammontare  e'  inserito  automaticamente  nel
contratto (art. 13 della legge n. 36 del 1994).
   6.2.  -  Dall'accertata  volonta'  del legislatore di costruire la
quota   di   tariffa   riferita   al  servizio  di  depurazione  come
corrispettivo  deriva la fondatezza della censura di irragionevolezza
della  disposizione  denunciata,  nella  parte  in cui prevede che la
suddetta  quota di tariffa e' dovuta dagli utenti anche quando manchi
il servizio di depurazione.
   La  norma  censurata, imponendo l'obbligo di pagamento in mancanza
della  controprestazione,  prescinde  dalla  natura  di corrispettivo
contrattuale  della quota e, pertanto, si pone ingiustificatamente in
contrasto  con la sopra delineata ratio del sistema della legge n. 36
del  1994, che, come si e' visto, e' invece fondata sull'esistenza di
un  sinallagma  che  correla  il  pagamento della tariffa stessa alla
fruizione  del  servizio per tutte le quote componenti la tariffa del
servizio  idrico integrato, ivi compresa la quota di tariffa riferita
al servizio di depurazione.
   Ad  evidenziare il rilevato contrasto vale anche la considerazione
che  la  disciplina  della quota di tariffa in questione, da un lato,
qualifica   detta   quota   come  corrispettivo  di  una  prestazione
commerciale,   come   tale   assoggettato   ad  IVA,  e,  dall'altro,
contraddittoriamente, non consente la tutela civilistica dell'utente.
Infatti, mentre l'alinea e la lettera b) del quinto comma dell'art. 4
del d.P.R. n. 633 del 1972 sottopongono ad IVA - come sopra ricordato
-  la  quota  di tariffa riferita al servizio di depurazione, perche'
considerano  detta  quota in ogni caso come corrispettivo, invece, la
disposizione   censurata,  prescindendo  dal  sinallagma  genetico  e
funzionale fra la prestazione di pagamento e la controprestazione del
servizio,  impedisce  irragionevolmente  all'utente  di  tutelarsi da
eventuali  inadempimenti  della  controparte  mediante  gli  ordinari
strumenti   civilistici   previsti  per  i  contratti  a  prestazioni
corrispettive (quali, ad esempio, l'azione di adempimento, l'exceptio
inadimpleti contractus, l'azione di risoluzione per inadempimento).
   6.2.1.  -  A  tale  conclusione  non  puo' obiettarsi - come fa la
difesa  della  s.p.a.  G.O.R.I.  -  che  la  corrispettivita'  fra la
suddetta  quota  e il servizio di depurazione sussisterebbe comunque,
perche'  le  somme  pagate  dagli  utenti  in  mancanza  del servizio
sarebbero   destinate,   attraverso   un  apposito  fondo  vincolato,
all'attuazione    del   piano   d'ambito,   comprendente   anche   la
realizzazione  dei  depuratori.  Va  osservato, in contrario, che: a)
l'ammontare   della   quota   di  tariffa  riferita  al  servizio  di
depurazione   e'   determinato  indipendentemente  dal  fatto  se  il
depuratore  esista  o  no,  essendo  esso in ogni caso commisurato al
costo  del  servizio  di  depurazione, in applicazione del cosiddetto
«metodo normalizzato», e non al costo di realizzazione del depuratore
(come  risulta  dall'allegato  del  citato d.m. 1° agosto 1996, punto
3.1,  lettera  c, e dall'allegato 1, punto 2.3, della citata delibera
CIPE  19  dicembre  2002, n. 131/02); b) il provento costituito dalla
quota  confluente  nel  fondo  vincolato  puo'  essere destinato alla
realizzazione  di  depuratori  non  utilizzabili  dal  singolo utente
obbligato  al  pagamento,  come  nel  caso  in cui i depuratori siano
realizzati  in  Comuni  diversi  da  quello in cui si trova l'utente,
oppure  nel caso in cui l'utente, dopo il pagamento della tariffa, si
sia  trasferito  in  altro  Comune;  c) nel caso in cui il Comune non
gestisca  direttamente  il servizio idrico, la scelta del tempo e del
luogo  di  realizzazione  dei  depuratori  e' affidata, dall'art. 11,
comma  3,  della  legge  n. 36 del 1994, a soggetti terzi rispetto al
contratto   di   utenza,   e   cioe'   ai  Comuni  e  alle  Province,
nell'esercizio della loro competenza a predisporre il piano d'ambito;
d) l'attuazione di tale piano si inserisce nel rapporto fra gestore e
autorita'  d'ambito  e  non  in  quello  fra esso e l'utente, perche'
produce un'utilita' riferita all'ambito territoriale ottimale nel suo
complesso  e  non  anche quella «utilita' particolare che ogni utente
[...] ottiene dal servizio», la quale sola - come chiarito dai lavori
preparatori  richiamati  al punto 6.1. - consente di qualificare come
corrispettivo  la  tariffa  del  servizio  idrico  integrato;  e)  il
contratto  di  utenza  e  il  pagamento  della  quota  tariffaria non
costituiscono  presupposto  necessario  per l'attuazione dello stesso
piano,  essendo quest'ultima prevista e disciplinata, anche nei tempi
e  nelle  modalita',  non  gia' dal contratto di utenza, ma da moduli
procedimentali di diritto amministrativo.
   Dall'impossibilita' di qualificare l'attuazione del piano d'ambito
come  controprestazione  contrattuale  del  pagamento  della quota di
tariffa   riferita  al  servizio  di  depurazione  discende  la  gia'
evidenziata  conseguenza  che  l'utente  puo'  agire contro l'inerzia
dell'amministrazione  nella realizzazione dei depuratori, non gia' in
forza  del  rapporto  contrattuale di utenza utilizzando gli ordinari
strumenti  civilistici  di  tutela,  ma  solo esercitando il generale
potere di denuncia attribuitogli dall'ordinamento uti civis.
   6.2.2.    -   Neppure   potrebbe   opporsi   che   la   denunciata
irragionevolezza  non  sussiste  in  considerazione  di  un'adombrata
natura  di  prelievo  tributario  della  quota tariffaria riferita al
servizio  di  depurazione.  L'unitarieta'  della  tariffa  impedisce,
infatti, di ritenere che le sue singole componenti abbiano natura non
omogenea,  e,  conseguentemente,  che  anche  solo  una  di  esse,  a
differenza   delle   altre,   non   abbia   natura  di  corrispettivo
contrattuale.  E  cio'  perche'  il legislatore, per la remunerazione
delle   varie  componenti  del  servizio  idrico  integrato,  non  ha
istituito  tariffe  distinte,  ma  ha  concepito  la tariffa di detto
servizio  come  un tutto unico, nell'ambito del quale la suddivisione
in   quote   risponde   solo   all'esigenza   di   una  piu'  precisa
quantificazione  della  tariffa  stessa,  che tenga conto di tutte le
prestazioni che il gestore deve erogare.
   L'armonia  di  un  sistema  di  finanziamento  del servizio idrico
integrato,  costruito unitariamente dal legislatore sull'esistenza di
un  nesso sinallagmatico, sulla sufficienza di un contratto di utenza
ai  fini  della  nascita dell'obbligo di pagamento e, percio', su una
tariffa  unica, sarebbe, in conclusione, lesa dalla previsione, quale
mezzo  di  finanziamento,  di  un  prelievo  coattivo,  la  cui ratio
confliggerebbe  ingiustificatamente  con  la  logica  unitaria  sopra
detta, in quanto introduce un obbligo di pagamento non correlato alla
controprestazione.  Solo un autonomo prelievo tributario avulso dalla
tariffa  e,  percio',  del  tutto  sganciato dal sistema del servizio
idrico  integrato  potrebbe  giustificare  una  tassazione  per  fini
ambientali  diretta a far contribuire anche colui che non utilizza il
servizio alla spesa pubblica per la depurazione.
   7.  - Nel giudizio r.o. n. 38 del 2008, il rimettente - formulando
la stessa censura di cui alle ordinanze r.o. n. 830 del 2007 e n. 184
del 2008 - denuncia l'intrinseca irragionevolezza dell'art. 14, comma
1, della legge n. 36 del 1994, nel testo originario, il quale prevede
che  la quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e
di  depurazione  -  quota  i  cui  «proventi  affluiscono in un fondo
vincolato  e  sono destinati esclusivamente alla realizzazione e alla
gestione delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione» -
e'  dovuta  dagli  utenti  anche  nel  caso  in  cui la fognatura sia
sprovvista  di  impianti  centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente  inattivi.  La  disposizione  denunciata  e' uguale a
quella  risultante dalla modifica introdotta dall'art. 28 della legge
n. 179  del  2002  ed  oggetto  delle  ordinanze  di rimessione sopra
esaminate, con la sola differenza che la prima prevede che i proventi
della  quota  di  tariffa  riferita  al  servizio di depurazione sono
destinati  esclusivamente  alla  realizzazione  e alla gestione delle
opere  e  degli  impianti  centralizzati di depurazione, la seconda -
come  visto  -  ne  prevede  la destinazione a un fondo vincolato per
l'attuazione del piano d'ambito.
   La censura e' fondata, per le stesse ragioni esposte al precedente
punto  6,  perche'  la  norma  denunciata,  eliminando  ogni  diretta
relazione  tra  il  pagamento di tale quota e l'effettivo svolgimento
del   servizio   che   tale   pagamento   dovrebbe   retribuire,   ha
irragionevolmente  disciplinato  il pagamento della quota in modo non
coerente con la sua natura di corrispettivo contrattuale.
   8.   -   L'accoglimento  delle  esaminate  questioni  comporta  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1,
della  legge  n. 36 del 1994, sia nel testo originario, sia nel testo
modificato  dall'art.  28 della legge n. 179 del 2002, nella parte in
cui  prevede  che  la  quota  di  tariffa  riferita  al  servizio  di
depurazione  e'  dovuta  dagli  utenti  «anche  nel  caso  in  cui la
fognatura  sia  sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o
questi siano temporaneamente inattivi».
   9.  - La riconosciuta fondatezza delle suddette questioni riferite
alla violazione dell'art. 3 Cost. comporta l'assorbimento delle altre
questioni sollevate dal rimettente.
   10. - Il censurato art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994 e'
stato,  con  decorrenza  dal  29 aprile 2006, abrogato dall'art. 175,
comma  1,  lettera  u), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme  in  materia ambientale), e sostituito dall'art. 155, comma 1,
primo periodo, dello stesso decreto legislativo, il quale prevede che
«Le  quote  di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di
depurazione  sono  dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino
impianti  di  depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il
gestore  e'  tenuto  a  versare i relativi proventi, risultanti dalla
formulazione  tariffaria  definita  ai  sensi dell'articolo 154, a un
fondo  vincolato  intestato  all'Autorita'  d'ambito,  che lo mette a
disposizione  del  gestore per l'attuazione degli interventi relativi
alle  reti  di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal
piano d'ambito».
   L'analogia tra quest'ultima disposizione e quelle sopra dichiarate
incostituzionali  rende evidente che le considerazioni dianzi svolte,
in  ordine  alla irragionevolezza di queste ultime, valgono anche per
la prima.
   In  conclusione,  ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  va  dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 155,
comma  1,  primo  periodo,  del  decreto legislativo n. 152 del 2006,
nella  parte  in  cui  prevede  che  la  quota di tariffa riferita al
servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui
manchino  impianti  di  depurazione  o  questi  siano temporaneamente
inattivi».
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1,
legge  5  gennaio  1994,  n. 36  (Disposizioni  in materia di risorse
idriche),   sia  nel  testo  originario,  sia  nel  testo  modificato
dall'art.  28  della  legge  31  luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in
materia  ambientale),  nella  parte  in  cui  prevede che la quota di
tariffa  riferita  al  servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti
«anche  nel  caso  in  cui  la  fognatura  sia sprovvista di impianti
centralizzati   di   depurazione   o   questi  siano  temporaneamente
inattivi»;
   2)  dichiara,  ai  sensi  dell'art.  27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 155, comma 1, primo
periodo,  del  decreto  legislativo  3  aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia  ambientale),  nella  parte  in  cui  prevede che la quota di
tariffa  riferita  al  servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti
«anche  nel  caso  in  cui  manchino impianti di depurazione o questi
siano temporaneamente inattivi».
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                         Il redattore: Gallo
                       Il cancelliere: Melatti
   Depositata in cancelleria il 10 ottobre 2008.
                       Il cancelliere: Melatti