N. 352 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 - 2 luglio 2008

del  30 luglio 2008 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del
Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Marmo Francesco contro Universita'
degli Studi di Napoli ed altro

Universita'  -  Professori universitari in posizione di fuori ruolo -
  Prevista riduzione del periodo di fuori ruolo e anticipazione della
  collocazione   in   quiescenza  -  Applicabilita'  della  normativa
  censurata  anche  ai professori per i quali sia stato gia' disposto
  con  formale  provvedimento  amministrativo  il  collocamento fuori
  ruolo  - Violazione del principio di uguaglianza per irrazionalita'
  e  violazione dei principi di certezza del diritto e di affidamento
  -   Incidenza  sul  principio  di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione.
- Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 434.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.46 del 5-11-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4685 del 2008
proposto  da  Marmo  Francesco,  rappresentato  e difeso dall'avv. P.
Annese, con domicilio eletto in Roma viale Mazzini n. 134;
   Contro  Universita'  degli  studi  di  Napoli  «Federico  II», non
costituita  nel presente giudizio; Ministero dell'Universita' e della
ricerca, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
con  domicilio  eletto  in  Roma,  via  dei  Portoghesi,  n. 12,  per
l'annullamento   previa   sospensione,   del   decreto   del  rettore
dell'Universita' di Napoli «Federico II» del 5 marzo 2008, n. 685 con
il  quale  si  stabilisce  di  collocarlo a riposo a decorrere dal 1°
novembre 2008;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Vista  l'ordinanza  di questa Sezione n. 3414 del 2 luglio 2008 di
accoglimento   dell'istanza   cautelare  di  sospensione  degli  atti
impugnati avanzata dal ricorrente.
   Alla Camera di consiglio del 2 luglio 2008, relatore il primo ref.
Cecilia  Altavista,  uditi i difensori delle parti come da verbale di
udienza.
                              F a t t o
   Il ricorrente, professore ordinario gia' collocato fuori ruolo dal
1°  novembre  2006  al 1° novembre 2009, ha impugnato con il presente
ricorso  il  decreto  rettorale,  con cui in applicazione dell'art. 2
comma   434   della  legge  n. 244  del  24  dicembre  2007,  il  suo
collocamento  a  riposo  per limiti di eta' e' stato anticipato al 1°
novembre 2008, formulando le seguenti censure:
     violazione  e  falsa  applicazione  dell'art  2, comma 434 della
legge n. 244 del 2007 e dell'art. 14 della legge n. 311 del 1958;
     eccesso  di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei
fatti; illogicita'; ingiustizia manifesta; disparita' di trattamento;
     violazione  e falsa applicazione dell'art. 11 delle disposizioni
di  preliminari  del  codice  civile; violazione dei diritti quesiti;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta;
     illegittimita' costituzionale dell'art, 2, comma 434 della legge
n. 244  del  24  dicembre  2007  per  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione.
   Si   e'   costituita   l'Avvocatura  dello  Stato  contestando  la
fondatezza del ricorso.
   Alla  udienza  pubblica  del  2  luglio  2008  il ricorso e' stato
trattenuto in decisione.
                            D i r i t t o
   Ritiene  il  Collegio  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  2,  comma  434  della  legge  n. 244  del 28 dicembre 2007
(finanziaria 2008) rilevante e non manifestamente infondata.
   La questione e' rilevante, in quanto il provvedimento impugnato si
basa  esclusivamente  sulla  riduzione  del  periodo  di  fuori ruolo
operata  da  tale  norma. L'Universita' infatti ha adottato, ai sensi
dell'art.   2,   comma   434   della   legge  finanziaria,  un  nuovo
provvedimento,  impugnato  con  il  presente ricorso, con il quale ha
modificato  il  precedente  decreto  di  collocamento fuori ruolo del
prof. Marmo.
   Inoltre  la  disposizione  non  puo'  essere  interpretata in modo
conforme    ai   principi   costituzionali,   avendo   un   contenuto
assolutamente  stringente  ed  una disciplina espressa per i rapporti
pendenti.
   Ai sensi dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre
2007,  infatti,  prevede  che  a  decorrere  dal  l° gennaio 2008, il
periodo  di  fuori  ruolo  dei  professori universitari precedente la
quiescenza  e'  ridotto  a  due  anni  accademici  e  coloro che alla
medesima  data  sono  in  servizio  come  professori  nel  terzo anno
accademico  fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno
accademico.  A  decorrere  dal  1°  gennaio 2009, il periodo di fuori
ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' ridotto
a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio
come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in
quiescenza  al  termine  dell'anno  accademico.  A  decorrere  dal 1°
gennaio  2010,  il periodo di fuori ruolo dei professori universitari
precedente la quiescenza e' definitivamente abolito e coloro che alla
medesima  data  sono  in  servizio  come  professori  nel  primo anno
accademico  fuori  molo sono posti in quiescenza al termine dell'anno
accademico.
   Il  professor Marmo e' stato collocato fuori ruolo dal 1° novembre
2006;  pertanto, alla data del 1° gennaio 2008, si trovava al secondo
anno  accademico fuori ruolo. Ne consegne la applicazione della norma
nella  parte  in cui prevede la riduzione del fuori ruolo a due anni,
come correttamente ha fatto l'amministrazione universitaria.
   Tale  interpretazione e' assolutamente obbligata non solo dal dato
testuale  di  questa  parte delle diposizione, ma anche dal complesso
del  comma 434 che non puo' avere altro significato di far salve solo
in via graduale le posizioni in corso.
   L'unica  interpretazione  della  norma  che  possa dare un senso a
tutte  le  disposizioni  porta  a  ritenere che solo per i professori
collocati  fuori  ruolo  nel  novembre  2005 sia mantenuto il periodo
triennale  fino  alla  fine dell'anno accademico nel novembre 2008, i
quali  altrimenti  avendo  compiuto  gia' i due anni sarebbero dovuti
andare in quiescenza con la entrata in vigore della nuova disciplina.
   Per  i  professori  fuori  ruolo  dal  novembre 2006 non essendovi
alcuna disposizione derogatoria che faccia salvo l'intero periodo, si
deve ritenere immediatamente applicabile la riduzione del fuori ruolo
a  due  anni  accademici,  con  conseguente collocamento a riposo nel
novembre 2008.
   Progressivamente  il periodo di fuori ruolo e' ridotto e destinato
ad essere soppresso del tutto nel 2010.
   Infatti  dal  l°  gennaio  2009 esso e' ridotto ad un anno facendo
salva  la  posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo dal 1°
novembre  2007,  al  1°  gennaio  2009  si troverebbero ad avere gia'
compiuto   tale   anno;   pertanto   e'   espressamente  previsto  il
completamento  del  secondo  anno  accademico  fuori ruolo fino al 1°
novembre  2009.  Analogo  regime  riguarda il 1° gennaio 2010 quando,
venendo  meno  il  periodo  di  fuori  ruolo,  tutti  coloro che sono
collocati fuori ruolo dovrebbero essere posti in quiescenza.
   La  norma  fa  salve le posizioni dei professori che essendo stati
collocati  fuori  ruolo  dal  novembre  2009,  dovrebbero cessare dal
servizio  al  1°  gennaio  2009,  permettendo  loro  il completamento
dell'anno accademico.
   Tale  interpretazione  assolutamente  obbligata  del  comma 434 e'
l'unica in grado di attribuire alla norma un significato in relazione
alla  indubbia  volonta'  del  legislatore  di prevedere la riduzione
progressiva del fuori ruolo dei professori universitari.
   La  questione  di  legittimita' costituzionale e' quindi rilevante
rispetto  al  presente giudizio. Infatti, al professore ricorrente e'
applicabile  tale  norma  con  conseguente  riduzione  di un anno del
periodo di fuori ruolo e collocamento a riposo il 1° novembre 2008.
   La  questione  di  illegittimita'  costituzionale  e' altresi' non
manifestamente infondata sotto diversi profili.
   Ritiene  il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile
di  violazione  dell'art.  3 della Costituzione per la retroattivita'
dei suoi contenuti precettivi.
   La   Corte   costituzionale   ha   affermato  piu'  volte  che  la
irretroattivita'   della   legge   e'   un   principio  di  carattere
costituzionale  solo per le norme penali, in quanto sancito dall'art.
25 della Costituzione.
   Per  le  norme non penali la retroattivita' della legge e' ammessa
ma  nel  rispetto  dei  principi  di  ragionevolezza  ed uguaglianza.
Pertanto  sono  costituzionalmente legittime le norme retroattive che
trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non
contrastino con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti
(Corte cost. 26 giugno 2007, n. 234).
   In  questo  quadro  sono,  in  primo  luogo,  ammissibili le norme
retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili
letture  che  gia'  emergevano dalla norma interpretata; in tal caso,
infatti,  non  sussiste  la  lesione  dei  canoni  costituzionali  di
ragionevolezza,  di  tutela  del  legittimo affidamento e di certezza
delle  situazioni  giuridiche  (Corte  costituzionale, 7 luglio 2006,
n. 274).
   Poiche'  il divieto di retroattivita' della legge, pur costituendo
fondamentale  valore  di  civilta'  giuridica  e  principio  generale
dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  ordinario  deve in principio
attenersi,  non  ha dignita' costituzionale, salvo che per la materia
penale,  il  legislatore  ordinario  puo' emanare sia disposizioni di
«interpretazione  autentica»,  che  determinano  -  chiarendola  - la
portata   precettiva   della  norma  interpretata  fissandola  in  un
contenuto  plausibilmente  gia'  espresso  dalla  stessa,  sia  norme
innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi
adeguata   giustificazione  sul  piano  della  ragionevolezza  e  non
contrasti  con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti,
tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di
eguaglianza  e  la  tutela  dell'affidamento legittimamente sorto nei
soggetti  quale  principio  connaturato  allo Stato di diritto (Corte
costituzionale, 15 luglio 2005, n. 282).
   Nel caso di specie, la norma contenuta nella legge finanziaria per
il  2008,  ha  introdotto una nuova disciplina del collocamento fuori
ruolo  dei  professori universitari. Si tratta dunque di una norma di
carattere  innovativo  per  la  quale  ritiene il Collegio che vi sia
motivo  di sospettare una violazione dei principi di ragionevolezza e
di affidamento che le norme retroattive devono rispettare.
   Non  si puo' infatti dubitare della retroattivita' della norma che
incide  su  posizioni  giuridiche  in  atto.  Il  ricorrente e' stato
collocato  in fuori ruolo con il decreto rettorale del 3 luglio 2006,
che  indicava  espressamente  il periodo triennale fino al 31 ottobre
2009.
   L'art.  2,  comma 434 della legge n. 244 ha inciso, riducendolo di
un anno, su tale periodo gia' in corso.
   La   retroattivita'   infatti  non  puo'  essere  giustificata  in
relazione  al fatto che la norma ha inciso sul futuro svolgimento del
fuori  ruolo, in quanto tale periodo deve ritenersi unitario e quindi
si  deve guardare rispetto alla disciplina al momento in cui e' stato
disposto.
   La  retroattivita'  infatti  non  puo'  essere  giustificata, come
sostiene l'Avvocatura dello Stato, in relazione al fatto che la norma
ha  inciso  sul futuro svolgimento del periodo fuori ruolo, in quanto
tale  periodo  deve  ritenersi  unitario  e  quindi  si deve guardare
rispetto alla disciplina al momento in cui e' stato disposto.
   Rispetto  alla  materia  previdenziale,  viene  identificato  come
momento  per  individuare  la  retroattivita'  della nuova disciplina
quello  del  pensionamento.  Se  prima  dell'ingresso  della legge il
diritto  alla  pensione  di  anzianita'  sia  maturato ed il rapporto
lavorativo sia cessato e sia stata presentata la domanda di pensione,
la   situazione  giuridica  resta  sottratta  alla  nuova  disciplina
(Cassazione  civile, sez. lav., 24 agosto 2007, n. 18041, rispetto al
comma  29  dell'art.  1  della legge n. 335 del 1995 che incidendo su
situazioni   che,  alla  data  di  ingresso  della  regolamentazione,
riguardante  la  pensione  di  anzianita'  -  1°  gennaio 1996 -, non
avevano  ancora  raggiunto  la consistenza del diritto, quali appunto
quelle  di coloro che, sotto l'impero dell'art. 11, comma 8, legge 24
dicembre  1993,  n. 537,  avevano  maturato i prescritti requisiti di
contribuzione  e  di  eta'  anagrafica,  ma  non  il  collocamento in
quiescenza,  non  rappresentava  un intervento legislativo lesivo del
principio dell'affidamento sui c.d. «diritti quesiti»).
   Rispetto alla materia previdenziale, anche la Corte costituzionale
ha   affermato   che  l'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza
giuridica non impedisce al legislatore di emanare norme modificatrici
della  disciplina  dei  rapporti di durata in senso sfavorevole per i
beneficiari,   quando   tali   disposizioni   non  trasmodino  in  un
regolamento  irragionevole di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti;   in   particolare  salvaguardando  solo  le  fattispecie
pensionistiche  gia'  giunte  a  compimento  con  il  collocamento in
quiescenza (sent. n. 393 del 2000).
   Il  collocamento  fuori  ruolo  determina  una posizione giuridica
autonoma che comprende il diritto al completamento di tale periodo.
   La  riduzione  di  un  anno della durata del fuori ruolo incide in
maniera  irragionevole,  quindi,  su  un  affidamento qualificato del
ricorrente.
   Tale affidamento si esplica in vari aspetti della attivita' che il
professore compie nel periodo di fuori ruolo.
   In  primo  luogo,  in  relazione  allo  svolgimento dell'attivita'
scientifica.
   In  particolare  l'attivita' di ricerca, prevalente nel periodo di
fuori  ruolo,  abbia necessita' di programmazione e di un tempo lungo
di svolgimento. Tali attivita' possono restare incomplete a causa del
collocamento a riposo entro breve termine.
   Ne'  la  retroattivita'  puo'  essere  giustificata  dalla riforma
complessiva  della disciplina dei professori universitari operata con
la  legge  n. 230  del  4  novembre 2005 che ha abolito il periodo di
collocamento  fuori  ruolo  e  previsto il limite di eta' di settanta
anni  per  il  collocamento  a riposo. L'art. 1, comma 17 della legge
n. 230  si applica, infatti, solo ai professori universitari nominati
ai sensi della nuova legge.
   Irragionevole  e',  altresi',  la  stessa  previsione  di  diritto
transitorio.
   Se  da  una  parte  tale  previsione  denota la consapevolezza del
legislatore  di  non  potere  incidere  in  maniera  immediata  sulle
situazioni  in  corso,  facendo  decorrere la completa abolizione del
fuori  ruolo dal 1° gennaio 2010, dall'altra prevede la riduzione del
fuori  ruolo  sia per coloro che sono gia' in tale posizione da uno o
due  anni  (prevedendo  per  entrambe le categorie la riduzione a due
anni),  sia  per  coloro,  che  al momento di entrata in vigore della
legge  sono  ancora in servizio di ruolo, essendo previsto il periodo
di  fuori  ruolo  di  un  anno per coloro che saranno collocati fuori
ruolo  nel  novembre  2008  e nel novembre 2009. Per i professori non
ancora  collocati  fuori  ruolo al momento di entrata in vigore della
legge,  non  destinatari  dunque  di  un  affidamento qualificato, il
periodo  di  fuori  ruolo  avrebbe  potuto  anche essere disciplinato
diversamente  senza  alcuna  salvaguardia di posizioni giuridiche. La
disciplina  di  diritto transitorio, prevista nell'art. 2, comma 434,
tratta,  quindi,  in  maniera  simili,  con  la sola differenza della
riduzione  di un anno o di due anni, situazioni radicalmente diverse:
posizioni di stato in atto le une, mere aspettative le altre.
   La  norma  introdotta  dalla legge finanziaria appare in contrasto
altresi'  con il principio di buon andamento della Amministrazione di
cui all'art. 97 della Costituzione.
   Infatti,  anche  in  relazione alla efficienza organizzativa della
Universita'  la  previsione della immediata riduzione del fuori ruolo
per  i  tutti,  professori  ordinari che sono gia' in tale posizione,
comporta   la   immediata   perdita   di  risorse  intellettuali,  la
interruzione  di  programmi di ricerca, la dispersione dell'attivita'
scientifica.
   La  programmazione della attivita' universitaria trova un espresso
riscontro  normativo  nell'art.  1-ter  del decreto legge n. 7 del 31
gennaio  2005, che prevede a decorrere dall'anno 2006 le universita',
anche  al  fine  di  perseguire obiettivi di efficacia e qualita' dei
servizi  offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottino programmi
triennali  coerenti  con  le linee generali di indirizzo definite con
decreto   del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca,   sentiti   la  Conferenza  dei  rettori  delle  universita'
italiane,   il  Consiglio  universitario  nazionale  e  il  Consiglio
nazionale  degli  studenti  universitari, tenuto altresi' conto delle
risorse   acquisibili   autonomamente.  I  predetti  programmi  delle
universita'  individuano  in  particolare tra gli altri obiettivi, il
programma di sviluppo della ricerca scientifica.
   I  programmi  delle  universita'  di  cui  al comma 1, fatta salva
l'autonoma   determinazione  degli  atenei  per  quanto  riguarda  il
fabbisogno      di     personale     in     ordine     ai     settori
scientifico-disciplinari,     sono     valutati     dal     Ministero
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della ricerca e periodicamente
monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della ricerca, avvalendosi del
Comitato  nazionale  per  la  valutazione  del sistema universitario,
sentita la Conferenza dei rettori delle universita' italiane.
   Sui  risultati  della  valutazione  il  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  riferisce  al termine di ciascun
triennio,  con apposita relazione, al Parlamento. Dei programmi delle
universita'  si  tiene  conto  nella  ripartizione  del  fondo per il
finanziamento ordinario delle universita'.
   A  tale  attivita'  di  programmazione  fa riferimento altresi' la
legge  n. 230  del 4 novembre 2005, per cui l'universita', sede della
formazione  e  della trasmissione critica del sapere, coniuga in modo
organico  ricerca  e didattica, garantendone la completa liberta'. La
gestione  delle  universita'  si ispira ai principi di autonomia e di
responsabilita'  nel  quadro  degli indirizzi fissati con decreto del
Ministro   dell'istruzione,   dell'universita'  e  della  ricerca.  I
professori  universitari  hanno  il  diritto  e il dovere di svolgere
attivita' di ricerca e di didattica, con piena liberta' di scelta dei
temi  e  dei  metodi  delle  ricerche  nonche',  nel  rispetto  della
programmazione   universitaria   di   cui   all'articolo   1-ter  del
decreto-legge    31    gennaio    2005,   n. 7,   dei   contenuti   e
dell'impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento.
   La  cessazione  dal  servizio  fuori  ruolo di numerosi professori
ordinari  sembra  comportare  una  grave inefficienza del sistema con
inutile dispendio di risorse gia' destinate a progetti di ricerca. Il
collocamento  fuori  ruolo  determina  per  il  docente universitario
soltanto   la  perdita  della  titolarita'  dell'insegnamento  e  una
proporzionata  riduzione  dei connessi compiti didattico scientifici,
ma  gli conserva il compimento di rilevanti attivita' scientifiche di
ricerca ed il contributo al dibattito accademico.
   In  conclusione,  il Collegio Ritiene che il giudizio debba essere
sospeso  e  che  gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale,
attesa  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione
di costituzionalita' dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24
dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008).
                              P. Q. M.
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  2,  comma  434  della  legge n. 244 del 24
dicembre  2007  (legge  finanziaria per il 2008), in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio.
   Dispone  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in causa nonche' al Presidente del Consiglio
dei  ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 2 luglio 2008.
                      Il Presidente: Baccarini
                                               L'estensore: Altavista