N. 380 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 2008- 24 aprile 2006
Ordinanza del 23 maggio 2006 emessa dal G.i.p. del Tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Franchi Maria Pia Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria - Termine di prescrizione di tre anni - Mancata previsione dell'applicazione di tale termine a tutti i reati di competenza del giudice di pace - Violazione del principio di ragionevolezza. - Codice penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, art. 3.(GU n.49 del 26-11-2008 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Esaminati gli atti del procedimento n. 10222/01 RGNR e 1586/06 GIP nei confronti di Franchi Maria Pia nata il 29 settembre 1961 a Pontedera (Pisa), indagata per i reati di cui agli artt. 594 e 582 c.p. commessi in San Miniato (Pisa) il 10 giugno 2001. O s s e r v a A seguito della proposizione di piu' querele sporte da Giannetti Patrizia e Giaconi Massimo, si iniziava procedimento penale nei confronti di Franchi Maria Pia nei confronti della quale venivano ipotizzati i reati di ingiurie e minacce commessi in San Giuliano Terme (Pisa) dall'agosto all'ottobre 2001. Con riguardo a tali reati il pubblico ministero formulava richiesta di archiviazione ritenendo l'intervenuta prescrizione dei medesimi sulla base della disposizione del quinto comma dell'art. 157 c.p. come modificato dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 («Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni»). La richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero dovrebbe, stando alla previsione normativa della prescrizione oggi in vigore, essere respinta. Dovrebbe, infatti, ritenersi applicabile nella specie il primo comma dell'art. 157 c.p. risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6, legge n. 251/2005 il quale prevede che «La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorche' puniti con la sola pena pecuniaria». Peraltro, per effetto della disciplina transitoria prevista dall'art. 10, comma 2, della legge n. 251/2005, stante la pendenza del procedimento alla data della sua entrata in vigore, i nuovi termini non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano piu' lunghi di quelli previgenti. Cosicche' ai reati oggi ipotizzati nei confronti dell'indagata dovrebbe essere ritenuto applicabile il termine prescrizionale quinquennale previsto dalla precedente disciplina normativa (scadente nel settembre 2006). Osserva il giudicante come tale soluzione, risulti, pero', sommamente iniqua nei confronti della prevenuta considerato il complessivo intervento normativo operato dalla legge n. 251/2005 ed, in particolare, tenuto conto della nuova disposizione dell'art. 157, comma 5, c.p. richiamata dall'organo dell'accusa nella richiesta di archiviazione. Gia' i primi commentatori della nuova disposizione - poi seguiti dalla giurisprudenza formatasi in fase di iniziale applicazione - hanno riferito la disposizione (per la quale, allorche' per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine prescrizionale di tre anni) ai reati di competenza del giudice di pace, per i quali ai sensi dell'art. 52, d.lgs. n. 274/2000 puo' essere irrogata - nei casi di cui al secondo comma, lettere a) seconda parte, b) e c) - la sanzione della permanenza domiciliare o del lavoro sostitutivo, in alternativa alla mera pena pecuniaria. In effetti il disposto dell'art. 157, comma 5 c.p., risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6, legge n. 251/2005, non appare relativo - a meno di non sostenere una sua attuale inapplicabilita' - a reati diversi da quelli oggi di competenza del giudice di pace puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo. A questo proposito occorre sottolineare che non rileva che tali sanzioni siano previste in forma alternativa alla pena pecuniaria atteso che il comma quinto dell'art. 157 c.p. novellato si riferisce ai casi di mera previsione edittale di pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria a differenza di quanto avviene al primo comma della stessa norma laddove i termini di prescrizione sono stabiliti avuto riguardo alla natura dei reati (delitti e contravvenzioni) e indipendentemente dalle previsioni sanzionatorie («ancorche' puniti con la sola pena pecuniaria»). Neppure puo' ritenersi ostativo all'applicazione del termine triennale di prescrizione ai reati di competenza del giudice di pace puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo il dettato dell'art. 58, d.lgs. n. 274/2000 per il quale «Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria». Basta, in proposito, porre mente alla definizione di sanzioni alternative alla detenzione per «il lavoro di pubblica utilita'» e per la «permanenza in casa» contenuta nell'art. 16, lettera a) della legge n. 468/1999 di delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace ed alla stessa Relazione governativa al d.lgs. n. 274/2000, laddove si parla di «scomparsa della pena detentiva» e di introduzione di «nuovi protocolli sanzionatori» per pervenire alla definizione di pene paradetentive per l'obbligo di permanenza domiciliare e per il lavoro di pubblica utilita' che costituiscono, cosi', un vero e proprio sottosistema sanzionatorio (in tal senso cfr. Tribunale di Pisa, Ufficio Giudice per le indagini preliminari, sent. 8-20 febbraio 2006 n. 41). Nel caso che ci occupa entrambi i reati ipotizzati risultano di competenza del giudice di pace, in base al trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 52, d.lgs. n. 274/2000, e per essi dovrebbe essere irrogata la sola multa da euro 258 a 2.582 (essendo prevista la pena edittale originaria della sola pena pecuniaria per l'art. 612 c.p. e della reclusione non superiore nel massimo a sei mesi per l'art. 594: art. 52, comma 2, lett. a), primo periodo, d.lgs. n. 274/2000). Palese l'irrazionalita' delle conseguenze sulla disciplina della prescrizione dei reati che derivano dal trattamento sanzionatorio riservato ai reati oggi in esame rispetto a quelli per i quali, per effetto dei criteri stabiliti dall'art. 52, d.lgs. n. 274/2000, e' prevista l'applicazione, in via alternativa, della multa o della pena della permanenza domiciliare ovvero della pena del lavoro di pubblica utilita': i primi, punibili con la sola pena pecuniaria, sarebbero sottoposti al termine di prescrizione ordinario previsto dal primo comma dell'art. 157 c.p. di sei anni, mentre i secondi, connotati da obbiettiva maggiore gravita', sottoposti al piu' breve termine triennale. Questo giudice ritiene non superabile in via interpretativa - cosi' come sembra ritenere possibile il pubblico ministero con la sua richiesta - l'evidenziata irragionevolezza della disciplina normativa senza disattendere il tenore letterale delle singole disposizioni richiamate: la stessa costruzione teorica di un sottosistema sanzionatorio previsto per i reati del giudice di pace che comprenderebbe anche le sanzioni pecuniarie demandate alla applicazione da parte di tale organo della giurisdizione non convince. Essa, infatti, se risulta coerente con riferimento alle c.d. «sanzioni paradententive» di nuova introduzione, non puo' comprendere nel suo ambito anche le pene pecuniarie se non operando un vero e proprio salto logico sulle ragioni di una loro differenziazione da quelle di previsione codicistica, delle quali conservano la natura (recita in proposito l'art. 52 d.lgs. n. 274/2000: «si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente») e rispetto alle quali non e' prevista alcuna diversa disciplina normativa. Non potendosi accedere a soluzioni ermeneutiche correttamente sostenibili che non collidano con norme e principi costituzionali, si impone l'obbligo di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, c.p. cosi' come sostituito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 251. La questione deve ritenersi non manifestamente infondata con riguardo al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione apparendo manifestamente irragionevole la norma nella parte in cui prevede un termine prescrizionale piu' breve per reati di maggiore gravita' per i quali siano irrogabili, in alternativa alla pena pecuniaria, la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, ed invece un termine maggiore perche' possano pervenire a prescrizione reati puniti con la sola pena pecuniaria. In proposito si osserva come il principio di ragionevolezza delle disposizioni normative costituisca un'accezione particolare del principio di uguaglianza alla quale e' tenuto il legislatore nell'esercizio della sua discrezionalita' allo scopo di evitare disparita' di trattamento che potrebbero derivare nell'esercizio dell'azione penale. E la proporzionalita' tra le cause estintive del reato - tra le quali senz'altro deve rientrare il decorso del tempo necessario perche' maturi la prescrizione - e la gravita' del fatto commesso desunta dalle piu' severe sanzioni per esso previste - alla quale il termine di prescrizione deve essere rapportato con criterio di gradualita' - costituisce un sicuro parametro di riferimento allo scopo di rendere armonico il trattamento da riservare ai destinatari dell'azione penale. La disciplina oggetto di censura, invece, appare ictu oculi fortemente lesiva del sistema egualitario che deve permeare l'ordinario laddove - prescindendo da ogni riferimento ai cd. oblio sociale dell'illecito che e' nella ratio dell'istituto della prescrizione - consente tempi di prescrizione piu' lunghi per fatti meno gravi di altri ai quali e', invece, applicabile la causa estintiva del reato dopo un minor lasso di tempo dalla sua realizzazione. Opportuno, pertanto, per essa appare il vaglio di coerenza e non contraddizione da parte della Corte costituzionale, unico organo legittimato a fornire una lettura unificante del termine di prescrizione per tutti i reati di competenza del giudice di pace, indipendentemente dalla sanzione per ciascuno di essi prevista. La rilevanza della questione sussiste nel giudizio in corso influendo in maniera diretta sulla decisione che questo giudice e' chiamato ad adottare, circa l'avvenuta prescrizione, ad oggi, dei i reati ipotizzati nei confronti degli indagati.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto con l'art. 3 Costituzione - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 5, c.p., come novellato dall'art. 6, legge n. 251/2005, nella parte in cui non prevede che il termine di prescrizione di anni tre si applichi, oltre che ai reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, a tutti gli altri reati di competenza del giudice di pace; Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata agli imputati ed al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica. Pisa, addi' 24 aprile 2006 Il giudice per le indagini preliminari: Murano