N. 377 SENTENZA 17 - 20 novembre 2008

Elezioni    -    Controversie    relative    all'ineleggibilita'    o
  incompatibilita'  degli  amministratori  locali  -  Giurisdizione -
  Devoluzione   al   tribunale   ordinario   anziche'   al  Tribunale
  amministrativo  regionale-  Denunciato contrasto con i tradizionali
  criteri di ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e
  giudice  amministrativo  -  Inconferenza  dei  parametri  evocati e
  difetto di motivazione sulle censure prospettate - Inammissibilita'
  della questione.
- D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 69, comma 5.
- Costituzione, artt. 101, 111 e 113.
Elezioni    -    Controversie    relative    all'ineleggibilita'    o
  incompatibilita'  degli  amministratori  locali  -  Giurisdizione -
  Devoluzione   al   tribunale   ordinario   anziche'   al  Tribunale
  amministrativo  regionale-  Asserita  irragionevolezza,  denunciata
  violazione  dei  principi  di  effettivita' e pienezza della tutela
  giurisdizionale  e lesione del diritto di difesa - Esclusione - Non
  fondatezza della questione.
- D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 69, comma 5.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 103.
Elezioni   -   Amministratori   degli  enti  locali -  Previsione  di
  incompatibilita'  per  lite  pendente  tra  l'interessato  e l'ente
  locale  -  Asserita irragionevolezza, sproporzione rispetto al fine
  di  assicurare  il  corretto  esercizio  delle  funzioni elettive e
  lesione  del  diritto  di  difesa -  Difetto  di  giurisdizione del
  giudice  rimettente  (per  rigetto  della  questione  principale) -
  Difetto di rilevanza - Inammissibilita' della questione.
- D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 63, comma 1, n. 4).
- Costituzione, artt. 3, 24 e 51.
(GU n.49 del 26-11-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 63, comma 1,
numero  4),  e  69,  comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267  (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali),
promosso,   con   ordinanza   del  29  dicembre  2007  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  della  Puglia sezione di Lecce sul ricorso
proposto   da   Aurelio   Gianfreda   nei   confronti  del  Ministero
dell'interno  ed altri, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 2008
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 13, 1ª
serie speciale, dell'anno 2008;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 22 ottobre 2008 il giudice
relatore Sabino Cassese.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Puglia  ha
sollevato,  con  riferimento agli articoli 3, 24, 101, 103, 111 e 113
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 69, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(Testo  unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), «nella
parte in cui devolve al Tribunale ordinario la tutela giurisdizionale
avverso  la  delibera  di  decadenza dalla carica di consigliere, per
incompatibilita'»,  nonche',  con  riferimento  agli artt. 3, 24 e 51
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  63,  comma 1, numero 4), dello stesso decreto legislativo,
«nella  parte in cui prevede, anche agli effetti di cui al successivo
art. 68, comma 2, che, colui il quale ha una lite pendente, in quanto
parte di un procedimento civile (od amministrativo) con il comune, e'
incompatibile con la carica di consigliere comunale».
   Espone il Tribunale rimettente che dinanzi a esso pende il ricorso
proposto  da  un  componente del consiglio comunale di Poggiardo, per
l'annullamento  della  deliberazione con la quale lo stesso consiglio
e'  stato convocato, nonche' di quelle con le quali esso ha affermato
la sussistenza di una causa di incompatibilita' in capo al ricorrente
e  ha  successivamente  dichiarato  la sua decadenza dalla carica. La
causa  di  incompatibilita'  riscontrata  dal  consiglio  comunale e'
quella  prevista  dall'art. 63, comma 1, numero 4), del d.lgs. n. 267
del  2000,  che  dispone  l'incompatibilita'  di  chi  abbia una lite
pendente con l'ente locale.
   2.  -  In  ordine  alla  rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 69, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, che
attribuisce  al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie
in materia di decadenza per incompatibilita', il Tribunale rileva che
solo  l'accoglimento  di  essa  e  la  conseguente attribuzione delle
relative  controversie  al giudice amministrativo gli consentirebbero
di decidere sul ricorso.
   3.  -  In  punto  di  rilevanza  della  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art.  63, comma 1, numero 4), del citato decreto
legislativo, il Collegio osserva che l'eventuale accoglimento di essa
renderebbe l'esito del giudizio sicuramente favorevole al ricorrente.
   4.  -  In  ordine  alla non manifesta infondatezza della questione
relativa  all'art.  69,  comma  5, del citato decreto legislativo, il
Tribunale  rileva  che  l'attribuzione della giurisdizione al giudice
ordinario  non  e'  conforme  al  criterio costituzionale di riparto,
basato  sulla dicotomia tra diritti soggettivi e interessi legittimi,
trattandosi  di  un'ipotesi  in  cui  vi e' un atto amministrativo da
impugnare.  Esso  ritiene artificiosa la distinzione, elaborata dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  per  giustificare  il riparto della
giurisdizione  operato  in  questa materia dalla legge, tra interesse
legittimo  alla  regolarita'  delle  operazioni  elettorali e diritto
soggettivo  all'eleggibilita'  e alla compatibilita'. Argomenta, poi,
anche   facendo   riferimento   alla   giurisprudenza  costituzionale
(sentenze  n. 140  del  2007  e  n. 204  del 2004), la pienezza della
tutela  assicurata dal giudice amministrativo e critica la tesi della
corrispondenza  tra  attivita'  amministrativa  vincolata  e  diritto
soggettivo.   Da   queste   considerazioni   il  rimettente  trae  la
conclusione  che  in  materia  elettorale  non  vi  sono  ragioni per
distinguere  tra  il  diritto  soggettivo  all'elettorato  passivo  e
l'interesse  legittimo  alla regolarita' delle operazioni elettorali,
ma che si e' in presenza soltanto di interessi legittimi.
   Il rimettente osserva infine, in via subordinata, che, anche se si
ritenesse   che  in  questo  ambito  sussistono  diritti  soggettivi,
occorrerebbe   tener   conto   della   peculiarita'   della  materia,
caratterizzata  da  un  intreccio di situazioni giuridiche di diversa
natura, la cui piena ed effettiva tutela imporrebbe al legislatore di
devolvere  le  relative controversie alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo.
   5.  -  In  merito  alla non manifesta infondatezza della questione
relativa  all'art.  63,  comma  1,  numero  4),  del  citato  decreto
legislativo, il Tribunale rimettente, dopo avere illustrato il quadro
della  giurisprudenza  costituzionale  in materia di incompatibilita'
per  lite pendente, osserva che, secondo la stessa giurisprudenza, in
materia  di  elettorato  passivo  la  regola e' costituita dalla piu'
ampia     apertura     possibile,    mentre    l'ineleggibilita'    e
l'incompatibilita'  rappresentano  l'eccezione  (sentenza  n. 344 del
1993).
   Cio' premesso, il collegio rimettente ritiene, in primo luogo, che
la previsione dell'incompatibilita' per lite pendente sia, almeno per
i consiglieri comunali, irrazionale e sproporzionata rispetto al fine
di  assicurare  il  corretto  esercizio  delle  funzioni elettive, in
considerazione della limitata possibilita' del singolo consigliere di
influenzare  le decisioni relative alle controversie di cui l'ente e'
parte. La previsione gli appare, in secondo luogo, lesiva del diritto
di  difesa  giurisdizionale  di cui all'art. 24 Cost., in quanto - in
assenza della previsione di sospensione o interruzione dei termini di
decadenza  o  prescrizione  -  l'opzione  per  la conservazione della
carica  elettiva  impone  all'interessato  un pregiudizio definitivo.
L'irragionevolezza   della   norma   deriverebbe,   in  terzo  luogo,
dall'esclusione  della  rilevanza  delle liti tributarie, che possono
vertere   su   questioni  ben  piu'  rilevanti  di  quelle  civili  e
amministrative.
   6.  -  Nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  e' intervenuta, per il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri, l'Avvocatura generale dello
Stato.
   La   difesa  statale  eccepisce  preliminarmente  tre  ragioni  di
inammissibilita'   della  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  63,  comma  1,  numero  4), del d.lgs. n. 267 del 2000. In
primo   luogo,   difetterebbe  il  requisito  della  rilevanza  della
questione  sotto  il  profilo dell'attualita', che dipenderebbe da un
evento   futuro  e  incerto,  quale  l'accoglimento  della  questione
relativa  all'art.  69, comma 5, dello stesso decreto legislativo. In
secondo  luogo, il Tribunale rimettente non si sarebbe dato carico di
verificare  la possibilita' di interpretare la disposizione impugnata
in  senso  conforme  a  Costituzione: possibilita' che pur vi sarebbe
stata,  in  considerazione  di  quanto  sostenuto  dal ricorrente nel
giudizio   a   quo,   in  ordine  all'insussistenza  della  causa  di
incompatibilita' per via della connessione della lite con l'esercizio
del mandato. In terzo luogo, l'ordinanza sarebbe volta a sindacare la
discrezionalita'  del  legislatore, che non irragionevolmente avrebbe
previsto   l'incompatibilita'  dell'amministratore  locale  per  lite
pendente con l'ente.
   Nel    merito,   l'Avvocatura   generale   dello   Stato   afferma
l'infondatezza della questione, osservando che l'opzione tra rinuncia
al  diritto di difesa e rinuncia al diritto di elettorato passivo non
e' irragionevole. Infatti, prosegue la difesa statale, «o trattasi di
lite  bagatellare  ed  allora  la  compressione del diritto di difesa
appare perfettamente congruente con la razionalita' del bilanciamento
oppure  trattasi  di  lite  di  rilevante importanza ed allora appare
legittimo  il  sacrificio del diritto di elettorato essendo legittimo
il sospetto che l'interesse privato in gioco possa interferire con il
corretto esercizio della funzione pubblica».
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Puglia  ha
sollevato,  con  riferimento agli articoli 3, 24, 101, 103, 111 e 113
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 69, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(Testo  unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), «nella
parte in cui devolve al Tribunale ordinario la tutela giurisdizionale
avverso  la  delibera  di  decadenza dalla carica di consigliere, per
incompatibilita'»,  nonche',  con  riferimento  agli artt. 3, 24 e 51
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  63,  comma 1, numero 4), dello stesso decreto legislativo,
«nella  parte in cui prevede, anche agli effetti di cui al successivo
art. 68, comma 2, che, colui il quale ha una lite pendente, in quanto
parte di un procedimento civile (od amministrativo) con il comune, e'
incompatibile con la carica di consigliere comunale».
   Per  quanto riguarda la censura relativa all'art. 69, comma 5, del
citato  decreto legislativo, il rimettente ritiene che l'attribuzione
della  giurisdizione al giudice ordinario non e' conforme al criterio
costituzionale   di  riparto,  basato  sulla  dicotomia  tra  diritti
soggettivi  e interessi legittimi, in quanto in materia elettorale vi
sono solo situazioni soggettive di interesse legittimo, che impongono
l'attribuzione   della   giurisdizione   al  giudice  amministrativo.
Aggiunge  che,  anche  se  si  ritenesse che vi e' una compresenza di
diritti  soggettivi e interessi legittimi, i principi di effettivita'
e  pienezza  della tutela imporrebbero al legislatore di devolvere le
relative   controversie  alla  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo.
   In  ordine  alla censura relativa all'art. 63, comma 1, numero 4),
il  rimettente  ritiene  che  la previsione dell'incompatibilita' per
lite  pendente  sia, almeno per i consiglieri comunali, irrazionale e
sproporzionata  rispetto  al fine di assicurare il corretto esercizio
delle   funzioni   elettive   e   lesiva   del   diritto   di  difesa
giurisdizionale  di cui all'art. 24 Cost., in quanto l'opzione per la
conservazione   della   carica  elettiva  impone  all'interessato  un
pregiudizio  definitivo.  L'irragionevolezza  della norma deriverebbe
anche dall'esclusione della rilevanza delle liti tributarie pendenti.
   2. - La questione relativa all'art. 69, comma 5, del d.lgs. n. 267
del  2000, sollevata con riferimento agli artt. 101, 111 e 113 Cost.,
e'  inammissibile,  in quanto i parametri costituzionali evocati sono
inconferenti e le relative censure sono prive di motivazione.
   3.  -  La  questione  relativa  allo  stesso art. 69, comma 5, del
d.lgs.  n. 267 del 2000, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e
103 Cost., non e' fondata.
   Le   scelte   del   legislatore   in   materia  di  riparto  della
giurisdizione  possono essere censurate se contrastanti con i criteri
desumibili dalle previsioni costituzionali o se irragionevoli. Ne' il
contrasto   con  il  dettato  costituzionale  ne'  l'irragionevolezza
possono essere affermate per la disposizione impugnata.
   Non  e'  convincente,  in  primo  luogo, l'affermazione secondo la
quale,  in  materia  elettorale, possono essere fatte valere soltanto
situazioni  soggettive  di  interesse  legittimo,  con  esclusione di
diritti   soggettivi.   Le  considerazioni  di  ordine  generale  del
Tribunale  amministrativo  rimettente  sulla  distinzione tra diritti
soggettivi e interessi legittimi, sulla pienezza della tutela offerta
dal  giudice amministrativo e sull'ammissibilita' della giurisdizione
amministrativa  in presenza di provvedimenti amministrativi vincolati
non  sono  idonee a suffragare l'affermazione secondo la quale, nella
particolare materia elettorale, vi sono solo interessi legittimi. Ne'
il  fatto  che  venga  emanato  un  provvedimento amministrativo, per
dichiarare  la decadenza dell'amministratore locale, e' sufficiente a
escludere  la  sussistenza  di  diritti  soggettivi,  sui quali detto
provvedimento  possa  incidere.  Al  contrario,  secondo  un costante
orientamento  della  giurisprudenza  di legittimita', i provvedimenti
che  dichiarano  la decadenza dell'amministratore locale incidono sul
diritto di elettorato passivo.
   Non  e'  condivisibile  neanche  l'affermazione secondo la quale i
principi  di  effettivita'  e pienezza della tutela richiedono che il
legislatore  devolva tutte le controversie in materia elettorale alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo. Innanzitutto,
questi principi non impongono certo di attribuire allo stesso giudice
controversie  aventi  oggetti  diversi e suscettibili di insorgere in
momenti  differenti, quali quelle relative alle operazioni elettorali
e  quelle  relative  alla  decadenza  dell'amministratore  locale. In
secondo  luogo,  non  vi e' comunque una soluzione costituzionalmente
obbligata,  spettando  alla  legge  la scelta in ordine all'eventuale
concentrazione   della   tutela   e  all'individuazione  del  giudice
competente.   Questa   Corte   ha  piu'  volte  riconosciuto  che  la
Costituzione  lascia  al  legislatore  un margine di apprezzamento in
materia  di  riparto  della  giurisdizione  tra  giudice  ordinario e
giudice  amministrativo  (sentenze n. 240 del 2006, n. 301 del 2004 e
n. 414 del 2001).
   Occorre  dunque escludere che l'attribuzione delle controversie in
materia  di  incompatibilita'  e decadenza dell'amministratore locale
alla  giurisdizione  amministrativa sia imposta dall'art. 103 Cost. e
che  la  scelta  del  legislatore di affidare dette controversie alla
giurisdizione ordinaria sia irragionevole in base all'art. 3 Cost.
   Anche  le  censure relative all'art. 24 Cost. non sono fondate. Le
argomentazioni  del  Tribunale  amministrativo  rimettente,  volte  a
sostenere  la  pienezza  della tutela del giudice amministrativo, non
possono  certo indurre ad affermare che la tutela offerta dal giudice
ordinario   sia   inadeguata.  Ne',  quindi,  si  puo'  ritenere  che
l'attribuzione delle controversie in materia di diritto di elettorato
passivo  al  giudice  ordinario  comporti  una lesione del diritto di
difesa.
   4.  -  La  questione relativa all'art. 63, comma 1, numero 4), del
d.lgs. n. 267 del 2000 e' inammissibile.
   L'inammissibilita'   deriva   dall'infondatezza   della  questione
relativa  all'art.  69, comma 5, dello stesso decreto legislativo. Il
collegio   rimettente   rileva   che   avrebbe   giurisdizione  sulla
controversia  al  suo esame solo se fosse dichiarata l'illegittimita'
costituzionale  della  norma  che  radica la giurisdizione davanti al
giudice ordinario. Difettando di giurisdizione sulla controversia, il
Tribunale  amministrativo rimettente non deve fare applicazione della
disposizione  dell'art.  69,  comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000. Ne
deriva l'irrilevanza della questione nel giudizio a quo.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  63,  comma 1, numero 4), del decreto legislativo 18 agosto
2000,  n. 267  (Testo  unico  delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24 e 51 della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia con
l'ordinanza indicata in epigrafe;
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 69, comma 5, dello stesso decreto legislativo sollevata, in
riferimento  agli  artt.  101,  111  e  113  della  Costituzione, dal
Tribunale  amministrativo  regionale  della  Puglia  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe;
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 69, comma 5, dello stesso decreto legislativo sollevata, in
riferimento  agli artt. 3, 24 e 103 della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo  regionale  della  Puglia  con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                        Il redattore: Cassese
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 20 novembre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola