N. 394 ORDINANZA 19 - 28 novembre 2008

Imposte  e tasse - Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Nozione
  di  area  fabbricabile  rilevante per l'applicazione dell'imposta -
  Questione  avente  ad  oggetto  norma  di interpretazione autentica
  retroattivamente  sostituita  da  successiva norma interpretativa -
  Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.l.  30  settembre  2005,  n. 203  (convertito, con modificazioni,
  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248), art.
  11-quaterdecies, comma 16.
- Costituzione, art. 42, terzo comma.
Imposte  e  tasse  -  Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Area
  fabbricabile  rilevante  per l'applicazione dell'imposta - Norma di
  interpretazione  autentica  intesa ad estendere la relativa nozione
  anche  all'ipotesi  di  mancata  adozione  dei  necessari strumenti
  attuativi   del   piano   regolatore   generale   -   Eccezione  di
  inammissibilita'  della  questione per difetto di motivazione sulla
  rilevanza - Reiezione.
- D.l.   4   luglio  2006,  n. 223  (convertito,  con  modificazioni,
  dall'art.  1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248), art. 36,
  comma 2.
- Costituzione, art. 42, terzo comma.
Imposte  e  tasse  -  Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Area
  fabbricabile  rilevante  per l'applicazione dell'imposta - Norma di
  interpretazione  autentica  intesa ad estendere la relativa nozione
  anche  all'ipotesi  di  mancata  adozione  dei  necessari strumenti
  attuativi  del  piano  regolatore generale - Asserita lesione della
  tutela  costituzionalmente  garantita  alla  proprieta'  privata  -
  Evocazione  di  parametro inconferente - Idoneita' anche della sola
  potenziale  edificabilita'  dell'area  ad  influire  sul  valore di
  mercato  del terreno ed a rappresentare, quindi, adeguato indice di
  capacita' contributiva - Manifesta infondatezza della questione.
- D.l.   4   luglio  2006,  n. 223  (convertito,  con  modificazioni,
  dall'art.  1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248), art. 36,
  comma 2.
- Costituzione, art. 42, terzo comma.
(GU n.50 del 3-12-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO,  Alfio  FINOCCHIARO,
   Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
   Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
   NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza

nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   degli   artt.
11-quaterdecies,  comma  16,  del  decreto-legge  30  settembre 2005,
n. 203  (Misure  di  contrasto  all'evasione  fiscale  e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  e  36,  comma  2,  del  decreto-legge  4 luglio 2006, n. 223
(Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio economico e sociale, per il
contenimento  e  la  razionalizzazione  della spesa pubblica, nonche'
interventi   in  materia  di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione
fiscale),  convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge  4 agosto 2006, n. 248, promosso con ordinanza depositata il 13
dicembre  2007  dalla  Commissione tributaria provinciale di Messina,
nel  giudizio  vertente tra Antonino Sciotto ed il Comune di Milazzo,
iscritta  al  n. 89  del  registro  ordinanze 2008 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 15,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 5 novembre 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
   Ritenuto   che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
l'impugnazione  di un avviso di liquidazione dell'ICI dell'anno 1999,
notificato  in  data  30  dicembre  2003  e  relativo  ad  un terreno
qualificato  come edificabile dalle previsioni di un piano regolatore
generale  non  attuato,  la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Messina,  con ordinanza depositata il 13 dicembre 2007, ha sollevato,
in   riferimento   all'art.  42,  terzo  comma,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 11-quaterdecies,
comma  16,  del  decreto-legge  30  settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria  e  finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.
1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, e 36, comma 2, del
decreto-legge  4  luglio  2006,  n. 223  (Disposizioni urgenti per il
rilancio   economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e  la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione fiscale), convertito, con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della  legge 4 agosto 2006,
n. 248;
     che,  con  riferimento  all'ICI  (cioe'  al  tributo oggetto del
giudizio   principale),   le   disposizioni  censurate  stabiliscono,
rispettivamente,  che  un'area e' da considerare fabbricabile: a) «se
e'   utilizzabile   a  scopo  edificatorio  in  base  allo  strumento
urbanistico  generale,  indipendentemente  dall'adozione di strumenti
attuativi   del   medesimo»  (art.  11-quaterdecies,  comma  16,  del
decreto-legge   n. 203   del  2005);  b)  «se  utilizzabile  a  scopo
edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal
comune,   indipendentemente   dall'approvazione   della   regione   e
dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo» (art. 36, comma 2,
del decreto-legge n. 223 del 2006);
     che,  secondo  quanto  premette  il giudice rimettente: a) prima
dell'instaurazione  del giudizio principale, era insorto un contrasto
giurisprudenziale  sull'interpretazione dell'art. 2, comma 1, lettera
b),  primo  periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504
(Riordino   della   finanza   degli   enti   territoriali,   a  norma
dell'articolo  4  della legge 23 ottobre 1992, n. 421) - in forza del
quale  «per  area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo
edificatorio  in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi
ovvero   in   base   alle   possibilita'  effettive  di  edificazione
determinate  secondo  i criteri previsti agli effetti dell'indennita'
di   espropriazione   per   pubblica   utilita'»   -,   con  riguardo
all'assoggettabilita'  all'ICI  come fabbricabili delle aree che, pur
essendo  considerate  utilizzabili  a  scopo  edificatorio  dal piano
regolatore   generale,   non  erano  effettivamente  suscettibili  di
edificazione  a  causa della mancata approvazione dei necessari piani
attuativi  ovvero  dell'esistenza  di misure di salvaguardia adottate
dal   Comune   (il   rimettente   cita,   in  senso  favorevole  alla
qualificabilita'  come  fabbricabili di dette aree, la sentenza della
Corte  di  cassazione civile n. 16751 del 2004; in senso sfavorevole,
le  sentenze  della  stessa Corte n. 21573 e n. 21644 del 2004); b) a
dirimere  legislativamente  detto contrasto, nel frattempo sottoposto
all'esame  delle  sezioni  unite civili della Corte di cassazione con
ordinanza  di tale Corte n. 10062 del 2005, erano sopravvenute le due
denunciate  disposizioni  di  legge;  c)  dette disposizioni - avendo
entrambe,   secondo   il   rimettente,   «inequivocabile»  natura  di
interpretazione  autentica  (per  la  parte relativa all'ICI, la sola
rilevante  ai  fini di causa) dell'art. 2, comma 1, lettera b), primo
periodo,  del decreto legislativo n. 504 del 1992 ed avendo entrambe,
percio',  efficacia  retroattiva  -  sono  applicabili  nel  giudizio
principale e, pertanto, determinano l'imponibile dell'ICI, «stante il
chiaro  dettato normativo», in base al valore di mercato dell'area di
proprieta'  del  contribuente,  «classificata  edificabile  dal piano
regolatore   generale   del   Comune  di  Milazzo,  pur  non  essendo
immediatamente edificabile per la carenza di un piano attuativo dello
stesso P.R.G.»;
     che,  in  ordine alla non manifesta infondatezza delle sollevate
questioni,  il giudice a quo - dopo aver ricordato che il «contrasto»
delle medesime disposizioni censurate «con gli artt. 3 e 53 Cost.» e'
gia'  stato sottoposto all'attenzione della Corte costituzionale «con
proprie  ordinanze  sia  dalla  Commissione  tributaria regionale del
Lazio  (Ord.  n. 313  del  30  agosto  2006 pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - 1ª serie speciale - n. 18 del 9
maggio  2007 pag. 103) e sia dalla Commissione tributaria provinciale
di  Piacenza  (Ord.  n. 29  del  13  marzo  2007)»  -  afferma che le
denunciate  norme d'interpretazione autentica violano l'art. 42 della
Costituzione,  perche'  danno  luogo  «nei fatti» ad «una sostanziale
espropriazione  di  un  bene  senza indennizzo alcuno», disciplinando
un'«imposta  ordinaria  sul  patrimonio»  che sottopone a «prolungata
tassazione nel tempo» aree «soltanto potenzialmente edificabili sulla
base  delle  previsioni del P.R.G.» e, percio', «determina alla lunga
(dopo  10-15  anni)  una  sommatoria  di  imposte pagate pari o molto
prossime  alla  parita' o se del caso superiore, al valore di mercato
del bene»;
     che,  al  riguardo,  il  giudice  rimettente  osserva  che detta
conseguenza  espropriativa non si verifica «nel caso della tassazione
del  fabbricato  o  del  terreno  agricolo»,  perche'  in questo caso
«l'imposizione  e'  contenuta  in misura percentuale della rendita (e
quindi  del reddito) conseguito, senza costituire una incidenza secca
sul  valore  del bene, improduttivo di alcun reddito come nel caso di
un'area edificabile»;
     che,  sempre  secondo  il rimettente, nella fattispecie di causa
non  «puo'  invocarsi alcuna forma di restituzione» dell'imposizione,
perche'  «l'art.  13  della  legge  istitutiva  del  tributo  (d.lgs.
n. 504/1992)   statuisce   che   soltanto   "per   le  aree  divenute
inedificabili"  il rimborso spetta limitatamente all'imposta pagata e
comunque  per un periodo non eccedente dieci anni ed a condizione che
il  vincolo  di inedificabilita' perduri per almeno tre anni», con la
conseguenza che, per effetto di dette limitazioni, il rimborso non e'
applicabile  al  caso  di  un terreno che, in quanto qualificato come
edificabile  dalla  previsione  di  un  P.R.G. rimasto inattuato, sia
stimato  ai  fini  dell'ICI,  come  nella  specie, sulla base del suo
valore venale;
     che,  in ordine alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo
afferma  che:  a)  con  l'avviso  impugnato,  il Comune di Milazzo ha
liquidato,  ai  fini dell'ICI relativa all'anno 1999, il valore di un
terreno  del  contribuente,  stimandolo  in  base al valore venale in
comune commercio, invece che in base al reddito dominicale risultante
in catasto; b) detto terreno e' inserito in una zona qualificata come
edificabile  dal  piano  regolatore  generale,  ma  per  la  quale e'
prevista, come condizione di edificabilita', la redazione di un piano
particolareggiato   [recte:   di   lottizzazione]   comprendente  una
superficie  di  almeno  dieci ettari, «superficie questa notevolmente
superiore  a  quella  posseduta» dal contribuente, con la conseguenza
che  quest'ultimo  «di  fatto  non  puo' in alcun modo utilizzare dal
punto  di  vista  edificatorio il terreno di cui e' proprietario»; c)
nel  caso  di  specie,  non sono stati adottati strumenti urbanistici
attuativi  del  suddetto  piano generale, «nonostante siano trascorsi
quasi  venti  anni dalla adozione del P.R.G.»; d) le due disposizioni
denunciate,  recando  un'interpretazione  autentica (per la parte che
qui  interessa  ai  fini  di causa) dell'art. 2, comma 1, lettera b),
primo  periodo,  del  decreto  legislativo  n. 504  del  1992,  hanno
efficacia  retroattiva  e,  dunque,  sono  applicabili  nel  giudizio
principale;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque
infondate;
     che     la    difesa    erariale    preliminarmente    eccepisce
l'inammissibilita' delle questioni per «astrattezza e per la mancanza
di riferimenti al pericolo concreto di una tassazione troppo severa»;
     che,  quanto  al  merito  delle questioni, l'Avvocatura generale
dello  Stato  afferma che: a) il diritto vivente (costituito, secondo
la  difesa  erariale, dalla sentenza dalle sezioni unite civili della
Corte di cassazione n. 25506 del 2006) considera fabbricabile un'area
sin  dal suo inserimento tra le zone edificabili del piano regolatore
generale,   indipendentemente   dalla   definitiva   approvazione  di
quest'ultimo;  b)  non  e'  dubbio  che  uno strumento urbanistico in
itinere conferisce al terreno da esso qualificato come edificabile un
valore  ben superiore a quello precedente; c) nel caso di «ritiro del
piano»   attributivo  della  qualifica  di  area  fabbricabile,  v'e'
comunque  un  sistema  di  rimborsi  a  favore  degli  interessati e,
percio',  nemmeno  sotto  tale profilo vi e' una lesione dell'evocato
parametro costituzionale; d) «per i profili generali della tassazione
in  esame»  deve  essere  richiamata l'ordinanza n. 41 del 2008 della
Corte costituzionale.
   Considerato  che la Commissione tributaria provinciale di Messina,
nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad oggetto l'impugnazione di un
avviso  di liquidazione dell'ICI, dubita, in riferimento all'art. 42,
terzo  comma,  della  Costituzione,  della  legittimita'  degli artt.
11-quaterdecies,  comma  16,  del  decreto-legge  30  settembre 2005,
n. 203  (Misure  di  contrasto  all'evasione  fiscale  e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  e  36,  comma  2,  del  decreto-legge  4 luglio 2006, n. 223
(Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio economico e sociale, per il
contenimento  e  la  razionalizzazione  della spesa pubblica, nonche'
interventi   in  materia  di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione
fiscale),  convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 4 agosto 2006, n. 248;
     che,   limitatamente   all'ICI,   le   disposizioni   denunciate
stabiliscono  che  un'area  e' da considerare fabbricabile: a) «se e'
utilizzabile  a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico
generale,  indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi del
medesimo»  (art.  11-quaterdecies, comma 16, del decreto-legge n. 203
del  2005);  b)  «se  utilizzabile  a scopo edificatorio in base allo
strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente
dall'approvazione   della   regione   e  dall'adozione  di  strumenti
attuativi  del  medesimo» (art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223
del 2006);
     che   il  giudice  rimettente  muove  dalla  premessa  che  tali
disposizioni - sempre con riguardo all'ICI - sono dotate di efficacia
retroattiva  ed  incidono,  pertanto, sulla precedente definizione di
area fabbricabile rilevante ai fini dell'ICI e contenuta nell'art. 2,
comma  1,  lettera  b),  primo  periodo,  del  decreto legislativo 30
dicembre   1992,   n. 504   (Riordino   della   finanza   degli  enti
territoriali,  a  norma  dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421),  in forza del quale «per area fabbricabile si intende l'area
utilizzabile  a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici
generali  o  attuativi  ovvero in base alle possibilita' effettive di
edificazione  determinate  secondo  i  criteri  previsti agli effetti
dell'indennita' di espropriazione per pubblica utilita'»;
     che,   ad   avviso  del  medesimo  rimettente,  le  disposizioni
censurate  violano  l'evocato  parametro  costituzionale,  perche'  -
disciplinando  un'«imposta  ordinaria sul patrimonio» che sottopone a
«prolungata  tassazione  nel  tempo»  aree  «soltanto  potenzialmente
edificabili  sulla  base  delle  previsioni  del  P.R.G.» e, percio',
determinando  «alla lunga (dopo 10-15 anni) una sommatoria di imposte
pagate pari o molto prossime alla parita' o se del caso superiore, al
valore  di  mercato del bene» medesimo - danno luogo, «nei fatti», ad
«una sostanziale espropriazione di un bene senza indennizzo alcuno»;
     che tali questioni sono in parte manifestamente inammissibili ed
in parte manifestamente infondate;
     che  va  dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di
rilevanza,    la    questione    concernente   il   menzionato   art.
11-quaterdecies, comma 16, del decreto-legge n. 203 del 2005, perche'
di tale disposizione il giudice rimettente non deve fare applicazione
nel giudizio a quo;
     che,  infatti  -  come  gia'  rilevato  da  questa  Corte  nelle
ordinanze  n. 266  e n. 41 del 2008, come affermato in varie pronunce
delle  sezioni unite civili della Corte di cassazione e come ritenuto
dallo   stesso   rimettente   -,  l'art.  36,  comma  2,  del  citato
decreto-legge  n. 223 del 2006, ha sostituito, in riferimento all'ICI
e  con  effetto  ex  tunc,  la  disciplina dettata dall'indicato art.
11-quaterdecies,  comma 16, del decreto-legge n. 203 del 2005, con la
conseguenza  che  detto  art.  36,  comma 2, e' l'unica disposizione,
delle due denunciate, a trovare applicazione nel giudizio principale;
     che,  quanto alla questione prospettata con riferimento all'art.
36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, la difesa erariale ne
eccepisce,  in via preliminare, l'inammissibilita' per «astrattezza e
per la mancanza di riferimenti al pericolo concreto di una tassazione
troppo   severa»  e,  pertanto,  per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza;
     che l'eccezione non e' fondata;
     che il giudice rimettente, infatti, ha adeguatamente motivato in
punto  di  rilevanza,  affermando che: a) la disposizione denunciata,
recando  un'interpretazione  autentica (per la parte che interessa ai
fini  di  causa) dell'art. 2, comma 1, lettera b), primo periodo, del
decreto  legislativo  n. 504  del  1992,  ha efficacia retroattiva e,
dunque,  e'  applicabile  nel  giudizio principale; b) il terreno del
contribuente,  la  cui  stima  secondo  il  valore  venale  in comune
commercio  e'  stata  contestata in giudizio, e' inserito in una zona
qualificata come edificabile dal piano regolatore generale, ma per la
quale e' prevista, come condizione di edificabilita', la redazione di
un  piano  particolareggiato [recte: di lottizzazione] non adottato e
non adottabile ad iniziativa del solo ricorrente;
     che cio' e' sufficiente a far ritenere che il giudice a quo deve
effettivamente   applicare,   nel   giudizio   principale,  la  norma
censurata,  con  conseguente  rilevanza  della sollevata questione di
legittimita' costituzionale;
     che  non  ha,  poi,  importanza  se,  nella  specie, si sia o no
verificato  in  concreto  il  denunciato  «effetto espropriativo» del
tributo,   perche'   tale  effetto  riguarda  il  profilo  non  della
rilevanza,   ma   della  fondatezza  della  questione  ed  e'  quindi
sufficiente,  nella  prospettiva del rimettente, la mera eventualita'
che  detto  effetto  si  possa verificare e che, conseguentemente, la
norma  denunciata  sia  dichiarata  incostituzionale  e,  quindi, non
applicabile nel giudizio a quo;
     che, nel merito, il giudice rimettente lamenta che, in forza del
denunciato art. 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, l'ICI
non  «e'  contenuta  in  misura percentuale della rendita» conseguita
dall'immobile  oggetto  del  tributo, ma la sua applicazione comporta
un'«incidenza  secca» sul valore di detto bene (ritenuto dal medesimo
rimettente  «improduttivo  di  alcun  reddito») e, quindi, da' luogo,
«nei  fatti» e «alla lunga», ad «una sostanziale espropriazione di un
bene senza indennizzo alcuno»;
     che,  dunque, il giudice a quo censura la scelta del legislatore
di  commisurare  al  valore  venale  in comune commercio - e non alla
rendita - l'ICI sui terreni qualificati fabbricabili da uno strumento
urbanistico ancora inattuato;
     che  tale  censura  -  prospettata  dal  rimettente con riguardo
soltanto all'ICI sui terreni edificabili di cui all'art. 36, comma 2,
del decreto-legge n. 223 del 2006, ma generalizzabile ad ogni tipo di
imposta  periodica  patrimoniale  che  abbia  come base imponibile il
valore venale - e' manifestamente infondata;
     che, in primo luogo, il rimettente inesattamente sussume il caso
sottoposto  al  suo  esame nella fattispecie di «espropriazione di un
bene  senza  indennizzo» limitandosi a evocare a parametro l'art. 42,
terzo comma, Cost.;
     che  al  riguardo,  contrariamente a quanto ritiene il giudice a
quo,  il  pagamento  dell'ICI,  attenendo  all'adempimento,  mediante
versamento  diretto di una somma di denaro, di un obbligo tributario,
non   rientra  nelle  ipotesi  di  espropriazione  di  beni  previste
dall'evocato  terzo comma dell'art. 42 Cost.; e cio' neppure nel caso
in cui il contribuente non abbia a disposizione denaro liquido e, per
adempiere  detto  obbligo,  alieni  a  terzi  uno  o piu' beni di sua
proprieta';
     che,  di  conseguenza, trattandosi di un prelievo tributario, il
parametro evocato e' palesemente inconferente;
     che,  in secondo luogo, l'assunto del giudice a quo, per cui, in
definitiva, le imposte patrimoniali sono costituzionalmente legittime
solo  se  possono essere pagate con il reddito ritraibile dal cespite
oggetto  d'imposta,  non  trova  fondamento  nemmeno  nel primo comma
dell'art.  53  Cost.,  perche'  la  capacita' contributiva in ragione
della  quale  il contribuente e' chiamato a concorrere alle pubbliche
spese esige solo l'oggettivo e ragionevole collegamento del tributo a
un  effettivo  indice di ricchezza espresso, nella specie, dal valore
del  bene  immobile  "posseduto"  dal  soggetto passivo di imposta ai
sensi  dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992 (ex plurimis,
in  generale,  sentenze  n. 315  del 1994, n. 42 del 1992, n. 373 del
1988 e, con particolare riferimento all'ICI, sentenze n. 119 del 1999
e  n. 111  del  1997,  le quali giustificano, altresi', il prelievo a
carico  dei  soggetti  passivi,  per  il  fatto  che  essi, avendo il
godimento del bene, si avvantaggiano, con immediatezza, dei servizi e
delle attivita' gestionali dei comuni);
     che,  percio', va ribadito che, «quando sia censurata una misura
fiscale  alla  stregua  di  provvedimento  ablatorio,  la denuncia di
incostituzionalita'    e'   disattesa   ove   sia   rinvenibile   una
giustificazione     economica     alla     specifica     imposizione,
indipendentemente dall'incidenza sul patrimonio del soggetto passivo,
purche' sussista il collegamento oggettivo del tributo ad un concreto
presupposto  impositivo»  (ordinanza  n. 395  del  2002; nello stesso
senso, sentenza n. 21 del 1996);
     che,  proprio  con  riguardo al denunciato art. 36, comma 2, del
decreto-legge n. 223 del 2006, questa Corte ha gia' affermato che «la
potenzialita'  edificatoria dell'area, anche se prevista da strumenti
urbanistici   solo   in   itinere  o  ancora  inattuati,  costituisce
notoriamente  un  elemento  oggettivo idoneo ad influenzare il valore
del   terreno   e,  pertanto,  rappresenta  un  indice  di  capacita'
contributiva  adeguato,  ai  sensi  dell'art.  53  Cost.,  in  quanto
espressivo  di  una  specifica  posizione di vantaggio economicamente
rilevante» (ordinanze n. 266 e n. 41 del 2008);
     che, in conclusione, la riferita denuncia di incostituzionalita'
deve   essere   disattesa,  perche'  il  presupposto  fattuale  della
qualificazione   di  un'area  come  «edificabile»  ad  opera  di  uno
strumento   urbanistico   generale   non   approvato  o  non  attuato
costituisce un indice di capacita' contributiva che, giustificando la
tassazione   ai   sensi  dell'art.  53  Cost.,  esclude  di  per  se'
l'evocabilita' dell'art. 42, terzo comma, Cost.;
     che  tali rilievi rendono superflua ogni considerazione circa le
evidenti  carenze  del  ragionamento  del  rimettente, il quale muove
dall'erroneo  presupposto che la base imponibile dell'ICI sui terreni
agricoli  sia  costituita,  nella  sostanza, dalla rendita catastale,
senza  considerare  che,  a  norma  dell'art.  5, comma 1, del d.lgs.
n. 504   del   1992,  detta  base  e'  costituita  per  ogni  cespite
immobiliare  dal valore, determinato, a seconda del tipo di immobile,
o  in  base  alla rendita catastale (come e' il caso dei fabbricati e
terreni  agricoli)  o in base al valore venale (come e' il caso delle
aree fabbricabili).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 11-quaterdecies, comma 16, del
decreto-legge   30   settembre  2005,  n. 203  (Misure  di  contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),  convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  2  dicembre  2005,  n. 248, sollevata dalla Commissione
tributaria  provinciale di Messina, in riferimento all'art. 42, terzo
comma, della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  36,  comma  2,  del decreto-legge 4 luglio
2006,  n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico e
sociale,  per  il  contenimento  e  la  razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione  fiscale),  convertito,  con modificazioni, dall'art. 1,
comma  1, della legge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata dalla medesima
Commissione   tributaria   provinciale  di  Messina,  in  riferimento
all'art.   42,  terzo  comma,  della  Costituzione,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.
                        Il Presidente: Flick

                         Il redattore: Gallo

                      Il cancelliere: Di Paola

   Depositata in cancelleria il 28 novembre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola