N. 89 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre - 17 ottobre 2008

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 novembre 2008 (della Regione Lazio). 
 
Edilizia e urbanistica - Piano  nazionale  di  edilizia  abitativa  -
  Adozione con d.P.C.m., previa delibera del  CIPE  d'intesa  con  la
  Conferenza unificata - Costruzione di nuove abitazioni e misure  di
  recupero da realizzarsi  secondo  gli  interventi  dettagliatamente
  indicati  -   Appositi   accordi   di   programma   attraverso   la
  realizzazione di programmi  integrati  di  promozione  di  edilizia
  residenziale e di  riqualificazione  urbana  -  Attuabilita'  degli
  interventi attraverso le disposizioni del codice  degli  appalti  -
  Monitoraggio delle fasi di realizzazione del piano con possibilita'
  di diversa allocazione delle risorse - Istituzione di uno specifico
  Fondo - Lamentata attribuzione allo Stato di poteri  amministrativi
  di  pianificazione  in  una  materia  di   competenza   legislativa
  regionale, chiamata  in  sussidiarieta'  in  carenza  di  oggettive
  esigenze unitarie e in assenza di una  preventiva  definizione  dei
  «livelli minimi» sul territorio nazionale - Ricorso  della  Regione
  Lazio - Denunciata lesione della potesta'  legislativa  concorrente
  della Regione nella materia del governo del territorio,  violazione
  dei  principi  di  ragionevolezza,  proporzionalita'  e  di   leale
  collaborazione. 
- Decreto-legge   25   giugno   2008,   n.   112,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 11. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, 118 e 119. 
Edilizia e urbanistica - Demanio e patrimonio pubblico dello Stato  e
  delle Regioni - Accordi,  in  sede  di  Conferenza  unificata,  tra
  Stato,  Regioni  ed  enti  locali  per  la  semplificazione   delle
  procedure di alienazione degli immobili di proprieta'  degli  IACP,
  da concludersi secondo gli analitici criteri previsti  -  Lamentato
  intervento su un patrimonio non appartenente allo Stato  -  Ricorso
  della Regione Lazio - Denunciata lesione della potesta' legislativa
  esclusiva della Regione nella  materia  dell'edilizia  residenziale
  pubblica,    violazione    dei    principi    di    ragionevolezza,
  proporzionalita' e di leale collaborazione. 
- Decreto-legge   25   giugno   2008,   n.   112,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 13, commi  1
  e 2, lett. a), b) e c). 
- Costituzione, artt. 117, comma quarto, 118 e 119. 
(GU n.2 del 14-1-2009 )
     Ricorso della Regione Lazio, in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale, dott. Pietro Marrazzo, che agisce  in  forza  della
delibera della Giunta regionale n. 721 del 10 ottobre 2008 (doc.  1),
rappresentata e difesa nel presente giudizio dal prof. avv.  Vincenzo
Cerulli Irelli, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio  in
Roma, via Dora 1, giusta delega in margine al presente atto; 
      
      
      
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   dell'art.   11   e
dell'art. 13, commi 1 e 2, lett. a), b) e  c)  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria, come modificati  dalla
legge di conversione 6 agosto 2008 n. 133, pubblicata nella  Gazzetta
Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008, per  violazione  degli  articoli
117,  118  e  119  della  Costituzione,  nonche'  dei   principi   di
ragionevolezza, proporzionalita' e di  leale  collaborazione  tra  lo
Stato e le Regioni. 
    1. Quanto all'art. 13, commi 1 e 2 lett. a), b) e c) d.l. cit. n.
112/2008, conv. in. legge n. 133/2008. 
    L'art.  13  ult.  cit.,  recante  «Misure  per   valorizzare   il
patrimonio residenziale pubblico», dispone che entro sei  mesi  dalla
data di entrata in  vigore  della  disposizione,  il  Ministro  delle
infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro per i rapporti  con  le
regioni promuovono, in sede di Conferenza unificata,  la  conclusione
di  accordi  con  regioni  ed  enti  locali  «aventi  ad  oggetto  la
semplificazione delle procedure  di  alienazione  degli  immobili  di
proprieta» degli Istituti  Autonomi  per  le  Case  Popolari  (IACP),
comunque denominati «al fine di valorizzare gli immobili residenziali
costituenti  il  patrimonio  degli  Istituti  autonomi  per  le  case
popolari (...)  e  di  favorire  il  soddisfacimento  dei  fabbisogni
abitativi». 
    Al comma 2, la norma cit. dispone che, ai fini della  conclusione
di tali  accordi,  si  debba  tener  conto  di  alcuni  specifici  ed
analitici criteri: «a) determinazione del  prezzo  di  vendita  delle
unita'  immobiliari  in  proporzione  al  canone  di  locazione;   b)
riconoscimento  del  diritto  di  opzione  all'acquisto,  purche'   i
soggetti interessati non siano proprietari di un'altra abitazione, in
favore dell'assegnatario non  moroso  nel  pagamento  del  canone  di
locazione o degli oneri  accessori  unitamente  al  proprio  coniuge,
qualora risulti in regime di comunione dei beni, ovvero, in  caso  di
rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in  regime
di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio,
purche'  la  convivenza  duri  da  almeno  cinque  anni,  dei   figli
conviventi, dei figli non conviventi; c)  destinazione  dei  proventi
delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare
il disagio abitativo». 
    Tale norma  che  richiede  un  accordo  con  le  regioni  per  la
valorizzazione degli immobili residenziali costituenti il  patrimonio
degli IACP e che detta analitici  criteri  che  tali  accordi  devono
seguire, e' lesiva della sfera  dell'attribuzione  legislativa  delle
Regioni. 
    Cio' e' stato del resto gia' chiarito da  codesta  ecc.ma  Corte,
con la recente sentenza n. 94/2007, avente ad  oggetto  l'impugnativa
di alcune disposizioni contenute nella legge  n.  266/2005  (art.  1,
commi 597, 598, 599 e 600); con tali disposizioni si rinviava infatti
ad un regolamento governativo la semplificazione delle norme relative
all'alienazione  degli  immobili  degli  IACP,  dettando  dettagliati
criteri, analoghi a quelli oggetto di esame. 
    Con  la  citata  sentenza  n.  94/2007,  codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale ha chiarito che, dopo il mutamento  della  sistematica
costituzionale sul riparto delle competenze legislative tra io  Stato
e le regioni, la normativa in materia di edilizia popolare  opera  su
tre livelli nomativi distinti: 
        a) il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di
alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In
tale  determinazione  -  che,  qualora  esercitata,   rientra   nella
competenza esclusiva dello Stato  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera m), della Costituzione - si inserisce la fissazione di
principi  che  valgano  a  garantire  l'uniformita'  dei  criteri  di
assegnazione  su  tutto  il  territorio  nazionale,  secondo   quanto
prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995; 
        b) il secondo livello normativo  riguarda  la  programmazione
degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, la quale - come
confermato piu' di recente da codesta Corte nella sent. n. 451/2006 -
ricade nella materia «governo del territorio»; 
        c) il  terzo  livello  normativo  riguarda  la  gestione  del
patrimonio  immobiliare  di   edilizia   residenziale   pubblica   di
proprieta' degli IACP o degli altri enti  che  a  questi  sono  stati
sostituiti ad opera della legislazione regionale. 
    Secondo tale articolata impostazione si desume che: 
        a) la  determinazione  della  offerta  minima  degli  alloggi
destinati a soddisfare le esigenze abitative pubbliche rientra  nella
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma lett. m);
in questo ambito lo Stato deve limitarsi a  fissare  i  principi  che
garantiscano l'uniformita' dei criteri di assegnazione  su  tutto  il
territorio nazionale; 
        b)  la  programmazione   degli   insediamenti   di   edilizia
residenziale  pubblica,  rientrando  nella   materia   «governo   del
territorio», attiene alla competenza legislativa concorrente ex  art.
117, terzo comma; 
        c)  la  gestione  del  patrimonio  immobiliare  di   edilizia
residenziale pubblica di proprieta' degli IACP o degli altri enti che
a  questi  sono  stati  sostituiti  e'  attribuita  alla   competenza
legislativa esclusiva delle regioni, ai sensi dell'art.  117,  quarto
comma della Costituzione. 
    Quanto appena detto chiarisce  come  non  occorra  neppure  alcun
accordo tra lo Stato e le regioni relativo alla semplificazione delle
procedure  di  alienazione  degli  immobili  ditali  enti.  La  Corte
infatti, sempre nella sentenza n. 94/2007 cit. (censurando  le  norme
della legge n.  266/2005)  ha  chiarito  che  «(...)  il  fine  della
disposizione in  esame  non  e'  quello  di  dettare  una  disciplina
generale  in  tema  di  assegnazione  degli   alloggi   di   edilizia
residenziale pubblica, di competenza dello Stato, (...) bensi' quello
di regolare le procedure amministrative e organizzative per  arrivare
ad una piu' rapida e conveniente cessione degli immobili.  Si  tratta
quindi di un intervento normativo dello Stato  nella  gestione  degli
alloggi di proprieta' degli I.A.C.P. (o di  altri  enti  o  strutture
sostitutivi di questi), che esplicitamente viene motivato dalla legge
statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio  immobiliare
non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle regioni. Si
profila, pertanto, una ingerenza  nel  terzo  livello  di  normazione
riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente  ricompreso
nella potesta' legislativa residuale  delle  regioni,  ai  sensi  del
quarto comma dell'art. 117 della Costituzione». 
    Come gia' per la legge finanziaria del 2006, anche nel  caso  che
ci occupa, in aperta violazione  con  la  giurisprudenza  di  codesta
Corte con la disposizione di cui all'art. 13, commi 1 e 2,  lo  Stato
e' intervenuto illegittimamente ed in contrasto con  la  disposizione
dell'art. 117, quarto comma, su una competenza legislativa  esclusiva
regionale  alla  quale  spetta   la   regolazione   delle   procedure
amministrative e organizzative per la efficiente e celere dismissione
del patrimonio immobiliare degli IACP. 
    In materia di edilizia popolare, lo Stato puo' soltanto limitarsi
a dettare i principi idonei a garantire l'uniformita' dei criteri  di
assegnazione su tutto il territorio nazionale. 
    Lo Stato viceversa non puo' e non deve in  alcun  modo  prevedere
ne' regolamenti ne' accordi con le regioni per disciplinare il prezzo
di vendita delle unita' immobiliari;  ovvero  il  riconoscimento  del
diritto di opzione all'acquisto degli assegnatari; ovvero  ancora  la
specifica  destinazione   dei   proventi   delle   alienazioni   alla
realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo. 
    Del  resto,  e'  soprattutto  con  riferimento   a   quest'ultima
disposizione contenuta nella lett. c) dell'art.  13,  secondo  comma,
che appare la macroscopica  invasione  della  sfera  di  attribuzione
legislativa regionale. 
    Lo Stato infatti attraverso  detta  norma  pretende  di  definire
quale debba essere la destinazione dei proventi delle alienazioni  di
immobili di proprieta' degli enti strumentali  regionali;  attivita',
quest'ultima, che chiaramente esula dall'ambito  materiale  assegnato
alla competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  ex  art.  117,
secondo comma, non attenendo tale attivita' ne'  alla  determinazione
dell'offerta  minima  di  alloggi,   ne'   alla   programmazione   di
insediamenti di  edilizia  residenziale  pubblica  (rientrante  nella
competenza concorrente delle regioni ex art. 117, comma 3); si tratta
infatti di un'attivita' di  gestione  patrimoniale  -  attraverso  il
reinvestimento dei proventi finanziari derivanti da  alienazioni  del
medesimo patrimonio - che rientra nella  competenza  esclusiva  delle
regioni. 
    Si deduce pertanto la violazione dell'art. 13, commi 1 e 2, lett.
a), b) e c), d.l. cit. n. 112/2008,  conv.  legge  n.  133/2008,  per
violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione. 
    2. Quanto all'art. 11 d.l.  cit.  n.  112/2008,  conv.  legge  n.
133/2008. 
    Nell'art. 11, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. legge  6  agosto
2008 n. 133, il legislatore ha stabilito l'approvazione di un  «Piano
nazionale di edilizia abitativa», da attuarsi  con  d.P.C.m.,  previa
delibera del CIPE e d'intesa con la Conferenza unificata, su proposta
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,  entro  60  giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione,  al  fine
di «garantire su tutto  il  territorio  nazionale  i  livelli  minimi
essenziali di  fabbisogno  abitativo  per  il  pieno  sviluppo  della
persona umana». 
    Secondo  la  norma  in  esame,  il  suddetto  piano  casa   tende
all'incremento  del   patrimonio   immobiliare   ad   uso   abitativo
«attraverso 1'offerta di  abitazioni  di  edilizia  residenziale,  da
realizzare nel rispetto dei criteri di  efficienza  energetica  e  di
riduzione  delle  emissioni  inquinanti,  con  il  coinvolgimento  di
capitali pubblici e privati» destinati a prima casa  per  determinate
categorie di soggetti: nuclei  familiari  a  basso  reddito;  giovani
coppie a basso reddito; anziani in condizioni  sociali  o  economiche
svantaggiate; studenti fuori sede; soggetti  sottoposti  a  procedure
esecutive di rilascio; immigrati regolari a basso reddito,  residenti
da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque
anni nella medesima regione. 
    L'oggetto di tale piano nazionale, ai sensi del comma 3 dell'art.
11 cit., consiste nella costruzione  di  nuove  abitazioni,  e  nella
realizzazione di misure di recupero  del  patrimonio  abitativo  gia'
esistente, da realizzarsi  secondo  gli  interventi  dettagliatamente
indicati dalla norma stessa: «a) costituzione  di  fondi  immobiliari
destinati   alla   valorizzazione   e   all'incremento   dell'offerta
abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari
innovativi e con la  partecipazione  di  altri  soggetti  pubblici  o
privati, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale,
per 1'acquisizione e la  realizzazione  di  immobili  per  1'edilizia
residenziale; b) incremento del patrimonio abitativo di edilizia  con
le risorse anche derivanti dalla alienazione di alloggi  di  edilizia
pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le
modalita' previste dall'art. 13; c) promozione da parte di privati di
interventi anche ai sensi della parte II, titolo III, capo  III,  del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
di  cui  al  decreto  legislativo  12  aprile  2006,   n.   163;   d)
agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie
costituite tra i soggetti  destinatari  degli  interventi,  potendosi
anche   prevedere   termini   di   durata   predeterminati   per   la
partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo
transitorio dell'esigenza abitativa; e)  realizzazione  di  programmi
integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale». 
    Al comma 4 del predetto art. 11 cit. e'  previsto  l'utilizzo  di
appositi accordi di programma, al fine di concentrare gli  interventi
sulla  effettiva  richiesta  abitativa,  in  relazione  «(...)   alla
dimensione  fisica  e  demografica  del  territorio  di  riferimento,
attraverso la realizzazione di programmi integrati di  promozione  di
edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da
elevati livelli di qualita' in termini  di  vivibilita',  salubrita',
sicurezza e sostenibilita' ambientale ed energetica, anche attraverso
la risoluzione dei problemi di mobilita', promuovendo e  valorizzando
la partecipazione di soggetti pubblici e privati». 
    La norma  prevede  anche  che  tali  interventi  siano  attuabili
attraverso le disposizioni di cui alla Parte  II,  Titolo  III,  Capo
III, del Codice degli  Appalti,  mediante  «a)  il  trasferimento  di
diritti edificatori in  favore  dei  promotori  degli  interventi  di
incremento  del  patrimonio  abitativo;  b)  incrementi  premiali  di
diritti edificatori finalizzati  alla  dotazione  di  servizi,  spazi
pubblici e miglioramento della qualita' urbana,  nel  rispetto  delle
aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati
alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi di  cui  al
decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444;  c)
provvedimenti  mirati  alla  riduzione  del   prelievo   fiscale   di
pertinenza comunale o degli oneri di costruzione; d) la  costituzione
di  fondi  immobiliari  di  cui  al  comma  3,  lettera  a),  con  la
possibilita' di prevedere  altresi'  il  conferimento  al  fondo  dei
canoni di locazione, al netto delle spese di gestione degli immobili,
e) la cessione, in tutto o in parte,  dei  diritti  edificatori  come
corrispettivo per la  realizzazione  anche  di  unita'  abitative  di
proprieta' pubblica da destinare alla locazione a  canone  agevolato,
ovvero da  destinare  alla  alienazione  in  favore  delle  categorie
sociali svantaggiate di cui al comma 2». 
    Tali interventi sono finalizzati a migliorare e a  diversificare,
anche tramite interventi di sostituzione edilizia, l'abitabilita', in
particolare, nelle zone caratterizzate da un  diffuso  degrado  delle
costruzioni e dell'ambiente urbano. 
    La norma dispone poi che per l'attuazione dei suddetti  programmi
integrati   di   promozione   di   edilizia   residenziale    e    di
riqualificazione   urbana,   dichiarati   di   interesse   strategico
nazionale, si  devono  prevedere  apposite  modalita'  e  termini  di
verifica periodica delle fasi di realizzazione del piano, in base  al
cronoprogramma  approvato  e  alle  esigenze  finanziarie,  potendosi
conseguentemente  disporre,  in  caso  di  scostamenti,  la   diversa
allocazione delle risorse finanziarie pubbliche  verso  modalita'  di
attuazione piu' efficienti. 
    A mente della norma «una quota  del  patrimonio  immobiliare  del
demanio, costituita da aree ed  edifici  non  piu'  utilizzati,  puo'
essere destinata alla realizzazione  degli  interventi  previsti  dal
presente articolo, sulla base di accordi tra 1'Agenzia  del  demanio,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della
difesa in caso  di  aree  ed  edifici  non  piu'  utilizzati  a  fini
militari, le regioni e gli enti locali». 
    I comuni  e  le  province  possono  associarsi  per  la  migliore
realizzazione di tali programmi (comma 11). 
    Al comma 12 si prevede la istituzione,  per  l'attuazione  ditali
interventi, di uno specifico Fondo «nello  stato  di  previsione  del
Ministero  delle  infrastrutture   e   dei   trasporti,   nel   quale
confluiscono le risorse finanziarie di cui all'art.  1,  comma  1154,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonche' di  cui  agli  articoli
21, 21-bis, ad eccezione di quelle gia' iscritte  nei  bilanci  degli
enti destinatari e impegnate, e 41 del decreto-legge 1° ottobre 2007,
n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre  2007,
n. 222,  e  successive  modificazioni.  Gli  eventuali  provvedimenti
adottati in attuazione delle disposizioni legislative citate al primo
periodo del presente comma, incompatibili con il  presente  articolo,
restano privi di effetti.  A  tale  scopo  le  risorse  di  cui  agli
articoli 21, 21-bis e 41 del citato decreto-legge  n.  159  del  2007
sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere iscritte
sul Fondo di cui al presente comma, negli importi corrispondenti agli
effetti in termini di indebitamento netto previsti per  ciascun  anno
in sede di iscrizione in bilancio delle risorse  finanziarie  di  cui
alle indicate autorizzazioni di spesa. 
    La censura della norma in  oggetto,  presuppone  il  richiamo  di
quanto gia' descritto  in  precedenza  con  riguardo  al  riparto  di
competenze   legislative   stabilito    dal    vigente    ordinamento
costituzionale in materia di  edilizia  residenziale  pubblica,  alla
luce  della   piu'   recente   interpretazione   di   codesta   Corte
costituzionale (sent. Cit. n. 94/2007). 
    Allo  Stato  spetta  la  definizione  dell'offerta  minima  degli
alloggi destinati a soddisfare le esigenze  abitative  pubbliche;  al
legislatore statale spetta cioe' in  via  esclusiva  l'individuazione
dei livelli minimi di offerta da considerare  come  standard  unitari
valevoli su tutto il territorio nazionale.  La  programmazione  degli
insediamenti abitativi e delle relative  modalita'  di  realizzazione
sono questioni ascrivibili  al  «governo  del  territorio»  e  dunque
all'ambito della competenza  legislativa  concorrente  ex  art.  117,
comma 3. 
    La lettura dell'art. 11 evidenzia  un  palese  stravolgimento  di
questa impostazione, nella parte in cui con legge  dello  Stato  sono
stati  conferiti  ad  organi   statali   poteri   amministrativi   di
pianificazione, al fine di  garantire  «sul  territorio  nazionale  i
livelli minimi essenziali di fabbisogno  abitativo»  (art.  11,  cit.
comma 1). Solo che la legislazione statale avrebbe dovuto limitarsi a
stabilire (questo si) tali livelli essenziali e non  risulta  che  lo
abbia fatto; invece, in mancanza  della  previsione  ditali  standard
minimi, la legge dello Stato ha conferito  alla  titolarita'  statale
poteri amministrativi di pianificazione in  una  materia  in  cui  la
competenza  legislativa   spetta   alle   regioni   e   le   potesta'
amministrative sono dislocate ad un livello  senz'altro  inferiore  a
quello nazionale. 
    Insomma, nel caso in esame, sulla base di una  affermata  ma  non
dimostrata esigenza di gestione unitaria  su  base  nazionale,  della
programmazione residenziale abitativa, il  legislatore  nazionale  ha
operato una  «chiamata  in  sussidiarieta»,  attraendo  alla  propria
competenza  legislativa  ed  amministrativa  ambiti   materiali   che
l'ordinamento costituzionale attribuisce invece a livelli di  governo
inferiori. Ed allora, stante la  gia'  descritta  ripartizione  delle
competenze legislative nella materia  in  esame,  si  tratta  ora  di
verificare se tale allocazione verso l'alto di funzioni, con  rottura
dell'ordine legale delle competenze legislative e amministrative  sia
giustificabile alla luce degli articoli 117 e 118 della Costituzione,
come interpretati da codesta Corte costituzionale. 
    A  questo  riguardo,  le  sentenze  nn.  303/2003   e   383/2005,
forniscono importanti elementi per  stabilire  chiaramente  che  tale
attrazione di funzioni a favore  della  competenza  statale,  non  e'
affatto giustificata, configurando un'illegittima lesione del sistema
delle garanzie costituzionali elaborato dopo la riforma  del  2001  a
favore delle autonomie del governo territoriale, ex  articoli  114  e
ss., della Costituzione. 
    Stabilisce infatti la giurisprudenza di codesta Corte che  l'art.
118   della   Costituzione   contiene   senz'altro   meccanismi    di
flessibilita', consentendo che funzioni  amministrative  generalmente
attribuite ai comuni possano essere allocate ad un livello di governo
diverso, per assicurarne l'esercizio unitario sulla base dei principi
di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Questo spostamento
verso l'alto di potesta' amministrative, nel rispetto  del  principio
di legalita' determina del resto, un  conseguente  spostamento  verso
l'alto anche della potesta' legislativa chiamata  a  disciplinare  in
modo unitario l'esercizio di quelle funzioni. E cosi'  puo'  avvenire
(ad esempio anche nella materia in esame) che quando sia  ravvisabile
una oggettiva esigenza di esercizio unitario di  una  certa  funzione
amministrativa, tale da trascendere addirittura  l'ambito  regionale,
quella funzione amministrativa (ad esempio, di  pianificazione  degli
insediamenti abitativi e delle modalita' attuative  del  piano)  puo'
essere esercitata dallo Stato, al quale compete anche di regolare  in
via legislativa le funzioni amministrative assunte in sussidiarieta'. 
    Questo e' il meccanismo di «chiamata in sussidiarieta», elaborato
dal vigente ordinamento costituzionale; meccanismo che, si badi bene,
per poter legittimamente attivarsi necessita'  tuttavia,  secondo  il
chiarissimo insegnamento di codesta Corte costituzionale,  di  taluni
indispensabili  presupposti:  «i  principi  di  sussidiarieta'  e  di
adeguatezza  convivono  con  il   normale   riparto   di   competenze
legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga
solo  se   la   valutazione   dell'interesse   pubblico   sottostante
all'assunzione delle funzioni regionali  da  parte  dello  Stato  sia
proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza, alla  stregua
di uno scrutinio stretto di costituzionalita'  (...)»  (Corte  cost.,
cit. n. 303/2003). 
    In  altri  termini,  per  un  legittimo  esercizio  del  suddetto
meccanismo di allocazione di funzioni legislative e amministrative  a
favore dello Stato occorre un preventivo ed oggettivo  riconoscimento
dell'esistenza di preminenti esigenze da ridefinire e gestire in modo
unitario, a livello nazionale (Corte cost., n. 383/2005). 
    Ebbene, e' proprio  questo  il  punto.  Nel  caso  in  esame,  lo
spostamento a favore  dello  Stato  di  competenze  amministrative  e
legislative regionali e sub regionali, disposto  dall'art.  11,  d.l.
cit.  n.  112/2008,  e'  assolutamente  irragionevole  e  privo   dei
necessari presupposti. 
    Manca  infatti,  una  precedente   definizione   da   parte   del
legislatore statale dei «livelli minimi» in base ai quali elaborare e
attuare la pianificazione in materia di residenza abitativa. 
    A ben vedere, assai curiosamente, l'art.  11,  cit.,  attribuisce
allo Stato competenze  di  programmazione  per  garantire  i  livelli
minimi, i quali pero' non  sono  stati  individuati  da  parte  dello
stesso legislatore statale; ci si chiede allora - e qui  si  appalesa
l'insanabile   irragionevolezza    che    rende    costituzionalmente
illegittimo il meccanismo della chiamata in sussidiarieta' - come  in
assenza ditali livelli minimi si possano individuare esigenze minime,
la cui tutela deve essere garantita in modo  unitario,  su  tutto  il
territorio nazionale. 
    E se si ritiene che  la  programmazione  e  la  realizzazione  di
esigenze  abitative  necessitino  dell'«interessamento»,  diretto  ed
esclusivo dello Stato, sia  sul  piano  legislativo,  sia  su  quello
amministrativo, ebbene, le esigenze che impongono tale  accentramento
di funzioni in capo ad  organi  statali  debbono  essere  individuate
preventivamente proprio attraverso  l'individuazione  degli  standard
minimi essenziali al fabbisogno abitativo che si intende garantire su
tutto il territorio nazionale. 
    Nel caso in esame, insomma, tali  esigenze  di  unitarieta'  sono
state  date  apoditticamente  per   presupposte,   per   giustificare
l'intervento del legislatore statale (con la norma legislativa che in
questa sede si impugna) in una  materia  («governo  del  territorio»)
ascrivibile alla competenza legislativa concorrente delle regioni. In
questa  materia,  si  ribadisce  ancora  una   volta,   le   potesta'
legislative sulla programmazione e  attuazione  del  piano,  spettano
alle regioni, nei limiti dei principi  stabiliti  dalla  legge  dello
Stato: principi generali che sono effettivamente contenuti  nell'art.
11 (principi di  «efficienza  energetica»,  «riduzione  di  emissioni
inquinanti», assegnazione prioritaria di unita' abitative a favore di
categorie   disagiate,   etc.);   senonche'   la    medesima    norma
specificamente entra nel  dettaglio,  disciplinando  puntualmente  le
attivita'  di  pianificazione  e  di  attuazione  degli  insediamenti
residenziali abitativi. 
    Si deduce pertanto la violazione  dell'art.  11,  d.-l.  cit.  n.
112/2008, conv. legge n. 133/2008, per violazione degli articoli  117
e 118 della Costituzione, nonche'  dei  principi  di  ragionevolezza,
proporzionalita' e di leale collaborazione nei rapporti tra lo  Stato
e le regioni. 
                              P. Q. M. 
    Con riserva  di  produrre  ulteriori  deduzioni,  si  chiede  che
codesta  ecc.ma  Corte   dichiari   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 11 e dell'art. 13, commi 1 e 2,  lett.  A),  b)  e  c)  del
decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, conv. legge cit. n. 113/2008. 
        Roma, addi' 17 ottobre 2008 
                 Prof. avv. Vincenzo Cerulli Irelli