N. 400 SENTENZA 1 - 5 dicembre 2008

Processo  penale  -  Incompatibilita'  del  giudice  -  Giudice  che,
  all'esito  del  precedente  dibattimento,  riguardante  il medesimo
  fatto  storico  a  carico  del medesimo imputato, abbia ordinato la
  trasmissione degli atti al pubblico ministero ex art. 521, comma 2,
  cod.  proc.  pen.  - Incompatibilita' alla trattazione dell'udienza
  preliminare  -  Mancata  previsione  -  Violazione  dei principi di
  eguaglianza  e  di  terzieta'  ed  imparzialita'  del giudice e del
  diritto di difesa - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Cod. proc. pen., art. 34, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.51 del 10-12-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice
di  procedura  penale,  promosso dal Giudice dell'udienza preliminare
del Tribunale di Montepulciano nel procedimento penale a carico di C.
E. ed altro con ordinanza del 30 ottobre 2007, iscritta al n. 831 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2008.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'8 ottobre 2008 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
                          Ritenuto in fatto
   1. -  Con  ordinanza  del 30 ottobre 2007, il Giudice dell'udienza
preliminare   del   Tribunale  di  Montepulciano,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  34  del  codice di procedura
penale,  nella  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita' alla
funzione   di  giudice  dell'udienza  preliminare  del  giudice  che,
all'esito  del  precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto
storico   a   carico   del   medesimo  imputato,  abbia  ordinato  la
trasmissione  degli  atti  al  pubblico  ministero  per  la  ritenuta
diversita' del fatto rispetto a quello contestato, ai sensi dell'art.
521, comma 2, cod. proc. pen.
   Chiamato   alla   trattazione   dell'udienza   preliminare  in  un
procedimento per il reato di sfruttamento della prostituzione altrui,
il  giudice a quo riferisce che, nello stesso procedimento, all'esito
di   un   precedente  dibattimento,  quale  componente  del  collegio
giudicante,  egli  aveva  disposto  la  trasmissione  degli  atti  al
pubblico ministero in ragione della diversita' del fatto accertato da
come descritto nell'imputazione, in applicazione dell'art. 521, comma
2, cod. proc. pen.
   Il  rimettente  esclude  che  l'art.  34 cod. proc. pen. contempli
quale  ipotesi d'incompatibilita' del giudice la situazione descritta
e,  tuttavia,  assume  che,  rispetto  ad  essa, sussistano le stesse
ragioni  poste  a  fondamento  dell'incostituzionalita'  della  norma
dichiarata,  con la sentenza n. 455 del 1994, per il caso di giudizio
dibattimentale celebrato dal giudice che, nel precedente dibattimento
riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato,
ha  emesso  ordinanza  di trasmissione degli al pubblico ministero ai
sensi  dell'art.  521,  comma  2,  cod.  proc.  pen.; nonche', con la
sentenza  n. 224  del  2001,  in  relazione al caso della trattazione
dell'udienza  preliminare  ad  opera  del  giudice che ha pronunciato
sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo
stesso fatto.
   Invero, per il carattere tassativo delle cause di incompatibilita'
del  giudice,  l'udienza  preliminare, quale sede pregiudicabile, non
potrebbe  ritenersi compresa nelle statuizioni della pronuncia n. 455
del 1994, in base alle quali «il giudice, quando accerta che il fatto
e'  diverso  da  come  descritto nel decreto che dispone il giudizio,
compie una penetrante delibazione del merito della regiudicanda», con
la conseguenza che «un dibattimento bis riguardante il medesimo fatto
storico  e  il medesimo imputato non puo' [...] non essere attribuito
alla cognizione di altro giudice».
   A  parere del giudice a quo, pero', il principio cosi' espresso in
riferimento  al giudice del dibattimento dovrebbe valere anche per il
giudice  dell'udienza  preliminare, la cui determinazione conclusiva,
secondo  quanto  affermato  dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 224  del 2001, in conseguenza delle innovazioni recate dalla legge
16   dicembre   1999,   n. 479   (Modifiche   alle  disposizioni  sul
procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre
modifiche  al  codice  di  procedura  penale.  Modifiche al codice di
procedura  penale  e  all'ordinamento  giudiziario.  Disposizioni  in
materia  di  contenzioso  civile pendente, di indennita' spettanti al
giudice  di  pace  e di esercizio della professione forense), e dalla
legge  7  dicembre  2000, n. 397 (Disposizioni in materia di indagini
difensive),  poggia  su un apprezzamento del merito dell'accusa privo
del  carattere  della  sommarieta',  non piu' distinguibile da quello
proprio   di  altri  momenti  processuali,  gia'  ritenuti  non  solo
pregiudicanti,  ma  anche  pregiudicabili,  ai fini della sussistenza
della incompatibilita'.
   La  disciplina  denunciata,  percio',  violerebbe il «principio di
parita' di trattamento di situazioni simili», comprimendo le garanzie
d'imparzialita' ed indipendenza del giudice ed il diritto di difesa.
                       Considerato in diritto
   1. -   Il   Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di
Montepulciano  dubita,  in  riferimento  agli artt. 3, 24 e 111 della
Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34 del
codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui non inibisce la
trattazione  dell'udienza  preliminare  al giudice che, all'esito del
precedente  dibattimento  riguardante  il  medesimo  fatto  storico a
carico  del  medesimo  imputato, abbia ordinato la trasmissione degli
atti  al  pubblico  ministero per la ritenuta diversita' del fatto, a
norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen.
   A suo avviso, ricorrerebbero nella fattispecie le medesime ragioni
d'incompatibilita'  che  hanno condotto questa Corte all'accoglimento
di altre questioni di costituzionalita' dell'art. 34 cod. proc. pen.,
con particolare riferimento al caso del giudice che, avendo emesso in
un precedente dibattimento ordinanza ai sensi dell'art. 521, comma 2,
cod.  proc.  pen.,  sia  chiamato a partecipare al nuovo dibattimento
(sentenza  n. 455  del  1994);  nonche' al caso del giudice investito
della  funzione  di  giudice  dell'udienza preliminare dopo che abbia
pronunciato  sentenza,  poi  annullata,  nei  confronti  del medesimo
imputato e per lo stesso fatto (sentenza n. 224 del 2001).
   La  mancata  previsione  dell'anzidetta  causa d'incompatibilita',
dunque,  determinerebbe  una ingiustificata disparita' di trattamento
di  situazioni  tra  loro  assimilabili e comprimerebbe il diritto di
difesa e le garanzie d'imparzialita' del giudice.
   2. - La questione e' fondata, nei termini di seguito precisati.
   Con   la   sentenza   n. 455   del   1994   e'   stata  dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma 2, cod. proc.
pen.,  nella  parte  in  cui  non  prevedeva  l'incompatibilita' alla
funzione  di giudizio del giudice che avesse, all'esito di precedente
dibattimento,  riguardante  il  medesimo  fatto  storico a carico del
medesimo  imputato,  ordinato  la trasmissione degli atti al pubblico
ministero a norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen.
   Nella  pronuncia  questa  Corte ha rilevato che il giudice, quando
accerta  che  il  fatto  e' diverso da come descritto nel decreto che
dispone  il  giudizio,  compie una piena delibazione del merito della
regiudicanda,   facendone   conseguire   che   «un  dibattimento  bis
riguardante il medesimo fatto storico e il medesimo imputato non puo'
[...]  non  essere  attribuito  alla  cognizione  di  altro  giudice,
trattandosi  della  stessa  ratio  di  tutela  della  imparzialita' e
serenita' di giudizio che informa la regola posta dall'art. 34, comma
1,  cod.  proc.  pen., affermativa della incompatibilita' del giudice
che  abbia  pronunciato  sentenza  in un precedente grado di giudizio
relativamente al medesimo procedimento».
   L'ipotesi  che  qui interessa e' rimasta estranea al decisum della
citata  sentenza,  avendo  quest'ultima  identificato  una  relazione
d'incompatibilita'  il  cui  secondo  termine  era  dato dal giudizio
inteso  quale  funzione  che  si  estrinseca  nella  celebrazione del
dibattimento.
   In  seguito,  la  sentenza n. 224 del 2001 ha ricondotto l'udienza
preliminare,   nella   configurazione   assunta   per  effetto  delle
innovazioni  introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, e dalla
legge  7  dicembre 2000, n. 397, al novero delle sedi suscettibili di
essere  pregiudicate  dalla  precedente  valutazione  in  ordine alla
medesima  regiudicanda:  secondo  quanto osservato dalla Corte, nella
vigente  disciplina, «l'alternativa decisoria che si offre al giudice
quale  epilogo dell'udienza preliminare riposa su una valutazione del
merito  della  accusa non piu' distinguibile - quanto ad intensita' e
completezza  del  panorama  delibativo  -  da quella propria di altri
momenti  processuali,  gia'  ritenuti  non solo ''pregiudicanti'', ma
anche   ''pregiudicabili'',   ai   fini   della   sussistenza   della
incompatibilita'».
   Questo  orientamento  ha  trovato conferma in successive pronunce,
emesse  riguardo  a  casi  di  reiterazione della funzione di giudice
dell'udienza   preliminare,  nelle  quali  la  locuzione  «giudizio»,
utilizzata  dal  legislatore  nell'art.  34 cod. proc. pen., e' stata
intesa  come  comprensiva  anche  dell'udienza  preliminare (sentenza
n. 335 del 2002; ordinanze n. 20 del 2004, n. 271 e n. 269 del 2003).
   In  tale  quadro, se l'apprezzamento in ordine alla diversita' del
fatto compiuto al termine del precedente dibattimento, implicando una
valutazione   contenutistica   dell'ipotesi  di  accusa,  costituisce
attivita'   idonea   a  radicare  l'incompatibilita'  del  giudice  a
partecipare  al  nuovo  dibattimento,  alle medesime conclusioni deve
pervenirsi  quando,  a  seguito della vicenda regressiva, l'ulteriore
attivita'  che  il  giudice sia chiamato ad esercitare consista nella
trattazione dell'udienza preliminare.
   Tenuto  conto  dei  precedenti,  pertanto,  esigenze  di  certezza
impongono di dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma   2,   cod.   proc.  pen.,  nella  parte  in  cui  non  prevede
l'incompatibilita'  alla  trattazione  dell'udienza  preliminare  del
giudice  che  abbia  ordinato,  all'esito di precedente dibattimento,
riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato,
la  trasmissione  degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art.
521, comma 2, cod. proc. pen.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 34, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in cui non prevede
l'incompatibilita'  alla  trattazione  dell'udienza  preliminare  del
giudice  che  abbia  ordinato,  all'esito di precedente dibattimento,
riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato,
la  trasmissione  degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art.
521, comma 2, del codice di procedura penale.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1° dicembre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                        Il redattore: Tesauro
                       Il cancelliere: Melatti
   Depositata in cancelleria il 5 dicembre 2008.
                       Il cancelliere: Melatti