N. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 - 12 maggio 2008

Ordinanza  del  12  maggio 2008 emessa dal Tribunale dei minorenni di
Ancona nel procedimento relativo a R. M.

Procedimento   civile   -   Provvedimenti   in  materia  di  potesta'
  genitoriale  - Ipotesi di urgente necessita' di tutela del minore e
  di  mancato  esercizio  della  potesta'  da parte dei genitori, dei
  parenti  entro  il IV grado o del pubblico ministero - Possibilita'
  per  il  Tribunale  di nominare d'ufficio un curatore legittimato a
  proporre  azione  nell'interesse  del minore - Mancata previsione -
  Violazione  del  principio di ragionevolezza - Lesione dei principi
  di tutela e protezione del minore.
- Codice civile, art. 336.
- Costituzione, artt. 3, 30 e 31.
(GU n.53 del 24-12-2008 )
                    IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Visti gli atti del procedimento inerente la minore R. M.
   Viste le richieste del p.m.
   Rilevato  che  in data 25 settembre 2007 il p.m., chiedeva aprirsi
procedimento amministrativo nei confronti della minore R. M., per sue
condotte gravemente irregolari.
   Rilevato  che  in  data  7 novembre 2007 il tribunale disponeva di
ufficio,  ex  art.  336  c.c.,  il collocamento della minore R. M. in
idonea  comunita', alla luce delle condotte gravemente devianti dalla
stessa  tenute  e  della incapacita' dei genitori di fare fronte alle
stesse.
   Rilevato che, nel dettaglio, dalla relazione del s.s. 19 settembre
2007, emergeva come:
     la giovine si sottraeva all'obbligo scolastico, rientrava a casa
in  ore  notturne, aveva amicizie legate al mondo della droga e della
devianza, appariva fare verosimilmente uso di droghe;
     la  madre  aveva abbandonato nel 1998 il nucleo familiare, senza
piu' dare notizie di se';
     il  padre  aveva  delegato,  per motivi di lavoro, la cura della
minore  ai nonni paterni, che non avevano mai accettato ne' il legame
dello stesso con la madre della minore ne' la nascita della figlia M.
   Rilevato  che  in  data 9 novembre 2007 la minore era inserita dai
s.s., su richiesta del padre, in idonea comunita' educativa.
   Rilevato  che  in  data  2  febbraio  2008  il  p.m.  chiedeva  la
archiviazione  degli  atti  in  relazione  al  procedimento in cui il
tribunale  aveva  proceduto  ex  officio,  ritenendo ingiustificata e
fondata  su  presupposti  di merito errati la emanazione da parte del
tribunale  di  provvedimento  ex  art.  336  c.c.  nei  confronti dei
genitori della minore.
   Rilevato che con nota 11 febbraio 2008 il g.d. chiedeva al p.m. di
rivalutare  le  proprie  richieste,  alla luce delle emergenze di cui
sopra  nonche'  di verbale di audizione della minore, nel corso della
quale  la  stessa  dichiarava  «fin  da  subito  mio  padre mi faceva
crescere  con  i suoi genitori ... forse per attirare l'attenzione di
quest'uomo  che non riusciva ad abbracciarmi ed a dirmi che mi voleva
bene  ho iniziato a comportarmi all'opposto di come mi veniva chiesto
... ».
   Rilevato  che  il  p.m.,  con  nota  15  febbraio  2008, dopo aver
ritenuto  che  le condotte dei genitori non fossero obbiettivabili in
gravi  carenze o violenze o prevaricazioni «ma fossero assimilabili a
mere  inadeguatezze  genitoriali o contrasti generazionali», ribadiva
la propria richiesta di archiviazione del procedimento.
                            O s s e r v a
   Ritiene   questo   tribunale   la   possibile  incostituzionalita'
dell'art.  336  c.c.  (per  come interpretati dalla giurisprudenza e,
pertanto, diritto vivente) la' ove prevede che legittimati a proporre
azione  nell'interesse  del  minore  siano solo le parti private o il
p.m.,  riservando  al tribunale la sola possibilita' di intervento in
via  di  urgenza  e  provvisoria,  con iniziativa destinata ad essere
caducata  ove  alcuna delle dette parti ritenga di proporre azione ai
sensi degli artt. 330 ss c.c.
   Devesi, infatti, rilevare che la Costituzione (art. 30-31) prevede
la  piu'  ampia  tutela  per i soggetti in eta' minore, con norme che
trovano   poi  riscontro  nelle  normativa  penale  minorile  (d.P.R.
n. 488/88),  univocamente improntata alla rieducazione dei minori che
abbiano    commesso    illeciti    ed   al   favore   nei   confronti
dell'indagato/imputato  minorenne, nonche' nelle numerose convenzioni
internazionali  recepite  nel  sistema giuridico italiano ed intese a
tutelare i diritti dei minori (vedansi tra le altre la Convenzione di
New  York  20  novembre  1989,  recepita  con  legge  n. 176/1991, la
Convenzione  di  Strasburgo  25  novembre  1996,  recepita  con legge
n. 77/2003 ...).
   Passando al profilo che oggi occupa, appare evidente che la tutela
del  minore  puo'  restare  priva  di concreto riscontro, ove nessuna
delle  parti  eserciti  azione avanti al tribunale o, ove tale organo
abbia  agito  di  ufficio in via di urgenza e cautela, ritenga di non
dare seguito a tale attivita'.
   Devesi, infatti, rilevare che:
     quanto  alle  parti private, non merita di spendere parole sulla
possibilita'  che  siano  esse  stesse  le responsabili di situazioni
pregiudizievoli  al  minore, talche' nessuna garanzia possono offrire
di esercitare responsabilmente azione a tutela del suddetto (si pensi
alla ipotesi di genitori maltrattanti provenienti da Paesi stranieri:
la  collusione  tra  le  figure genitoriali, in uno con la assenza di
altri  riferimenti parentali in luogo, rende chiaramente irrealistica
la possibilita' che parte privata agisca tutela del minore);
     quanto  al p.m., e' bensi' vero che lo stesso ha potere e dovere
di  intervenire a tutela del minore, ma il sistema non appresta alcun
rimedio in caso di suo mancato tempestivo intervento.
   Due annotazioni sul punto.
   Innanzi tutto devesi osservare la particolarita' di un sistema che
offre le piu' ampie garanzie contro decisioni errate (audizione delle
parti,  richieste di revoca, proposizione del ricorso in appello ...)
ma  nulla prevede per la ipotesi di mancata apertura del procedimento
(situazione  che,  chiaramente,  puo'  essere  gravemente  nociva  al
minore,  privato delle necessarie tutele e sprovvisto di soggetto che
si  faccia  portatore  delle  sue  fondamentali  esigenze ad idoneo e
positivo ambiente familiare).
   Secondariamente,  nel caso che oggi occupa, non puo' soccorrere la
giurisprudenza,   su  altre  ipotesi  formatasi,  che  sottolinea  la
possibile  responsabilita'  disciplinare del magistrato quale rimedio
in  caso di sua inattivita' che sia contrastante con le risultanze in
atti (vedasi, ad esempio, la ipotesi di p.m. che rifiuti di iscrivere
nominativo o notizia di reato, ovvero quella di stallo procedimentale
dovuto ad irresolubile contrasto tra organi giudiziari).
   Tale  profilo,  ancorche'  estraneo al caso che oggi concretamente
occupa,   viene   evidenziato   per  sottolineare  che  la  eventuale
responsabilita' disciplinare e' elemento del tutto inidoneo a fornire
effettiva  tutela al minore: partendo dal presupposto che il p.m. che
rifiuta  di  esercitare azione di potesta' si muova nella convinzione
della  correttezza del proprio operato, e' evidente che lo non stesso
ritiene  tale  condotta  passibile  di sanzioni disciplinari, talche'
tale profilo non puo', chiaramente, avere alcun effetto deterrente.
   La  eventuale  successiva  apertura di procedimento sanzionatorio,
peraltro,  sarebbe,  poi,  del tutto inidonea ad apprestare tutela al
minore  ove  questi  necessiti  -  per  gravi  ed  urgenti situazioni
familiari  -  di  immediato intervento della AG; intervento non certo
vicariabile  da  eventuali  future decisioni che, comunque, sarebbero
destinate a ripercuotersi su altra figura e non in sua tutela.
   Non  determinante  sarebbe, infine, il richiamo all'art. 403 c.c.,
la'  ove prevede l'intervento della autorita' amministrativa a tutela
del minore «moralmente o materialmente abbandonato».
   Devesi,  infatti,  rilevare  che  tale  intervento per un verso e'
strettamente  provvisorio  («sino a quando non si possa provvedere in
modo  definitivo  alla sua protezione») e, per altro, prevede un solo
tipo di intervento («lo colloca in luogo sicuro»); attivita' che puo'
non essere necessaria a fronte di complesse situazioni che richiedono
ben piu' ampio ed articolato intervento.
   Appare,  pertanto,  necessario,  ad  avviso di questo tribunale, a
pena di inammissibile e incostituzionale vuoto di tutela, che in tali
casi  il  tribunale,  quale  organo  super  partes,  abbia  potere di
nominare  curatore  (ipotesi  ben gia' nota al sistema - v. art. 320,
90,  165,  247,  248  ... c.c.) che, valutato l'interesse del minore,
possa  proporre ricorso alla autorita' giurisdizionale nell'interesse
di quest'ultimo.
   Alla   luce  di  quanto  sopra  dubita  questo  tribunale  che  la
disciplina  di  cui  all'art. 336 c.c. sia in possibile contrasto con
gli  artt.  30 e 31 della Costituzione (intesi come norme di tutela e
protezione  del  minore)  e  con l'art. 3 della Costituzione (inteso,
come  ormai  da  tempo  in  pluralita' di pronunzie, dalla Corte oggi
adita  come principio di eguaglianza e ragionevolezza) nella parte in
cui  non  prevede  che il tribunale, in caso di urgente necessita' di
tutela  del  minore  e  di mancato esercizio di azione di potesta' da
parte  dei  genitori,  dei  parenti  entro IV grado o del p.m., possa
d'ufficio nominare curatore al minore affinche' tale organo valuti la
proposizione di azione a tutela di quest'ultimo.
   La  questione appare, infine, rilevante nel presente procedimento,
atteso che:
     ritiene   questo   tribunale  del  tutto  non  condivisibili  le
asserzioni  del  p.m.  che  affermano  non  integrare  gravi  carenze
genitoriali l'allontanamento della madre da oltre 10 anni, senza piu'
farsi sentire o vedere dalla minore e causando alla stessa gravissimi
traumi psicologici, ovvero l'affido da parte del padre ad avi che non
hanno mai accettato la bimba come parte della famiglia;
     appare  necessario  garantire  idonea  tutela  alla  minore  nei
confronti  di  genitori  (in particolare la madre) che hanno mostrato
gravi   limiti   educativi   ed   affettivi,   assicurandole   idonea
collocazione in ambito etrofamiliare;
     la  apertura  di procedimento amministrativo nei confronti della
minore e' elemento che non elide la validita' delle considerazioni di
cui sopra.
   Per  un  verso,  infatti,  tale  azione  non  e' in grado di porre
rimedio  alle carenze genitoriali suddette, essendo rivolta alla sola
minore  e,  per altro, comporta una stigmatizzazione della suddetta a
causa  di condotte che appaiono avere loro prima causa in un contesto
familiare per piu' profili carente e inadeguato.
                              P. Q. M.
   Dichiara  d'ufficio  rilevante  e  non manifestamente infondata la
questione  di  costituzionalita'  dell'art.  336  c.c.  per possibile
contrasto con gli artt. 30 e 31 della Costituzione (intesi come norme
di  tutela e protezione del minore) e con l'art. 3 della Costituzione
(inteso,  come ormai da tempo in pluralita' di pronunzie, dalla Corte
oggi  adita  come  principio  di  eguaglianza e ragionevolezza) nella
parte  in  cui  non  prevede  che  il  tribunale,  in caso di urgente
necessita'  di  tutela del minore e di mancato esercizio di azione di
potesta'  da  parte  dei  genitori,  dei parenti entro IV grado o del
p.m.,  possa  d'ufficio  nominare  curatore  al minore affinche' tale
organo valuti la proposizione di azione a tutela di quest'ultimo.
   Sospende  il  procedimento  nelle  more delle determinazioni della
Corte adita;
   Dispone   la   immediata   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
costituzionale.
   Manda alla cancelleria per le notifiche e comunicazioni di legge.
     Ancona, addi' 7 maggio 2008
                       Il Presidente: Capezza