N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 gennaio 2009- 11 dicembre 2008
Ordinanza del 9 gennaio 2009 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Caruti Lamberto contro Comune di Venezia. Commercio - Attivita' economica di somministrazione di alimenti e bevande - Rilascio delle autorizzazioni in base ai criteri e ai parametri stabiliti dalle Giunte regionali e dai comuni - Incidenza sul principio di liberta' d'iniziativa economica privata - Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. - Legge della Regione Veneto 21 settembre 2007, n. 29, art. 38, comma 1. - Costituzione, artt. 41 e 117, comma secondo, lett. e).(GU n.10 del 11-3-2009 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1448/2008, proposto da Caruti Lamberto, rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Bianchini, con domicilio eletto presso lo studio in Venezia, piazzale Roma n. 464; Contro il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giulio Gidoni, Maddalena M. Morino, Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro, Giuseppe Venezian e Maurizio Ballarin dell'avvocatura civica del Comune di Venezia, con domicilio eletto in Venezia, S. Marco n. 4091, per l'annullamento della nota prot. n. 0146908 del 3 aprile 2008 della Direzione attivita' produttive, sviluppo economico avente ad oggetto «diniego - richiesta di nuova autorizzazione di pubblico esercizio» ricevuta in data 28 maggio 2008 e dell'ordinanza n. 2007/384 del 20 luglio 2007 del sindaco del Comune di Venezia avente ad oggetto «disciplina dell'insediamento dei pubblici esercizi nel territorio comunale. Ordinanza»; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti di causa; Uditi nella pubblica udienza dell'11 dicembre 2008 - relatore il referendario Stefano Mielli - l'avv. Zanchi in sostituzione di Bianchini per la parte ricorrente e l'avv. Ongaro per il Comune di Venezia; Ritenuto in fatto e considerato in diritto. F a t t o e d i r i t t o 1. - Il ricorrente il 3 marzo 2008 ha presentato al Comune di Venezia un'istanza per il rilascio di un'autorizzazione per l'apertura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande nel Sestiere di San Marco. Il comune, con nota del 3 aprile 2008, ha respinto l'istanza per l'indisponibilita' di licenze nuove o derivanti da cessazioni, considerando il numero di esercizi presenti idoneo a soddisfare i bisogni di fruizioni dei residenti e dei turisti. Il predetto diniego si fonda sulla legge regionale 21 settembre 2007, n. 29 e sul contenuto dell'ordinanza sindacale n. 384 del 20 luglio 2007, impugnata congiuntamente al diniego con il ricorso in epigrafe. Tale ordinanza dispone che ai fini dell'applicazione della legge 25 agosto 1991, n. 287 e dell'art. 2 della legge 5 gennaio 1996, n. 25, possono essere rilasciate nuove autorizzazioni di pubblico esercizio esclusivamente nei casi di cessazione, revoca o decadenza. 2. - Nel ricorso l'ordinanza n. 384 del 20 luglio 2007 e il diniego sono impugnati con il primo, secondo, terzo quarto e quinto motivo, sostenendo: che il provvedimento impugnato costituirebbe violazione del giudicato formatosi nel giudizio definito dalla decisione del Consiglio di Stato 21 giugno 2007, n. 3330 (in cui il ricorrente non era parte); che le norme statali che avevano previsto il potere di programmazione in materia di esercizi di alimenti e bevande e la possibilita' di un contingentamento numerico dei medesimi, sarebbero state abrogate dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che l'integrale liberalizzazione del settore discenderebbe direttamente dalla norme del Trattato istitutivo dell'Unione europea e dall'art. 41 della Costituzione; che l'ordinanza sarebbe contraddittoria, carente di istruttoria e motivazione per aver richiamato la normativa gia' abrogata dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e per non aver verificato l'attualita' del contingente numerico rispetto all'equilibrato rapporto tra gli esercizi e la popolazione residente; che difetterebbero i presupposti per l'adozione di un'ordinanza sindacale; che il diniego sarebbe illogico, irragionevole e privo di motivazione perche' la reiezione dell'istanza si fonda su un'ordinanza sindacale ritenuta priva dei caratteri propri del provvedimento d'urgenza. 3. - Il Collegio, al fine di verificare solo sommariamente, in questa sede, l'infondatezza di tali censure, nella misura necessaria a dimostrare che la questione di costituzionalita' di seguito prospettata in riferimento al sesto motivo e' rilevante, osserva che le doglianze prospettate ricalcano pedissequamente quelle proposte in un analogo ricorso respinto con la recente sentenza di questo tribunale 4 ottobre 2008, n. 3209, e che allo stato non emerge alcun elemento per discostarsi dalle argomentazioni e dalle considerazioni svolte in quella sede. 4. - Con il sesto motivo, non proposto nel ricorso che ha dato luogo alla citata sentenza del tribunale 4 ottobre 2008, n. 3209, il ricorrente contesta il richiamo alla legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, il cui art. 38 dispone che continuano ad applicarsi i parametri e i criteri vigenti, tra i quali rientra l'ordinanza sindacale n. 384 del 20 luglio 2007, affermando l'inidoneita' di tale norma a legittimare il mantenimento del sistema di contingentamento. 5. - Il Collegio ritiene di dover sollevare d'ufficio, in quanto rilevante ai fini del presente giudizio e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1, della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29. 5.1. - Deve premettersi che questo tribunale gia' con ordinanza 10 luglio 2008, n. 1979, ha sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1, dell'art. 33, comma 1 e dell'art. 34, comma 1, della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, per contrasto con gli artt. 41 e 117 Costituzione. 5.2. - Sulla rilevanza della questione il Collegio osserva quanto segue. La norma transitoria regionale, testualmente, dispone che «fino all'adozione da parte dei comuni dei parametri e dei criteri di cui all'art. 34, ai fini del rilascio delle autorizzazioni, continuano ad applicarsi i parametri e i criteri attualmente vigenti». L'art. 34 si riferisce alla programmazione comunale. Ne discende, da una piana lettura delle norme, che i parametri ed i criteri comunali vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale, seppure in via transitoria, trovano il proprio immediato fondamento legislativo nell'art. 38 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29. Sotto questo profilo, l'impugnato diniego, che si fonda sull'ordinanza sindacale n. 384 del 20 luglio 2007, che ha riproposto i parametri e i criteri per il rilascio delle autorizzazioni nel Comune di Venezia mediante il contingentamento numerico degli esercizi, sarebbe legittimo, in quanto l'ordinanza era vigente al momento dell'entrata in vigore della legge regionale che ha finito per conferirle una copertura normativa di rango primario di cui sarebbe stata altrimenti priva. Infatti al momento dell'adozione dell'ordinanza sindacale n. 384 del 20 luglio 2007, antecedente di circa due mesi all'entrata in vigore della legge regionale, non era piu' vigente la normativa statale che autorizzava l'esercizio di poteri amministrativi connessi al contingentamento degli esercizi di alimenti e bevande. In ultima analisi, all'accoglimento del ricorso con il quale e' impugnato il diniego al rilascio di un'autorizzazione per l'apertura di un esercizio di alimenti e bevande nel Comune di Venezia, osta la norma di cui all'art. 38 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, che, seppure in via transitoria, ha novato la fonte legislativa statale in un ambito, quale quello della tutela della concorrenza, che esula dalla competenza legislativa regionale. Sotto questo profilo il Collegio ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio, la questione di legittimita' costituzionale della norma transitoria di cui all'art. 38 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, in quanto dalla definizione della questione sollevata dipende l'esito del ricorso. 6. - Il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale della disposizione transitoria di cui all'art. 38 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, perche', nella parte in cui, come nel caso di specie, ha convalidato e sanato l'avvenuta reintroduzione in via amministrativa da parte del Comune di Venezia di criteri e parametri volti al contingentamento dei pubblici esercizi, e' intervenuta in una materia, quale quella della tutela della concorrenza, che non e' di sua competenza, ma di quella dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. 6.1. - Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006, n. 248, precisa che le prescrizioni dallo stesso introdotte, recano «misure necessarie ed urgenti per garantire il rispetto degli artt. 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunita' europea ed assicurare l'osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato e delle Autorita' di regolazione e vigilanza di settore, in relazione all'improcrastinabile esigenza di rafforzare la liberta' di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell'economia e dell'occupazione, attraverso la liberalizzazione di attivita' imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro». Analogamente, l'art. 3, comma 1, intitolato alle regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, afferma che le disposizioni ivi contenute sono emanate dallo Stato ai sensi «delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di pari opportunita' ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonche' di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilita' all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione. Il Collegio non dubita che l'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, rientri nell'ambito di regolazione di esclusiva competenza statale. Infatti, la Corte costituzionale, con la sentenza 14 dicembre 2007, n. 430, ha riconosciuto la piena costituzionalita' dell'art. 3 del decreto legge, impugnato in via principale per violazione dell'art. 117 della Costituzione proprio dalla Regione Veneto, secondo la quale la norma avrebbe avuto ad oggetto la disciplina del commercio, materia attribuita alla propria competenza legislativa residuale. Orbene, la Corte ha dichiarato, in quella sede, che la questione era infondata, stabilendo che la disciplina di cui all'art. 3, conformemente alla propria autoqualificazione, va ricondotta alla materia «tutela della concorrenza», attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, essendo lo stesso art. 3 effettivamente «strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacita' imprenditoriale». La norma s'inserisce, infatti, in un processo di modernizzazione del settore commerciale «all'evidente scopo di rimuovere i residui profili di contrasto della disciplina di settore con il principio della libera concorrenza», sul presupposto che «il conseguimento degli equilibri del mercato non puo' essere predeterminato normativamente o amministrativamente, mediante la programmazione della struttura dell'offerta, occorrendo invece, al fine di promuovere la concorrenza, eliminare i limiti ed i vincoli sui quali ha appunto inciso la norma, che ha quindi fissato le condizioni ritenute essenziali ed imprescindibili per garantire l'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale». 6.2. - L'art. 3, al comma 1, del decreto-legge dispone, tra l'altro, che «le attivita' commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte» senza i limiti e le prescrizioni elencati di seguito, tra cui, alla lettera d), vi e' «il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale». Il seguente comma 3, poi, abroga dalla sua entrata in vigore, e, cioe', dal 4 luglio 2006, «le disposizioni legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1». Il quarto comma, infine, dispone che «le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al comma i entro il 1° gennaio 2007». In ordine all'operativita' della norma da ultimo citata nel sistema del riparto di competenze tra lo Stato e le regioni, il Ministero dello sviluppo economico, con circolare prot. n. 8426 del 28 settembre 2006, ha avuto modo di precisare che «per effetto della citata disposizione, la presente circolare e' riferita alla legislazione statale in materia di commercio ancora vigente negli ambiti territoriali nei quali non sia stata esercitata dalle regioni o dalle province autonome la potesta' legislativa sulla materia del commercio per effetto dell'art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. Ove detta potesta' sia stata esercitata, restano vigenti fino al predetto termine di cui all'art. 3, comma 4, le disposizioni legislative e regolamentari emanate dagli enti territoriali». La conclusione appare sostanzialmente condivisibile, in quanto si richiama implicitamente al principio secondo cui le norme regionali e degli enti locali restano valide fino al momento in cui non vengano sostituite dalla legislazione di competenza statale di tipo esclusivo (cfr. art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131) la quale, come noto, per le sue caratteristiche consente al legislatore statale l'adozione di una normativa non soltanto di principio, ma anche di dettaglio, avente carattere esaustivo (cfr. Corte costituzionale, 23 novembre 2007, n. 401). Nel caso all'esame l'art. 3, comma 4, del decreto-legge, ha fissato al 1° gennaio 2007 il termine per l'adeguamento agli obiettivi della liberalizzazione operata dal decreto-legge sia delle leggi regionali che degli strumenti normativi degli enti locali. Decorso il termine gli ambiti materiali ricompresi in norme regionali e degli enti locali contrastanti con la legislazione statale devono pertanto intendersi aver perso ogni efficacia (cfr. sul punto, proprio con riferimento al settore della somministrazione di alimenti e bevande, T.a.r. Lombardia, Milano, 12 novembre 2007, n. 6259). 6.2. - Al 1° gennaio 2007 la Regione Veneto non aveva ancora emanato una legge regionale di disciplina dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, per cui non si pone, relativamente ad essa e per quest'ambito, un problema di successione dileggi, mentre la disciplina del Comune di Venezia, come quella di tutti gli enti locali, che recava il contingentamento numerico, doveva ritenersi ormai inefficace perche' cedevole. La legislazione statale di cui all'art. 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287 (nella parte in cui esso dispone che l'apertura e il trasferimento di sede degli esercizi per la somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande sono soggetti ad autorizzazione del sindaco, con l'osservanza dei criteri e parametri di cui al comma 4 dello stesso articolo, i quali sono atti a determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate, e sono fissati dalle regioni in relazione alla tipologia degli esercizi, tenuto conto anche del reddito della popolazione residente e di quella fluttuante, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico; ciascun Comune, seguita la disposizione, in conformita' ai criteri e ai parametri stabilisce, eventualmente anche per singole zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni) e di cui all'art. 2 della legge 5 gennaio 1996, n. 25 (in forza del quale sono i sindaci a fissare per le autorizzazioni un parametro numerico che assicuri, in relazione alla tipologia degli esercizi, «la migliore funzionalita' e produttivita' del servizio da rendere al consumatore ed il piu' equilibrato rapporto tra gli esercizi e la popolazione residente e fluttuante, tenuto anche conto del reddito ditale popolazione, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico») che prevedeva limitazioni di programmazione incompatibili con la normativa statale sopravvenuta e seguendo la quale i comuni hanno esercitato i propri poteri di regolamentazione del settore, ha cessato invece di essere efficace dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, posto che l'art. 3, comma 3, ha abrogato «le disposizioni legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1». Da quanto esposto emerge che quando l'ordinanza sindacale 20 luglio 2007, n. 384, e' intervenuta erano ormai venuti meno i poteri amministrativi di contingentamento numerico degli esercizi pubblici, espressione della pianificazione economica che caratterizzava prima il settore della somministrazione di alimenti e bevande, ma l'ordinanza impugnata, come sopra osservato, non e' annullabile in quanto l'art. 38 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, ha stabilito che fino all'adozione da parte dei comuni dei nuovi parametri e criteri previsti dalla legislazione regionale, ai fini del rilascio delle autorizzazioni, continuano ad applicarsi i parametri e i criteri vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale e tra questi vi e' anche l'ordinanza sindacale 20 luglio 2007, n. 384. 6.2. - Orbene, il Collegio ritiene che tale norma regionale transitoria sia invasiva delle competenze legislative statali in materia di tutela della concorrenza. Infatti non ha precisato, a salvaguardia della competenza legislativa esclusiva statale in materia di concorrenza, che i parametri e i criteri applicabili in via transitoria dovevano essere quelli vigenti non gia' alla data di entrata in vigore della legge regionale, pubblicata sul B.U.R. n. 84 del 25 settembre 2007, ma quelli vigenti alla data del 1° gennaio 2007, ovvero non ha utilizzato analoghe formule atte a specificare l'applicabilita' in via transitoria dei soli parametri e criteri previsti dalla legislazione statale vigente e, in definitiva, non ha tenuto conto che, per effetto dell'esercizio della competenza statale la quale ha eliminato gli aspetti di pianificazione economica in un'ottica di liberalizzazione del settore, alla data di entrata in vigore della legge regionale erano gia' state rese inefficaci tutte le disposizioni degli enti locali contrastanti con la disciplina statale sopravvenuta. In conclusione, il Collegio ritiene che una norma regionale non possa avere l'effetto di convalidare, rendendolo applicabile in via transitoria, un provvedimento amministrativo comunale emanato successivamente al 1° gennaio 2007, che reintroduce il contingentamento numerico dei pubblici esercizi, perche' in tal modo trascende i limiti propri della propria competenza legislativa in materia di commercio invadendo quelli statali in materia di tutela della concorrenza. Si deve pertanto disporre la sospensione del presente giudizio e la rimessione della questione all'esame della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, per la decisione sulla prospettata questione di costituzionalita'.
P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1, della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, per contrasto con gli artt. 41 e 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione, secondo quanto stabilito in motivazione. Sospende il giudizio in corso e dispone, a cura della segreteria della Sezione, che gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente della Giunta regionale, e comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Veneto. Cosi' deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addi' 11 dicembre 2008. Il Presidente: De Zotti L'estensore: Mieli