N. 71 ORDINANZA 9 - 13 marzo 2009
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro (Rapporto di) - Lavoratori autoferrotranvieri - Condizioni per l'ammissione in prova al servizio - Possesso della cittadinanza italiana - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza e del diritto al lavoro - Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione. - R.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, comma 1, numero 1), dell'allegato A. - Costituzione, artt. 3 e 4.(GU n.11 del 18-3-2009 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente
Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, numero 1), dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), promosso dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra R. M. e A.T.C. s.p.a., con ordinanza del 29 maggio 2008 iscritta al n. 310 del registro ordinanze del 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ยช serie speciale, dell'anno 2008. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 2009 il giudice relatore Sabino Cassese. Ritenuto che il Tribunale di La Spezia, giudice monocratico del lavoro, ha sollevato, con riferimento agli articoli 3 e 4 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 10, comma 1, numero 1), dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), nella parte in cui richiede, per l'ammissione in prova al servizio, il requisito della cittadinanza italiana; che il Giudice rimettente riferisce che dinanzi a esso un cittadino extracomunitario, regolarmente soggiornante in Italia, ha esperito contro un'azienda di trasporto pubblico, che in applicazione della disposizione impugnata aveva rifiutato di assumerlo, un'azione civile contro la discriminazione ex art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), poi convertita in ricorso ai sensi dell'art. 414 del codice di procedura civile, chiedendo l'accertamento della discriminazione operata dall'azienda stessa e l'adozione di ogni opportuno provvedimento, segnatamente la condanna al risarcimento del danno; che il giudice a quo, dopo aver richiamato alcune previsioni legislative in materia di immigrazione, condizione dello straniero e parita' di trattamento in relazione alla razza e all'origine etnica, afferma la vigenza della disposizione impugnata, che non sarebbe stata abrogata dalle menzionate previsioni; che, in ordine alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, il Tribunale, che ritiene infondate le altre domande, osserva che le domande risarcitorie possono essere accolte solo se la disposizione impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima, mentre in caso contrario esse vanno respinte; che, di conseguenza, nella prospettazione del giudice a quo, la rilevanza della questione dipende dalla costruzione di un'ipotesi di illecito civile che non esisteva nel momento in cui il comportamento dannoso e' stato posto in essere; che, per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ritiene che, nel settore del trasporto pubblico locale, il requisito della cittadinanza italiana non sia piu' giustificabile alla luce dell'evoluzione subita dalle aziende operanti nel settore e della natura ormai privatistica del rapporto di lavoro del loro personale; esclude che il requisito in questione possa essere giustificato da un'asserita delicatezza delle funzioni degli autisti di mezzi pubblici e dubita, quindi, della conformita' della disposizione impugnata all'art. 3 Cost., per la sua irragionevolezza, e all'art. 4 Cost., in quanto frappone un irragionevole ostacolo all'effettiva attuazione del diritto al lavoro; che nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato, per affermare l'infondatezza della questione, argomentando che la disposizione impugnata e' il risultato di una valutazione discrezionale, operata dal legislatore, circa il particolare impatto dell'attivita' relativa al trasporto pubblico sugli interessi della collettivita', e che essa si armonizza con la previsione dell'art. 10 Cost., che rimette al legislatore ordinario la disciplina della condizione giuridica dello straniero. Considerato che la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata viene invocata dal rimettente per poter qualificare ex post un fatto come illecito e, quindi, poter condannare l'azienda convenuta al risarcimento del danno; che, su queste basi, la condanna non potrebbe comunque essere pronunciata, perche' una sentenza di questa Corte non puo' avere l'effetto di rendere antigiuridico un comportamento che tale non era nel momento in cui e' stato posto in essere; che, infatti, come gia' affermato da questa Corte, la condotta di un soggetto puo' essere assunta a fonte di responsabilita' civile solo se, nel momento in cui essa e' stata posta in essere, sussisteva un preciso obbligo giuridico sancito da una norma conoscibile dall'agente, in quanto la colpa specifica, consistente nella inosservanza della norma che pone una regola di condotta, puo' rilevare nel giudizio a quo solo se la disposizione era vigente e conoscibile al tempo del fatto (sentenza n. 202 del 1991); che, coerentemente, il diritto vivente, espresso dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione, esclude che l'efficacia retroattiva delle sentenze di questa Corte valga a far ritenere illecito il comportamento tenuto, anteriormente alla sentenza di incostituzionalita', conformemente alla norma successivamente dichiarata illegittima (ex plurimis, Cass., sez. lav., 13 novembre 2007, n. 23565). che, di conseguenza, la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale non e' rilevante nel giudizio principale, nel quale - in base alla prospettazione dello stesso rimettente - la condanna al risarcimento del danno non potrebbe comunque essere pronunciata; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, numero 1), dell'allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia, giudice monocratico del lavoro, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2009. Il Presidente: Amirante Il redattore: Cassese Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 13 marzo 2009. Il direttore della cancelleria: Di Paola