N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2009

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 13 maggio 2009 (del Commissario  dello  Stato  per  la
Regione Siciliana). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -
  Patto di stabilita' regionale - Censimento degli alloggi popolari -
  Interventi per l'edilizia abitativa - Definizione  agevolata  delle
  violazioni  relative  al  tributo  speciale  per  il  deposito   in
  discarica dei rifiuti solidi - Tariffa per la  gestione  del  ciclo
  integrato dei rifiuti - Concessione di  contributi  -  Ricorso  del
  Governo  -  Denunciata  lesione  delle   prerogative   legislative,
  amministrative e finanziarie dello  Stato,  violazione  del  canone
  dell'intangibilita' del giudicato e del  principio  di  separazione
  tra le funzioni dello  Stato,  lesione  dell'autonomia  degli  enti
  locali,  lesione  del  diritto  di  difesa  e  del   principio   di
  effettivita' della tutela giurisdizionale, lesione del principio di
  buon  andamento  della  pubblica   amministrazione,   lesione   del
  principio della copertura finanziaria degli oneri e del divieto  di
  istituire nuovi tributi e nuove spese con la legge di  approvazione
  di bilancio. 
- Delibera legislativa della Regione Siciliana  30  aprile  2009,  n.
  250, artt. 8, comma 3, 29, comma 1, 1-ter, 34, 58, 61, commi 2 e 3,
  e 77. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 24, 81, commi terzo e  quarto,  97,  100,
  103, 113, 114, 117,  117,  comma  secondo,  lett.  e),  119,  commi
  secondo e quinto, e 120; statuto della Regione Siciliana, artt. 14,
  15, comma secondo, 17 e 36; decreto del Presidente della Repubblica
  26 luglio 1965, n. 1074. 
(GU n.23 del 10-6-2009 )
    L'Assemblea regionale Siciliana, nella seduta del 30 aprile 2009,
ha approvato il disegno di legge  n.  250  dal  titolo  «Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2009»,  pervenuto  a  questo
Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi e per  gli
effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 4 maggio 2009. 
    La suddetta delibera  legislativa  contiene,  negli  articoli  8,
terzo comma, 29, 34, 58, 61, secondo e terzo comma e 77, disposizioni
che danno adito a censura di incostituzionalita' per  le  motivazioni
che di seguito si espongono. 
    In particolare: 
        1. l'art. 8 «Patto di stabilita» recita  come  segue:  1.  Al
fine di  evitare  che  la  crisi  economica  in  atto  abbia  pesanti
refluenze sull'occupazione e sulle condizioni di vita  dei  cittadini
residenti nel proprio territorio, la regione mette in atto azioni  di
sostegno  dell'economia  reale,  nell'ambito  del  piano  europeo  di
ripresa economica di cui alla Comunicazione della Commissione  2009/C
16/01. pubblicata nella G.U.U.E. del 22 gennaio 2009 serie C 16/1. 
        2. in armonia con quanto previsto dal patto di cui  al  comma
1, la  regione  si  avvale  della  flessibilita'  nella  politica  di
bilancio offerta dal piano di stabilita' e di crescita,  al  fine  di
dare concreta attuazione agli interventi ed alle misure  anticicliche
da realizzare da parte degli enti locali. 
        3. Per la definizione del patto di  stabilita'  regionale  di
cui all'art. 24  della  legge  regionale  16  aprile  2003,  n.  4  e
successive  modifiche  ed  integrazioni,   gli   enti   locali   sono
autorizzati per gli esercizi finanziari 2009-2010 a non tenere  conto
degli   stanziamenti   e   delle   erogazioni   relativi   a    spese
d'investimento. 
        4. I trasferimenti a carico del bilancio regionale  ai  sensi
dell'art. 4 della legge regionale 14 aprile 2006, n. 16, e  le  somme
previste nei bilanci degli enti locali finalizzate  al  finanziamento
delle misure di stabilizzazione dei precari ex lavoratori socialmente
utili (LSU) previsti dalle leggi regionali 21 dicembre 1995, n. 85  e
n. 16/2006, non sono considerate tra le spese  correnti  soggette  al
vincolo del patto di stabilita' e ai fini della determinazione  della
base di calcolo delle spese di personale. 
    La disposizione contenuta nel terzo  comma  del  sopra  riportato
articolo laddove prevede l'esclusione  totale  degli  stanziamenti  e
delle   erogazioni   relativi   a    spese    d'investimento    dalla
contabilizzazione  da  parte  degli  enti  locali   ai   fini   della
definizione del patto di stabilita' regionale, si pone  in  contrasto
con gli articoli 117, 119, secondo comma, e 120 della Costituzione. 
    Infatti, sulla base degli articoli 77-bis e  77-ter  del  decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in legge
6 agosto 2008, n. 133, che  costituiscono  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica ai fini della tutela dell'unita'
economica  della  Repubblica  (Corte   costituzionale   sentenze   n.
159/2008, n. 35/2005 e n. 36/2004), la  competenza  delle  regioni  a
statuto speciale in materia di patto si stabilita' di cui al comma  6
del predetto art. 77-ter e' riconosciuta alle sole autonomie speciali
che erogano le risorse per la finanza locale e non  anche  a  quelle,
come la Sicilia, nei cui territori le suddette  risorse  sono  ancora
trasferite agli enti locali dal Ministero dell'interno. 
    Gli  enti  locali  della  regione,  dal  1999   ad   oggi,   sono
assoggettati  alle  regole  generali   dettate   dalla   legislazione
nazionale, con conseguente  monitoraggio  e  verifica  da  parte  del
Ministero dell'economia e delle finanze. 
    Peraltro, qualora le disposizioni  contenute  nel  cennato  terzo
comma  siano  da  ritenersi  adottate  in  attuazione  del  comma  11
dell'art. 77-ter del d.l. n. 112/2008, non solo non e' dato  evincere
dalla lettera della norma ne' dai lavori preparatori che siano  state
seguite le procedure indicate  nel  medesimo  comma  11  e  nell'art.
7-quater, comma 7, del d.l. 10 febbraio 2009, n.  5,  convertito  con
modificazioni con la legge  n.  33/2009,  ma  che,  soprattutto,  sia
garantito «l'obiettivo complessivamente determinato  in  applicazione
dell'art. 77-bis del citato d.l. n. 112/2008»  per  gli  enti  locali
della regione. 
    Infine  la   generalizzata   esclusione   di   tutte   le   spese
d'investimento  dal  patto  di  stabilita'  interno  previsto   dalla
disposizione in questione e' idoneo a comportare effetti peggiorativi
sui saldi di finanza pubblica privi di adeguata compensazione. 
    L'art. 29 «Norme in materia di censimento degli alloggi popolari»
recita come segue: All'art. 2 della legge regionale 5 febbraio  1992,
n. 1, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti commi: 
        «1-bis. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari
annualmente provvedono, all'aggiornamento dei dati del censimento con
le modalita' di cui al presente articolo come integrate  dall'art.  1
della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11. 
        1-ter. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case  popolari
possono regolarizzare la posizione dei detentori senza  titolo  degli
alloggi previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto. 
        1-quater.  I  dati  annuali  del  censimento  sono  trasmessi
all'Assessorato regionale dei lavori  pubblici  entro  il  successivo
mese di marzo». 
    La  suddetta  disposizione,  integrando  le  previsioni  di   cui
all'art. 2, primo comma, della l.r. n. 1/1992  con  il  comma  1-ter,
sostanzialmente introduce a  regime  una  indiscriminata  e  generica
sanatoria delle occupazioni sine titulo degli alloggi popolari previo
il  mero  pagamento  delle  mensilita'  del   canone   dovuto   anche
indipendentemente  dalla  verifica   del   possesso   dei   requisiti
prescritti per fruire dei benefici dell'edilizia popolare. 
    La norma peraltro riproduce nella sostanza  analoga  disposizione
contenuta nell'art. 2 della delibera  legislativa  all'origine  della
stessa  legge  regionale  n.  1   del   1992   oggetto   dell'attuale
integrazione e dichiarata da codesta ecc.ma Corte  costituzionalmente
illegittima con sentenza n. 16 del 1992. 
    Il legislatore regionale, infatti, nell'intento di  regolarizzare
l'occupazione abusiva di  alloggi  di  edilizia  sovvenzionata  aveva
allora  tentato  di  introdurre  una   disciplina   consolidante   le
situazioni  di  fatto  costituitesi   illegalmente,   compensando   i
penalizzati  legittimi  assegnatari  con  la  mera  attribuzione   di
precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare. 
    Codesta ecc.ma Corte in quell'occasione, pur prendendo atto delle
difficolta' della regione a fronteggiare emergenze di ordine pubblico
derivanti da operazioni di sgombero coattivo  degli  occupanti  senza
titolo, rilevo' che «una normativa consolidante situazioni  di  fatto
costituitesi illegalmente» e' di per se' causa di ben  piu'  gravi  e
durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile,
dimostrando ai cittadini rispettosi delle leggi  che  essi,  anziche'
tutelati, sono spogliati  delle  loro  spettanze  a  favore  di  chi,
quand'anche spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza fondamentale
dell'abitazione, ha violato la legge. 
    Codesta ecc.ma Corte altresi' soggiunse che si era  toccato  «uno
dei principi costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto  di  farsi
ragione da se' con lesione del diritto altrui e che  ogni  norma  che
sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem
laedere si pone fuori dal quadro dei valori su cui  e'  costruito  lo
Stato di diritto». 
    Ed invero il  legislatore  statale,  proprio  per  impedire  ogni
regolarizzazione postuma di situazioni di  abuso,  ha  comminato  non
solo sanzioni amministrative ma la nullita' assoluta e insanabile  ed
ha  escluso  l'assegnazione  di  alloggi  di  edilizia   residenziale
pubblica  per  chiunque  occupi  un  alloggio  senza  le   prescritte
autorizzazioni (legge n. 513/1977, art. 26). 
    Le medesime identiche considerazioni sono pertinenti  anche  alla
norma in questione. 
    Inoltre, anche a voler considerare la disposizione  in  questione
quale norma di sanatoria e come tale non costituzionalmente  preclusa
in via di  principio,  secondo  costante  giurisprudenza  di  codesta
ecc.ma Corte (ex plurimis sentenze n. 402 del 1993 e n. 474 del 1989)
essa  deve  essere   comunque   soggetta   ad   uno   «scrutinio   di
costituzionalita'   estremamente   rigoroso»   volto   a   verificare
l'esistenza  «di  uno  stretto   collegamento   con   le   specifiche
peculiarita'  del  caso  tali  da  escludere  che   possa   risultare
arbitraria la  sostituzione  della  disciplina  generale  con  quella
eccezionale successivamente emanata». Ma  anche  cosi'  la  norma  in
oggetto non puo' ritenersi esente da censura. 
    Essa infatti  si  rivela  manchevole  perche'  non  sostenuta  da
interessi   pubblici   legislativamente   rilevanti   di   preminente
importanza generale, quali, ad esempio, il diritto  all'abitazione  e
il mantenimento della sicurezza pubblica,  cosi'  come  richiesto  da
codesta Corte in numerose pronunce (sentenza  n.  94/1995),  giacche'
non e' emerso dal dibattito parlamentare, ne' risulta  agli  atti  di
questo ufficio,  l'attuale  esistenza  nella  regione  di  diffuse  e
consolidate situazioni di  fatto  costituitesi  illegalmente  la  cui
eliminazione  o  contrasto  potenzialmente   potrebbe   compromettere
l'ordine pubblico o essere particolarmente onerosa  per  la  pubblica
amministrazione. 
    Ma vi e' di piu', la norma introduce a regime e senza  limite  di
tempo l'annuale possibilita' di «regolarizzare» le  detenzioni  senza
titolo prescindendo dalla decorrenza e dalla durata delle stesse che,
per ipotesi, potrebbero  avere  inizio  pure  nella  prospettiva  dei
periodici censimenti, cosi' ponendo i presupposti per  una  sorta  di
procedura  di  acquisizione  delle  abitazioni  popolari  del   tutto
fattuale e fondata anche su comportamenti estranei alle  esigenze  ed
ai  principi  costituzionali  della  coesione  e  della  solidarieta'
sociale richiamati dall'art. 119, quinto comma, della Costituzione. 
    La norma di cui trattasi ed in  particolare  l'inciso  «1-ter.  I
comuni  e  gli  Istituti  autonomi  per  le  case  popolari   possono
regolarizzare la posizione dei detentori senza titolo  degli  alloggi
previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto», appare idonea a
regolarizzare e ad incoraggiare situazioni di  abuso  e  pertanto  si
pone in palese contrasto con gli articoli 3, 97 e 119,  quinto  comma
della  Costituzione,  non  riscontrandosi  peraltro,  nello   Statuto
Speciale, ove pure e' attribuita alla competenza regionale la materia
lavori  pubblici,  alcuna  disposizione  che  consenta  alla  Regione
Siciliana  una  siffatta   specifica   estensione   della   autonomia
legislativa. 
        L'art. 34 «Programma di interventi per l'edilizia  abitativa»
recita come segue: 1. Entro 60 giorni dall'entrata  in  vigore  della
presente legge, l'Assessore regionale per i lavori  pubblici,  previa
delibera  della  Giunta  regionale,  predispone   un   programma   di
iniziative volte alla realizzazione di alloggi, nonche'  di  edilizia
residenziale universitaria  anche  mediante  il  recupero  di  unita'
immobiliari  degradate,  e  di  iniziative  volte  all'adeguamento  a
criteri   antisismici,   alla   riqualificazione   urbana   ed   alla
riqualificazione  energetica  di  edifici  di   proprieta'   pubblica
destinati ad alloggi popolari. Il programma di cui al presente  comma
e' approvato dall'Assessore regionale per i lavori  pubblici  sentito
il parere delle  competenti  Commissioni  legislative  dell'Assemblea
regionale siciliana, da rendersi entro 15 giorni dall'assegnazione. 
        2. In particolare il programma di cui al comma 1 finanzia: 
        a) il recupero e la riqualificazione  energetica  di  alloggi
degradati e non abitati, di proprieta' degli Istituti  autonomi  case
popolari e dei comuni; 
        b)   lo   scorrimento   della   graduatoria   dell'iniziativa
«Contratti di quartiere II», per le proposte ammesse e non finanziate
con risorse dello Stato e della regione; 
        c)  un'ulteriore  dotazione  di  risorse  del  «Programma  di
riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile» di  cui  al
decreto dell'Assessore regionale per i lavori pubblici dell'11 luglio
2008, al fine di ampliare il numero  delle  proposte  ammissibili  al
finanziamento; 
        d) l'acquisto da parte dei comuni capoluoghi di provincia, di
alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica; 
        e) i programmi integrati predisposti dai comuni. 
    3. Il programma di cui al comma 1 ripartisce le risorse  in  modo
che alle iniziative di cui alla lettera a) di  cui  al  comma  2  sia
destinato non meno del 20 per cento dello  stanziamento  disponibile,
alle iniziative di cui alla lettera b) non meno  del  25  per  cento,
alle iniziative di cui alla lettera c) non meno  del  15  per  cento,
alle iniziative di cui alla lettera d) non meno  del  15  per  cento,
alle iniziative di cui alla lettera e) non meno del 25 per cento. 
        4. Al finanziamento del programma di cui al presente articolo
ed entro il limite di spesa di 80.000 migliaia di  euro  si  provvede
mediante l'utilizzo delle risorse disponibili sui programmi ex Gescal
a titolarita' regionale di cui alla specifica  convenzione  stipulata
in data 18 luglio 2001 tra la regione e la Cassa depositi e prestiti. 
    La sopra riportata disposizione relativa  alla  realizzazione  di
interventi per l'edilizia abitativa il cui finanziamento comporta una
spesa di 80.000 migliaia di euro si pone in contrasto con  l'articolo
81, quarto  comma  della  Costituzione  in  quanto  priva  di  idonea
sufficiente copertura finanziaria. 
    A seguito della richiesta di  chiarimenti  ai  competenti  uffici
regionali, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, e'  pervenuta
a  questo  Commissario  la  documentata  nota  prot.  n.  31250   del
Dipartimento lavori pubblici dell'Assessorato lavori pubblici, datata
8 maggio 2009 in cui testualmente si afferma che  «le  disponibilita'
residuali sui  programmi  ex  GES.CA.L.  non  si  ritiene  consentano
certezze per far fronte alle necessita' sopra rappresentate  e  tanto
meno per il finanziamento del programma di intervento per  l'edilizia
abitativa indicato dall'art. 34 del disegno di legge n.  250  recante
«Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009». 
    L'art. 58 «Definizione agevolata  delle  violazioni  relative  al
tributo speciale per il deposito in  discarica  dei  rifiuti  solidi»
recita come segue: 1. Le violazioni riguardanti il  tributo  speciale
per il deposito in discarica dei rifiuti solidi  di  cui  all'art.  2
della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 e  successive  modifiche  ed
integrazioni, commesse dal 1° febbraio  2003  al  31  dicembre  2008,
attinenti  agli  obblighi  di  dichiarazione,  di  versamento  e   di
registrazione delle operazioni  di  conferimento  in  discarica,  non
adempiuti o irregolarmente adempiuti, possono essere  definite  senza
irrogazione di sanzioni e senza applicazione di interessi. 
        2. La definizione avviene  mediante  la  presentazione  delle
dichiarazioni omesse e la regolarizzazione di dicembre 2009. 
        3. Nello stesso termine di cui  al  comma  2,  devono  essere
sanate le irregolarita' e le omissioni di versamento del tributo. 
        4. Salvo quanto disposto ai  commi  2  e  3,  gli  avvisi  di
accertamento e di liquidazione notificati entro la data di entrata in
vigore della presente legge, ancorche' divenuti definitivi per omessa
impugnazione nei termini e non  seguiti  dal  pagamento  delle  somme
accertate o liquidate, possono essere definiti con il  pagamento  del
tributo, con abbuono degli interessi e delle sanzioni. 
        5.  Se  l'accertamento   concerne   l'omessa   o   l'infedele
dichiarazione,  esso  puo'   essere   definito   con   il   pagamento
dell'imposta o della maggiore imposta accertata e con  abbuono  degli
interessi e delle sanzioni. 
        6. Il pagamento del tributo definito ai sensi dei commi 4 e 5
deve avvenire entro il  30  giugno  2009.  Nello  stesso  termine  il
contribuente deve presentare o spedire alla provincia  un'istanza  di
definizione  dell'atto  d'imposizione,  indicando  gli   estremi   di
quest'ultimo e quelli dei versamento. 
        7. La presentazione dell'istanza di cui al comma  6  comporta
la sospensione del procedimento giurisdizionale, in qualunque stato e
grado questo sia eventualmente pendente, ai sensi dell'art. 13, comma
2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 
        8. A tal fine, il contribuente  deve  presentare  al  giudice
dinnanzi al quale pende il procedimento una  domanda  di  sospensione
correlata della fotocopia dell'istanza di cui  al  comma  6  e  della
relativa ricevuta di presentazione. 
        9. Il procedimento e' sospeso per la durata di 2 anni. 
        10. Conclusasi la  durata  della  sospensione,  la  provincia
comunica al giudice 1'estinzione della lite per cessata  materia  del
contendere, ovvero la ripresa d'ufficio del processo sospeso. 
        11. Sulla base delle istanze prodotte ai sensi del  comma  6,
entro dodici  mesi  la  provincia  dispone  lo  sgravio  delle  somme
eventualmente gia' iscritte a ruolo. Lo sgravio e'  preceduto  da  un
provvedimento di sospensione degli atti esecutivi da  trasmettere  al
concessionario  entro  trenta  giorni   dalla   presentazione   delle
istanze.» 
    La disposizione introduce, richiamando  la  previsione  dell'art.
13, comma 2 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002, una «definizione
agevolata delle violazioni», applicando al tributo  speciale  per  il
deposito in discarica dei rifiuti solidi, di  cui  all'art.  2  della
l.r. n. 6/1997,  l'abbuono  di  sanzioni  ed  interessi  relativi  al
mancato  e/o  irregolare  rispetto  dell'obbligo  di   dichiarazione,
versamento  e  registrazione  delle  operazioni  di  conferimento  in
discarica,  ancorche'  siano  stati  emessi  avvisi  di  accertamento
divenuti definitivi per omessa impugnazione nei termini. 
    Il tributo in  parola,  istituito  dall'art.  3  della  legge  28
dicembre 1995 n. 549, come acclarato da codesta  ecc.ma  Corte  nella
sentenza n. 335 del 2005, «e' da considerarsi statale e  non  proprio
della regione, senza che rilevi, in  contrario,  la  devoluzione  del
relativo gettito alle regioni (in questo senso, ex plurimis, sentenze
n. 241, n. 381 e n. 431 del 2004 in tema di IRAP; sentenze n.  297  e
n. 311 del 2003, in tema  di  c.d.  tassa  automobilistica),  con  la
conseguenza che, salvi i casi previsti dalla legge statale,  si  deve
tuttora ritenere preclusa la potesta' delle regioni di legiferare sui
tributi esistenti e regolati da leggi statali (cfr.  sentenza  n.  37
del 2004)». 
    Detta preclusione opera anche  per  la  Regione  Siciliana,  come
codesta ecc.ma Corte ha chiarito nella recente sentenza  n.  442  del
2008, atteso che l'art.36 dello  statuto  speciale  e  l'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del 1965 «riservano alla competenza di quest'ultima la
potesta' legislativa  nella  materia  dei  tributi  deliberati  dalla
medesima». 
    La regione quindi non ha competenza legislativa per modificare  i
termini, le procedure  di  accertamento,  le  modalita',  l'ammontare
delle sanzioni definite puntualmente dal legislatore statale ai commi
31, 32 e 33 del prima menzionato articolo 3 della legge  n.  549  del
1995, essendo demandato al legislatore regionale, al successivo comma
34, la disciplina dell'accertamento, della riscossione, dei  rimborsi
e del contenzioso amministrativo per quanto non previsto dalla  norma
statale, ipotesi cui non e' riconducibile la  «definizione  agevolata
delle violazioni» teste' introdotta. 
    Ne' puo' accreditare la competenza del legislatore  regionale  in
subiecta materia il  richiamo  operato  al  comma  7,  nei  confronti
dell'art. 13, comma 2 della legge  n.  289/2002.  Questo  infatti  fa
esclusivo testuale  riferimento  ai  tributi  propri  delle  regioni,
province e comuni, mentre il tributo  speciale  per  il  deposito  in
discarica dei rifiuti solidi ha - come si e' detto - natura erariale. 
    Il legislatore regionale quindi, intervenendo in una materia  non
attribuitagli dallo Statuto, ma rientrante nella competenza esclusiva
dello Stato, si pone in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lett. e) della Costituzione, atteso che la disposizione in parola non
e' neppure  riconducibile  ad  alcuna  delle  materie  di  competenza
legislativa elencate nello statuto speciale. 
        L'art. 61 «Misure di contenimento dell'emergenza ambientale»,
recita come segue: 1. La Regione, per il tramite  dell'Agenzia  delle
acque e dei rifiuti, provvede, ove indfferibilmente necessario, entro
10 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, alla nomina di
commissari ad acta  presso  i  comuni  e  le  societa'  d'ambito  con
i'incarico di individuare ed attuare  le  operazioni  necessarie  per
monetizzare i  crediti  legittimamente  vantati  dai  singoli  ambiti
territoriali ottimali (ATO) alla data del 31 dicembre  2008,  facendo
ricorso  ad  operazioni  finanziarie  assistite,  anche  mediante  il
supporto della regione,  la  quale  puo'  avvalersi  di  uno  o  piu'
advisor. I  commissari  ad  acta  procedono,  altresi',  alla  totale
liquidazione dei debiti anche attraverso procedure transattive. 
        2. Sono fatti salvi gli atti di determinazione della  tariffa
per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti  di  cui  al  decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  e  successive  modifiche   ed
integrazioni,  adottati  dalle  societa'  d'ambito  per  la  gestione
integrata  dei  rfiuti  in  esecuzione  dell'ordinanza  del  Ministro
dell'interno delegato per il coordinamento della  Protezione  civile,
n. 2983 del  31  maggio  1999,  come  successivamente  modificata  ed
integrata,  nonche'  dell'ordinanza  del  Commissario  delegato   per
l'emergenza dei rifiuti e la tutela delle acque della Sicilia  dell'8
agosto 2003, n. 885, anche in assenza dell'adozione  del  regolamento
previsto  dall'art.  238,   sesto   comma,   del   predetto   decreto
legislativo. 
        3. Nelle more dell'adozione del regolamento di cui al comma 2
la tariffa per  la  gestione  del  ciclo  integrato  dei  rifiuti  e'
determinata  ed   approvata   dalle   Autorita'   d'ambito   ottimale
territoriale ai sensi dell'ordinanza  del  Commissario  delegato  per
i'emergenza rifiuti in Sicilia n. 885/2003 ed e' applicata e riscossa
dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata. 
        4. Gli ATO rifiuti non possono  procedere  ad  assunzioni  di
personale amministrativo appartenente a qualunque categoria, comprese
quelle protette,  ne'  espletare  procedure  concorsuali,  fino  alla
definizione dei nuovi ambiti territoriali di cui  all'art.  45  della
legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2. Le  procedure  concorsuali  in
itinere debbono essere revocate. 
    I commi 2 e 3 del sopratrascritto art.  61  contrastano  con  gli
artt. 3, 5, 24, 100, 103, 113 e 114 della Costituzione, oltre che con
l'art. 15, comma 2, dello statuto speciale, in quanto,  da  un  lato,
violano il canone dell'intangibilita' del giudicato e  del  principio
di  separazione  tra  le  funzioni  dello  Stato,  che  preclude   al
legislatore di  invadere  la  sfera  di  attribuzione  dell'autorita'
giurisdizionale privandola del potere  di  affermazione  del  diritto
gia' accertato in  maniera  definitiva  e,  deall'altro  sono  lesivi
dell'autonomia degli enti territoriali facenti parte dell'A.T.O. 
    La  disposizione  in  questione  e'  stata  infatti  proposta  ed
approvata successivamente al deposito, avvenuto il 9  febbraio  2009,
della sentenza n. 48/2009 del Consiglio di  giustizia  amministrativa
per la Regione Siciliana, che ha accolto l'appello di un'associazione
di utenti e dichiarato illegittima per violazione dell'art.  238  del
d.lgs.  3  aprile  2006,  n.  152,  la  deliberazione  dell'assemblea
ordinaria di una societa' d'ambito con la quale era stata adottata la
tariffa di igiene ambientale  per  gli  anni  2006/2007,  determinata
secondo i criteri dell'ordinanza del Ministro  dell'interno  n.  2983
del 31 maggio 1999 e del Commissario  delegato  per  l'emergenza  dei
rifiuti e la tutela delle acque della Sicilia n.  885  dell'8  agosto
2003. 
    L'alto  Consesso  ha  infatti  rilevato  che  la   determinazione
commissariale delle tariffe di  igiene  ambientale  non  puo'  essere
direttamente  traslata  al  di  fuori  del  procedimento  del  citato
articolo 238 del  d.lgs.  n.  152/2006  dalle  societa'  d'ambito  ai
cittadini, in quanto la stessa  ordinanza  di  protezione  civile  ha
previsto  che  «le  amministrazioni  competenti  provvederanno   alla
gestione ordinaria con le proprie disponibilita» le quali non possono
che essere quelle conseguenti all'applicazione delle ordinarie  norme
tariffarie allorche' il servizio e' gestito, come nel caso in  esame,
dalle societa' d'ambito. 
    Il  Consiglio  di  giustizia   amministrativa   si   e'   inoltre
pronunciato nel senso che, fin quando non sara'  operativo  il  nuovo
meccanismo tariffario disciplinato dal citato art. 238,  le  societa'
d'ambito «non possono che gestire il servizio sulla scorta del regime
tariffario stabilito dai comuni ricompresi nell'A.T.O.». 
    Le disposizioni di cui trattasi, pur se  appaiono  stabilire  una
regola   astratta,   nella   realta'    esercitano    una    funzione
provvedimentale concreta, che vanifica gli effetti di un giudicato  e
si sovrappone in via sostitutiva per  il  passato  e  per  il  futuro
all'autonoma determinazione degli enti locali facenti parte dei  vari
Ambiti    Territoriali    Ottimali    neutralizzandone    l'autonomia
riconosciuta e garantita dagli articoli 5 e 114 della Costituzione  e
15 dello statuto speciale. 
    La norma contenuta nel secondo comma inoltre si pone in contrasto
con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto lede il diritto
di  difesa   ed   il   principio   di   effettivita'   della   tutela
giurisdizionale poiche' nei fatti vanifica il diritto esercitato  dai
ricorrenti con la  proposizione  dell'azione  e  soddisfatto  con  la
pronuncia  di  accoglimento  dell'appello,  alterando   altresi'   la
regolamentazione degli  interessi  stabiliti  dalla  citata  sentenza
esecutiva del Consiglio di giustizia amministrativa. 
    Il legislatore interviene infatti  successivamente  all'esercizio
dell'azione con  una  disposizione  che  pone  nel  nulla  la  tutela
giurisdizionale,  senza  accompagnare   tale   intervento   con   una
disciplina satisfattiva delle posizioni giuridiche degli  interessati
ricorrenti. 
    Va inoltre rilevato che, secondo  consolidata  giurisprudenza  di
codesta eccellentissima Corte (ex  plurimis  sentenza  n.  267/2007),
sebbene non sia preclusa al legislatore la possibilita'  di  attrarre
nella propria sfera  di  disciplina  oggetti  o  materie  normalmente
affidate   all'autorita'    amministrativa,    tali    leggi,    c.d.
«provvedimento», sono ammissibili entro il limite del rispetto  della
funzione giurisdizionale in ordine  alla  decisione  delle  cause  in
corso (sentenze n. 492 del 1995. n. 346 del 1991 e n. 143 del 1989). 
    Codesta ecc.ma Corte ha altresi' chiarito (sentenza  n.  282  del
2005) che l'emanazione di legge con efficacia retroattiva,  quale  la
disposizione del secondo comma in questione, incontra  una  serie  di
limiti che attengono alla  salvaguardia  di  fondamentali  valori  di
civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello
stesso ordinamento, fra cui va ricompreso il rispetto delle  funzioni
riservate al potere  giudiziario,  essendo  precluso  al  legislatore
intervenire con norme aventi portata retroattiva, come  nel  caso  in
specie, per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 525  del
2000). 
    Va infine considerato che, anche non tenendo conto degli  effetti
della disposizione sul giudicato gia' formatosi  e  valutandola  come
norma di sanatoria, di per se'  non  preclusa  costituzionalmente  al
legislatore, la stessa non  supera  il  piu'  rigoroso  scrutinio  di
costituzionalita' richiesto da  codesta  ecc.ma  Corte  (sentenza  n.
94/1995) in mancanza di interessi pubblici legislativamente rilevanti
e di  preminente  importanza  generale  emersi  nel  corso  dell'iter
parlamentare  o  di   chiarimenti   da   parte   dell'amministrazione
regionale, richiesti ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969. 
    Inoltre la disposizione di cui al terzo comma in  questione  ove,
sino all'approvazione del regolamento previsto dall'art.  238,  comma
6, del d.lgs. n. 152/2006,  si  attribuisce  a  regime  all'autorita'
d'ambito ottimale territoriale il compito di determinare ed approvare
la tariffa in questione, configura una manifesta  compressione  delle
autonomie locali. 
    Infatti, benche' siano componenti dell'assemblea dei  soci  della
societa'  d'ambito  in   virtu'   del   loro   generale   potere   di
rappresentanza e sovrintendenza dei servizi e degli uffici  comunali,
i sindaci dei comuni appartenenti all'ambito  territoriale  non  sono
titolari di un proprio potere  di  determinare  la  disciplina  delle
tariffe per la fruizione di beni e servizi, essendo esso di esclusiva
competenza del Consiglio comunale, organo rappresentativo dell'intera
collettivita' locale. 
    La potesta' legislativa regionale in  materia  di  ordinamento  e
regime degli enti locali prevista dallo statuto speciale non puo' del
resto  spingersi  sino  a  modificare,  per  una   singola   materia,
l'ordinario riparto  di  competenza  tra  gli  organi  delle  singole
istituzioni locali, riservato ai rispettivi statuti e protetto  anche
dal comma 2 dell'art. 15 dello statuto speciale ove  si  afferma  per
gli enti locali la piu' ampia autonomia amministrativa e funzionale. 
        L'art. 77 «Norme in materia  di  concessione  di  contributi»
recita come segue: 1. A decorrere dall'esercizio finanziario 2009, e'
soppressa la  lettera  h)  del  comma  2,  dell'art.  3  della  legge
regionale 27 aprile  1999,  n.  10.  Sono  abrogate  tutte  le  norme
autorizzative di  spesa  relativi  agli  interventi  riportati  nella
tabella «H» allegata alla legge regionale 6 febbraio 2008, n. 1. 
        2.  A   decorrere   dall'esercizio   finanziario   2009   gli
stanziamenti di bilancio dei capitoli di spesa contrassegnati con  la
nota «F» sono previsti ed autorizzati annualmente  con  la  legge  di
approvazione del bilancio. 
        3. A decorrere  dall'esercizio  finanziario  2009,  le  spese
relative ai capitoli contrassegnati con la nota «A» sono  autorizzate
annualmente per gli importi determinati con la legge di  approvazione
del bilancio per  l'esercizio finanziario 2009. 
    La  sopra  riportata  disposizione  da'  adito   a   censure   di
incostituzionalita' per violazione degli articoli 81, terzo e  quarto
comma, e 97 della Costituzione. 
    Essa, da un canto,  abroga  dal  corrente  anno  tutte  le  norme
autorizzative di  spesa  relative  agli  interventi  riportati  nella
tabella  H  allegata  alla  l.r.  n.  1/2008  e,  dall'altro,  con  i
successivi commi 2 e  3  autorizza  «tout  court»  l'inserimento  nel
bilancio  di  previsione  di  capitoli  di   spesa   attinenti   alla
concessione di contributi contrassegnati con la nota A e F. 
    Preliminarmente  si  osserva  che   nella   nota   contenente   i
chiarimenti resi dall'amministrazione regionale ai sensi dell'art.  3
del d.P.R. n. 488/1969 si afferma testualmente «che a  seguito  della
decisione assembleare  dell'articolo  in  questione  e  dei  relativi
documenti allegati» «e' stato fornito dall'ARS un elenco  esplicativo
degli interventi riconducibili ai richiamati commi 2 e 3». Ed  invero
nel  resoconto  stenografico   provvisorio   n.   88   della   seduta
dell'Assemblea di mercoledi' 29 - giovedi' 30 aprile 2009 (pag.  142)
risulta la votazione ed approvazione dell'art. 66  (attuale  articolo
77) «con le tabelle allegate  cosi'  come  risultava  dalla  modifica
della soppressione della tabella H». 
    Tuttavia nel testo della delibera legislativa relativa al disegno
di legge n. 250 dal titolo «Disposizioni programmatiche e  correttive
per l'anno 2009» trasmesso dalla regione a questo  Commissario  dello
Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello  Statuto,  il  4
maggio 2009 non risulta alcun allegato specifico riferibile  all'art.
77. 
    Al  riguardo,  si  rileva   che   l'estrema   genericita'   delle
disposizioni di cui trattasi potrebbe  dare  origine,  come  gia'  si
prospetta  nel  corrente  esercizio  finanziario,  a  situazioni   di
compromissione del principio costituzionale del buon andamento  della
pubblica amministrazione. 
    La norma, infatti, attesa la suddetta genericita' e  la  mancanza
di un atto formale  pubblico  che  ne  definisca  i  contenuti  e  ne
circoscriva gli effetti, non puo' essere considerata atta a contenere
l'autorizzazione  a  nuove  o  maggiori  spese  non   preventivamente
«normate» e la conseguente iscrizione di nuovi capitoli nel  bilancio
della regione. 
    Da un sommario esame del c.d. allegato tecnico  al  bilancio  (di
cui si allega uno stralcio), contenente la ripartizione  in  capitoli
delle unita' previsionali di base relative al bilancio di  previsione
per il corrente esercizio finanziario  autorizzato  con  la  delibera
legislativa n. 249 approvata nella seduta del 30 aprile 2009,  si  e'
avuto modo di riscontrare l'iscrizione di ben oltre un  centinaio  di
nuovi  capitoli  di  spesa,  suddivisi  fra  le  varie  rubriche   di
pertinenza dei diversi Assessorati, tutti relativi ad  erogazioni  di
contributi  ad  enti,  organismi,  associazioni  talora  di  notevole
ammontare. Di  tali  capitoli  di  spesa,  almeno  quarantasette  non
consentono l'individuazione certa dei destinatari  della  provvidenza
pubblica (ad esempio capitoli 377832, 377833, 37809  etc.);  e  nella
prevalenza dei casi non e' indicata la  finalita'  per  la  quale  il
contributo e' assegnato (es. cap. 377823, 473719, 473726 etc.). 
    In due capitoli manca l'indicazione della natura del beneficiano,
la sede, l'attivita' svolta  e  la  finalita'  dell'erogazione  (cap.
377789 e cap. 377818). 
    Tutti  i  capitoli  in  questione  recano  come   «nomenclatore»,
ovverossia come normativa che legittima e disciplina le modalita'  di
erogazione delle risorse economiche, l'acronimo «L.F.0/2009» cioe' la
delibera legislativa n. 250 e quindi l'articolo 77 in questione. 
    L'ampiezza dell'effetto gia' riscontrabile nell'allegato tecnico,
riguardante decine di enti operanti in  realta'  e  settori  diversi,
unitamente ai costi previsti ed al  fatto  che  gli  assegnatari  dei
contributi  siano  sostanzialmente  individuati  a   prescindere   da
procedure volte a verificare il possesso dei requisiti e la rilevanza
sociale dell'attivita', induce a ritenere  compromesso  il  principio
costituzionale del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
sancito dall'articolo 97 della Costituzione. 
    La non rinvenibile indicazione  delle  finalita'  del  contributo
erogato  renderebbe  peraltro  difficile  la  rendicontazione  e   la
verifica della effettiva destinazione  ad  attivita'  meritevoli  del
sostegno pubblico. 
    Le cennate censure vanno tutte estese per interconnessione logica
al primo comma, che appare  in  stretto  rapporto  funzionale  con  i
successivi commi 2 e 3. 
    Non puo' infine non evidenziarsi  come  la  norma  contenuta  nel
terzo comma, ove consente a decorrere dal 2009 e quindi anche per gli
esercizio futuri,  la  generica  autorizzazione  all'inserimento  nel
bilancio per gli importi determinati con la legge di approvazione del
documento  finanziario  per  il  corrente  anno,  si  pone  anche  in
contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione. 
    Nel prospetto allegato all'art. 79 della delibera legislativa  n.
250 in esame,  in  cui  sono  riportati  gli  effetti  della  manovra
finanziaria per il triennio 2009-2011 nel riquadro B2 «maggiori spese
finali» nella parte relativa all'art. 77, comma 3, infatti, non viene
prevista alcuna spesa per gli anni 2010  e  2011  e  conseguentemente
alcuna copertura finanziaria degli oneri. 
    Da ultimo, si rileva che qualora trovasse applicazione l'art. 77,
norma come prima argomentato da non potersi considerare  di  per  se'
specifica autorizzazione di nuove o maggiori spese, poiche' priva  di
indicazioni sui destinatari dei contributi o  di  specifiche  tabelle
allegate, sarebbe consentito l'inserimento di nuove spese  con  legge
di  bilancio  in  violazione  dell'art.   81,   terzo   comma   della
Costituzione. 
                              P. Q. M. 
    Con riserva di presentazione di memorie illustrative nei  termini
di legge, il sottoscritto prefetto dott. Alberto 
    Di Pace, Commissario dello Stato per  la  Regione  Siciliana,  ai
sensi dell'art. 28 dello  statuto  speciale,  con  il  presente  atto
impugna le sottoelencate disposizioni del disegno di legge n. 250 dal
titolo «Disposizioni programmatiche e  correttive  per  l'anno  2009»
approvato dall'Assemblea regionale il 30 aprile 2009: 
        art. 8, comma 3  per  violazione  degli  articoli  117,  119,
secondo comma e 120 della Costituzione; 
        art. 29 limitatamente  all'inciso  «1-ter.  I  Comuni  e  gli
Istituti autonomi per  le  case  popolari  possono  regolarizzare  la
posizione dei detentori senza titolo degli alloggi  previo  pagamento
delle mensilita' del canone dovuto», per violazione degli articoli 3,
97 e 119, quinto comma, della Costituzione; 
        art. 34 per  violazione  dell'art.  81,  quarto  comma  della
Costituzione; 
        art. 58, per violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lett.
e) della Costituzione e degli articoli 14,  17  e  36  dello  statuto
speciale della Regione Siciliana, nonche' del d.P.R. 26  luglio  1965
n. 1074; 
        art. 61, commi 2 e 3, per violazione degli articoli 3, 5, 24,
100, 103, 113 e 114 della Costituzione e dell'art. 15, comma 2, dello
statuto speciale della Regione Siciliana; 
        art. 77 per violazione degli articoli 97 e 81, terzo e quarto
comma, della Costituzione. 
          Palermo, addi' 9 maggio 2009 
    Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana: Di Pace