N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 luglio 2009

Ordinanza del 29 luglio 2009 emessa dalla Corte d'appello  di  Trento
nel procedimento civile promosso da O.E. ed altri contro Sindaco  del
Comune di Trento. 
 
Matrimonio - Richiesta di pubblicazione di matrimonio resa da nubendi
  dello stesso sesso - Rifiuto  opposto  dall'ufficiale  dello  stato
  civile  in  virtu'  della  ritenuta   estraneita'   all'ordinamento
  giuridico italiano dell'istituto del matrimonio tra  persone  dello
  stesso sesso - Reclamo avverso il  decreto  del  tribunale  che  ha
  giudicato legittimo il rifiuto di procedere  alla  pubblicazione  -
  Mancato riconoscimento alle  persone  di  orientamento  omosessuale
  della liberta' di contrarre matrimonio  con  persone  dello  stesso
  sesso - Violazione del divieto  costituzionale  di  discriminazioni
  derivanti  dal  sesso   o   dalle   condizioni   personali   (quali
  l'orientamento   sessuale)    -    Ingiustificata    compromissione
  dell'inviolabile e  fondamentale  diritto  dell'uomo  di  contrarre
  matrimonio, garantito, altresi', dalla Dichiarazione Universale dei
  Diritti dell'Uomo, dalla Convenzione europea  per  la  salvaguardia
  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, e dalla  Carta
  dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Denunciato contrasto
  del divieto di matrimonio tra persone dello  stesso  sesso  con  la
  tutela costituzionalmente garantita alla famiglia,  quale  societa'
  naturale fondata sul matrimonio. 
- Codice civile, artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 29. 
(GU n.41 del 14-10-2009 )
                         LA CORTE D'APPELLO 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in  grado
di appello iscritto a ruolo in data 16  marzo  2009  al  n.  149/2009
R.G.V.G. promosso con ricorso avverso il decreto  n.  727/08  d.d.  5
marzo 2009 del Tribunale di Trento da E. O., L. L., entrambi in T. V.
R., Z.  E.,  M.  O.  entrambe  residenti  in  T.,  v.  A.  G.,  tutti
rappresentati e difiesi dall'avv. Alexander Schuster di  Trento,  per
delega a margine del ricorso di prime  cure  d.d.  20  ottobre  2008,
ricorrenti; 
    Contro sindaco del Comune di Trento, nella qualita' di  ufficiale
di Governo, rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato  di
Trento,  domiciliaria  ex  lege,  residente,  con  l'intervento   del
procuratore generale, interveniente. 
    Oggetto ricorso avverso il decreto n. 727/08 d.d.  5  marzo  2009
del Tribunale di Trento. 
    Letto il reclamo proposto, ai sensi dell'art. 739 c.p.c.,  da  E.
O., L. L., E. Z., M.  O.,  avverso  il  decreto  n.  727/08  d.d.  24
febbraio 2009 del Tribunale di Trento; 
    Uditi i procuratori dei ricorrenti  ed  il  procuratore  generale
all'udienza davanti al Collegio, celebrata in Camera di consiglio  in
data 9 luglio 2009. 
                            O s s e r v a 
    I ricorrenti hanno proposto ricorso avanti al Tribunale di Trento
avverso il provvedimento con cui l'ufficiale dello stato  civile  del
Comune di Trento aveva rifiutato di procedere alla  pubblicazione  di
matrimonio dagli stessi richiesta (da E. O. e L. L. da un lato  e  da
E. Z. e M. O.  dall'altro),  non  ritenendo  ammissibile  nel  nostro
ordinamento giuridico il matrimonio tra persone del medesimo sesso. 
    Il Tribunale di Trento con decreto n.  727/08  d.d.  24  febbraio
2009 ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo il  rifiuto  opposto
dall'ufficiale dello Stato  civile,  osservando  in  sintesi  che  la
disciplina del  matrimonio  prevista  dalla  vigenete  normativa  non
consente di configuare  il  matrimonio  come  un  istituto  giuridico
accessibile a perosne del matrimonio prevista dalla vigente normativa
non  consente  di  configurare  il  matrimonio  come  un   istitituto
giuridico accessibile  a  persone  del  medesimo  sesso,  consistendo
invece nella regolamentazione, sotto molteplici profili,  dell'unione
tra un uomo ed una donna. 
    Con ricorso depositato in data 16 marzo 2009 E. O., L. L., E. Z.,
M. O. hanno impugnato il suddetto decreto, ritenendolo  infondato  ed
errroneo e proponendo in via subordinata  questione  di  legittimita'
costituzionale delle norme  di  cui  agli  articoli  107,  108,  143,
143-bis, 156-bis c.c.,  art.  64,  lettera  e)  d.P.R.  n.  396/2000,
qualora ritenute affermative del principio di diritto secondo cui  il
matrimonio sarebbe istituito riservato a persone di sesso diverso. 
    Non ha resistito a detto gravame il sindaco di Trento, mentre  il
procuratore generale ha dato parere contrario  al  suo  accoglimento,
sotto ogni profilo. 
    La domanda principale e', ad avviso di questa Corte, infondata. 
    Come  recentemente  ricordato  dalla  circolare  ministeriale  n.
55/2007, di cui l'ufficiale  di  Stato  civile  di  Trento  ha  fatto
corretta  applicazione,  in  mancanza  di  modifiche  legislative  in
materia, il nostro attuale ordinamento non ammette il matrimonio  tra
omosessuali. 
    Il Tribunale di Trento ha  recepito  detto  orientamento  e  data
ampio resoconto delle  ragioni  per  cui  la  normativa  vigente  non
consente l'accoglimento  della  tesi  proposta  dai  ricorrenti;  con
argomentazione logica e  precisa,  che  questa  corte  non  puo'  che
condividere, il primo giudice ha spiegato che sebbene non esista  una
norma che vieti espressamente il matrimonio tra omosessuali, tuttavia
dall'esame della disciplina complessiva dell'istituto matrimoniale e'
chiaramente ricavabile un principio fondamentale da cui si evince che
il  matrimonio  e'  stato  concepito  e  configurato   al   fine   di
regolamentare l'unione tra  individui  di  sesso  diverso  nonche'  i
rapporti giuridici ad essa inerenti e da essa nascenti. 
    Col gravame il difensore dei ricorrenti si e' affannato  al  fine
di proporre un'interpretazione  diversa  delle  norme  ricordate  dal
Tribunale, cadendo peraltro in una grave  contraddizione  logica  nel
momento in cui ha da un lato ritenuto ammissibile alla luce  di  esse
il matrimonio omosessuale e, dall'altro, ha cercato  di  sminuire  la
portata delle norme ricordate dal primo giudice in quanto scritte  in
un'epoca in cui l'idea di un  matrimonio  tra  persone  del  medesimo
sesso neppure era concepibile. 
    Con  tale  ultima  pretesa,  insomma,  gli  appellanti  hanno  in
sostanza  ammesso  che  la  ratio  legis  ricavabile  della   vigente
normativa    in    materia    e'     inequivocabilmente     contraria
all'interpretazione da essi proposta, proprio in quanto  e'  solo  in
tempi assai recenti che si e' arrivati  a  concepire  (e  in  diversi
paesi, anche europei, ad ottenere) la  possibilita'  da  parte  degli
omosessuali di poter vantare il diritto a  contrarre  matrimonio  tra
persone del medesimo sesso. Non puo'  dunque  l'interprete  far  dire
alla norma cio' che era ad essa del tutto estraneo. 
    Nella consapevolezza di tale oggettiva difficolta' interpretativa
gli   appellanti   hanno   subordinamente   proposto   questione   di
legittimita'  costituzione  delle   norme   che,   disciplinando   il
matrimonio, fanno intendere che esso sia istituto riservato a persone
di sesso diverso. 
    La questione e' stata di recente portata dal Tribunale di Venezia
(v.  ordinanza  dd.  3  aprile  2009)  all'attenzione   della   Corte
costituzionale  la  quale  dovra',  quindi,  pronunziarsi  in   tempi
presumibilmente brevi. 
    Ritiene anche questa Corte di dover  trasmettere  gli  atti  alla
Corte  costituzionale,  trattandosi  di  questione  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
    Non vi e' dubbio, infatti, che rispetto  all'epoca  in  cui  sono
state  incardinate  le  norme  disciplinanti  il  matrimonio  si   e'
verificata  un'inarrestabile  trasformazione  della  societa'  e  dei
costumi che ha portato al  superamento  del  monopolio  detenuto  dal
modello di famiglia tradizionale ed al contestuale spontaneo  sorgere
di forme diverse di convivenza che chiedono (talora a gran  voce)  di
essere tutelate e disciplinate. 
    In particolare, per quanto riguarda le unioni tra omosessuali, si
e' opportunamente  sottolineato  da  parte  di  molte  pronunzie  del
giudici  europei,  ed   anche   dalla   Corte   costituzionale,   che
l'orientamento del transessuale costituisce un  sia  pur  minoritario
«naturale modo di essere» e che la normativa di un civile ordinamento
deve  essere  volta   a   consentire   l'affermazione   anche   della
personalita' di individui nati con siffatte  diverse  caratteristiche
sessuali, non essendo concepibile il persistere di comportamenti tesi
alla volonta' d'isolamento, all'ostilita'  ed  all'umiliazione  degli
omosessuali (come troppo spesso e' avvenuto in passato). 
    Nell'ambito  di  tale  inarrestabile  mutamento  della  societa',
dunque, occorre chiedersi se l'istituto del  matrimonio,  cosi'  come
emerge dalla legislazione italiana, sia o meno  in  contrasto  con  i
principi costituzionali. 
    L'interrogativo si pone con  particolare  rilevanza  rispetto  al
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione,  norma
che da un lato vieta ogni discriminazione irragionevole, conferendo a
tutti i cittadini «...pari dignita'  sociale,  senza  distinzione  di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni  politiche,  di
condizioni personali e sociali»; e, dall'altro lato, impegna lo Stato
a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando
di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei  cittadini,  impediscono  il
pieno sviluppo della persona umana. 
    In  sostanza,  dato  che  il  diritto  di  contrarre   matrimonio
costituisce oggettivamente un momento essenziale di espressione della
dignita' umana (garantito costituzionalmente dall'art. 2 Cost.  e,  a
livello sovranazionale, dagli articoli 12 e  16  della  Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, dagli artt. 8 e 12 CEDU  e
dagli artt. 7 e 9 della Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), vi e' da chiedersi se
sia legittimo impedire quello tra omosessuali ovvero se, invece, esso
debba essere garantito a tutti, senza discriminazioni  derivanti  dal
sesso o dalle condizioni personali (quali  l'orientamento  sessuale),
con  conseguente  obbligo  dello  Stato  d'intervenire  in  caso   di
impedimenti all'esercizio di esso. 
    Non puo' negarsi che la questione sia  rilevante  ai  fini  della
decisione, giacche' la  dichiarazione  di  incostituzionalita'  delle
norme disciplinanti il matrimonio nella parte in cui  non  consentono
il matrimonio tra omosessuali  influirebbe  in  maniera  determinante
sull'esito del presente giudizio. 
    Ne' puo' sostenersi che la questione sia manifestamente infondata
giacche'  quanto  sopra  osservato  non  puo'  essere   superato   da
un'interpretazione secondo cui  il  matrimonio  deve  e  puo'  essere
consentito solo a coppie eterosessuali a ragione della  sua  funzione
sociale, principio  secondo  taluni  ricavabile  dall'art.  29  Cost.
(norma che riconosce i diritti della famiglia come societa'  naturale
fondata sul  matrimonio).  Detto  principio,  infatti,  si  limita  a
riconoscere alla famiglia un suo ruolo naturale, nel senso che da  un
lato lo Stato non puo' prescindere da  tale  realta'  sociale  a  cui
tende  per  natura  la  stragrande  maggioranza  degli  individui  e,
dall'altro, afferma che famiglia e' fondata sul matrimonio; ma  certo
esso non giunge ad escludere la tutela della famiglia di  fatto  (che
prescinde dal matrimonio) o ad affermare la funzione  della  famiglia
come granaio dello Stato. 
    L'evoluzione legislativa e giurisprudenziale, molto ben ricordata
dal Tribunale di Venezia  nell'ordinanza  sopra  citata,  restituisce
oggi un concetto di famiglia che porta  ad  escludere  che  in  forza
dell'art. 29 Cost. possa darsi rilevanza solo alla famiglia legittima
funzionalmente finalizzata alla  capacita'  procreativa  dei  coniugi
sicche', semmai,  e'  anche  in  relazione  a  tale  norma  di  rango
costituzionale che  la  questione  sollevata  deve  essere  giudicata
meritevole di attenzione da parte del Giudice delle leggi. 
                              P. Q. M.  
    Visti gli artt. 134 Cost., 1,  legge  n.  1/1948,  23,  legge  n.
87/1953; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107,
l08, 143, 143-bis, 156-bis cod. civ. in rapporto agli artt. 2, 3 e 29
Cost., nella parte in cui, complessivamente valutati, non  consentono
agli individui di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso
sospende il presente giudizio,  disponendo  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che la presente ordinanza  sia  notificata  a  cura  della
cancelleria alle parti, al procuratore generale ed al Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
del Parlamento. 
        Trento, addi' 9 luglio 2009 
                        Il Presidente: Avolio 
                                     Il consigliere estensore: Maione