N. 249 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 2009

Ordinanza del 9 luglio 2009 emessa dal Giudice di pace di  Borgo  San
Dalmazzo nel procedimento civile promosso  da  Pejrone  Mario  contro
Prefetto di Cuneo. 
 
Sanzioni amministrative - Emissione di assegno senza autorizzazione o
  senza provvista - Procedimento per  l'applicazione  delle  sanzioni
  amministrative - Attribuzione al prefetto della duplice  competenza
  a notificare all'interessato gli  estremi  della  violazione  e  ad
  irrogare le sanzioni, previa  valutazione  dei  documenti  e  degli
  scritti difensivi eventualmente prodotti - Omessa previsione che le
  deduzioni presentate dall'interessato siano valutate dall'autorita'
  gerarchicamente sovraordinata, anziche' dal  prefetto,  cosi'  come
  disposto dalla legge n. 689 del 1981 in materia di depenalizzazione
  - Ingiustificata disparita' di trattamento dei trasgressori,  avuto
  riguardo   all'irragionevole   differenziazione,   in   punto    di
  individuazione dell'autorita' competente a  vagliare  le  deduzioni
  difensive, della procedura prevista dalla legge n. 386 del 1990  da
  quella delineata dalla legge n. 689 del  1981  per  la  generalita'
  degli illeciti amministrativi - Incidenza sul diritto di difesa, in
  conseguenza dell'attribuzione  del  potere  decisorio  al  medesimo
  organo che ha gia' contestato l'illecito,  anziche'  ad  un  organo
  terzo o gerarchicamente  sovraordinato  -  Lesione  della  garanzia
  costituzionale della tutela giurisdizionale avverso gli atti  della
  pubblica amministrazione. 
- Legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 8-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113. 
(GU n.41 del 14-10-2009 )
                         IL GIUDICE DI PACE 
    Premesso che con ricorso depositato il  20  marzo  2009  il  sig.
Mario Pejrone, a mezzo dei suoi  procuratori,  proponeva  opposizione
avverso l'ordinanza ingiunzione n. 0006608-20090210  emessa,  per  il
prefetto di Cuneo, il 10 febbraio 2009  dal  vice  prefetto  delegato
portante  l'ingiunzione  di  pagamento  determinato  nel  complessivo
importo di Euro 2065,82 e la sanzione amministrativa  accessoria  del
divieto di emettere assegni per complessivi mesi 48 (quarantotto). 
    Chiedeva, in via preliminare, la sospensione ex art. 22, legge n.
689/1981  e,   nel   merito,   previa   le   deduzioni   istruttorie,
l'annullamento del provvedimento impugnato. 
    Tanto per i motivi esposti in ricorso. 
                            O s s e r v a 
    L'art. 8-bis, legge n. 386/1990, cosi' come introdotto  dall'art.
33, d.lgs. n. 507/1999, che ha depenalizzato i reati di emissione  di
assegno senza autorizzazione ovvero senza provvista, prevede  che  il
prefetto  venga  informato  dell'infrazione  dal  pubblico  ufficiale
ovvero dal trattario secondo le modalita' ivi previste. 
    All'esito, ed entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o
dell'informazione, il prefetto, a mente  del  comma  3  del  medesimo
articolo, notifica all'interessato gli estremi  della  violazione  il
quale, entro trenta giorni dalla notifica,  puo'  presentare  scritti
difensivi e documenti allo stesso prefetto che, a mente del comma 5 e
valutate le deduzioni presentate, determina, con ordinanza  motivata,
la somma dovuta per la violazione ingiungendone il  pagamento  ovvero
emettendo ordinanza motivata di archiviazione degli atti. 
    Con la richiamata procedura il prefetto viene  individuato  dalla
legge quale soggetto che, sulla base degli  elementi  di  valutazione
raccolti  nel  rapporto  di  accertamento  ovvero   nell'informativa,
contesta e notifica al trasgressore gli estremi della violazione  con
l'indicazione  che  avverso  tale  contestazione  l'interessato  puo'
presentare scritti difensivi e documenti allo stesso prefetto. 
    Scritti difensivi e documenti che dovranno  essere  valutati  dal
prefetto e cioe' dallo stesso organo che ha contestato  e  notificato
la violazione e che motiveranno lo stesso ad ingiungere il  pagamento
ovvero ad emettere ordinanza di archiviazione. 
    Tale scelta del legislatore appare  del  tutto  illogica  perche'
introduce una irragionevole distinzione tra trasgressori determinando
un'ingiustificata disparita' di trattamento tra quelli che,  a  mente
della   procedura   prevista   per   l'irrogazione   delle   sanzioni
amministrative, possono  invece  avvalersi  della  procedura  dettata
dagli artt. 17 e 18, legge  n.  689/1981,  a  mente  della  quale  e'
previsto che la contestazione e notificazione  della  violazione  sia
effettuata da parte di un funzionario ovvero da un agente diverso  da
quello che  sara'  chiamato  a  valutare  le  ragioni  esposte  negli
eventuali scritti difensivi e a determinare la sanzione con ordinanza
motivata e quelli che, come  nel  caso,  emettono  un  assegno  senza
autorizzazione ovvero senza provvista  titolati  ad  avvalersi  della
sola procedura prevista dall'art. 8-bis della legge n. 386/1990. 
    Procedura che diversamente dalla quella prevista dagli artt. 17 e
18, legge n. 689/1981, prevede che  sia  sempre  lo  stesso  prefetto
tanto a redarre e a notificare gli estremi della  violazione,  previa
valutazione  del  contenuto  del  rapporto  ovvero   dell'informativa
ricevute, che a irrogare la  sanzione  previa  la  valutazione  delle
deduzioni  presentate  con  scritti  difensivi  e   documenti   fatti
pervenire dal soggetto oggetto della contestazione. 
    Sanzione  che,  cosi'  come  irrogata,  risulta  viziata  da  una
inevitabile violazione del principio di eguaglianza nello svolgimento
dell'azione amministrativa e del diritto di far valere  efficacemente
le proprie ragioni. 
    Tanto perche' irrogata all'esito di una  procedura  che  vede  la
decisione  presa  da  un  soggetto  non  terzo  ne'   gerarchicamente
sovraordinato, come invece previsto dalla legge n. 689/1981, ma dallo
stesso prefetto che, previamente, ha gia' provveduto  a  valutare  il
rapporto  di  accertamento  ovvero  l'informativa  e   a   contestare
l'addebito. 
    Tutto cio' contraddicendo quello che lo  stesso  legislatore,  ai
fini della sostanziale legalita'  degli  atti  amministrativi  e  per
evitare inutili opposizioni,  si  era  indotto  ad  ottenere  con  la
prescrizione dell'obbligatorieta' di una sorta di contraddittorio che
viene a determinarsi per l'ufficio che ha l'obbligo  di  prendere  in
considerazione e di valutare le difese per tal modo prospettate. 
    Al riguardo si osserva che, se l'autorita' competente ad irrogare
la sanzione ha, per l'appunto, il compito di determinare  l'ammontare
della sanzione amministrativa pecuniaria e,  per  l'effetto,  gli  e'
stato imposto di recepire  l'attivita'  difensiva  in  una  sorta  di
contraddittorio, che viene obbligatoriamente imposto nel caso in  cui
i privati ritengano di difendersi con  quel  minimo  di  possibilita'
concessa all'incolpato per far presente le proprie giustificazioni  e
costituendo il richiamato contraddittorio il  nucleo  centrale  della
difesa esperita, questa non puo' essere minorata da  una  valutazione
rimessa allo stesso organo che ha gia' contestato la violazione sulla
base  dell'esame  condotto  sul  rapporto   ovvero   sull'informativa
pervenuta. 
    Se e' vero che la discrezionalita' del  legislatore  puo'  essere
censurata in  sede  di  sindacato  di  costituzionalita'  nelle  sole
ipotesi in cui sia  esercitata  in  modo  manifestamente  irrazionale
(cfr. ordinanza n. 177/2003) e se, per l'effetto, la stessa non  puo'
essere ritenuta palesemente irrazionale ed arbitraria sulla  base  di
una mera valutazione del giudice a  quo  (cfr.  ordinanza  212/2004),
tuttavia,  ad  avviso  del  rimettente,   l'irragionevole   procedura
prevista dalla legge appare lesiva dei diritto di difesa che, a mente
dell'art. 24 della Carta costituzionale,  non  puo',  in  ogni  caso,
essere minorato perche' reso possibile solo attraverso una  sorta  di
contraddittorio  da  svolgersi  in  un  ambito  e  con  un   giudizio
domestico. 
    Per  tutte   tali   ragioni   deve,   pertanto,   ritenersi   non
manifestamente infondata, con riferimento agli  artt.  3,  24  e  113
della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8-bis, legge n. 386/1990 nella parte in cui non prevede che
l'eventuale difesa possa essere svolta di fronte non gia' al prefetto
ma all'autorita' gerarchicamente sovraordinata  come  disposto  dalla
legge n. 689/1981 in materia di depenalizzazione. 
    Appare quindi doveroso sollevare  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  giacche'  la   scelta   del   legislatore,   ritenuta
irrazionale  ed  irragionevole,  deve  essere  applicata  in   questo
giudizio. 
                              P. Q. M. 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta rilevante per la decisione di questo  processo,  solleva
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  8-bis,  legge  n.
386/1990 nella parte in cui non prevede che le  deduzioni  presentate
dall'interessato  siano   valutate   non   gia'   dal   prefetto   ma
dall'autorita'  gerarchicamente  sovraordinata  cosi'  come  disposto
dalla legge n. 689/1981 in materia di' depenalizzazione. 
    Sospende il giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale. 
    A cura della cancelleria ordina la notifica di' questa  ordinanza
al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  alle  parti  e  la  sua
comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Borgo San Dalmazzo, addi' 7 luglio 2009 
                      Il giudice di pace: Lerda