N. 10 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2009

Ordinanza del 28 ottobre 2009 emessa dalla Corte  di  cassazione  sul
ricorso proposto da S.P.. 
 
Estradizione - Mandato d'arresto europeo - Consegna  per  l'estero  -
  Consegna esecutiva - Rifiuto della consegna  -  Previsione  che  la
  Corte di appello rifiuti la  consegna  se  il  mandato  di  arresto
  europeo sia stato emesso ai fini dell'esecuzione di una pena  o  di
  una misura di sicurezza privative della liberta' personale, qualora
  la persona ricercata sia cittadino italiano, sempre che la Corte di
  appello disponga che tale pena o misura di sicurezza  sia  eseguita
  in Italia conformemente al suo diritto interno - Mancata previsione
  del rifiuto della consegna del residente non cittadino alle  stesse
  condizioni del cittadino italiano  -  Contrasto  con  la  normativa
  comunitaria  e,  in  particolare,   con   il   principio   di   non
  discriminazione  -  Violazione  del   principio   della   finalita'
  rieducativa della pena - Diversita' di  trattamento  del  residente
  non cittadino nel caso di mandato d'arresto esecutivo  rispetto  al
  caso di mandato d'arresto processuale (art. 19, comma 1, lett.  c),
  della legge n. 69 del 2005). 
- Legge 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. r). 
- Costituzione, artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma. 
(GU n.5 del 3-2-2010 )
 
                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  decidendo  sul  ricorso
proposto da S. P., nato  a  Babice  (Polonia)  il  25  ottobre  1982,
cittadino polacco, residente in Italia, avverso la sentenza 12 agosto
2009 della Corte di  appello  di  Ancona,  che  ha  disposto  la  sua
consegna alla Autorita' giudiziaria della Repubblica di  Polonia,  In
relazione al mandato di arresto europeo emesso il 4 novembre 2008 dal
Tribunale di Katowice. 
    Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso. 
    Udita la relazione fatta dal consigliere Luigi Danza. 
    Sentito  il  pubblico  ministero,  nella  persona  del  sostituto
Procuratore Generale Anna Maria De Sandro, che  ha  concluso  per  il
rigetto  del  ricorso,  salvo  che  si  ritenga   rilevante   e   non
manifestamente infondata  l'eccezione  di  incostituzionalita'  della
norma applicata. 
 
             Considerato in fatto e ritenuto in diritto 
 
    1) Il provvedimento impugnato. 
    P, S., cittadino polacco residente in Italia,  ricorre,  a  mezzo
del suo difensore, contro la sentenza 12 agosto 2009 della  Corte  di
appello di Ancona che ha disposto  la  sua  consegna  alla  Autorita'
giudiziaria della Repubblica di Polonia, in relazione al  mandato  di
arresto  europeo,  emesso  il  4  novembre  2008  dal  Tribunale  di'
Katowice. 
    Risulta agli atti che il  ricorrente,  indicato  nella  decisione
impugnata  come  «residente  in  Italia»,  e'  stato  condannato  con
sentenza n.  2  del  18  dicembre  2003  del  Tribunale  di  Katowice
(definitiva), alla pena di anni tre di reclusione (pena da  scontare:
anni 2, mesi 7 e giorni 18 di reclusione), per  il  reato  di  rapina
aggravata, commesso in concorso con altri, in danno del minore  T.G.,
derubato del cellulare Siemens «S 351», il giorno 2 gennaio  2003  in
localita' Jaworzno. 
    La corte distrettuale, nel  disporre  la  consegna,  ha  ritenuto
nella specie inapplicabile al cittadino straniero, pur  residente  in
Italia, il disposto dell'art. 18, comma 1, lettera r) della legge  22
aprile 2005, n. 69 sul mandato di arresto europeo, riferibile al solo
cittadino italiano, trattandosi nella specie, non di consegna ai fini
dell'azione penale, ma di espiazione di pena, a seguito di  pronuncia
di condanna irrevocabile e non apparendo possibile, nella vicenda, il
ricorso  alla  applicazione  analogica  od  estensiva  dell'art.   19
comma 1, lettera c, mandato di' arresto europeo. 
    Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente  difesa  deduce
la  violazione  dell'art.  606,  comma  1,  lettera  b)  c.p.p.   per
inosservanza o  erronea  applicazione  delle  norme  sul  mandato  di
arresto europeo,  nonche'  dell'art.  5  della  decisione  quadro  n.
584/1982, avuto riguardo alla disparita' di trattamento, che si' crea
tra cittadini dell'Unione, ed alla conseguente sostanziale violazione
del «diritto per lo straniero di  scontare  la  pena  definitiva  sul
suolo nazionale dello Stato nel quale egli ha, per libera  scelta  ed
in attuazione del principio  di  libera  circolazione  dei  cittadini
europei, stabilito il centro dei propri interessi». 
    Ritiene  la  Corte,  come  gia'  deciso  in  analoga   situazione
sostanziale e processuale,  che  debba  sollevarsi  la  questione  di
legittimita' costituzionale delle due norme richiamate, negli  stessi
termini gia' illustrati nella precedente decisione di  rimessione  di
questa  sezione  (cfr.  sez.  VI,  ordinanza  33511/2009  camera   di
consiglio del 15 luglio 2009, Papierz), e per le  identiche  ragioni,
che di seguito si trascrivono e  che  propongono  il  preciso  tenore
della detta deliberazione. 
    2.1) La norma applicata: art. 18, comma 1, lettera  r)  legge  22
aprile 2005, n. 69. 
    L'art. 18, comma 1, lettera  r)  citato,  riprende  in  forma  di
rifiuto  della  consegna  la  disposizione  contenuta  nell'art.   4,
paragrafo 6 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13
giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo, che  consente  di
non eseguire la consegna «se il mandato d'arresto  europeo  e'  stato
rilasciato ai fini dell'esecuzione di una pena o  di  una  misura  di
sicurezza privative della  liberta',  qualora  la  persona  ricercata
dimori nello Stato membro  di  esecuzione,  ne  sia  cittadino  o  vi
risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena  o
misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno». 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il particolare  regime
stabilito dall'art. 18, comma 1, lett. r) legge n. 69/2005 in tema di
mandato esecutivo, si applica al solo cittadino italiano (Cass.  pen.
sez. 6, n. 21669 del 31 maggio 2007- 1° giugno 2007, Kabrine)  e  non
puo' estendersi in via interpretativa allo straniero, che risieda sul
territorio italiano, in quanto la  decisione-quadro  2002/584/GAI  si
limita  a  facoltizzare  gli  Stati  membri  dell'Unione  europea  ad
estendere  le  guarentigie,  eventualmente  riconosciute  ai   propri
cittadini, anche agli stranieri residenti sul loro territorio (Cassa.
pen. sez. F, n. 34210, del 4 settembre 2007-7 settembre 2007,  Dobos,
Rv. 237055; sez. 6, n. 16213, del  16  aprile  2008-17  aprile  2008,
Badilas, Rv. 239720, in via mass.; sez. 6, n. 25879,  del  25  giugno
2008-26 giugno 2008, Vizitiu, RV. 239946). 
    2.2) La norma applicabile secondo l'impugnazione  proposta:  art.
19, comma 1, lettera c) legge 22 aprile 2005, n. 69. 
    Il ricorso invece, prospetta  criticamente  come  applicabile  la
norma dell'art. 19,  comma  1,  lettera  c)  legge  n.  69/2005,  una
disposizione che  nel  suo  tenore  lessicale  ricalca  il  contenuto
dell'art. 5, par. 3  della  decisione-quadro,  il  quale  prevede  la
consegna condizionata «ai fini di un'azione penale» del  cittadino  o
del residente dello Stato di esecuzione («la consegna e'  subordinata
alla condizione che la persona,  dopo  essere  stata  ascoltata,  sia
rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o  la
misura  di   sicurezza   privative   della   liberta'   eventualmente
pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente»). 
    La condizione in  questione,  dettata  in  tema  di  «mandato  di
arresto  europeo  processuale»,  risulta  collegata -  a   differenza
dell'omologa disposizione dell'art 18, comma 1, lettera r) in tema di
mandato  esecutivo -  alla  alternativa   qualita'   di   essere   il
consegnando  «cittadino  italiano»,  oppure  «residente  dello  Stato
italiano» e il raffronto critico tra le  due  disposizioni  e'  stato
sempre  risolto  nella  affermazione   che   soltanto   «la   persona
giudicanda» (cittadino o residente dello Stato), e per  la  quale  e'
appunto in corso l'azione penale, ha titolo per invocare  l'art.  19,
comma 1, lettera c), in punto di «consegna subordinata». 
    Nella ipotesi invece, come quella in esame, di azione penale gia'
esercitata e consumata con la  decisione  di  condanna  irrevocabile,
solo «il cittadino italiano» e non quindi «il residente dello Stato»,
puo' beneficiare della disciplina apprestata dall'art. 18,  comma  1,
lettera r). 
    3) Rilevanza e non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 1, lettera  r)  legge
22 aprile 2005, n. 69, con riferimento agli artt. 3, 27  comma  3,  e
117, primo comma Costituzione. 
    Il presente giudizio,  che  attiene  alla  consegna  o  meno  del
cittadino polacco P.S.,  nel  quadro  dell'istituto  del  mandato  di
arresto europeo, non puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, delineata
dal  ricorrente,  che  risulta  pertanto  rilevante  ai  fini   della
decisione, considerato che le disarmonie di trattamento tra cittadini
italiani e residenti, nei contesti prospettati e come si argomentera'
piu' oltre, sono idonee a concretizzare l'ulteriore  requisito  della
non manifesta infondatezza della questione,  a  sensi  dell'art.  23,
comma secondo legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    3.1)  Profili   di   rilevanza   della   dedotta   questione   di
legittimita'. 
    La questione, come prospettata, e' di risolutiva rilevanza  nella
vicenda, dato che il ricorrente, a  quanto  risulta,  ha  fornito  la
prova necessaria, e nei termini  richiesti  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte, del suo concreto radicamento sul territorio e della sua
abitudine alla dimora, ed il relativo giudizio (di consegna oppure di
rifiuto  di  consegna)  non  puo'  quindi  essere  definito  in  modo
indipendente  dalla  risoluzione  della  questione  di   legittimita'
costituzionale  della  norma  dell'art.  18  comma  1,  lettera   r),
applicata dai giudici di merito per  negare  il  chiesto  rifiuto  di
consegna. 
    La nozione di «residente», infatti va determinata in modo che sia
funzionale all'assimilazione dello straniero residente al  cittadino,
operata dall'art. 4, n. 6 della decisione-quadro  2002/584/GAI-quadro
2002/584/GAI, con la  conseguenza  che  assume  rilievo  l'esistenza,
nella  specie  non  contestata,  di  un  «radicamento  reale  e   non
estemporaneo» dello straniero in Italia, che dimostri che egli  abbia
ivi istituito, con continuita'  temporale  e  sufficiente  stabilita'
territoriale, la sede principale e  non  occasionale,  anche  se  non
esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici
(Cass. pen. cfr.: sez. 6, n. 12665, del 19  marzo  2008  -  21  marzo
2008, Vaicekauskaite, Rv. 239156),  richiedendosi  inoltre  che  tale
scelta sia altresi' indicativa di una volonta' di stabile  permanenza
nel territorio italiano, per un apprezzabile periodo di tempo  (Cass.
pen. sez. 6, n. 17643, del 28 aprile 2008-30 aprile  2008,  Chaloppe,
Rv. 239651). 
      
      
    Il  ricorrente  quindi,  in  quanto  «cittadino  dello  Stato  di
emissione», che ha pero' individuato nel territorio  dello  Stato  di
esecuzione la sede principale dei suoi interessi,  avrebbe  titolo  a
vedere accolta la sua domanda, laddove fosse rimosso il vizio dedotto
di illegittimita' costituzionale della  norma  ostativa,  individuata
nel citato art. 18, comma 1, lettera  r),  nella  parte  in  cui  non
prevede il  rifiuto  della  consegna  del  «residente  non  cittadino
italiano». 
    3.2) Profili di non manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' e negativa esplorazione  circa  la  sussistenza  di  una
lettura alternativa, conforme a Costituzione e aderente al  principio
di «interpretazione conforme alla decisione quadro». 
    Sull'applicabilita' al solo cittadino  italiano  del  particolare
regime previsto dall'art. 18, comma 1, lettera r)  legge  n.  69/2005
(Cass. pen. sez. 6, n. 21669  del  31  maggio  2007-1º  giugno  2007,
Kabrine) e sulla impossibilita' di estenderlo, in  via  interpretava,
allo straniero che dimori o risieda sul territorio  italiano,  questa
Corte  di  legittimita'  -  come  gia'  detto  -  si  e'  piu'  volte
pronunciata, anche nel senso che la decisione-quadro 2002/584/GAI da'
una mera facolta' agli Stati membri dell'Unione europea di  estendere
le guarentigie eventualmente riconosciute ai propri  cittadini  anche
agli stranieri residenti sul loro territorio (Cass. pen. sez.  F,  n.
34210, del 4 settembre 2007-7 settembre 2007, Dobos, Rv. 237055; sez.
6, n. 16213, del 16 aprile 2008-17 aprile 2008, Badilas, Rv.  239720;
sez. 6, n. 25879, del 25 giugno 2008-26  giugno  2008,  Vizitiu,  RV.
239946). 
    Tale indirizzo e' stato ancora ribadito con la  precisazione  che
la limitazione del rifiuto, in favore del  solo  cittadino  italiano,
non si porrebbe in contrasto con i principi  della  Decisione  quadro
2002/584/GAI, posto che  quest'ultima  enuncia  «ipotesi  di  rifiuto
facoltative» la cui  trasposizione,  in  una  specifica  disposizione
interna, e' affidata  all'autodeterminazione  decisoria  dei  singoli
legislatori nazionali. 
    Si tratterebbe, dunque,  di  una  scelta  di  politica  criminale
rispondente ad esigenze dell'ordinamento nazionale  ed  a  canoni  di
valutazione discrezionale, che sarebbero immuni da possibili  censure
di  irragionevolezza,  e  sulla  quale  nessuna  incidenza   potrebbe
esercitare la sentenza della Corte di  giustizia  CE  del  17  luglio
2008, C- 66/08, Kozlowsky, che  si  e'  invece  limitata  ad  offrire
l'interpretazione uniforme della nozione di residenza richiamata  nel
su citato art. 4, punto 6, senza esprimersi  in  via  generale  sulla
correttezza  o  meno  delle  normative  nazionali   attuative   della
Decisione quadro in tema di rifiuto della consegna (Cass.  Pen.  sez.
F, n. 35286, del 2 settembre 2008 -15 settembre 2008, Zvenca). 
    Premesso quindi che tale preciso orientamento  interpretativo  di
questa  Corte  e'  stato   rigorosamente   rispettato   dalla   corte
distrettuale, si deve ora verificare la possibilita' di  seguire  una
«interpretazione  diversa»   da   quella   accolta,   esplorando   la
sussistenza di eventuali letture conformi a  Costituzione,  prima  di
sollevare una questione di legittimita' costituzionale. 
    Nella  specie peraltro,  l'univocita'  testuale  che  connota  il
tenore  della  norma  dell'art.  18,  comma  1,  lettera  r)  (m.a.e.
esecutivo),  nonche'  la  valutazione  comparativa  con il   disposto
dell'art.  19,  comma  1,  lettera  c)   (m.a.e.   processuale)   non
autorizzano soluzioni interpretative diverse da quelle fatte  proprie
dalla decisione impugnata. 
    Va infatti preso atto che il  legislatore  ha  fatto  una  scelta
normativa, diversa da quella che oggi si invoca, la quale, per la sua
precisa connotazione anche lessicale, impedisce una  qualsiasi  forma
di superamento od aggiramento ermeneutico in termini di  applicazione
analogica:  la  norma  esclusivamente  applicabile   risulta   essere
pacificamente quella indicata nella sentenza impugnata e cioe' l'art.
18, comma 1, lettera r) legge n. 69/2005. 
    Neppure puo' ritenersi che,  come  prospetta  il  ricorrente,  il
riferimento  alla   decisione   quadro   consenta   una   dilatazione
interpretativa in bonam partem, che estenda allo straniero «residente
dello Stato» e destinatario di una «richiesta di consegna  esecutiva»
il piu' favorevole trattamento riservato al cittadino, in  quanto  vi
osta il chiaro disposto limitativo dell'art. 18, comma 1, lettera r. 
    E' vero  infatti,  come  piu'  volte  ha  chiarito  la  Corte  di
giustizia delle Comunita' europee, che i giudici nazionali, in  linea
con  il  «principio  di  interpretazione  conforme»,  sono  tenuti  a
interpretare il proprio diritto interno - per quanto possibile - alla
luce della lettera e dello scopo della decisione quadro, al  fine  di
conseguire il risultato perseguito da questa, ma e'  anche  vero  che
tale obbligo cessa allorche' il diritto interno - come nella specie -
non consenta un'interpretazione compatibile con la decisione  quadro,
non potendo il  principio  di  interpretazione  conforme  servire  da
fondamento a un'interpretazione contra legem (cfr. Corte di giustizia
delle Comunita' europee, sentenza 16 giugno 2005, Pupino). 
      
    3.3) Le censure di illegittimita' costituzionale  in  riferimento
agli artt. 117, comma 1 e 27, comma 3 Costituzione. 
    La questione nei termini oggi  rilevanti  e'  stata  diffusamente
trattata dall'Avvocato generale della Corte CEE nella causa C-123/08. 
    In detta vertenza l'avvocato generale si e' espresso  a  sostegno
delle conclusioni presentate il 24 marzo 2009, sostenendo appunto che
l'art. 18, comma 1, lettera r), nel  limitare  al  «cittadino»  dello
Stato la previsione del rifiuto della consegna, si pone in  contrasto
con la normativa comunitaria cui la legge n. 69/2005 ha  inteso  dare
attuazione. 
    In effetti l'art. 4, n. 6  della  decisione-quadro  2002/584/GAI,
con la previsione che l'autorita'  giudiziaria  dell'esecuzione  puo'
rifiutare la consegna per un m.a.e.  esecutivo  «qualora  la  persona
ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o
vi risieda», regola un caso di rifiuto rimesso,  a  quanto  pare  (le
conclusioni  dell'Avvocato  generale   pero'   ne   dubitano),   alla
discrezionalita' del legislatore nazionale, ma non consente a  questo
di differenziare la posizione del cittadino da quella del  «residente
non  cittadino»,  dato  che  l'esecuzione  della  pena  nello   Stato
richiesto della consegna,  anziche'  in  quello  della  condanna,  e'
prevista non per il riconoscimento di un  privilegio  in  favore  del
cittadino,  solo  eventualmente  estensibile  al  residente,  ma  per
consentire alla pena di svolgere nel migliore dei modi la funzione di
risocializzazione del condannato, rendendo possibile il  mantenimento
dei  suoi  legami  familiari  e  sociali  per  favorire  un  corretto
reinserimento al termine dell'esecuzione;  funzione  questa  che  non
tollera distinzioni tra cittadino e residente. 
     Le medesime ragioni sorreggono la disposizione dell'art. 5, n. 3
della decisione-quadro, in tema di  m.a.e.  processuale,  secondo  la
quale «se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo ai fini di
un'azione penale e' cittadino  o  residente  dello  Stato  membro  di
esecuzione, la consegna puo' essere subordinata alla  condizione  che
la persona, dopo essere stata ascoltata,  sia  rinviata  nello  Stato
membro di esecuzione per scontarvi la pena». 
    Anche in questo caso, la posizione del cittadino e' parificata  a
quella del  residente  e  non  potrebbe  ritenersi  giustificata  una
differenziazione della legislazione nazionale tra le due posizioni. 
    Ancor meno giustificata quindi risulta una differenziazione  come
quella operata dalla legge n. 69/2005, che per il «m.a.e. esecutivo»,
nell'art. 18, comma 1,  lettera  r),  tratta  il  residente  in  modo
diverso dal cittadino, mentre per il «m.a.e. processuale»,  nell'art.
19, comma l, lettera c), lo parifica. 
    Insomma, nella prospettiva della decisione quadro, una disparita'
di  trattamento  tra  cittadini   e   residenti   non   puo'   essere
giustificata, avuto riguardo al «principio di individualizzazione del
regime  di  (futura)  esecuzione»,  il  quale  non  puo'  che  essere
«indistintamente»  preordinato  e  finalizzato   ad   accrescere   le
opportunita' di inserimento del condannato nel  tessuto  relazionale,
sociale, affettivo, ma anche economico ed abitativo, piu'  funzionale
allo sviluppo delle potenzialita' socializzanti e  rieducative  della
pena, inflitta (oppure infliggenda)  dallo  Stato  di  emissione,  ma
della cui positiva operativita' vengono a trarre diretto ed immediato
beneficio  sia  lo  Stato  di  esecuzione,  in  quanto  Stato   della
cittadinanza o della residenza del consegnando, sia gli  altri  Stati
dell'Unione europea. 
    Infatti, come ha rilevato l'Avvocato  generale  della  Corte  CEE
nelle ricordate conclusioni, «l'apertura delle frontiere ha reso  gli
Stati  membri  solidalmente  responsabili  nella  lotta   contro   la
criminalita'» e percio' «si impone la trasposizione dell'art. 4, n. 6
della  decisione  quadro  nel  diritto  di  ciascuno  Stato   membro,
affinche' il mandato di arresto europeo non si applichi  a  discapito
del reinserimento della persona condannata e, quindi,  dell'interesse
legittimo  di  tutti  gli  Stati  membri   alla   prevenzione   della
criminalita', che il motivo  di  non  esecuzione  enunciato  in  tale
disposizione mira a garantire». 
    E' da aggiungere che l'obbiettivo perseguito dagli artt. 4, n.  6
e 5, n. 3 della  decisione  quadro  e'  riconducibile  al  principio,
consacrato nell'art. 27, comma 3 Cost., che le pene  «devono  tendere
alla rieducazione del condannato»  e  che  sotto  questo  aspetto  va
fondatamente prospettata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
18, comma 1, lettera r) anche con  riferimento  a  tale  disposizione
costituzionale. 
    I rilievi finora svolti riguardano la posizione del residente non
cittadino, in genere, sia che  appartenga  a  uno  Stato  dell'Unione
europea sia che appartenga a uno Stato terzo, ma nel caso  in  esame,
essendo stata richiesta la consegna del cittadino di uno Stato membro
dell'Unione europea, si pone un'ulteriore e piu' specifica questione,
relativa alla conformita' dell'art. 18,  comma  1,  lettera  r)  alle
norme  comunitarie   e   in   particolare   al   principio   di   non
discriminazione sancito dall'art. 12 CE. 
    Ai sensi dell'art. 17, n. 1 CE chiunque abbia la cittadinanza  di
uno Stato membro e' cittadino dell'Unione e, ai sensi  dell'art.  18,
n. 1 CE, ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare  e  di
soggiornare liberamente nel  territorio  degli  Stati  membri,  fatte
salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato CE e dalle
disposizioni adottate in applicazione dello stesso. 
    Percio', ai fini della determinazione dello Stato nel quale  deve
essere eseguita una pena, risulta ingiustificata una differenziazione
tra  cittadini  dell'Unione  e  appare  condivisibile  l'affermazione
dell'Avvocato generale della Corte CE che «in  conformita'  dell'art.
4, n. 6 della decisione quadro, un cittadino di un altro Stato membro
che dimori o risieda nello Stato membro di esecuzione,  ai  sensi  di
questa disposizione e' assimilato a un cittadino di tale  Stato,  nel
senso che deve poter beneficiare di una decisione di  non  esecuzione
della consegna e della possibilita' di scontare  la  pena  nel  detto
Stato». 
    L'art. 18, comma 1, lettera r) limita pero', come si e' visto, il
rifiuto della consegna al  caso  in  cui  la  richiesta  riguardi  un
«cittadino italiano»,  imponendola  per  tutti  gli  altri  cittadini
dell'Unione europea, e anche sotto questo aspetto  puo'  fondatamente
prospettarsi che, contrariamente a quanto dispone l'art.  117,  primo
comma  Cost.,  non  siano  stati  rispettati  i  «vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario». 
    3.4) La censura di illegittimita' costituzionale  in  riferimento
all'art. 3 Cost. 
    Anche se la disposizione dell'art. 18, comma 1, lettera r)  legge
n. 69/2005 non  dovesse  risultare  in  contrasto  con  la  normativa
comunitaria, resterebbe comunque priva di ragionevole giustificazione
la diversita' di trattamento del residente non cittadino, nel caso di
m.a.e. esecutivo e nel caso di m.a.e. processuale. 
    In questo secondo caso infatti, come  si  e'  visto,  l'art.  19,
comma 1, lettera c) parifica il residente  al  cittadino,  stabilendo
che la consegna puo'  essere  subordinata  alla  «condizione  che  la
persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro
di esecuzione per scontarvi la  pena»,  e  non  c'e'  alcuna  ragione
plausibile perche' il residente possa scontare la pena nello Stato di
esecuzione quando il m.a.e. e' processuale  e  non  anche  quando  il
m.a.e. e' esecutivo. 
    A ben vedere, anzi, potrebbe avere  una  qualche  giustificazione
una disciplina inversa, perche',  nel  caso  di  «m.a.e.  esecutivo»,
l'esecuzione della pena in Italia  impedisce  l'allontanamento  della
persona di cui e' stata richiesta la consegna e  quindi  consente  il
mantenimento, per quanto e' possibile, delle sue relazioni  familiari
e sociali, mentre, nel caso di «m.a.e. processuale», la  persona  non
puo' non essere consegnata allo Stato di emissione e la  restituzione
all'Italia, per scontarvi la pena, e' destinata  ad  avvenire  quando
tali rapporti hanno gia' subito un affievolimento. 
    Percio' e' in questo caso che  potrebbe  risultare  meno  dannosa
l'esecuzione della condanna nello Stato di emissione,  nel  quale  la
persona oggetto del m.a.e.  resterebbe  per  scontare  la  pena  dopo
essere stata detenuta per il processo. 
    In  conclusione   appare   non   manifestamente   infondata,   in
riferimento agli artt. 3, 27 terzo comma, e 117 primo comma Cost., la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,  comma  1,
lettera r), legge 22 aprile 2005, n.  69,  nella  parte  in  cui  non
prevede il rifiuto della consegna del residente non cittadino. 
    Si impone pertanto  la  rimessione  della  questione  alla  Corte
costituzionale per la sua decisione ai  sensi  degli  artt.  1  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11  marzo  1953,  n.
87. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3, 27,  terzo  comma,  e  117  primo  comma  Cost.,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,  comma  1,
lettera r), legge 22 aprile 2005 n.69 nella parte in cui non  prevede
il rifiuto della consegna del residente non  cittadino,  alle  stesse
condizioni del cittadino italiano; 
    Sospende il giudizio, ordinando che, a  cura  della  cancelleria,
siano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina alla cancelleria di notificare la  presente  ordinanza  al
Presidente del Consiglio dei ministri e  di  darne  comunicazione  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    Manda alla cancelleria per la  comunicazione  prevista  dall'art.
22, comma 5, legge n. 69 del 2005. 
    Cosi' deciso in Roma il giorno 24 settembre 2009. 
 
                       Il Presidente: Mannino 
 
 
                                      Il consigliere estensore: Lanza