N. 48 SENTENZA 8 - 12 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via   incidentale   -
  Intervento di soggetto estraneo al giudizio a quo  -  Insussistenza
  di un interesse qualificato  suscettibile  di  essere  direttamente
  inciso dalla pronuncia della Corte - Inammissibilita'. 
Previdenza - Contributi di  malattia  dovuti  dal  datore  di  lavoro
  all'INPS - Prevista esclusione, con norma interpretativa,  per  gli
  imprenditori che, per legge o  per  contratto  collettivo,  abbiano
  corrisposto il trattamento economico di  malattia  con  conseguente
  esonero dell'Istituto dall'erogazione della relativa  indennita'  -
  Conservazione dell'efficacia delle contribuzioni  comunque  versate
  per  i  periodi  anteriori  al  1°  gennaio  2009  -  Eccezione  di
  inammissibilita' per irrilevanza della questione - Reiezione . 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 20, comma 1. 
- Costituzione, art. 3, primo comma. 
Previdenza - Contributi di  malattia  dovuti  dal  datore  di  lavoro
  all'INPS - Prevista esclusione, con norma interpretativa,  per  gli
  imprenditori che, per legge o  per  contratto  collettivo,  abbiano
  corrisposto il trattamento economico di malattia,  con  conseguente
  esonero dell'Istituto dall'erogazione della relativa  indennita'  -
  Conservazione dell'efficacia delle contribuzioni  comunque  versate
  per  i  periodi  anteriori  al  1°  gennaio  2009  -  Eccezione  di
  inammissibilita'  per  generica  formulazione   della   censura   -
  Reiezione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 20, comma 1. 
- Costituzione, art. 3, primo comma. 
Previdenza - Contributi di  malattia  dovuti  dal  datore  di  lavoro
  all'INPS - Prevista esclusione, con norma interpretativa,  per  gli
  imprenditori che, per legge o  per  contratto  collettivo,  abbiano
  corrisposto il trattamento economico di malattia,  con  conseguente
  esonero dell'Istituto dall'erogazione della relativa  indennita'  -
  Conservazione dell'efficacia delle contribuzioni  comunque  versate
  per i periodi anteriori al 1° gennaio 2009 - Ritenuta irragionevole
  discriminazione dei datori di  lavoro  che  nel  frattempo  abbiano
  adempiuto l'obbligo di  versamento  all'INPS  -  Non  irragionevole
  esercizio della discrezionalita'  legislativa  nella  conformazione
  dell'obbligazione contributiva - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133), art. 20, comma 1. 
- Costituzione, art. 3, primo comma. 
(GU n.7 del 17-2-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma  1,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
svilupo  economico,  la  semplificazione,   la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
promosso dal Tribunale di Trento nel  procedimento  vertente  tra  la
Primiero Energia s.p.a. e l'INPS con ordinanza del 14  ottobre  2008,
iscritta al n. 446 del registro ordinanze  2008  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  3,  1ª  serie   speciale,
dell'anno 2009. 
    Visti l'atto  di  costituzione  dell'INPS  nonche'  gli  atti  di
intervento della Metro Italia Cash and Carry s.p.a. e del  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  2010  il  giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi gli avvocati Giorgio Albe' e Tullio Tranquillo per la Metro
Italia Cash and Carry s.p.a., Luigi Caliulo per l'INPS  e  l'avvocato
dello Stato Paola  Palmieri  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Nel corso di un giudizio  promosso  dalla  Primiero  Energia
s.p.a. contro l'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS),
il Tribunale di Trento ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 1, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito dalla legge 6  agosto  2008,  n.
133. 
    Il  rimettente  espone  che  la  predetta  societa'  ha  proposto
opposizione, ai sensi dell'art. 24, comma 5, del decreto  legislativo
26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della  riscossione
mediante ruolo, a norma dell'articolo  1  della  legge  28  settembre
1998, n. 337), avverso l'iscrizione a  ruolo  corrispondente  ad  una
cartella di pagamento contenente l'intimazione a pagare, tra l'altro,
la  somma  pretesa  dall'INPS,  a  titolo  di   contributi   relativi
all'assicurazione contro la malattia, in riferimento  al  periodo  1°
agosto 2001 - 31 dicembre 2005. 
    Il giudice a quo deduce che  e'  pacifico  che  l'opponente,  nel
predetto lasso di tempo, non abbia versato il contributo di  malattia
e che essa ha addotto a giustificazione il fatto  di  essersi  sempre
accollata l'onere di erogazione del trattamento economico di malattia
ai propri dipendenti in misura corrispondente all'intera retribuzione
dovuta. 
    Il  Tribunale  di  Trento  aggiunge  che,   pero',   secondo   la
giurisprudenza di legittimita', l'art. 6, secondo comma, della  legge
11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell'Ente «Mutualita'  fascista
- Istituto per l'assistenza di malattia  ai  lavoratori»),  il  quale
esonera l'INPS dal pagamento dell'indennita' di  malattia  quando  il
relativo trattamento economico venga  corrisposto  per  legge  o  per
contratto collettivo dal datore di lavoro, non esclude  l'obbligo  di
quest'ultimo  di  versare  la   contribuzione   previdenziale.   Tale
orientamento  giurisprudenziale  ha  assunto  dignita'  di   «diritto
vivente» che questa Corte ha  ritenuto  costituzionalmente  legittimo
con la sentenza n. 47 del 2008, la quale ha dichiarato non fondate le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della  legge  n.
138 del 1943 e dell'art. 31 della  legge  28  febbraio  1986,  n.  41
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 1986), nella parte in  cui  essi  non
escludono l'obbligo contributivo qualora il trattamento economico  di
malattia venga corrisposto per contratto  collettivo  dal  datore  di
lavoro in misura pari o superiore all'indennita' di malattia. 
    Il rimettente continua affermando che, nelle  more  del  giudizio
principale, e' intervenuto l'art. 20, comma 1, del  decreto-legge  n.
112 del 2008, il quale dispone che: «Il secondo  comma  dell'articolo
6, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel senso che i
datori di lavoro che hanno corrisposto  per  legge  o  per  contratto
collettivo, anche di diritto  comune,  il  trattamento  economico  di
malattia,  con  conseguente  esonero  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale dall'erogazione  della  predetta  indennita',  non
sono tenuti al versamento della relativa  contribuzione  all'Istituto
medesimo. Restano  acquisite  alla  gestione  e  conservano  la  loro
efficacia le contribuzioni comunque versate per i  periodi  anteriori
alla data del 1° gennaio 2009». 
    Ad avviso del Tribunale di Trento, nel caso oggetto del  giudizio
a quo ricorrono i presupposti richiesti ai fini dell'applicazione  di
tale norma e quindi l'opposizione proposta dalla societa' meriterebbe
di essere accolta. 
    Tuttavia l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n.  112  del  2008
appare al rimettente contrastante con l'art. 3,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    Esso,   infatti,   sebbene   formulato   come   una   norma    di
interpretazione   autentica,    costituirebbe    in    realta'    una
legge-provvedimento, non riguardando ne' «le  contribuzioni  comunque
versate per i periodi anteriori alla data del 1° gennaio  2009»,  ne'
le  contribuzioni  dovute  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2009  [che
sarebbero oggetto  dell'obbligo  previsto  dal  successivo  comma  2,
lettera b), dello stesso art. 20 del decreto-legge n. 112 del  2008].
In concreto, quindi, il legislatore avrebbe eliminato, esclusivamente
per gli inadempienti e solamente per i periodi precedenti la data del
1° gennaio 2009, l'obbligo  contributivo  previsto,  non  gia'  dalla
norma oggetto  di  apparente  interpretazione  autentica  (l'art.  6,
secondo comma, della legge n. 138 del 1943),  ma  dall'art.  9  della
legge n. 138 del 1943 (secondo il quale  «Agli  scopi  di  cui  sopra
sara' provveduto con il contributo dei lavoratori  e  dei  datori  di
lavoro nella misura determinata dal contratto collettivo di lavoro  o
da deliberazione dei loro competenti organi ovvero nel decreto di cui
al secondo comma dell'articolo 4») e dall'art.  31,  comma  5,  della
legge n. 41 del 1986 (il quale dispone che «I contributi  dovuti  dai
datori di lavoro  per  i  soggetti  aventi  diritto  alle  indennita'
economiche  di  malattia   sono   fissati   nelle   misure   indicate
nell'allegata tabella G»). 
    Il giudice a quo richiama i principi enunciati da questa Corte in
tema di leggi-provvedimento e,  specificamente,  quello  secondo  cui
tali  leggi,  in  considerazione  del  pericolo  di   disparita'   di
trattamento insito in previsioni di tipo particolare  o  derogatorio,
sono assoggettate ad  uno  scrutinio  stretto  di  costituzionalita',
essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta'  e  della  non
irragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore. Precisamente,
come affermato da questa Corte nella sentenza  n.  80  del  1969,  se
appartiene alla discrezionalita' del legislatore ordinario  stabilire
l'ambito della disciplina normativa da adottare, rientra  invece  nel
giudizio di costituzionalita' accertare che non vi sia contrasto  tra
la ratio della legge e la sua limitazione a  un  caso  concreto,  non
giustificata da una obiettiva diversita' di esso  rispetto  ad  altri
casi a cui quella disciplina legislativa potrebbe estendersi. 
    Orbene, ad  avviso  del  rimettente,  l'art.  20,  comma  l,  del
decreto-legge n. 112 del  2008  violerebbe  l'art.  3,  primo  comma,
Cost.,  perche'  introduce,  nell'ambito   dei   datori   di   lavoro
assoggettati all'obbligo  di  contribuzione  di  malattia  che  hanno
corrisposto il trattamento  economico  ai  propri  dipendenti  ed  in
riferimento ai contributi dovuti per i periodi anteriori  all'entrata
in vigore della medesima norma, una disciplina differenziata  fondata
esclusivamente sulla circostanza del mancato adempimento dell'obbligo
contributivo. Infatti, solo in tal caso tale obbligo viene eliminato;
invece, nell'ipotesi di  avvenuto  adempimento,  esso  e'  mantenuto,
continuando a costituire la causa del versamento dei contributi,  con
conseguente esclusione di ogni diritto  di  ripetizione.  Secondo  il
Tribunale  di  Trento  sarebbe  evidente  l'irragionevolezza  di  una
disciplina che, da un lato, premia gli  inadempienti  e,  dall'altro,
discrimina coloro che  hanno  tempestivamente  versato  i  contributi
dovuti. 
    2. - Si e' costituito l'INPS che  chiede  che  la  questione  sia
dichiarata inammissibile o, comunque, manifestamente infondata. 
    Ad avviso dell'istituto previdenziale, l'art. 20,  comma  1,  del
decreto-legge n. 112 del 2008 e' norma di  interpretazione  autentica
e, dunque, con effetti retroattivi. 
    La definitiva  acquisizione  alla  gestione  INPS  dei  pagamenti
contributivi  gia'  effettuati  dai  datori  di   lavoro   che   pure
assicuravano ai  loro  dipendenti  la  retribuzione  nel  periodo  di
malattia  sarebbe  legittima,  poiche'  quei  pagamenti  attengono  a
rapporti ormai esauriti, in relazione ai quali gli interessati  hanno
manifestato un comportamento incompatibile con la volonta'  contraria
di ritenersi esonerati dall'adempimento di cui trattasi. Invece,  per
i datori che hanno contestato  di  dover  adempiere,  ove  i  giudizi
verosimilmente instaurati risultino ancora pendenti, non  vi  sarebbe
ragione di non ritenere loro applicabile una norma di interpretazione
autentica  che  espressamente  esclude  l'obbligo   contributivo   in
questione. 
    Pertanto, secondo la difesa dell'ente, non si sarebbe in presenza
di situazioni identiche, ma di posizioni differenziate in funzione di
rapporti giuridici sottostanti non omologhi. 
    Infine, l'INPS deduce che, con sentenza n.  25047  del  2008,  la
Corte  di  cassazione  ha  riconosciuto  la  natura   di   norma   di
interpretazione  autentica  alla  disposizione  censurata  e  si   e'
riportata all'insegnamento di questa Corte secondo cui  il  principio
generale di irretroattivita' della legge risulta  costituzionalizzato
soltanto con riferimento alla materia penale, mentre  in  ogni  altra
materia il legislatore ordinario puo'  emanare  sia  disposizioni  di
interpretazione autentica - che, tra piu' significati  plausibilmente
espressi dalla disposizione interpretata,  ne  impongano  uno  -  sia
disposizioni  innovative  con  efficacia  retroattiva.  Nella  stessa
pronuncia i giudici di legittimita' hanno affermato  che  -  ai  fini
della legittimita' costituzionale della norma in esame -  non  rileva
la circostanza che essa imponga  un  significato  della  disposizione
interpretata diverso rispetto a quello che era stato  proposto  dalla
giurisprudenza. 
    3. - E' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che
conclude chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. 
    Preliminarmente    la    difesa    erariale    eccepisce    pero'
l'inammissibilita' della questione per irrilevanza,  poiche'  oggetto
del giudizio a quo non e' la ripetizione dei versamenti  contributivi
eseguiti dal datore di lavoro, ma la legittimita' della  cartella  di
pagamento  emessa  dall'INPS  in  relazione  alla  propria  posizione
creditoria - ancora aperta - nei confronti della societa' datrice  di
lavoro, la  quale,  pertanto,  non  potrebbe  giovarsi  dell'invocata
declaratoria di illegittimita' costituzionale. 
    La questione sarebbe inammissibile anche per la genericita' della
sua formulazione. Infatti, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri, l'ordinanza di rimessione non indicherebbe con esattezza  i
profili in relazione ai  quali  la  disposizione  censurata  dovrebbe
ritenersi in contrasto con l'art. 3 Cost. ed in  particolare  con  il
canone di ragionevolezza che il rispetto di tale norma costituzionale
presuppone. 
    Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato contesta  anzitutto
la  definizione  della  norma  in  esame  quale  legge-provvedimento,
espressione che designa atti formalmente legislativi  che,  tuttavia,
tengono luogo di provvedimenti amministrativi, in  quanto  provvedono
concretamente su casi e rapporti specifici. Tali caratteri sono pero'
assenti nel caso di specie. 
    Secondo l'interveniente, l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n.
112 del 2008 si configura chiaramente quale norma di  interpretazione
autentica dell'art. 6, secondo comma, della legge n.  138  del  1943,
dettando,  con  la  discrezionalita'  propria  del  legislatore,   il
significato della disciplina in subiecta materia. 
    Ne' la  norma  censurata  sarebbe  affetta  da  irragionevolezza.
Infatti, con l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112  del  2008,
il legislatore, nell'esercizio della  discrezionalita'  di  cui  gode
nella  modulazione  della   contribuzione   previdenziale   e   lungi
dall'intervenire su singole  situazioni,  ha  voluto  incidere  sulle
possibili opzioni interpretative del citato art.  6,  secondo  comma,
della legge n. 138 del 1943, privilegiando quella volta ad  eliminare
l'obbligo  contributivo  in  esame  con   effetto   ex   tunc   nella
consapevolezza, da un lato, dell'onerosita', per le imprese,  di  una
sostanziale duplicita' di prestazioni poste a carico  dei  datori  di
lavoro (trattamento economico di malattia ed  obbligo  contributivo),
dall'altro, del fatto che la funzione assistenziale verrebbe comunque
ad essere garantita dall'assunzione diretta, da parte del  datore  di
lavoro,  dell'onere  relativo  alla  corresponsione  del  trattamento
economico di malattia. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge  che  la  norma
censurata ha eliminato l'obbligo contributivo sia per  i  datori  che
abbiano adempiuto per il passato sia  per  quelli  che  sono  rimasti
inadempienti, solo che per i  primi  i  versamenti  eseguiti  restano
privi di causa proprio in ragione della  disposizione  interpretativa
in esame. 
    L'Avvocatura generale dello Stato nega che il  legislatore  abbia
introdotto  discriminazioni  tra  i  datori  di  lavoro   interessati
premiando proprio i soggetti rimasti inadempienti; piuttosto, esso ha
ragionevolmente  ritenuto   opportuno   consolidare   le   situazioni
contributive  gia'  definite  attraverso  lo  spontaneo  adempimento.
Infatti, ammettere la ripetibilita' dei contributi gia' versati,  non
solo avrebbe creato  sicure  difficolta'  al  concreto  funzionamento
dell'INPS, esponendolo  ad  un  numero  indeterminato  di  azioni  di
ripetizione (in modo tale da compromettere  addirittura  la  concreta
erogazione ai lavoratori delle provvidenze), ma soprattutto,  avrebbe
negativamente inciso sulle situazioni contributive gia' acquisite dai
lavoratori in virtu' dell'adempimento  dell'obbligo  contributivo  da
parte dei datori di lavori nei confronti dell'istituto  previdenziale
(e cio' in violazione dello stesso principio solidaristico sotteso al
sistema assicurativo). A questo riguardo  l'interveniente  sottolinea
che, in base all'art. 20, comma 1, ultima parte, del decreto-legge n.
112 del  2008,  le  contribuzioni  comunque  versate  per  i  periodi
anteriori  al  1°  gennaio  2009  non  solo  restano  acquisite  alla
gestione, ma «conservano la loro efficacia»,  con  cio'  intendendosi
mantenere a favore dei lavoratori gli effetti  derivanti  dalla  gia'
acquisita posizione contributiva. 
    4. - E' intervenuta anche la Metro Italia Cash and Carry  s.p.a.,
che chiede che la questione sia dichiarata non fondata. 
    Preliminarmente,  la  societa'  sostiene  di  aver   diritto   ad
intervenire nel presente  giudizio  di  costituzionalita'  alla  luce
delle nuove norme integrative per i giudizi davanti  a  questa  Corte
approvate con  delibera  del  7  ottobre  2008,  applicabili  ratione
temporis, e, in particolare,  dell'art.  4  di  tali  norme.  Infatti
sarebbero pendenti sul territorio nazionale piu' procedimenti  avanti
la magistratura del lavoro  (in  diversi  fasi  e  gradi)  aventi  ad
oggetto la pretesa dell'INPS di ottenere dalla Metro Cash  and  Carry
s.p.a. i contributi volti  a  finanziare  l'indennita'  economica  di
malattia, nonostante la  societa'  abbia  provveduto,  per  contratto
aziendale, ad erogare direttamente ai propri dipendenti  assenti  per
malattia non professionale l'intera retribuzione netta di  fatto.  In
tali giudizi, pertanto, deve trovare applicazione l'art. 20, comma 1,
del decreto-legge n. 112 del 2008. 
    Nel merito la Metro Cash and Carry  s.p.a.  sostiene  che  quella
censurata e' una norma di interpretazione autentica  e,  quindi,  con
effetto retroattivo. 
    Essa, nella parte in cui esclude  l'obbligo  contributivo  per  i
datori di lavoro che hanno corrisposto  per  legge  o  per  contratto
collettivo il trattamento economico di malattia  e  che  non  avevano
adempiuto  al  predetto  obbligo  contributivo  in  epoca  precedente
all'entrata in vigore della norma  non  viola,  secondo  la  societa'
interveniente, l'art. 3, primo comma,  della  Costituzione.  Infatti,
come chiarito anche dalla Corte di  cassazione  con  la  sentenza  n.
25047 del 2008, con l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112  del
2008 il legislatore ha esercitato  la  propria  discrezionalita'  nel
delineare gli oneri della contribuzione previdenziale, in  attuazione
del principio di solidarieta'  enunciato  in  materia  dalle  sezioni
unite della Corte di cassazione e confermato da questa Corte  con  la
sentenza n. 47 del 2008 e dalla relazione della Camera  dei  Deputati
al disegno di legge di conversione. 
    Ad   avviso   della   societa'   interveniente,   la   disciplina
dell'esenzione dall'obbligo contributivo dettata  dalla  disposizione
censurata rappresenta  un  meccanismo  non  irragionevole  (anche  se
differente  dal  precedente)  di  salvaguardia   del   principio   di
solidarieta' che pervade l'ordinamento. La norma costituisce solo  un
diverso   modo   per   il   legislatore   di   esercitare   la    sua
discrezionalita', ma resta comunque all'interno dei valori  derivanti
dal principio solidaristico. 
    5. - In prossimita' dell'udienza pubblica l'INPS,  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e la Metro Italia Cash  and  Carry  s.p.a.
hanno depositato memorie, ribadendo le conclusioni gia'  assunte  nei
rispettivi precedenti scritti defensionali. 
    5.1. - L'INPS, in particolare, ha  contestato  l'esattezza  della
qualificazione dell'art. 20, comma 1, del decreto-legge  n.  112  del
2008 come legge-provvedimento, affermando che esso detta un  precetto
generale ed astratto che si rivolge a tutti i datori di lavoro e  che
costituisce un equilibrato contemperamento degli interessi in gioco. 
    Ad  avviso  dell'istituto  previdenziale,   inoltre,   la   norma
censurata e' rispettosa dell'art. 6 della legge n.  138  del  1943  e
dell'interpretazione che  di  tale  norma  ha  fornito  questa  Corte
nell'ordinanza n. 241 del 2006 e nella sentenza n. 47 del 2008. 
    L'INPS nega, infine, che la disposizione impugnata leda l'art.  3
Cost., considerata l'evidente  diversita'  della  situazione  in  cui
versano i soggetti che hanno spontaneamente corrisposto il contributo
di malattia rispetto  a  quelli  che  hanno  contestato  il  relativo
obbligo. 
    5.2.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ribadisce
preliminarmente  la  propria  eccezione   di   inammissibilita'   per
irrilevanza della questione, poiche'  il  suo  accoglimento  potrebbe
condurre  esclusivamente  ad  una  declaratoria   di   illegittimita'
dell'art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008  nella  parte  in  cui
esso impedisce al datore di lavoro adempiente di  ripetere  dall'INPS
quanto gia' versato a titolo di contribuzione di malattia. 
    Nel merito, l'Avvocatura generale dello  Stato  afferma  che  non
viola l'art. 3 Cost. il venir meno dell'obbligo  di  contribuzione  a
carico del datore  di  lavoro  che  si  sia  accollato  il  pagamento
dell'indennita' di malattia, poiche' in questa maniera, da  un  lato,
si evita una duplicazione di pagamento e, dall'altro, si  salvaguarda
la posizione del lavoratore. 
    Ne'   potrebbe   ritenersi   irragionevole   l'esclusione   della
ripetizione da parte di chi  abbia  gia'  versato  il  contributo  di
malattia, trattandosi di previsione che tiene fermo il  comportamento
di spontaneo adempimento da parte dei datori di lavoro e consente  ai
lavoratori di consolidare gli effetti favorevoli derivanti dalla gia'
acquisita posizione contributiva. 
    5.3. - La Metro Italia  Cash  and  Carry  s.p.a.  deduce  che  la
questione  di  costituzionalita'  sarebbe  manifestamente   infondata
perche' il rimettente ha motivato l'illegittimita' del  precetto  che
fa venir meno, con effetto retroattivo, l'obbligo  contributivo,  con
la constatazione che e' esclusa la ripetizione  dei  contributi  gia'
versati da parte dei  datori  di  lavoro  che  abbiano  a  suo  tempo
adempiuto all'obbligo contributivo, argomentazione che non ha  alcuna
correlazione con la disposizione censurata. 
    La societa' contesta, poi, la qualificazione dell'art. 20,  comma
1, del decreto-legge n. 112 del 2008 come legge-provvedimento,  posto
che esso si applica a tutti i datori di lavoro. 
    La Metro Italia Cash and Carry s.p.a. ribadisce, infine,  che  la
norma  censurata   rappresenta   un   ragionevole   esercizio   della
discrezionalita' di cui gode il legislatore nella  definizione  degli
oneri della contribuzione previdenziale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  -  Il  Tribunale  di   Trento   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1,  del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria),  convertito  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133, nella parte in cui - prevedendo che «Il  secondo
comma, dell'articolo 6, della legge  11  gennaio  1943,  n.  138,  si
interpreta nel senso che i datori di lavoro che hanno corrisposto per
legge o  per  contratto  collettivo,  anche  di  diritto  comune,  il
trattamento  economico   di   malattia,   con   conseguente   esonero
dell'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  dall'erogazione
della predetta  indennita',  non  sono  tenuti  al  versamento  della
relativa contribuzione all'Istituto medesimo» - ha eliminato,  per  i
datori di lavoro inadempienti in epoca antecedente la data di entrata
in vigore  dello  stesso  decreto-legge,  l'obbligo  contributivo  di
malattia previsto dall'art. 9 della legge 11  gennaio  1943,  n.  138
(Costituzione  dell'Ente  «Mutualita'   fascista   -   Istituto   per
l'assistenza di malattia ai lavoratori») e  dall'art.  31,  comma  5,
della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per  la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
1986). 
    Ad avviso del rimettente, tale disposizione violerebbe l'art.  3,
primo comma, della Costituzione,  perche',  stabilendo  altresi'  che
«Restano acquisite alla gestione e conservano la  loro  efficacia  le
contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data  del
1° gennaio 2009», irragionevolmente premierebbe i  datori  di  lavoro
inadempienti, qual e' la societa' opponente nel  giudizio  a  quo,  e
discriminerebbe quelli che hanno tempestivamente versato i contributi
dovuti. 
    2.  -  Deve  essere,  preliminarmente,   confermata   l'ordinanza
adottata nel corso dell'udienza pubblica, ed allegata  alla  presente
sentenza, con la quale e' stato dichiarato inammissibile l'intervento
della Metro Italia Cash and Carry s.p.a.  Cio'  in  applicazione  del
consolidato  orientamento  della  giurisprudenza  di  questa   Corte,
secondo cui non sono ammissibili  gli  interventi,  nel  giudizio  di
legittimita' costituzionale in via incidentale, di soggetti  che  non
siano parti nel giudizio a quo, ne' siano titolari  di  un  interesse
qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale  dedotto
in giudizio. 
    3. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  eccepito
l'inammissibilita' della questione sotto due profili. 
    3.1. - In primo  luogo,  per  irrilevanza,  poiche'  oggetto  del
giudizio a quo non e'  la  ripetizione  dei  versamenti  contributivi
eseguiti dal datore di  lavoro,  ma  la  legittimita'  della  pretesa
avanzata dall'INPS nei confronti della societa' datrice di lavoro, la
quale, pertanto, non potrebbe giovarsi della invocata declaratoria di
illegittimita' costituzionale. 
    L'eccezione non e' fondata, poiche' il Presidente  del  Consiglio
dei ministri muove dall'erroneo presupposto secondo cui il rimettente
avrebbe censurato la seconda parte  del  comma  1  dell'art.  20  del
decreto-legge n. 112 del 2008 (quella che  esclude  la  ripetibilita'
dei versamenti eseguiti prima del 2009). Invece il giudice a  quo  ha
eccepito l'illegittimita' della prima  parte  del  predetto  comma  1
(quella che  contiene  la  norma  di  interpretazione  autentica  per
effetto della quale non sono  dovuti  i  contributi  da  parte  delle
imprese che erogano la retribuzione ai dipendenti in malattia) e tale
precetto e' sicuramente rilevante nel giudizio principale. 
    3.2. - Ad avviso del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  la
questione sarebbe inammissibile anche per la  genericita'  della  sua
formulazione, perche' l'ordinanza di rimessione  non  specificherebbe
con esattezza in relazione a quali profili la disposizione  censurata
dovrebbe ritenersi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
    Neppure sotto questo profilo l'eccezione e' fondata,  poiche'  il
rimettente enuncia con sufficiente precisione il motivo dell'asserita
illegittimita' costituzionale (l'irragionevolezza starebbe nel  fatto
che, nonostante che la norma mantenga fermi i versamenti contributivi
gia' eseguiti, sarebbero sanati gli inadempimenti commessi dai datori
di lavoro che in passato non avevano proceduto a quei versamenti). 
    4. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    Contrariamente a quanto assume il rimettente, l'art. 20, comma 1,
del decreto-legge n. 112 del 2008 non puo'  essere  qualificato  come
legge-provvedimento,  riferendosi  ad  un  numero  indeterminato   di
destinatari e non concernendo un oggetto rientrante tra quelli propri
dei provvedimenti amministrativi. Esso, inoltre, neppure realizza una
sanatoria di comportamenti  illeciti  che  -  come  pretenderebbe  il
giudice a quo - continuerebbero ad essere qualificati come tali. 
    La norma impugnata, invece, introduce una  nuova  disciplina  del
contributo  previdenziale  relativo   all'assicurazione   contro   le
malattie.   Essa,    pertanto,    costituisce    espressione    della
discrezionalita' di  cui  gode  il  legislatore  nella  conformazione
dell'obbligazione contributiva. 
    In tale discrezionalita' rientra anche la contestuale  estensione
retroattiva   della   nuova   disciplina,   la    cui    legittimita'
costituzionale non e' inficiata dalla previsione dell'irripetibilita'
delle contribuzioni versate per i periodi  anteriori  al  1°  gennaio
2009. 
    Infatti, come gia' rilevato da  questa  Corte  in  altra  analoga
fattispecie (sentenza n. 292 del 1997), l'irripetibilita'  di  quanto
versato   prima   dell'entrata   in   vigore   del    nuovo    regime
dell'obbligazione contributiva,  piu'  favorevole  per  i  datori  di
lavoro, non determina, di per  se',  l'illegittimita'  dell'efficacia
retroattiva di tale nuovo regime. 
    Resta impregiudicata,  ovviamente,  qualsiasi  valutazione  sulla
legittimita' dell'esclusione  della  restituzione  delle  somme  gia'
versate a titolo di contributi  di  malattia,  prevista  nella  parte
della norma non censurata. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 1, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito dalla legge 6  agosto  2008,  n.
133,  sollevata,  in  riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  della
Costituzione, dal Tribunale di Trento con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Mazzella 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 12 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola 
 
 
                                                             Allegato 
                      Ordinanza letta all'udienza del 26 gennaio 2010 
 
                              ORDINANZA 
 
    Rilevato che nel presente giudizio di legittimita' costituzionale
e' intervenuta la Metro Italia Cash and Carry s.p.a.; 
        che tale soggetto non e' parte del giudizio a quo; 
        che, per costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  possono
partecipare al giudizio incidentale di legittimita' costituzionale le
sole parti  del  giudizio  principale  e  i  terzi  portatori  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in giudizio (da ultimo, sentenza n. 47 del 2008); 
        che la Metro Italia Cash and Carry s.p.a. motiva  il  proprio
intervento con la pendenza  avanti  la  magistratura  del  lavoro  di
numerose cause nelle quali essa e' parte e nelle quali  deve  trovare
applicazione l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008; 
        che,  quindi,  l'interesse  dell'interveniente  e'  privo  di
correlazione con  le  specifiche  e  peculiari  posizioni  soggettive
dedotte nel giudizio principale. 
 
                          per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
        dichiara inammissibile l'intervento della Metro  Italia  Cash
and Carry s.p.a. 
 
                                              Il Presidente: Amirante