N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 2010

Ordinanza del 13 novembre 2009 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Lombardia - Sez. staccata  di  Brescia  sul  ricorso
proposto da Oviesse S.p.A. contro Comune di Curno ed altri. . 
 
Commercio - Norme della Regione Lombardia - Disposizioni  in  materia
  di orari degli esercizi commerciali - Previsione che  gli  esercizi
  commerciali di vendita  al  dettaglio  in  sede  fissa,  nel  corso
  dell'anno solare e nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2,  3  e
  11, possono restare aperti al pubblico, nella  prima  domenica  dei
  mesi da gennaio  a  novembre;  nell'ultima  domenica  dei  mesi  di
  maggio, agosto o novembre; nelle giornate domenicali e festive  del
  mese di dicembre; in altre cinque  giornate  domenicali  e  festive
  scelte dai comuni in relazione alle esigenze  locali  -  Previsione
  che, nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 11,  l'apertura
  al pubblico nelle giornate domenicali e festive e' consentita,  con
  riferimento all'intero anno solare, agli  esercizi  commerciali  in
  sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati -
  Contrasto con la disciplina statale in materia (d.lgs. 114/1998)  -
  Violazione del principio comunitario di proporzionalita'. 
- Legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000,  n.  22,  art.  5-bis,
  commi 5 e 9. 
- Costituzione, art. 117, primo e secondo comma. 
(GU n.11 del 17-3-2010 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  475  del  2009,  proposto  da:  Oviesse   S.p.A.,
rappresentato, e difeso dagli avv. Andrea Guarino, Cecilia  Martelli,
Augusto Mosconi, con  domicilio  eletto  presso  Augusto  Mosconi  in
Brescia, c.so Palestro, 38; 
    Contro Comune di Curno, non costituito in giudizio; nei confronti
di Atelier di Leidi Flavia & Co. Sas, Impresa Individuale Meringhetti
Graziella, Autorita'  Garante  della  Concorrenza  e  del  Mercato  -
Antitrust, tutti non costituiti in giudizio; 
    Per l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Curno
n. 18 del 6 marzo 2009, che ha disciplinato il regime delle  aperture
domenicali  e  festive  degli  esercizi   commerciali   ubicati   nel
territorio comunale per l'anno 2009; di  ogni  altro  atto  connesso,
presupposto e/o consequenziale. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti di atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  29  ottobre  2009  la
dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. - La ricorrente conduce un esercizio commerciale nel Comune di
Curno, il cui Sindaco ha, con il provvedimento censurato, individuato
il  regime  delle  aperture  domenicali  degli  esercizi  commerciali
ubicati nel territorio comunale, consentendo le stesse nelle giornate
indicate dal comma 5 dell'art. 5-bis della legge regionale  3  aprile
2000,  n.  22  e  sostanzialmente  riproponendo  la  distinzione  tra
esercizi commerciali con superficie di vendita superiore a 250  mq  e
esercizi commerciali con superficie di vendita  inferiore  a  250  mq
prevista dall'art. 5-bis della legge regionale n. 22/2000. 
    Poiche' tale regime prevede la  liberalizzazione  delle  aperture
domenicali e festive, per queste  ultime  (fatte  salve  le  giornate
espressamente previste dalla legge  in  cui  non  e'  in  alcun  caso
ammessa l'apertura), la ricorrente ritiene l'ordinanza n.  18  del  6
marzo 2009 lesiva della propria posizione di esercente  il  commercio
con  una  superficie  di  vendita  di  1499  mq   che,   proprio   in
considerazione di tale estensione dell'esercizio,  vede  limitata  la
propria possibilita' di apertura domenicale alla prima  domenica  dei
mesi da gennaio a novembre, all'ultima domenica dei mesi  di  maggio,
agosto e novembre, nonche' a tutte le giornate domenicali  e  festive
del mese di dicembre, oltre a tre ulteriori  giornate  a  discrezione
dell'esercente stesso. 
    In ragione di tutto cio', la  societa'  ricorrente  ha  formulato
domanda  di  annullamento  del  provvedimento   sindacale,   portando
all'attenzione del collegio la complessa questione del  rapporto  tra
principi  a  tutela  della  concorrenza  (anche  ed  in  primo  luogo
comunitari) e regolamentazione delle aperture domenicali,  alla  luce
della normativa regionale adottata e contenente disposizioni  diverse
da quelle di cui al d.lgs. n. 114/1998. 
    Nel caso di specie, infatti, il  collegio  e'  stato  chiamato  a
pronunciarsi sulla legittimita' di un  provvedimento  che,  nel  dare
applicazione all'art. 5-bis della l.r. n. 22/00 ha  differenziato  il
regime delle  aperture  domenicali,  consentendo  agli  esercizi  con
superficie di vendita inferiore ai 250 mq l'apertura in ogni domenica
e  giorno  festivo   (con   la   sola   esclusione   delle   giornate
specificamente  individuate  dalla  stessa  legge  in  cui   sussiste
l'obbligo generalizzato di chiusura) e limitando, invece, le aperture
possibili per  quegli  esercizi  aventi  una  superficie  di  vendita
superiore ai 250 mq  alla  prima  domenica  dei  mesi  da  gennaio  a
novembre, all'ultima domenica dei mesi di maggio, agosto e novembre e
ad ulteriori tre giornate a libera scelta degli stessi. 
    Secondo parte ricorrente il provvedimento  in  questione  sarebbe
illegittimo in quanto adottato sulla scorta di  una  legge  regionale
costituzionalmente  illegittima  in  parte  qua,  cioe'  laddove,  in
violazione dei limiti contenuti nell'art. 117 della Costituzione,  ha
individuato un regime piu' restrittivo di quello  riconosciuto  dalla
normativa nazionale, cosi' incidendo sulla materia della tutela della
concorrenza,  pacificamente  riservata  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    2.1. - Il collegio ritiene tale deduzione  fondata  e  ravvisa  i
presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale posta con il ricorso. 
    2.2. - Per entrare  nel  merito  della  questione  e'  necessario
premettere che l'art. 11 del  d.lgs.  n.  114/1998  recita:  «4.  Gli
esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura  domenicale  e
festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni,  sentite  le
organizzazioni di cui al comma  1,  la  mezza  giornata  di  chiusura
infrasettimanale. 
    5. Il comune, sentite  le  organizzazioni  di  cui  al  comma  1,
individua i giorni e le zone del territorio nei quali  gli  esercenti
possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva.  Detti
giorni comprendono comunque quelli  del  mese  di  dicembre,  nonche'
ulteriori otto domeniche o festivita'  nel  corso  degli  altri  mesi
dell'anno.». 
    L'art. 5-bis della l.r. della Lombardia n.  22  del  2000,  cosi'
come introdotto nel testo dalla l.r. 30 del  2007,  prevede,  invece,
per quanto di interesse - dopo aver premesso (al  comma  2)  che  gli
esercizi commerciali di vendita al dettaglio in  sede  fissa  possono
restare aperti al pubblico nei giorni feriali dalle  ore  sette  alle
ore ventidue - che (comma 5) «Gli esercizi commerciali di vendita  al
dettaglio in sede fissa, nel corso dell'anno solare  e  nel  rispetto
dei limiti di cui ai commi 2, 3  e  11,  possono  restare  aperti  al
pubblico: a) nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre;  b)
nell'ultima domenica di uno dei mesi di maggio, agosto o novembre; c)
nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; d) in altre
cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni  in  relazione
alle esigenze locali.». 
    Al successivo comma 9 stabilisce altresi', che «Nel rispetto  dei
limiti di cui ai commi 2, 3 e 11 (che vieta  l'apertura  al  pubblico
delle attivita' di  vendita  nelle  seguenti  giornate  domenicali  o
festive: a) 1° gennaio; b) Pasqua; c) 25 aprile; d) 1° maggio; e)  15
agosto;  f)  25  dicembre  pomeriggio;  g)  26  dicembre,  n.   d.r.)
l'apertura  al  pubblico  nelle  giornate  domenicali  e  festive  e'
consentita, con riferimento all'intero  anno  solare,  agli  esercizi
commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa  aventi  superficie
di vendita fino a 250 metri quadrati.». 
    L'attivita' esercitata dall'odierna  ricorrente  non  rientra  in
alcuna delle ipologie soggette ai regimi derogatori di cui ai commi 7
e 13 ed il Comune di Curno, nel cui territorio si  colloca  il  punto
vendita,  non  rientra  ne'  nei  particolari   ambiti   territoriali
(distretti di commercio) di cui all'art. 4-bis della l.r.  23  luglio
1999, n. 14 (soggetti al regime speciale del  comma  8-bis  dell'art.
5-bis della l.r. n. 22/2000), ne'  in  quelli  qualificati  come  «di
forte attrattivita' (di cui al  comma  10  del  citato  art.  5-bis).
Considerata, inoltre, la superficie di vendita, pari a 1.499  mq,  la
medesima non puo'  nemmeno  godere  del  regime  di  libera  apertura
dettato dal comma 9 dell'art. 5-bis della l.r. n. 22/2000. 
    In altre parole, e' incontestato che rispetto alla  stessa  debba
trovare   applicazione   l'ordinaria   disciplina   della    giornata
domenicale,  in  ragione  della  quale  la  regola  e'  rappresentata
dall'obbligo  della  chiusura  domenicale,  salvo   la   possibilita'
dell'apertura nella prima domenica dei mesi da  gennaio  a  novembre,
nell'ultima domenica di uno dei mesi di maggio,  agosto  o  novembre,
nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; e in  altre
cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni  in  relazione
alle esigenze locali, purche' tali giornate non coincidano con quelle
in cui l'apertura e' comunque preclusa dal comma 11 del medesimo art.
5 bis della l.r. n. 22/2000. 
    2.3. - Cosi' enucleata la  normativa  regionale  applicabile  con
riferimento  alla  fattispecie  concreta,  le  norme  sospettate   di
incostituzionalita' sono, quindi, rappresentate: 
        dal comma 5 dell'art. 5-bis  della  l.r.  della  Lombardia  3
aprile 2000, n. 22, nella  misura  in  cui  introduce  ad  opera  del
legislatore regionale la predeterminazione delle  possibili  aperture
domenicali, riservando al Comune la sola individuazione di  ulteriori
cinque domeniche; 
        dal comma 9 dell'art. 5-bis  della  l.r.  della  Lombardia  3
aprile 2000, n. 22, il quale consente ai soli esercizi di vendita con
superficie inferiore a 250 metri quadrati l'apertura al  pubblico  in
tutte le domeniche e  giornate  festive  nell'arco  di  tutto  l'anno
solare. 
    La norma costituzionale di  cui  si  sospetta  la  violazione  e'
rappresentata dall'art. 117, commi 1 e 2,  in  relazione  ai  vincoli
dell'ordinamento  comunitario  ed  al  sistema   di   riparto   delle
competenze legislative Stato-Regione. 
    2.4. - Per quanto  attiene  alla  rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  si  e'  gia'   evidenziato   come   il
provvedimento    amministrativo    impugnato     avanti     Tribunale
Amministrativo Regionale sia il frutto della pedissequa  applicazione
della normativa regionale ora ricordata, tant'e' che il  ricorso  non
deduce, avverso tale atto, altra illegittimita' che  non  sia  quella
derivante   dall'incostituzionalita'   della   normativa    regionale
lombarda,  nell'assunto  che  quest'ultima  dettando  una  disciplina
sostanzialmente diversa da quella contenuta nella  legge  n.  114/98,
avrebbe violato i limiti alla potesta' regionale rappresentati di cui
all'art.  117   della   Costituzione,   introdotto   un   trattamento
discriminatorio alla luce dell'art. 3 della Costituzione e violato il
principio   fondamentale,   di   derivazione    comunitaria,    della
proporzionalita'. 
    In altri termini, la fonte legislativa regionale ha  direttamente
determinato in modo cogente il contenuto lesivo dell'atto  impugnato,
senza lasciare o consentire alcuna mediazione discrezionale  in  capo
all'Autorita' amministrativa circa l'apertura domenicale o meno degli
esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore a  250  mq.:
ne consegue  che  lo  scrutinio  di  legittimita'  del  provvedimento
amministrativo  dipende  indissolubilmente  dal  previo   vaglio   di
costituzionalita' della normativa regionale, nel senso che ove questa
fosse ritenuta costituzionalmente legittima anche  il  consequenziale
provvedimento amministrativo applicativo sarebbe esente  da  vizi  di
legittimita' e viceversa nel caso di declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della norma applicata. 
    2.5. - Chiarito il profilo della rilevanza della  questione,  per
quanto attiene all'ulteriore profilo della non manifesta infondatezza
il Collegio si sente di dubitare della  Osservanza,  da  parte  della
normativa  regionale  de  qua,  dei  limiti   posti   alla   potesta'
legislativa regionale dall'art. 117 della Costituzione commi 1 e 2. 
    Viene in considerazione in primo luogo il comma 2, che  individua
le materie riservate alla competenza legislativa statale. 
    La legge regionale della Lombardia  n.  22  del  2000,  rubricata
«Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia  di
orari degli esercizi commerciali», individua quale proprio ambito  di
applicazione (cfr. art. 1, comma 1) il seguente: «La presente  legge,
nell'esercizio della potesta' legislativa di cui all'art. 117, quarto
comma, della Costituzione, disciplina  le  vendite  straordinarie  di
liquidazione,  di  fine  stagione   e   promozionali,   nelle   quali
l'esercente  dettagliante  offre  condizioni  favorevoli,  reali   ed
effettive, di acquisto dei propri prodotti;  disciplina,  inoltre,  i
giorni e gli orari di apertura degli esercizi commerciali di  vendita
al dettaglio in sede fissa nella Regione Lombardia». 
    2.6. - Il dato letterale sembrerebbe,  quindi,  condurre  ad  una
qualificazione  della  norma  come   attinente   alla   materia   del
«commercio», attribuita alla legislazione residuale regionale ex art.
117,  quarto  comma  della  Cost.  Un  piu'  specifico  esame   delle
disposizioni della  cui  applicazione  concreta  si  controverte  fa,
pero', propendere per  ricondurre  le  stesse  nell'ambito  del  piu'
appropriato alveo della  «tutela  della  concorrenza»,  rimesso  alla
competenza  legislativa  esclusiva   dello   Stato   e   assoggettato
all'applicazione della disciplina di derivazione comunitaria. 
    A tale conclusione conduce un attento excursus delle pronunce  in
argomento della Corte costituzionale,  la  quale  ha  avuto  modo  di
chiarire,  nella  sentenza  n.  430  del  2007   come   «secondo   la
giurisprudenza  di  questa  Corte,   l'espressione   ''tutela   della
concorrenza'', utilizzata  dal  legislatore  costituzionale  all'art.
117, secondo comma, lettera e), coerentemente con quella operante nel
sistema giuridico comunitario,  comprende,  tra  l'altro,  interventi
regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali:
le misure legislative di  tutela  in  senso  proprio,  che  hanno  ad
oggetto gli atti  ed  i  comportamenti  delle  imprese  che  incidono
negativamente  sull'assetto   concorrenziale   dei   mercati   e   ne
disciplinano  le  modalita'  di  controllo,  eventualmente  anche  di
sanzione; le misure legislative di promozione, che mirano  ad  aprire
un  mercato  o  a  consolidarne   l'apertura,   eliminando   barriere
all'entrata, riducendo o  eliminando  vincoli  al  libero  esplicarsi
della capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese,  in
generale i  vincoli  alle  modalita'  di  esercizio  delle  attivita'
economiche.  In  tale  maniera,  vengono  perseguite   finalita'   di
ampliamento dell'area di libera scelta sia dei cittadini,  sia  delle
imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e
di servizi (sentenza n. 401 del 2007). Si tratta, in  altri  termini,
dell'aspetto piu' precisamente di promozione della  concorrenza,  che
e' una delle leve della politica economica del Paese (sentenze n.  80
del 2006; n. 242 del 2005; n. 175 del  2005;  n.  272  del  2004).Per
siffatti caratteri,  la  ''tutela  della  concorrenza'',  proprio  in
quanto ha ad oggetto la disciplina  dei  mercati  di  riferimento  di
attivita' economiche molteplici e diverse, non  e'  una  "materia  di
estensione certa", ma presenta i tratti "di una funzione esercitabile
sui piu' diversi oggetti" ed e' configurabile come "trasversale"». 
    Al fine di accertare se determinate disposizioni  possano  essere
ricondotte alla «tutela  della  concorrenza»  e'  quindi  necessario,
continua la sentenza ora richiamata, verificare «se le norme adottate
dallo  Stato  siano  essenzialmente  finalizzate   a   garantire   la
concorrenza fra i diversi soggetti del mercato (sentenza n.  285  del
2005), allo scopo di accertarne la coerenza rispetto all'obiettivo di
assicurare un mercato aperto e in libera concorrenza. Una  volta  che
tale scrutinio abbia esito positivo, l'attribuzione delle misure alla
competenza   legislativa   esclusiva   dello   Stato   comporta   sia
l'inderogabilita' delle disposizioni nelle quali si esprime, sia  che
queste legittimamente incidono, nei limiti della loro specificita'  e
dei contenuti normativi che di esse  sono  proprie,  sulla  totalita'
degli ambiti materiali entro i quali si applicano (sentenza n. 80 del
2006).». 
    In altre parole, cio' che risulta essere necessario e' «accertare
se,  alla  stregua  del  succitato  scrutinio,  la  disposizione  sia
strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato  ed
alla libera esplicazione della capacita'  imprenditoriale»  (sentenza
n. 430 del 2007). 
    2.7. - A parere del Collegio, una tale verifica conduce ad  esito
positivo nel caso degli articoli da 11 a 13 del d.lgs. n. 114/1998. 
    Come evidenziato nella piu' volte  citata  sentenza  n.  430  del
2007, lo stesso d.lgs. n 114 del 1998 ha  espressamente  posto  quali
finalita' della disciplina in materia di  commercio,  tra  le  altre,
quelle di realizzare da trasparenza del mercato, la  concorrenza,  la
liberta'  di  impresa  e  la   libera   circolazione   delle   merci,
«l'efficienza,  la  modernizzazione  e   lo   sviluppo   della   rete
distributiva,  nonche'  l'evoluzione  tecnologica  dell'offerta»,  in
un'ottica  di  riforma  volta  a  «rimuovere  vincoli  e   privilegi,
realizzando una maggiore eguaglianza di opportunita'  per  tutti  gli
operatori economici» e perseguendo, quindi,  l'intento  di  «favorire
l'apertura del mercato alla concorrenza» (sentenza C. Cost. n. 64 del
2007). 
    Tutto cio' premesso  in  linea  generale,  il  Collegio  ritiene,
condividendo quanto affermato sul punto dal Consiglio di Stato  nella
sentenza n. 1761 del  23  marzo  2009 -  nella  quale  si  legge  che
«l'intento avuto di mira con detto decreto legislativo n. 114/1998 e'
stato comunque  quello  di  "favorire  l'apertura  del  mercato  alla
concorrenza" garantendo i mercati ed i soggetti che in essi  operano»
-, che alle disposizioni contenute negli articoli  da  11  a  13  del
d.lgs. n. 114/1998, debba essere riconosciuto - cosi' come  affermato
dall'Autorita' Garante della Concorrenza nella segnalazione AS480 del
1624 ottobre 2008 -, carattere «pro-concorrenziale», tenuto conto, in
particolare, che «la liberalizzazione degli orari  e  dei  giorni  di
apertura  al  pubblico  degli  esercizi  commerciali   favorisce,   a
beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato piu' dinamico e
piu'  aperto   all'ingresso   di   nuovi   operatori»   (segnalazione
dell'Autorita' Garante della Concorrenza sopra citata). 
    Inoltre, a tali norme deve essere riconosciuto  quell'effetto  di
ampliare «l'area  di  libera  scelta  sia  dei  cittadini  che  delle
imprese» che, nella sentenza della Corte costituzionale  n.  430  del
2007,  e'  individuato  come  scopo  delle  misure   legislative   di
promozione e cioe' di quelle norme che, come l'art. 11 del d.lgs.  n.
114/1998,  tendono  ad  eliminare  limiti  e  barriere  alla   libera
esplicazione della capacita' imprenditoriale. 
    Si ravvisano, quindi,  con  riferimento  alle  norme  in  parola,
proprio quelle condizioni che, negli autorevoli avvisi ora ricordati,
debbono far propendere per la qualificazione delle stesse come  norme
poste a «tutela della concorrenza». 
    2.8.  -  Ritenuta  dimostrata  siffatta  qualificazione  e   data
l'attribuzione  della  materia  trasversale   della   «tutela   della
concorrenza» alla competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  ai
sensi del comma 2, lettera e) dell'art. 117  della  Costituzione,  ne
discende il dovere della  legge  regionale  di  non  circoscrivere  o
delimitare in alcun modo l'effetto ampliativo della legge statale che
persegue l'obiettivo della concorrenza e della tutela del consumatore
con particolare  riguardo  alla  possibilita'  di  approvvigionamento
(art. 1, comma 3 del d.lgs. n. 114/1998). 
    Ben puo' accadere, invero, come espressamente riconosciuto  dalla
stessa Corte costituzionale «che una misura che faccia parte  di  una
regolamentazione stabilita dalle  Regioni  nelle  materie  attribuite
alla loro competenza legislativa,  concorrente  o  residuale,  a  sua
volta abbia marginalmente  una  valenza  pro-competitiva.  Cio'  deve
ritenersi ammissibile,  al  fine  di  non  vanificare  le  competenze
regionali, sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e  non
siano  in  contrasto  con  gli  obiettivi  delle  norme  statali  che
disciplinano  il  mercato,  tutelano  e  promuovono  la  concorrenza»
(sentenza n. 430/2007). 
    Proprio tale condizione individuata dal Giudice delle  leggi  non
sembra ricorrere,  invece,  nel  caso  di  specie,  dove  la  Regione
Lombardia, nell'ambito di una  normativa  destinata  a  regolamentare
specifici aspetti del settore del commercio ha, con i censurati commi
5 e 9 dell'art. 5-bis della l.r.  n.  22/2000,  finito  per  incidere
tutt'altro che marginalmente sull'assetto concorrenziale  all'interno
del mercato regionale, differenziandolo  in  maniera  sostanziale  da
quello risultante dalla disciplina contenuta nel d.lgs.  n.  114  del
1998. 
    2.9. - A tale proposito appare opportuno ricordare che  la  Corte
di giustizia della Comunita'  europea,  in  piu'  occasioni,  non  ha
trovato contrastanti le normative nazionali degli stati membri  sulla
chiusura domenicale rispetto  al  principio  di  libera  circolazione
delle merci (sentenza 16 dicembre1992, causa C-169/91 e  sentenza  20
giugno 1996, V sezione, relativa ad una pluralita' di cause  tra  cui
la C-69/93 e la C-258/93). 
    In  quest'ultima  si  legge  che  «le  normative   in   questione
perseguivano  un  obiettivo   legittimo   alla   luce   del   diritto
comunitario. Invero, le discipline nazionali che limitano  l'apertura
domenicale di esercizi  commerciali  costituiscono  l'espressione  di
determinate  scelte,  rispondenti  alle  peculiarita'  socioculturali
nazionali o regionali. Spetta agli  Stati  membri  effettuare  queste
scelte attenendosi alle  prescrizioni  del  diritto  comunitario,  in
particolare al principio di proporzionalita'». 
    L'avvenuto esercizio, da parte  dello  Stato  italiano,  di  tale
scelta con apposito provvedimento avente forza di legge (il d.lgs. n.
114/1998) determina pero', quale conseguenza immediata e diretta,  la
preclusione, in capo al legislatore regionale della  possibilita'  di
adottare una propria disciplina  normativa  che  abbia  l'effetto  di
restringere o distorcere la concorrenza al di fuori dei casi  in  cui
sia lo stesso d.lgs.  n.  114/1998  a  consentirlo  in  un'ottica  di
contemperamento con la necessita' di tutelare altri principi e valori
di rango pari a quello attribuito alla tutela della concorrenza. 
    La riserva di legge statale in materia esclude,  dunque,  che  le
regioni possano, nel preteso esercizio della  competenza  legislativa
in materia di commercio: 
        introdurre  limitazioni  alla   disciplina   delle   aperture
domenicali in particolare circoscrivendo e delimitando  ulteriormente
le   potesta'   riconosciute   dalla    disciplina    statale    alle
amministrazioni in senso proconcorrenziale,  o  addirittura  rendendo
impossibile (totalmente o parzialmente) alle stesse di agire  in  tal
senso; 
        ovvero delineare regimi differenziati tra  gli  operatori  di
settore in contrasto con i principi comunitari. 
    2.10. - Per quanto attiene al primo profilo, si deve  evidenziare
come l'ars 11 della legge n.  114/1998,  pur  dettando  il  principio
generale dell'obbligo  della  chiusura  domenicale,  preveda  che  la
valutazione   dell'opportunita'   dell'apertura   domenicale    venga
effettuata dal singolo Comune sulla base  delle  condizioni  e  delle
circostanze concretamente sussistenti, senza introdurre alcun  limite
massimo alla facolta' di consentire l'apertura domenicale e festiva. 
    Al contrario, il comma 5 dell'art  5-bis  della  legge  regionale
della  Lombardia  n.  22  del  2000  vede  tale  potere  del  Sindaco
sostanzialmente    sostituito    da    una    valutazione    eseguita
aprioristicamente ed in maniera astratta dal  legislatore  in  ordine
alle   possibili   giornate   di   apertura   domenicale   che   sono
specificamente individuate dalla legge stessa, eccezion fatta per  le
cinque giornate di ulteriore apertura di  cui  alla  lettera  d)  del
comma stesso, la cui individuazione e' rimessa alla  discrezionalita'
del singolo Comune. 
    La Regione Lombardia ha, quindi, in primo luogo fissato un numero
massimo e non derogabile (con riferimento ai Comuni che non rientrano
nelle particolari categorie di cui  ai  successivi  commi,  quale  il
Comune di Curno che  ha  adottato  il  provvedimento  censurato),  di
domeniche in cui e' possibile l'apertura,  spingendosi  poi  fino  ad
individuarle puntualmente, fatta eccezione per il numero limitato  di
cinque ulteriori giornate rimesse alla discrezionalita'  dei  singoli
Comuni. 
    In altre parole il comma 5 dell'art. 5 della l.r. n.  22/2000  ha
sostanzialmente escluso, per  i  Comuni  lombardi,  quella  potesta',
riconosciuta invece dal comma 5 dell'art. 11 del d.lgs. n.  114/1998,
di valutare discrezionalmente l'opportunita' di consentire l'apertura
domenicale'e  festiva  degli  esercizi   commerciali   nella   misura
occorrente a garantire che l'offerta  commerciale  sia  in  grado  di
eguagliare le esigenze dei consumatori. 
    2.11.  -  La  normativa   regionale,   inoltre,   ha   introdotto
un'eccezione  generalizzata  al  divieto  di  apertura  domenicale  e
festiva,  consentendo  sempre  l'apertura  in  tali   giornate   (con
esclusione delle sole giornate festive di cui al gia' ricordato comma
11) agli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in  sede  fissa
aventi superficie di  vendita  fino  a  250  metri  quadrati,  mentre
nessuna analoga disposizione e' rinvenibile nella legge n.  114/1998,
che non differenzia la possibilita' di apertura domenicale e  festiva
in ragione delle dimensioni dell'esercizio. 
    Tale   norma,   seppur   tendente,   isolatamente    considerata,
all'apertura del mercato ed a garantire quella liberta' di scelta del
consumatore la cui tutela  si  prefiggono  le  norme  del  d.lgs.  n.
114/1998, finisce, pero', sistematicamente considerata la stessa, per
introdurre non solo una  disciplina  diversa  da  quella  voluta  dal
legislatore statale preposto ad adottare quelle disposizioni che, nel
garantire la massima concorrenza, assicurino pero' anche un  ordinata
disciplina del settore (il che integra una violazione dell'art.  117,
secondo  comma  della  Costituzione),   ma   anche   una   disciplina
differenziata all'interno del medesimo mercato  rilevante  (collegato
alla diversa superficie di vendita): il  che  costituisce  violazione
del principio comunitario di proporzionalita'  (di  cui  all'art.  5,
comma 3, del Trattato CE) il cui  rispetto  si  impone  alla  Regione
anche in forza del comma 1 dell'art. 117 Cost., che  individua  quale
limite alla competenza legislativa regionale il rispetto dei principi
comunitari. 
    Nel differenziare, in termini di giornate  in  cui  e'  possibile
l'apertura al pubblico, la possibilita' di esercitare l'attivita'  di
vendita, senza alcuna particolare e percepibile esigenza di tutela di
obiettivi di rango primario (la cui cura  e'  peraltro  riservata  al
legislatore  statale),  il  legislatore  regionale  si  ritiene  sia,
quindi, incorso in una violazione del principio  di  proporzionalita'
che deve guidare le scelte dello stesso ogni volta che una previsione
possa andare ad incidere sull'assetto  del  mercato  e  quindi  sulla
libera esplicazione dell'autonomia negoziale dei  singoli  perseguita
dall'ordinamento comunitario. 
    3. - Sulla base delle esposte considerazioni si ritiene rilevante
e non manifestamente  infondata  la  sin  qui  esposta  questione  di
costituzionalita', che si solleva  pertanto  ai  sensi  dell'art.  23
della legge 11 marzo 1953, n.  87  con  riferimento  all'art.  5-bis,
commi 5 e 9 delle legge regionale della Lombardia 3 aprile  2000,  n.
22, in relazione all'art. 117 della Costituzione, commi 1 e 2; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  dichiara,  nei
sensi  di  cui  in  motivazione,  rilevante  e   non   manifestamente
infondata, in relazione all'art. 117 della Costituzione, commi 1 e 2,
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 bis, commi  5
e 9 delle legge regionale della Lombardia 3 aprile 2000, n. 22; 
    Sospende, per l'effetto,  il  presente  giudizio  ed  ordina.  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone, inoltre, la notifica della presente ordinanza alle parti
in causa  ed  al  Presidente  della  Regione  Lombardia,  nonche'  la
comunicazione delle medesima al presidente  del  Consiglio  regionale
della Lombardia. 
    Cosi' deciso in Brescia nella Camera di consiglio del  giorno  29
ottobre 2009. 
 
                      Il Presidente: Calderoni 
 
 
                                             L'estensore: Bertagnolli