N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 2010
Ordinanza del 13 novembre 2009 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Sez. staccata di Brescia sul ricorso proposto da Oviesse S.p.A. contro Comune di Curno ed altri. . Commercio - Norme della Regione Lombardia - Disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali - Previsione che gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa, nel corso dell'anno solare e nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 11, possono restare aperti al pubblico, nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre; nell'ultima domenica dei mesi di maggio, agosto o novembre; nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; in altre cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni in relazione alle esigenze locali - Previsione che, nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 11, l'apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive e' consentita, con riferimento all'intero anno solare, agli esercizi commerciali in sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati - Contrasto con la disciplina statale in materia (d.lgs. 114/1998) - Violazione del principio comunitario di proporzionalita'. - Legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000, n. 22, art. 5-bis, commi 5 e 9. - Costituzione, art. 117, primo e secondo comma.(GU n.11 del 17-3-2010 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 475 del 2009, proposto da: Oviesse S.p.A., rappresentato, e difeso dagli avv. Andrea Guarino, Cecilia Martelli, Augusto Mosconi, con domicilio eletto presso Augusto Mosconi in Brescia, c.so Palestro, 38; Contro Comune di Curno, non costituito in giudizio; nei confronti di Atelier di Leidi Flavia & Co. Sas, Impresa Individuale Meringhetti Graziella, Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, tutti non costituiti in giudizio; Per l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Curno n. 18 del 6 marzo 2009, che ha disciplinato il regime delle aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali ubicati nel territorio comunale per l'anno 2009; di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti di atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Fatto e diritto 1. - La ricorrente conduce un esercizio commerciale nel Comune di Curno, il cui Sindaco ha, con il provvedimento censurato, individuato il regime delle aperture domenicali degli esercizi commerciali ubicati nel territorio comunale, consentendo le stesse nelle giornate indicate dal comma 5 dell'art. 5-bis della legge regionale 3 aprile 2000, n. 22 e sostanzialmente riproponendo la distinzione tra esercizi commerciali con superficie di vendita superiore a 250 mq e esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore a 250 mq prevista dall'art. 5-bis della legge regionale n. 22/2000. Poiche' tale regime prevede la liberalizzazione delle aperture domenicali e festive, per queste ultime (fatte salve le giornate espressamente previste dalla legge in cui non e' in alcun caso ammessa l'apertura), la ricorrente ritiene l'ordinanza n. 18 del 6 marzo 2009 lesiva della propria posizione di esercente il commercio con una superficie di vendita di 1499 mq che, proprio in considerazione di tale estensione dell'esercizio, vede limitata la propria possibilita' di apertura domenicale alla prima domenica dei mesi da gennaio a novembre, all'ultima domenica dei mesi di maggio, agosto e novembre, nonche' a tutte le giornate domenicali e festive del mese di dicembre, oltre a tre ulteriori giornate a discrezione dell'esercente stesso. In ragione di tutto cio', la societa' ricorrente ha formulato domanda di annullamento del provvedimento sindacale, portando all'attenzione del collegio la complessa questione del rapporto tra principi a tutela della concorrenza (anche ed in primo luogo comunitari) e regolamentazione delle aperture domenicali, alla luce della normativa regionale adottata e contenente disposizioni diverse da quelle di cui al d.lgs. n. 114/1998. Nel caso di specie, infatti, il collegio e' stato chiamato a pronunciarsi sulla legittimita' di un provvedimento che, nel dare applicazione all'art. 5-bis della l.r. n. 22/00 ha differenziato il regime delle aperture domenicali, consentendo agli esercizi con superficie di vendita inferiore ai 250 mq l'apertura in ogni domenica e giorno festivo (con la sola esclusione delle giornate specificamente individuate dalla stessa legge in cui sussiste l'obbligo generalizzato di chiusura) e limitando, invece, le aperture possibili per quegli esercizi aventi una superficie di vendita superiore ai 250 mq alla prima domenica dei mesi da gennaio a novembre, all'ultima domenica dei mesi di maggio, agosto e novembre e ad ulteriori tre giornate a libera scelta degli stessi. Secondo parte ricorrente il provvedimento in questione sarebbe illegittimo in quanto adottato sulla scorta di una legge regionale costituzionalmente illegittima in parte qua, cioe' laddove, in violazione dei limiti contenuti nell'art. 117 della Costituzione, ha individuato un regime piu' restrittivo di quello riconosciuto dalla normativa nazionale, cosi' incidendo sulla materia della tutela della concorrenza, pacificamente riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. 2.1. - Il collegio ritiene tale deduzione fondata e ravvisa i presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale posta con il ricorso. 2.2. - Per entrare nel merito della questione e' necessario premettere che l'art. 11 del d.lgs. n. 114/1998 recita: «4. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva dell'esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale. 5. Il comune, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, individua i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Detti giorni comprendono comunque quelli del mese di dicembre, nonche' ulteriori otto domeniche o festivita' nel corso degli altri mesi dell'anno.». L'art. 5-bis della l.r. della Lombardia n. 22 del 2000, cosi' come introdotto nel testo dalla l.r. 30 del 2007, prevede, invece, per quanto di interesse - dopo aver premesso (al comma 2) che gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa possono restare aperti al pubblico nei giorni feriali dalle ore sette alle ore ventidue - che (comma 5) «Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa, nel corso dell'anno solare e nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 11, possono restare aperti al pubblico: a) nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre; b) nell'ultima domenica di uno dei mesi di maggio, agosto o novembre; c) nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; d) in altre cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni in relazione alle esigenze locali.». Al successivo comma 9 stabilisce altresi', che «Nel rispetto dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 11 (che vieta l'apertura al pubblico delle attivita' di vendita nelle seguenti giornate domenicali o festive: a) 1° gennaio; b) Pasqua; c) 25 aprile; d) 1° maggio; e) 15 agosto; f) 25 dicembre pomeriggio; g) 26 dicembre, n. d.r.) l'apertura al pubblico nelle giornate domenicali e festive e' consentita, con riferimento all'intero anno solare, agli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati.». L'attivita' esercitata dall'odierna ricorrente non rientra in alcuna delle ipologie soggette ai regimi derogatori di cui ai commi 7 e 13 ed il Comune di Curno, nel cui territorio si colloca il punto vendita, non rientra ne' nei particolari ambiti territoriali (distretti di commercio) di cui all'art. 4-bis della l.r. 23 luglio 1999, n. 14 (soggetti al regime speciale del comma 8-bis dell'art. 5-bis della l.r. n. 22/2000), ne' in quelli qualificati come «di forte attrattivita' (di cui al comma 10 del citato art. 5-bis). Considerata, inoltre, la superficie di vendita, pari a 1.499 mq, la medesima non puo' nemmeno godere del regime di libera apertura dettato dal comma 9 dell'art. 5-bis della l.r. n. 22/2000. In altre parole, e' incontestato che rispetto alla stessa debba trovare applicazione l'ordinaria disciplina della giornata domenicale, in ragione della quale la regola e' rappresentata dall'obbligo della chiusura domenicale, salvo la possibilita' dell'apertura nella prima domenica dei mesi da gennaio a novembre, nell'ultima domenica di uno dei mesi di maggio, agosto o novembre, nelle giornate domenicali e festive del mese di dicembre; e in altre cinque giornate domenicali e festive scelte dai comuni in relazione alle esigenze locali, purche' tali giornate non coincidano con quelle in cui l'apertura e' comunque preclusa dal comma 11 del medesimo art. 5 bis della l.r. n. 22/2000. 2.3. - Cosi' enucleata la normativa regionale applicabile con riferimento alla fattispecie concreta, le norme sospettate di incostituzionalita' sono, quindi, rappresentate: dal comma 5 dell'art. 5-bis della l.r. della Lombardia 3 aprile 2000, n. 22, nella misura in cui introduce ad opera del legislatore regionale la predeterminazione delle possibili aperture domenicali, riservando al Comune la sola individuazione di ulteriori cinque domeniche; dal comma 9 dell'art. 5-bis della l.r. della Lombardia 3 aprile 2000, n. 22, il quale consente ai soli esercizi di vendita con superficie inferiore a 250 metri quadrati l'apertura al pubblico in tutte le domeniche e giornate festive nell'arco di tutto l'anno solare. La norma costituzionale di cui si sospetta la violazione e' rappresentata dall'art. 117, commi 1 e 2, in relazione ai vincoli dell'ordinamento comunitario ed al sistema di riparto delle competenze legislative Stato-Regione. 2.4. - Per quanto attiene alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, si e' gia' evidenziato come il provvedimento amministrativo impugnato avanti Tribunale Amministrativo Regionale sia il frutto della pedissequa applicazione della normativa regionale ora ricordata, tant'e' che il ricorso non deduce, avverso tale atto, altra illegittimita' che non sia quella derivante dall'incostituzionalita' della normativa regionale lombarda, nell'assunto che quest'ultima dettando una disciplina sostanzialmente diversa da quella contenuta nella legge n. 114/98, avrebbe violato i limiti alla potesta' regionale rappresentati di cui all'art. 117 della Costituzione, introdotto un trattamento discriminatorio alla luce dell'art. 3 della Costituzione e violato il principio fondamentale, di derivazione comunitaria, della proporzionalita'. In altri termini, la fonte legislativa regionale ha direttamente determinato in modo cogente il contenuto lesivo dell'atto impugnato, senza lasciare o consentire alcuna mediazione discrezionale in capo all'Autorita' amministrativa circa l'apertura domenicale o meno degli esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore a 250 mq.: ne consegue che lo scrutinio di legittimita' del provvedimento amministrativo dipende indissolubilmente dal previo vaglio di costituzionalita' della normativa regionale, nel senso che ove questa fosse ritenuta costituzionalmente legittima anche il consequenziale provvedimento amministrativo applicativo sarebbe esente da vizi di legittimita' e viceversa nel caso di declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma applicata. 2.5. - Chiarito il profilo della rilevanza della questione, per quanto attiene all'ulteriore profilo della non manifesta infondatezza il Collegio si sente di dubitare della Osservanza, da parte della normativa regionale de qua, dei limiti posti alla potesta' legislativa regionale dall'art. 117 della Costituzione commi 1 e 2. Viene in considerazione in primo luogo il comma 2, che individua le materie riservate alla competenza legislativa statale. La legge regionale della Lombardia n. 22 del 2000, rubricata «Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali», individua quale proprio ambito di applicazione (cfr. art. 1, comma 1) il seguente: «La presente legge, nell'esercizio della potesta' legislativa di cui all'art. 117, quarto comma, della Costituzione, disciplina le vendite straordinarie di liquidazione, di fine stagione e promozionali, nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti; disciplina, inoltre, i giorni e gli orari di apertura degli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa nella Regione Lombardia». 2.6. - Il dato letterale sembrerebbe, quindi, condurre ad una qualificazione della norma come attinente alla materia del «commercio», attribuita alla legislazione residuale regionale ex art. 117, quarto comma della Cost. Un piu' specifico esame delle disposizioni della cui applicazione concreta si controverte fa, pero', propendere per ricondurre le stesse nell'ambito del piu' appropriato alveo della «tutela della concorrenza», rimesso alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e assoggettato all'applicazione della disciplina di derivazione comunitaria. A tale conclusione conduce un attento excursus delle pronunce in argomento della Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di chiarire, nella sentenza n. 430 del 2007 come «secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'espressione ''tutela della concorrenza'', utilizzata dal legislatore costituzionale all'art. 117, secondo comma, lettera e), coerentemente con quella operante nel sistema giuridico comunitario, comprende, tra l'altro, interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalita' di controllo, eventualmente anche di sanzione; le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalita' di esercizio delle attivita' economiche. In tale maniera, vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi (sentenza n. 401 del 2007). Si tratta, in altri termini, dell'aspetto piu' precisamente di promozione della concorrenza, che e' una delle leve della politica economica del Paese (sentenze n. 80 del 2006; n. 242 del 2005; n. 175 del 2005; n. 272 del 2004).Per siffatti caratteri, la ''tutela della concorrenza'', proprio in quanto ha ad oggetto la disciplina dei mercati di riferimento di attivita' economiche molteplici e diverse, non e' una "materia di estensione certa", ma presenta i tratti "di una funzione esercitabile sui piu' diversi oggetti" ed e' configurabile come "trasversale"». Al fine di accertare se determinate disposizioni possano essere ricondotte alla «tutela della concorrenza» e' quindi necessario, continua la sentenza ora richiamata, verificare «se le norme adottate dallo Stato siano essenzialmente finalizzate a garantire la concorrenza fra i diversi soggetti del mercato (sentenza n. 285 del 2005), allo scopo di accertarne la coerenza rispetto all'obiettivo di assicurare un mercato aperto e in libera concorrenza. Una volta che tale scrutinio abbia esito positivo, l'attribuzione delle misure alla competenza legislativa esclusiva dello Stato comporta sia l'inderogabilita' delle disposizioni nelle quali si esprime, sia che queste legittimamente incidono, nei limiti della loro specificita' e dei contenuti normativi che di esse sono proprie, sulla totalita' degli ambiti materiali entro i quali si applicano (sentenza n. 80 del 2006).». In altre parole, cio' che risulta essere necessario e' «accertare se, alla stregua del succitato scrutinio, la disposizione sia strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacita' imprenditoriale» (sentenza n. 430 del 2007). 2.7. - A parere del Collegio, una tale verifica conduce ad esito positivo nel caso degli articoli da 11 a 13 del d.lgs. n. 114/1998. Come evidenziato nella piu' volte citata sentenza n. 430 del 2007, lo stesso d.lgs. n 114 del 1998 ha espressamente posto quali finalita' della disciplina in materia di commercio, tra le altre, quelle di realizzare da trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' di impresa e la libera circolazione delle merci, «l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonche' l'evoluzione tecnologica dell'offerta», in un'ottica di riforma volta a «rimuovere vincoli e privilegi, realizzando una maggiore eguaglianza di opportunita' per tutti gli operatori economici» e perseguendo, quindi, l'intento di «favorire l'apertura del mercato alla concorrenza» (sentenza C. Cost. n. 64 del 2007). Tutto cio' premesso in linea generale, il Collegio ritiene, condividendo quanto affermato sul punto dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1761 del 23 marzo 2009 - nella quale si legge che «l'intento avuto di mira con detto decreto legislativo n. 114/1998 e' stato comunque quello di "favorire l'apertura del mercato alla concorrenza" garantendo i mercati ed i soggetti che in essi operano» -, che alle disposizioni contenute negli articoli da 11 a 13 del d.lgs. n. 114/1998, debba essere riconosciuto - cosi' come affermato dall'Autorita' Garante della Concorrenza nella segnalazione AS480 del 1624 ottobre 2008 -, carattere «pro-concorrenziale», tenuto conto, in particolare, che «la liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato piu' dinamico e piu' aperto all'ingresso di nuovi operatori» (segnalazione dell'Autorita' Garante della Concorrenza sopra citata). Inoltre, a tali norme deve essere riconosciuto quell'effetto di ampliare «l'area di libera scelta sia dei cittadini che delle imprese» che, nella sentenza della Corte costituzionale n. 430 del 2007, e' individuato come scopo delle misure legislative di promozione e cioe' di quelle norme che, come l'art. 11 del d.lgs. n. 114/1998, tendono ad eliminare limiti e barriere alla libera esplicazione della capacita' imprenditoriale. Si ravvisano, quindi, con riferimento alle norme in parola, proprio quelle condizioni che, negli autorevoli avvisi ora ricordati, debbono far propendere per la qualificazione delle stesse come norme poste a «tutela della concorrenza». 2.8. - Ritenuta dimostrata siffatta qualificazione e data l'attribuzione della materia trasversale della «tutela della concorrenza» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del comma 2, lettera e) dell'art. 117 della Costituzione, ne discende il dovere della legge regionale di non circoscrivere o delimitare in alcun modo l'effetto ampliativo della legge statale che persegue l'obiettivo della concorrenza e della tutela del consumatore con particolare riguardo alla possibilita' di approvvigionamento (art. 1, comma 3 del d.lgs. n. 114/1998). Ben puo' accadere, invero, come espressamente riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale «che una misura che faccia parte di una regolamentazione stabilita dalle Regioni nelle materie attribuite alla loro competenza legislativa, concorrente o residuale, a sua volta abbia marginalmente una valenza pro-competitiva. Cio' deve ritenersi ammissibile, al fine di non vanificare le competenze regionali, sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e non siano in contrasto con gli obiettivi delle norme statali che disciplinano il mercato, tutelano e promuovono la concorrenza» (sentenza n. 430/2007). Proprio tale condizione individuata dal Giudice delle leggi non sembra ricorrere, invece, nel caso di specie, dove la Regione Lombardia, nell'ambito di una normativa destinata a regolamentare specifici aspetti del settore del commercio ha, con i censurati commi 5 e 9 dell'art. 5-bis della l.r. n. 22/2000, finito per incidere tutt'altro che marginalmente sull'assetto concorrenziale all'interno del mercato regionale, differenziandolo in maniera sostanziale da quello risultante dalla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 114 del 1998. 2.9. - A tale proposito appare opportuno ricordare che la Corte di giustizia della Comunita' europea, in piu' occasioni, non ha trovato contrastanti le normative nazionali degli stati membri sulla chiusura domenicale rispetto al principio di libera circolazione delle merci (sentenza 16 dicembre1992, causa C-169/91 e sentenza 20 giugno 1996, V sezione, relativa ad una pluralita' di cause tra cui la C-69/93 e la C-258/93). In quest'ultima si legge che «le normative in questione perseguivano un obiettivo legittimo alla luce del diritto comunitario. Invero, le discipline nazionali che limitano l'apertura domenicale di esercizi commerciali costituiscono l'espressione di determinate scelte, rispondenti alle peculiarita' socioculturali nazionali o regionali. Spetta agli Stati membri effettuare queste scelte attenendosi alle prescrizioni del diritto comunitario, in particolare al principio di proporzionalita'». L'avvenuto esercizio, da parte dello Stato italiano, di tale scelta con apposito provvedimento avente forza di legge (il d.lgs. n. 114/1998) determina pero', quale conseguenza immediata e diretta, la preclusione, in capo al legislatore regionale della possibilita' di adottare una propria disciplina normativa che abbia l'effetto di restringere o distorcere la concorrenza al di fuori dei casi in cui sia lo stesso d.lgs. n. 114/1998 a consentirlo in un'ottica di contemperamento con la necessita' di tutelare altri principi e valori di rango pari a quello attribuito alla tutela della concorrenza. La riserva di legge statale in materia esclude, dunque, che le regioni possano, nel preteso esercizio della competenza legislativa in materia di commercio: introdurre limitazioni alla disciplina delle aperture domenicali in particolare circoscrivendo e delimitando ulteriormente le potesta' riconosciute dalla disciplina statale alle amministrazioni in senso proconcorrenziale, o addirittura rendendo impossibile (totalmente o parzialmente) alle stesse di agire in tal senso; ovvero delineare regimi differenziati tra gli operatori di settore in contrasto con i principi comunitari. 2.10. - Per quanto attiene al primo profilo, si deve evidenziare come l'ars 11 della legge n. 114/1998, pur dettando il principio generale dell'obbligo della chiusura domenicale, preveda che la valutazione dell'opportunita' dell'apertura domenicale venga effettuata dal singolo Comune sulla base delle condizioni e delle circostanze concretamente sussistenti, senza introdurre alcun limite massimo alla facolta' di consentire l'apertura domenicale e festiva. Al contrario, il comma 5 dell'art 5-bis della legge regionale della Lombardia n. 22 del 2000 vede tale potere del Sindaco sostanzialmente sostituito da una valutazione eseguita aprioristicamente ed in maniera astratta dal legislatore in ordine alle possibili giornate di apertura domenicale che sono specificamente individuate dalla legge stessa, eccezion fatta per le cinque giornate di ulteriore apertura di cui alla lettera d) del comma stesso, la cui individuazione e' rimessa alla discrezionalita' del singolo Comune. La Regione Lombardia ha, quindi, in primo luogo fissato un numero massimo e non derogabile (con riferimento ai Comuni che non rientrano nelle particolari categorie di cui ai successivi commi, quale il Comune di Curno che ha adottato il provvedimento censurato), di domeniche in cui e' possibile l'apertura, spingendosi poi fino ad individuarle puntualmente, fatta eccezione per il numero limitato di cinque ulteriori giornate rimesse alla discrezionalita' dei singoli Comuni. In altre parole il comma 5 dell'art. 5 della l.r. n. 22/2000 ha sostanzialmente escluso, per i Comuni lombardi, quella potesta', riconosciuta invece dal comma 5 dell'art. 11 del d.lgs. n. 114/1998, di valutare discrezionalmente l'opportunita' di consentire l'apertura domenicale'e festiva degli esercizi commerciali nella misura occorrente a garantire che l'offerta commerciale sia in grado di eguagliare le esigenze dei consumatori. 2.11. - La normativa regionale, inoltre, ha introdotto un'eccezione generalizzata al divieto di apertura domenicale e festiva, consentendo sempre l'apertura in tali giornate (con esclusione delle sole giornate festive di cui al gia' ricordato comma 11) agli esercizi commerciali di vendita al dettaglio in sede fissa aventi superficie di vendita fino a 250 metri quadrati, mentre nessuna analoga disposizione e' rinvenibile nella legge n. 114/1998, che non differenzia la possibilita' di apertura domenicale e festiva in ragione delle dimensioni dell'esercizio. Tale norma, seppur tendente, isolatamente considerata, all'apertura del mercato ed a garantire quella liberta' di scelta del consumatore la cui tutela si prefiggono le norme del d.lgs. n. 114/1998, finisce, pero', sistematicamente considerata la stessa, per introdurre non solo una disciplina diversa da quella voluta dal legislatore statale preposto ad adottare quelle disposizioni che, nel garantire la massima concorrenza, assicurino pero' anche un ordinata disciplina del settore (il che integra una violazione dell'art. 117, secondo comma della Costituzione), ma anche una disciplina differenziata all'interno del medesimo mercato rilevante (collegato alla diversa superficie di vendita): il che costituisce violazione del principio comunitario di proporzionalita' (di cui all'art. 5, comma 3, del Trattato CE) il cui rispetto si impone alla Regione anche in forza del comma 1 dell'art. 117 Cost., che individua quale limite alla competenza legislativa regionale il rispetto dei principi comunitari. Nel differenziare, in termini di giornate in cui e' possibile l'apertura al pubblico, la possibilita' di esercitare l'attivita' di vendita, senza alcuna particolare e percepibile esigenza di tutela di obiettivi di rango primario (la cui cura e' peraltro riservata al legislatore statale), il legislatore regionale si ritiene sia, quindi, incorso in una violazione del principio di proporzionalita' che deve guidare le scelte dello stesso ogni volta che una previsione possa andare ad incidere sull'assetto del mercato e quindi sulla libera esplicazione dell'autonomia negoziale dei singoli perseguita dall'ordinamento comunitario. 3. - Sulla base delle esposte considerazioni si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la sin qui esposta questione di costituzionalita', che si solleva pertanto ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 con riferimento all'art. 5-bis, commi 5 e 9 delle legge regionale della Lombardia 3 aprile 2000, n. 22, in relazione all'art. 117 della Costituzione, commi 1 e 2;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara, nei sensi di cui in motivazione, rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 117 della Costituzione, commi 1 e 2, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 bis, commi 5 e 9 delle legge regionale della Lombardia 3 aprile 2000, n. 22; Sospende, per l'effetto, il presente giudizio ed ordina. la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone, inoltre, la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente della Regione Lombardia, nonche' la comunicazione delle medesima al presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Cosi' deciso in Brescia nella Camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2009. Il Presidente: Calderoni L'estensore: Bertagnolli