N. 64 ORDINANZA 22 - 24 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla
  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  delle   controversie
  relative alla debenza del canone per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
  urbani (Tariffa di igiene ambientale - TIA) - Denunciata violazione
  del divieto di istituire giudici straordinari o speciali -  Difetto
  di rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo  periodo,
  come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lett.  b),  del  d.l.  30
  settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
  comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 2, secondo comma. 
Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla
  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  delle   controversie
  relative alla debenza del canone per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
  urbani (Tariffa di igiene ambientale - TIA) - Denunciata violazione
  del principio  del  giudice  naturale  precostituito  per  legge  -
  Questione priva di motivazione - Manifesta inammissibilita'. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo  periodo,
  come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lett.  b),  del  d.l.  30
  settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
  comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 25, primo comma. 
Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla
  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  delle   controversie
  relative alla debenza del canone per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
  urbani (Tariffa di igiene ambientale - TIA) - Denunciata violazione
  del  divieto  di  istituire  giudici  straordinari  o  speciali   -
  Questioni identiche ad altra gia' dichiarata non fondata -  Mancata
  prospettazione di  argomentazioni  e  profili  diversi  rispetto  a
  quelli gia' esaminati - Manifesta infondatezza delle questioni. 
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo  periodo,
  come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lett.  b),  del  d.l.  30
  settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
  comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione, art. 102, secondo comma. 
(GU n.9 del 3-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre  2005,  n.  248  -,  promossi:  con  ordinanza
depositata il 15 maggio 2009, dalla Corte di cassazione nel  giudizio
per regolamento preventivo di giurisdizione promosso  da  Gino  Miele
nei confronti della s.p.a. Azienda  Consorzio  del  Mirese  -  Gruppo
Veritas, iscritta  al  numero  239  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
serie speciale, dell'anno 2009; con ordinanza depositata il 12 maggio
2009,  dalla  Commissione  tributaria  regionale  della  Toscana  nel
giudizio tributario di appello vertente tra la S.r.l.  Elettrocantini
di Cantini Roberto & C., il Comune di Grosseto e la S.p.A. Monte  dei
Paschi di Siena, iscritta al numero 252 del registro ordinanze 2009 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  41  -  prima
serie speciale - dell'anno  2009;  con  ordinanza  depositata  il  31
luglio  2009,  dal  Tribunale  di  Pistoia,  sezione  distaccata   di
Monsummano Terme, nel giudizio civile vertente tra la S.r.l. Anico  e
la  S.p.A.  Publiambiente,  iscritta  al  numero  260  del   registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 42 - prima serie speciale - dell'anno 2009; 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio per regolamento preventivo
di giurisdizione promosso da Gino Miele nei  confronti  della  S.p.A.
Azienda  Consorzio  del  Mirese  -  Gruppo  Veritas,  la   Corte   di
cassazione, con ordinanza depositata il 15 maggio 2009 (r.o.  n.  239
del 2009), ha sollevato, in riferimento all'art. 102, secondo  comma,
della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui  stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le controversie
relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di  rifiuti
urbani»; 
        che il giudice a  quo  osserva  che:  a)  il  regolamento  di
giurisdizione trae origine da una controversia pendente di fronte  al
Giudice di pace di Dolo e concernente  l'opposizione  ad  un  decreto
ingiuntivo con il quale la societa' convenuta ha agito per il mancato
pagamento di una serie di  fatture  relative  alla  Tariffa  d'igiene
ambientale (TIA) per gli anni dal 2001 al  2005;  b)  l'opponente  ha
proposto ricorso per regolamento  preventivo  di  giurisdizione,  sul
rilievo  che,  trattandosi  di  debiti  di  natura   tributaria,   la
giurisdizione spetta non al  giudice  ordinario,  bensi'  al  giudice
tributario; 
        che, quanto  alla  ricostruzione  del  quadro  normativo,  il
giudice a quo riferisce che la TIA e' stata istituita con  l'art.  49
del decreto legislativo 5 febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione  della
direttiva 91/156/CEE sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE  sui
rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e  sui
rifiuti di imballaggio), in sostituzione della  TARSU,  cioe'  di  un
prelievo di natura tributaria, ed e' finalizzata a coprire  «i  costi
per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti
di qualunque natura o  provenienza  giacenti  sulle  strade  ed  aree
pubbliche e soggette ad uso pubblico» (art. 49, comma 2); 
        che lo stesso giudice a quo precisa, altresi', che la tariffa
«deve essere  applicata  nei  confronti  di  chiunque  occupi  oppure
conduca locali, o  aree  scoperte  ad  uso  privato  non  costituenti
accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti,
esistenti nelle zone del territorio comunale» (art. 49, comma  3)  ed
«e' composta da una quota determinata in  relazione  alle  componenti
essenziali del costo  del  servizio,  riferite  in  particolare  agli
investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota
rapportata alle quantita' di rifiuti conferiti, al servizio  fornito,
e all'entita' dei costi di gestione, in modo che  sia  assicurata  la
copertura integrale dei costi di investimento e di  esercizio»  (art.
49, comma 4); 
        che - prosegue la rimettente - la TIA  e'  stata  sostituita,
con l'art. 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme
in materia ambientale), dalla Tariffa per  la  gestione  dei  rifiuti
urbani, che e' dovuta da «chiunque possegga  o  detenga  a  qualsiasi
titolo locali,  o  aree  scoperte  ad  uso  privato  o  pubblico  non
costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a  qualsiasi
uso adibiti,  esistenti  nelle  zone  del  territorio  comunale,  che
producano rifiuti urbani» e che costituisce «il corrispettivo per  lo
svolgimento del servizio di  raccolta,  recupero  e  smaltimento  dei
rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati  dall'art.
15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36» (art.  238,  comma
1); 
        che la stessa Corte rimettente sottolinea  che,  nella  nuova
disciplina,  la  tariffa  per  la  gestione  dei  rifiuti  urbani  e'
«commisurata alle quantita' e qualita'  medie  ordinarie  di  rifiuti
prodotti per unita' di superficie,  in  relazione  agli  usi  e  alla
tipologia di attivita' svolte, sulla base di  parametri,  determinati
con il regolamento di cui al comma 6,  che  tengano  anche  conto  di
indici reddituali articolati per  fasce  di  utenza  e  territoriali»
(art. 238, comma 2) ed e'  «composta  da  una  quota  determinata  in
relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite
in  particolare  agli  investimenti  per  le  opere  ed  ai  relativi
ammortamenti, nonche' da  una  quota  rapportata  alle  quantita'  di
rifiuti conferiti, al servizio fornito e  all'entita'  dei  costi  di
gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi
di investimento e di esercizio» (art. 238, comma 4); 
        che  il  giudice  a  quo  premette  di  non  condividere   il
presupposto  interpretativo  su  cui  si  fonda  la  sua   precedente
ordinanza n. 4895 del 2006, secondo cui il legislatore - aggiungendo,
con l'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge n.  203  del
2005, un secondo periodo al comma 2 dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del
1992 - avrebbe inteso risolvere la  controversa  questione  circa  la
natura, tributaria o no, della TIA, affermandone per via  processuale
il carattere tributario sostanziale; 
        che, a tale proposito, la  rimettente  rileva  che  la  Corte
costituzionale, con le sentenze n. 335 e n. 64 del 2008,  ha  escluso
la natura tributaria, rispettivamente, del COSAP e del canone per  lo
scarico e la depurazione delle acque reflue, con cio' negando che  il
secondo periodo del comma 2 dell'art. 2 del d.lgs. n.  546  del  1992
valga, ex se, a determinare la natura  tributaria  delle  prestazioni
patrimoniali da esso elencate; 
        che, a sostegno della natura non  tributaria  della  TIA,  la
rimettente afferma che: a) la  considerazione  che  un  prelievo  sia
diretto - come la TIA - ad  assicurare  la  copertura  integrale  dei
costi di investimento e di esercizio e' gia' stata posta dalla  Corte
costituzionale a fondamento della sua natura  non  tributaria;  b)  i
criteri per la  determinazione  della  TIA  sono  analoghi  a  quelli
stabiliti dall'art. 117, comma 1, del decreto legislativo  18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali) per le tariffe dei servizi pubblici, le quali,  a  norma  del
comma 2 della medesima disposizione,  sono  definite  «corrispettivo»
dei servizi stessi; c) mancano, nella  disciplina  sulla  TIA,  norme
riguardanti l'accertamento, le sanzioni e il contenzioso; d)  la  TIA
e' soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 6, comma  13,  della  legge  13
maggio  1999,  n.  133  (Disposizioni  in  materia  di  perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale), e del d.m. 24 ottobre 2000,
n. 370, e tale soggezione e' indice della volonta' del legislatore di
non ricondurre le quote stesse al novero di  quei  «diritti,  canoni,
contributi»  che  l'art.  13,  paragrafo  1,  primo  periodo,   della
direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006  esclude
in linea generale dall'assoggettamento a IVA,  perche'  percepiti  da
enti pubblici «per le  attivita'  od  operazioni  che  esercitano  in
quanto pubbliche autorita'»;  e)  l'Agenzia  delle  entrate,  con  la
risoluzione n. 25 del 5 febbraio 2003, ha affermato che  «la  tariffa
di  igiene  ambientale  (TIA),  configurandosi  alla  stregua  di  un
"corrispettivo", nel  presupposto  che  l'espletamento  del  servizio
avvenga  secondo  regole  di  diritto  comune,  [...]   deve   essere
assoggettata all'IVA, con aliquota agevolata del 10 per  cento,  come
previsto dalla Tabella A, parte terza, n. 127-sexiesdecies,  allegata
al suddetto d.P.R. n. 633 del  1972,  nel  caso  che  trattasi  della
gestione  di  rifiuti  urbani  e/o  dei  rifiuti  speciali  ad   essi
assimilati»; f) le operazioni di raccolta,  trasporto  e  smaltimento
dei rifiuti solidi urbani e assimilati sono svolte  da  soggetti  che
operano come imprese  nell'esercizio  di  vere  e  proprie  attivita'
commerciali ed applicano e riscuotono direttamente la tariffa, con la
duplice conseguenza della mancanza di un atto impositivo  impugnabile
e di un soggetto pubblico che possa assumere la qualita' di parte  in
un eventuale giudizio tributario; g) il passaggio  dalla  TARSU  alla
TIA  e'  «caratterizzato   da   una   scelta   legislativa   per   la
privatizzazione (e spesso esternalizzazione) dei servizi, connessa ad
un processo di  detributarizzazione,  in  particolare  riferito  alla
finanza locale (e  specificamente  all'area  dei  servizi  erogati  o
gestiti dagli enti territoriali), in  una  prospettiva  "federalista"
nella quale si esalta il "principio del beneficio"»; h) il  passaggio
dalla TARSU alla TIA ha anche avuto la finalita' di dare  attuazione,
in materia di rifiuti, al principio comunitario «chi inquina paga»; 
        che, sulla premessa della natura non tributaria della TIA, il
giudice rimettente deduce che la disposizione denunciata, attribuendo
la cognizione delle controversie sulla debenza di  tale  prelievo  ai
giudici tributari, comporterebbe la creazione di un giudice speciale,
vietata dall'evocato parametro costituzionale; 
        che, a sostegno della rilevanza della prospettata  questione,
la Corte di cassazione afferma che il giudizio a quo ha  per  oggetto
il regolamento di  giurisdizione  e  che  la  disposizione  censurata
attribuisce al giudice tributario la  cognizione  delle  controversie
sulla debenza del canone per lo smaltimento di rifiuti urbani,  anche
se questo non ha natura tributaria,  senza  che  vi  sia  spazio  per
un'interpretazione   costituzionalmente   orientata   della    stessa
disposizione; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata; 
        che la difesa erariale richiama,  al  riguardo,  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 238 del 2009, successiva  all'ordinanza
di rimessione, con la quale un'analoga questione e' stata  dichiarata
infondata, perche' le caratteristiche strutturali e funzionali  della
TIA disciplinata dall'art. 49 del d.lgs.  n.  22  del  1997  «rendono
evidente che tale prelievo  presenta  tutte  le  caratteristiche  del
tributo» e che  esso  «costituisce  una  mera  variante  della  TARSU
disciplinata dal d.P.R. n. 507 del 1993 (e successive modificazioni),
conservando la qualifica di tributo propria di quest'ultima»; 
        che, nel corso di un giudizio tributario di appello  promosso
dalla S.r.l. Elettrocantini di Cantini Roberto & C. nei confronti del
Comune di Grosseto e (quale agente della  riscossione)  della  S.p.A.
Monte dei Paschi di Siena, la Commissione tributaria regionale  della
Toscana, con ordinanza depositata il 12 maggio 2009 (r.o. n. 252  del
2009), ha sollevato, in  riferimento  all'art.  102,  secondo  comma,
Cost., questione  di  legittimita'  dell'art.  2,  comma  2,  secondo
periodo, del decreto legislativo n. 546 del 1992  -  come  modificato
dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge  n.  203  del
2005, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della
legge  n.  248  del  2005  -,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che
«Appartengono alla giurisdizione  tributaria  [...]  le  controversie
relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di  rifiuti
urbani»; 
        che la rimettente riferisce  che  la  Commissione  tributaria
provinciale di Prato aveva respinto il ricorso della contribuente nei
confronti del Comune e  dell'agente  della  riscossione  avverso  una
cartella di pagamento «della tassa per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
solidi urbani (TARSU) relativa all'anno 2003»  e  che  la  ricorrente
aveva proposto appello; 
        che il giudice a quo rileva che la TARSU oggetto di causa  e'
stata poi sostituita dalla TIA e lamenta che le controversie relative
a quest'ultima, pur non avendo essa  natura  tributaria,  sono  state
attribuite dalla norma censurata alla giurisdizione tributaria; 
        che,  a  sostegno  della  prospettata  censura,  il   giudice
rimettente rileva che l'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997  costruisce
la  prestazione  di  cui  si  tratta  come  tariffa,  cioe'  come  un
corrispettivo privatistico che copre «i costi per i servizi  relativi
alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura  o
provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso
pubblico» (comma 2), e stabilisce al comma 4 che essa e' composta  da
una quota determinata in relazione  alle  componenti  essenziali  del
costo  del  servizio  e  da  una  ulteriore  quota  «rapportata  alla
quantita' dei rifiuti conferiti, al servizio  fornito  e  all'entita'
dei costi di gestione», al fine di assicurare la copertura  integrale
dei costi di investimento e di esercizio; 
        che, in punto di rilevanza, il  giudice  a  quo  afferma  che
all'accoglimento  della  questione  «conseguirebbe  il   difetto   di
giurisdizione di questa  commissione  tributaria  a  conoscere  della
controversia»; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata  manifestamente  infondata,
sul rilievo che la TIA disciplinata dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del
1997 deve essere considerata un tributo e non un corrispettivo; 
        che, nel corso di un giudizio civile vertente tra  la  S.r.l.
Anico e la S.p.A. Publiambiente ed avente  ad  oggetto  l'opposizione
della prima ad un decreto ingiuntivo emanato a favore  della  seconda
per il  mancato  pagamento  della  TIA  relativa  all'anno  2003,  il
Tribunale di Pistoia, sezione distaccata  di  Monsummano  Terme,  con
ordinanza depositata il 31 luglio 2009 (r.o. n.  260  del  2009),  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102,  secondo
comma, della Costituzione, questione  di  legittimita'  dell'art.  2,
comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n. 546 del  1992  -
come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma   1,   lettera   b),   del
decreto-legge  n.  203  del  2005,  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 248 del 2005 -, nella  parte  in
cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria  [...]
le controversie  relative  alla  debenza  del  canone  [...]  per  lo
smaltimento di rifiuti urbani»; 
        che, in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  quanto  al
parametro dell'art. 102, secondo  comma,  Cost.,  il  giudice  a  quo
svolge considerazioni analoghe a  quelle  contenute  nelle  ordinanze
r.o. n. 239 del 2009 e n.  252  del  2009  e  rileva,  altresi',  che
«all'art. 77-bis n. 30 del decreto-legge n. 112/2008  il  legislatore
ha confermato  il  blocco  dei  tributi  per  il  triennio  2009-2011
introducendo una deroga per la TARSU ma non citando la  TIA;  il  che
non si spiega logicamente se non nella considerazione che la  TIA  e'
un'entrata extratributaria»; 
        che, quanto al parametro dell'art. 25, primo comma, Cost., il
Tribunale afferma che la disposizione censurata  viola  il  principio
del giudice naturale; 
        che in punto  di  rilevanza  della  sollevata  questione,  il
rimettente osserva che l'opponente  ha  eccepito,  proprio  in  forza
della norma  censurata,  il  difetto  di  giurisdizione  del  giudice
ordinario in favore del giudice  tributario  e  che  di  tale  norma,
pertanto, deve farsi applicazione ai fini  della  decisione  su  tale
eccezione. 
    Considerato che la Corte di cassazione, la Commissione tributaria
regionale  della  Toscana  ed  il  Tribunale  di   Pistoia,   sezione
distaccata di Monsummano Terme,  dubitano,  in  riferimento  all'art.
102, secondo comma, della Costituzione, della legittimita'  dell'art.
2, comma 2, secondo periodo,  del  decreto  legislativo  31  dicembre
1992, n. 546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione
della delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30  della  legge  30
dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art.  3-bis,  comma  1,
lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203  (Misure  di
contrasto all'evasione fiscale  e  disposizioni  urgenti  in  materia
tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui
stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria  [...]  le
controversie  relative  alla  debenza  del  canone   [...]   per   lo
smaltimento di rifiuti urbani», quale disciplinato dall'art.  49  del
decreto  legislativo  5  febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione   della
direttiva 91/156/CEE sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE  sui
rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e  sui
rifiuti di imballaggio); 
        che i rimettenti lamentano che la norma censurata «si risolve
nella creazione di un nuovo giudice speciale»,  vietata  dall'evocato
parametro, perche'  attribuisce  alla  cognizione  delle  commissioni
tributarie le controversie relative alla tariffa di igiene ambientale
(TIA) disciplinata dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, che non ha
natura tributaria; 
        che il solo  Tribunale  di  Pistoia,  sezione  distaccata  di
Monsummano Terme, dubita della  legittimita'  dello  stesso  articolo
anche in riferimento all'art. 25, primo comma, Cost.; 
        che i giudizi di legittimita' costituzionale  promossi  dalle
suddette ordinanze vanno riuniti, perche' hanno ad  oggetto  analoghe
questioni, relative alla stessa norma; 
        che, preliminarmente, deve  essere  dichiarata  la  manifesta
inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
sollevata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana; 
        che, infatti, la  Commissione  rimettente  riferisce  che  il
giudizio a quo ha per  oggetto  il  pagamento  «della  tassa  per  lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) relativa all'anno 2003»
e non la TIA, disciplinata dall'art. 49 del d.lgs. n.  22  del  1997,
tariffa in relazione alla quale soltanto, data la ritenuta sua natura
non  tributaria,  ha   sollevato   la   questione   di   legittimita'
costituzionale; 
        che la questione  sollevata  da  detta  Commissione  non  e',
dunque, rilevante nel giudizio a quo, perche' esso ha per oggetto  un
prelievo tributario (la TARSU) e, quindi, il rimettente non deve fare
applicazione della disposizione censurata con riferimento alla TIA; 
        che deve essere dichiarata manifestamente inammissibile anche
la questione sollevata dal Tribunale di Pistoia,  sezione  distaccata
di Monsummano Terme, in riferimento all'art. 25, primo comma,  Cost.,
perche'  tale  questione  e'  priva  di  motivazione,  essendosi   il
rimettente limitato ad affermare genericamente  che  la  disposizione
censurata viola il principio del giudice naturale; 
        che le questioni sollevate dalla Corte di  cassazione  e  dal
Tribunale di Pistoia, sezione  distaccata  di  Monsummano  Terme,  in
riferimento  all'art.  102,  secondo  comma,  Cost.   devono   essere
dichiarate manifestamente infondate; 
        che, infatti, questa Corte, con la sentenza n. 238 del  2009,
ha gia' dichiarato non fondata  identica  questione  di  legittimita'
costituzionale, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di
Prato, sul rilievo che la TIA, disciplinata dall'art. 49  del  d.lgs.
n. 22 del 1997, costituisce non  gia'  una  entrata  patrimoniale  di
diritto privato, ma una mera variante della TARSU,  disciplinata  dal
d.P.R. n. 507 del 1993, e conserva la qualifica di tributo propria di
quest'ultima, con  la  conseguenza  che  le  controversie  aventi  ad
oggetto la debenza della TIA hanno natura tributaria e  che  la  loro
attribuzione alla cognizione delle commissioni tributarie e' conforme
al disposto dell'evocato art. 102, secondo comma, Cost.; 
        che, al riguardo, i rimettenti  non  hanno  prospettato,  nel
merito, argomentazioni e  profili  diversi  rispetto  a  quelli  gia'
esaminati da questa Corte con la citata sentenza o comunque idonei ad
indurre ad una differente  pronuncia  sulle  sollevate  questioni  di
legittimita' costituzionale; 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi: 
        dichiara la manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale del secondo periodo del comma 2 dell'art.
2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come  modificato
dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30  settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,   con
modificazioni, dal comma 1 dell'art. 1 della legge 2  dicembre  2005,
n. 248 -, sollevata, in riferimento al secondo  comma  dell'art.  102
della Costituzione,  dalla  Commissione  tributaria  regionale  della
Toscana con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
        dichiara la manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale del medesimo secondo periodo del comma  2
dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 -  come  modificato  dall'art.
3-bis, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  n.  203  del  2005,
convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell'art. 1 della legge n.
248 del 2005 -, sollevata, in riferimento al primo comma dell'art. 25
Cost., dal Tribunale di Pistoia,  sezione  distaccata  di  Monsummano
Terme, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
        dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale del medesimo secondo periodo del comma  2
dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 -  come  modificato  dall'art.
3-bis, comma 1, lettera  b),  del  decreto-legge  n.  203  del  2005,
convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell'art. 1 della legge n.
248 del 2005 -, sollevate, in riferimento al secondo comma  dell'art.
102 Cost., dalla Corte di cassazione  e  dal  Tribunale  di  Pistoia,
sezione distaccata di Monsummano Terme, con le ordinanze indicate  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                         Il redattore: Gallo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
        Depositata in cancelleria il 24 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola