N. 65 ORDINANZA 22 - 24 febbraio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Lavoro e occupazione - Apposizione di  un  termine  alla  durata  del
  contratto  di  lavoro  subordinato   per   ragioni   di   carattere
  sostitutivo - Abolizione dell'onere di indicare,  nel  contratto  a
  termine, il  nominativo  del  lavoratore  sostituito  -  Denunciati
  eccesso  di  delega  nonche'  violazione  dei   vincoli   derivanti
  dall'ordinamento  comunitario  -  Questione  gia'  dichiarata   non
  fondata - Manifesta infondatezza. 
- D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, artt. 1, comma 1, e 11. 
- Costituzione, artt. 76, 77 e 117, primo comma;  legge  29  dicembre
  2000, n. 422. 
Lavoro e occupazione - Apposizione di  un  termine  alla  durata  del
  contratto di  lavoro  subordinato  in  violazione  delle  norme  in
  materia di apposizione e proroga del termine -  Previsione,  per  i
  soli giudizi in corso alla data di entrata in  vigore  della  norma
  censurata, di un indennizzo a favore del prestatore di lavoro  e  a
  carico  del  datore  di  lavoro  -  Sopravvenuta  dichiarazione  di
  illegittimita'  costituzionale  della  disposizione   impugnata   -
  Manifesta inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 4-bis,  introdotto  dall'art.
  21, comma 1-bis, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112,  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, secondo  comma,  101,  102,
  secondo comma, e 117, primo comma. 
(GU n.9 del 3-3-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  1,  comma
1, 11 e 4-bis (introdotto dall'art. 21, comma 1-bis del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, inserito dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133)
del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368  (Attuazione  della
direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro  a  tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e  dal  CES)  promosso  dal
Tribunale di Roma  nel  procedimento  vertente  tra  C.  M.  e  Poste
Italiane s.p.a. con ordinanza del 23 ottobre 2008, iscritta al n. 246
del registro ordinanze  2009,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 40 - prima serie speciale - dell'anno 2009; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 27 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Ritenuto che nel corso del giudizio promosso da  C.M.  contro  la
Poste Italiane S.p.A.  perche'  fosse  dichiarata  l'invalidita'  del
termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto tra le parti,  il
Tribunale  di   Roma   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 11 del  d.lgs.  6  settembre
2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE   relativa
all'accordo  quadro  sul  lavoro   a   tempo   determinato   concluso
dall'UNICE, dal CEEP e  dal  CES),  introdotto  dall'art.  21,  comma
1-bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione  tributaria)
per contrasto con gli artt. 76, 77 e 117, primo comma, Cost., nonche'
dell'art. 4-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, per  contrasto  con  gli
artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, 102, secondo  comma,  e
117, primo comma, Cost. nella parte in cui: 
        a) l'art. 1 dispone che e'  consentita  l'apposizione  di  un
termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a  fronte  di
ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo
anche se riferibili alla ordinaria attivita' del datore di lavoro, ma
non e' richiesta l'indicazione del nome del lavoratore  sostituito  e
della causa della sostituzione, come era invece previsto dall'art. 1,
comma 2, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n.  230  (Disciplina
del contratto di lavoro a tempo determinato); 
        b) l'art. 11 abroga quest'ultima legge; 
        c) l'art. 4-bis dispone che per «i giudizi in corso alla data
di entrata  in  vigore  della  presente  disposizione»,  in  caso  di
violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 4  del  d.lgs.
n. 368 del  2001,  il  datore  di  lavoro  e'  tenuto  unicamente  ad
indennizzare il prestatore di lavoro secondo  predeterminati  criteri
di calcolo dell'indennita'; 
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  i  vizi  di  legittimita'
costituzionale  sussistono,  quanto  agli  artt.   1   e   11   cit.,
nell'arretramento della tutela del lavoratore almeno per le  esigenze
sostitutive, poiche', rispetto alla disciplina previgente,  l'art.  1
non impone al datore di lavoro di indicare  il  nome  del  lavoratore
sostituito ne' della causa della sostituzione; 
        che, quanto all'art. 4-bis il vizio  sussisterebbe  nell'aver
sostituito  alla  tutela  risarcitoria  reale  una  tutela  di  rango
inferiore per i soli giudizi in corso; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
assistito e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale  ha
eccepito l'inammissibilita' delle questioni in quanto, riguardo  agli
artt. 1, comma 1, e 11  del  d.lgs.  n.  368  del  2001,  il  giudice
rimettente non avrebbe  adeguatamente  motivato  la  rilevanza  della
questione,   avendo   sollevato   la   questione    senza    valutare
preventivamente la fondatezza in fatto della domanda proprio sotto il
profilo decisivo della questione sottopostagli; 
        che, secondo la difesa erariale non e'  configurabile  alcuna
difformita' degli artt. 1 e 11 dai criteri di delega che la legge  29
dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenze  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -
Legge  comunitaria  2000)  ha  tratto   direttamente   dalla   citata
direttiva. 
    Considerato che il Tribunale di Roma  dubita  della  legittimita'
costituzionale  degli  artt.  1,  e  11  del  decreto  legislativo  6
settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE
relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo  determinato  concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), per contrasto con gli artt. 76, 77 e
117, primo comma, Cost.; 
        che la prima delle predette norme - come modificata dall'art.
21 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per
lo sviluppo economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133  -  stabilisce  che  «E'
consentita l'apposizione di un termine alla durata del  contratto  di
lavoro  subordinato  a  fronte  di  ragioni  di  carattere   tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo,  anche  se  riferibili  alla
ordinaria attivita' del datore di lavoro»; 
        che l'art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, invece, dispone, al
comma 1, l'abrogazione dell'intera  legge  18  aprile  1962,  n.  230
(Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato),  la  quale,
all'art. 1, secondo comma, lettera b), consentiva  l'apposizione  del
termine al contratto di lavoro subordinato «quando l'assunzione abbia
luogo per sostituire lavoratori assenti e per  i  quali  sussiste  il
diritto alla conservazione del posto,  sempreche'  nel  contratto  di
lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e  la
causa della sua sostituzione»; 
        che ad avviso del rimettente,  il  combinato  disposto  delle
norme censurate, nell'abolire l'onere dell'indicazione del nominativo
del   lavoratore   sostituito   quale    condizione    di    liceita'
dell'assunzione a tempo determinato di  altro  dipendente,  contenuto
nella legge n. 230 del 1962, violerebbe gli  artt.  76  e  77  Cost.,
poiche' la legge di delega 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per
l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' Europee - Legge comunitaria 2000), in esecuzione della
quale e' stato emanato il d.lgs.  n.  368  del  2001,  attribuiva  al
Governo esclusivamente il potere di attuare la direttiva  1999/70/CE,
la quale non conteneva alcuna disposizione in tema di presupposti per
l'apposizione della clausola del termine; 
        che, in particolare, sussisterebbe contrasto  con  l'art.  76
Cost., poiche' la menzionata legge n. 422  del  2000,  non  prevedeva
principi direttivi ulteriori rispetto all'attuazione della  direttiva
1999/70/CE la quale, alla clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro da
essa recepito,  dispone  che  l'applicazione  dell'accordo  non  puo'
costituire un motivo  per  ridurre  il  livello  generale  di  tutela
offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dell'accordo stesso, mentre
le disposizioni censurate, eliminando la necessita'  dell'indicazione
del  nominativo  del  lavoratore  sostituito,   determinerebbero   un
arretramento della tutela  garantita  ai  lavoratori  dal  precedente
regime; 
        che, ad avviso del Tribunale  di  Roma,  sarebbe  leso  anche
l'art. 117, primo comma, Cost. per violazione dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario; 
        che la questione e' gia' stata ritenuta infondata  da  questa
Corte con la sentenza n. 214 del 2009 e l'ordinanza n. 325 del  2009,
dalla cui motivazione non v'e' ragione di discostarsi; 
        che con l'ordinanza in esame il Tribunale di Roma ha altresi'
sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4-bis
del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del
decreto-legge del 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n.
133, per contrasto con gli artt. 3, 24, 101, 102, secondo comma, 104,
primo comma, 117, primo e secondo comma, Cost.; 
        che secondo la  norma  censurata  «Con  riferimento  ai  soli
giudizi in corso alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso
di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2  e  4,  il
datore di lavoro e' tenuto unicamente ad indennizzare  il  prestatore
di lavoro con un'indennita' di importo compreso tra un minimo di  2,5
ed un massimo di sei mensilita' dell'ultima retribuzione  globale  di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge
15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni»; 
        che   l'art.   4-bis   e'   stato    giudicato    illegittimo
costituzionalmente da questa Corte con  sentenza  n.  214  del  2009,
sicche' va dichiarata  la  manifesta  inammissibilita'  di  tutte  le
questioni sopra indicate. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara manifestamente infondata la  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 11 del  d.lgs.  6  settembre
2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE   relativa
all'accordo  quadro  sul  lavoro   a   tempo   determinato   concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), sollevata, in riferimento agli artt.
76, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di  Roma
con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis del  medesimo  d.lgs.  n.
368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.  133  sollevata,  in
riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma,  101,  102,
secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal  Tribunale
di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Mazzella 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
        Depositata in cancelleria il 24 febbraio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola