N. 79 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 2009

Ordinanza del 26 novembre 2009 emessa dal giudice di pace di Lecco  -
Sez. distaccata di Missaglia nel  procedimento  penale  a  carico  di
Gogohyri Giorgi. 
 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Mancata previsione dell'assenza  di  un  giustificato
  motivo  come  elemento  costitutivo  del  reato  -  Disparita'   di
  trattamento rispetto all'analoga ipotesi di reato di  cui  all'art.
  14, comma 5-ter, del d.lgs.  n.  286  del  1998  -  Violazione  del
  principio di colpevolezza. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Previsione  che  il  giudice,  acquisita  la  notizia
  dell'esecuzione o del respingimento ai sensi dell'art. 10, comma 2,
  del d.lgs. n. 286 del  1998,  pronunci  sentenza  di  non  luogo  a
  procedere - Violazione del principio di parita'  di  trattamento  e
  del principio di colpevolezza. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis,  comma  5,
  aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a),  della  legge  15  luglio
  2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
(GU n.12 del 24-3-2010 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Il giudice di pace di Lecco - sezione distaccata di  Missaglia  -
dott. Guido Alberto Bagala' nel processo penale a carico di  Gogohyri
Giorgi nato in Georgia il 5 luglio  1980,  elettivamente  domiciliato
presso il proprio difensore avvocato Viola Nazzareno  con  studio  in
Merate, via Papa Giovanni XXIII n. 7, imputato  del  reato  p.  e  p.
dall'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998, perche'  essendo  straniero  si
tratteneva nel territorio dello Stato in violazione  della  norma  di
cui al d.lgs. 286/1998 e alla legge 68/2007  in  Airuno  (LC)  il  16
agosto 2009. 
    Emette la seguente ordinanza. 
    Premesso che  come  emerso  dall'istruttoria,  l'imputato  veniva
fermato in data 16 agosto 2009 mentre  sulla  SS  342  in  Comune  di
Airuno si  trovava  a  bordo  di  un'autovettura  di  targa  francese
unitamente ad altre persone di nazionalita' georgiana. 
    Posto che l'imputato risultava sprovvisto  di  documenti,  appena
giunti presso la caserma di Merate si  procedeva,  previo  avviso  al
magistrato di turno, ai rilievi foto dattilografici dell'imputato. 
    Dal controllo AFIS risultava che lo  stesso  non  era  mai  stato
controllato dalle forze  dell'ordine  e  si  trovava  sul  territorio
italiano  illegalmente,  in  quanto  non  titolare  del  permesso  di
soggiorno. 
    Accertato quanto sopra il soggetto veniva  invitato  ex  art.  15
TULPS a presentarsi in Questura entro cinque giorni. 
    La Questura comunicava successivamente che l'imputato non si  era
presentato nel termine concesso e pertanto la procedura di espulsione
non veniva esperita. 
    Non veniva quindi emesso alcun decreto di espulsione. 
    L'imputato  veniva  quindi  ritualmente  tratto  a  giudizio  per
rispondere del reato di cui al capo di imputazione. 
    All'udienza  del  1°   ottobre   2009,   esaurita   l'istruttoria
consistita nell'acquisizione  dei  documenti  prodotti  dal  Pubblico
ministero e nell'esame del teste maresciallo  Emanuele  Peritore,  il
legale  dell'imputato  eccepiva  il  profilo  di  incostituzionalita'
dell'art. 10-bis, d.lgs. 286/1998, in riferimento agli articoli 3, 27
e 111 della Costituzione; 
    Il Pubblico ministero si associava all'eccezione sollevata  dalla
difesa dell'imputato deducendo ulteriori profili di illegittimita' in
relazione agli articoli 2, 10, 25, comma 2, e 117 della Costituzione,
e si associava alla conseguente richiesta di  rimessione  degli  atti
alla Corte costituzionale. 
 
                            O s s e r v a 
 
    a) A norma dell'art. 10-bis, d.lgs. 286/1998, risulta punito  con
l'ammenda da € 5.000,00 a € 10.000,00 lo straniero  che  fa  ingresso
ovvero  si  trattiene  nello  stato  in  violazione  della  normativa
regolante il soggiorno dello straniero extracomunitario. 
    Il testo  dell'articolo  non  comprende  dunque  l'inciso  «senza
giustificato motivo»; in altri termini l'assenza di  un  giustificato
motivo non risulta prevista dal legislatore come elemento costitutivo
del reato. 
    Sul  punto   va   rammentato   quanto   osservato   dalla   Corte
costituzionale al punto 7.4 della sentenza n. 22/2007: 
        «Quanto all'eccessivo rigore della  norma  censurata  (l'art.
14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998) si deve anzitutto ricordare  che
questa Corte,  conformemente  alla  sua  recente  giurisprudenza,  ha
sottolineato  il   ruolo   che,   nell'economia   applicativa   della
fattispecie criminosa, e' chiamato a svolgere il  requisito  negativo
espresso dalla formula "senza giustificato motivo'' (ord.  386/2006).
Tale formula copre tutte le ipotesi  di  impossibilita'  o  di  grave
difficolta' (mancato rilascio di documenti  da  parte  dell'autorita'
competente, assoluta indigenza che rende  impossibile  l'acquisto  di
biglietti  di  viaggio  e  altre  simili  situazioni)  che,  pur  non
integrando cause di giustfficazione  in  senso  tecnico,  impediscono
allo straniero di prestare osservanza  all'ordine  di  allontanamento
nei termini prescritti». 
    Ugualmente nella sentenza n. 5/2004 la  Corte  costituzionale  ha
rilevato: 
        «Giova peraltro osservare come la formula "senza giustificato
motivo'' e formule ad essa equivalenti  od  omologhe,  "senza  giusta
causa'',    "senza    giusto     motivo''     "senza     necessita'',
"arbitrariamente'' etc. compaiano con particolare frequenza nel corpo
di norme incriminatrici ubicate tanto all'interno dei codici  che  in
leggi speciali. Dette clausole sono destinate in linea di  massima  a
fungere  da  "valvola  di  sicurezza''  del  meccanismo   repressivo,
evitando che la sanzione penale scatti allorche' - anche al di  fuori
di  vere  e  proprie  cause  di  giustificazione -  l'osservanza  del
precetto appaia in concreto "inesigibile" in ragione, a  seconda  dei
casi, di situazioni ostative a carattere oggettivo o soggettivo». 
    La Corte ha quindi posto in rilievo l'importanza di tale elemento
al fine  di  rendere  il  delitto  di  inottemperanza  all'ordine  di
espulsione (art.  14,  comma  5-ter,  d.lgs.  286/1998)  conforme  ai
principi di colpevolezza e di  proporzionalita'  affermando  quindi -
implicitamente - che i suddetti principi sarebbero  stati  violati  -
con conseguente incostituzionalita'  dell'articolo  sopra  richiamato
per violazione dell'art. 27 Cost. - se il legislatore avesse  imposto
l'inflizione di una pena detentiva anche a soggetti la cui permanenza
in Italia, anche se non coperta  da  una  vera  e  propria  causa  di
giustificazione, fosse risultata in concreto inesigibile  per  valide
ragioni oggettive o soggettive. 
    Stupisce quindi  che  il  legislatore  non  abbia  previsto  come
elemento costitutivo del reato l'assenza del  giustificato  motivo  o
non abbia quantomeno inserito nella norma una di quelle  clausole  di
significato analogo  menzionate  dalla  Corte  costituzionale  e  che
avrebbero permesso al giudicante di valutare in concreto dal punto di
vista soggettivo la singola  fattispecie  evitando  la  punizione  di
condotte di illecito trattenimento di fatto non rimproverabili. 
    Tale aspetto pare assumere un'importanza  ancora  maggiore  posto
che l'art. 5 cod. pen. e'  stato  dichiarato  incostituzionale  nella
parte in cui non esclude  dall'inescusabilita'  dell'ignoranza  della
legge penale l'ignoranza inevitabile. 
    Tenuto conto che il reato introdotto dall'art. 10-bis, d.lgs.  n.
286/1998, e' suscettibile di trovare applicazione  in  una  serie  di
situazioni disparate ed e' verosimilmente applicabile a soggetti  che
possono  presentare  difficolta'  nella  comprensione  della   lingua
italiana o che comunque entrano per la prima volta  in  contatto  con
l'ordinamento giuridico italiano, appare ancor piu'  necessario  dare
al giudicante la possibilita' di valutare il profilo di  colpevolezza
dello straniero ed il grado di intensita' dello stesso. 
    Del resto anche il  Presidente  della  Repubblica  nella  lettera
inviata in data 15 luglio 2009 al  Presidente  del  Consiglio  ed  ai
Presidenti delle Camere ha rilevato: 
    «suscita in me forti perplessita' la  circostanza  che  la  nuova
ipotesi di trattenimento  indebito  non  preveda  la  esimente  della
permanenza determinata da "giustificato motivo''». 
    Nel caso specifico la difesa  dell'imputato  non  avrebbe  potuto
fornire la prova - rectius tale prova non sarebbe risultata rilevante
in quanto non valutabile dal giudicante - della circostanza che  dopo
l'8 agosto, data di entrata in  vigore  della  nuova  legge,  sarebbe
stato in concreto impossibile o quantomeno difficoltoso  lasciare  il
territorio dello Stato italiano prima di  divenire  destinatario  del
provvedimento di  espulsione,  evitando  cosi'  le  sanzioni  di  cui
all'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998. 
    b) Peraltro va osservato  pure  come  l'assenza  di  giustificato
motivo sia ancora prevista  dall'art.  14,  comma  5-ter,  d.lgs.  n.
286/1998, che non ha subito alcuna modifica per effetto  della  legge
n. 15 luglio 2009, n. 94. Cio' determina un'illegittima disparita' di
trattamento   con   conseguente   violazione   dell'art.   3    della
Costituzione. Le due figure di  reato  infatti  risultano  del  tutto
assimilabili trattandosi in ogni  caso  di  permanenza  illegale  nel
territorio dello Stato in un caso (art. 10-bis) per violazione  delle
norme del d.lgs. 286/1998 e nell'altro (art.  14,  comma  5-ter)  per
violazione  dell'ordine  impartito  dal  questore  di   lasciare   il
territorio entro 5 giorni. La differente natura dell'obbligo  violato
- genericamente le norme del d.lgs. n. 286/1998 o l'ordine  specifico
del questore che interviene successivamente al decreto di  espulsione
- puo' giustificare il diverso trattamento  sanzionatorio  nelle  due
differenti ipotesi posto che -  come  costantemente  affermato  dalla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  -  al   Parlamento   va
riconosciuto un largo margine di discrezionalita' nell'esercizio  del
potere di incriminazione ma  non  puo',  ad  avviso  di  chi  scrive,
giustificare diversi criteri di valutazione della colpevolezza ovvero
della rimproverabilita' della condotta, valutazione  che  il  giudice
deve potere effettuare in ogni caso, indipendentemente dalla gravita'
delle  sanzioni  previste  e  conformemente  al  principio   espresso
dall'art. 27 della Costituzione. 
    c) Va poi  rilevato  che  l'art.  10-bis,  comma  5,  prevede  la
pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per  il  reato  in
esame nell'ipotesi in cui l'autore sia stato respinto  o  espulso  ex
art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286/1998. 
    Anche sotto tale profilo l'articolo richiamato  appare  pero'  in
contrasto con il principio di parita' di trattamento di cui  all'art.
3 della Costituzione oltre che con il principio  di  colpevolezza  di
cui all'art. 27 della Costituzione. 
    Infatti a norma dell'art. 14, d.lgs. n. 286/1998, quando  non  e'
possibile   eseguire   con   immediatezza    l'espulsione    mediante
accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il  respingimento,  perche'
occorre  procedere  al  soccorso  dello  straniero,  ad  accertamenti
supplementari in ordine alla sua  identita'  o  nazionalita',  ovvero
all'acquisizione   di    documenti    di    viaggio,    ovvero    per
l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto  idoneo,  il
questore dispone  che  lo  straniero  sia  trattenuto  per  il  tempo
strettamente  necessario  presso  il  centro  di  identificazione  ed
espulsione piu' vicino. A norma poi  del  comma  5-bis  del  medesimo
articolo quando non  sia  stato  possibile  trattenere  lo  straniero
presso  un  centro  di  identificazione  ed  espulsione,  ovvero   la
permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione -  con
l'accompagnamento   alla   frontiera   -   dell'espulsione   o    del
respingimento, il questore  ordina  allo  straniero  di  lasciare  il
territorio dello Stato nel termine di cinque  giorni.  Il  successivo
comma 5-ter poi prevede  che  lo  straniero  che  senza  giustificato
motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in  violazione
dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis e' punito
con la reclusione da uno a quattro anni. 
      
    L'esecuzione del provvedimento di espulsione quindi, se non e' di
fatto rimessa alla  discrezionalita'  dell'autorita'  amministrativa,
risulta  quantomeno  ricollegata  a  circostanze  comunque  attinenti
all'organizzazione della suddetta  autorita'  (la  disponibilita'  di
posti in un dato giorno  ad  un  determinato  orario  nei  centri  di
identificazione ed espulsione) che nulla hanno a che  vedere  con  il
comportamento dello straniero e quindi  in  alcun  modo  allo  stesso
imputabili  dal  punto  di  vista   soggettivo.   Ne   consegue   che
l'accertamento giudiziale di condotte identiche in soggetti  distinti
- l'illegale trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato
con successivo decreto di espulsione -  potra'  condurre  ad  effetti
differenti (sentenza di non luogo a procedere o sentenza di condanna)
a seconda che l'amministrazione  riesca  e  possa  nel  singolo  caso
specifico dare esecuzione al decreto di espulsione o,  al  contrario,
non avendone la possibilita', impartisca allo straniero,  in  persona
del questore, l'ordine di lasciare il territorio  (evidentemente  con
mezzi propri ed a proprie spese) nel termine di cinque giorni. 
    Tale risultato contrasta appunto sia con l'art. 3 che con  l'art.
27 della Costituzione. 
    Con l'art. 3 in quanto la norma censurata impone, al termine  del
complessivo procedimento di espulsione, l'applicazione della sanzione
penale (quella di cui all'art. 14, comma 5-ter) ad un soggetto la cui
condotta in nulla differisce da  quella  di  un  altro  soggetto  che
tuttavia, per condizioni che prescindono dalla sua volonta' e dal suo
comportamento (l'esecuzione del provvedimento di  espulsione  a  cura
dell'autorita'  amministrativa),  dovra'  essere  prosciolto  con  la
sentenza ex art. 529 cod. proc. pen. 
    La norma contrasta invece con l'art. 27 Cost. in quanto subordina
l'accertamento della responsabilita'  penale  o,  al  contrario,  dei
presupposti  per  la  sentenza  ex  art.  529  cod.  proc.  pen.   al
comportamento di un soggetto (la P.A.) terzo rispetto allo straniero. 
    E'   pur   vero   che   nell'ipotesi   di   mancata    esecuzione
dell'espulsione con  conseguente  ordine  del  questore  si  potrebbe
eccepire che il mancato  abbandono  del  territorio  da  parte  dello
straniero ovvero l'inottemperanza all'ordine del questore costituisce
un fatto volontario  dello  straniero  che  interrompe  il  nesso  di
causalita' tra la stessa  mancata  esecuzione  dell'espulsione  e  la
sanzione finale di cui all'art. 14, comma 5-ter,  ma  e'  altrettanto
vero che  la  disparita'  di  trattamento  generata  dalla  norma  va
individuata, dal punto di vista cronologico, nel  momento  stesso  in
cui lo straniero - rispetto al quale non vi e' stata la  possibilita'
di dare esecuzione all'espulsione - diventa destinatario  dell'ordine
del questore di lasciare il territorio, con mezzi propri ed a proprie
spese. 
    Se e' illegittima - per disparita' di trattamento - la  ricezione
dell'ordine  del  questore  allora  risulta  conseguente  illegittimo
l'onere imposto allo straniero di lasciare il  territorio  con  mezzi
propri   ma   disattendendo   l'ordine   lo   straniero    incorrera'
automaticamente nel reato di cui all'art. 14, comma 5-ter. 
    Nel caso specifico l'imputato ha ricevuto l'ordine  del  questore
di lasciare il  territorio  nel  termine  di  cinque  giorni  proprio
perche' non vi erano posti nei C.I.E. e la valutazione del profilo di
disparita' di trattamento introdotto dall'art. 10-bis  assume  quindi
rilevanza diretta per la decisione. 
    Per i motivi esposti l'art. 10-bis, d.lgs. n.  286/1998,  risulta
in contrasto con le seguenti norme costituzionali: art. 3, art. 27. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 137 Cost., 1, legge n. 1/1948,  23,  legge  n.
87/1953; 
    Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza; 
    Ritenuto  che  il  giudizio  penale  non  possa  essere  definito
indipendentemente  dalla  decisione   in   merito   al   profilo   di
incostituzionalita' dedotto; 
    Solleva d'ufficio la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 10-bis del  decreto  legislativo  25  luglio  1998  n.  286
introdotto dall'art. 1, comma 16, della legge 15 luglio 2009, n.  94,
con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione; 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Missaglia, addi' 26 novembre 2009 
 
                     Il giudice di pace: Bagala'