N. 121 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2010

Ordinanza del 26 gennaio 2010 emessa dal  Tribunale  di  Ferrara  nel
procedimento penale a carico di Ighodaro Sunny. 
 
Reati e pene -  Circostanze  aggravanti  comuni  -  Previsione  quale
  circostanza aggravante dell'avere il colpevole  commesso  il  fatto
  mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale -  Violazione
  del principio di colpevolezza per il «fatto materiale» di  reato  -
  Violazione del principio di uguaglianza - Irragionevole  disparita'
  di trattamento, a  parita'  di  condotta  materiale,  tra  soggetto
  regolarmente soggiornante e soggetto irregolarmente soggiornante  e
  tra straniero extracomunitario o apolide e straniero comunitario  -
  Violazione del principio della finalita' rieducativa della  pena  -
  Irrazionalita' intrinseca sotto  diversi  profili  -  Richiesta  di
  dichiarare, in via conseguenziale,  ai  sensi  dell'art.  27  della
  legge 11  marzo  1953,  n.  87,  la  illegittimita'  costituzionale
  dell'art.  656,  comma  9,  lettera  a),  cod.  proc.  pen.,   come
  modificato dall'art. 2, comma 1, lettera m), del  decreto-legge  23
  maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla  legge  24
  luglio 2008, n. 125, limitatamente alle parole «e per i delitti  in
  cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, 11-bis». 
- Codice penale, art. 61,  numero  11-bis,  introdotto  dall'art.  1,
  comma 1, lettera f), del  decreto-legge  23  maggio  2008,  n.  92,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.  125;
  legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 25, secondo  comma,  e  27,  primo  e  terzo
  comma. 
(GU n.17 del 28-4-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
     Il giudice  nel  procedimento  penale  nei  confronti  di  Sunny
Ighodaro nato in Benin City  (Wan)  il  5  marzo  1980  imputato  del
delitto di cui all'art. 73 comma 1-bis del d.P.R. n. 309/1990 e  art.
61 numero 11-bis c.p. «per avere detenuto al fine di cessione a terzi
complessivi grammi 3,9  di  sostanza  stupefacente  di  tipo  cocaina
suddivisa in tre involucri pronti per  la  vendita  con  l'aggravante
dello status di soggetto illegalmente presente nello Stato» per fatto
commesso in Ferrara il 20-21 giugno 2008, libero, ha  pronunciato  la
seguente ordinanza dandone lettura ai  presenti  all'udienza  del  26
gennaio 2010. 
    1. - Il processo. 
    Sunny Ighodaro e' stato fermato da ufficiali ed agenti di Polizia
giudiziaria della Squadra mobile di Ferrara il giorno 20 giugno  2008
mentre stava percorrendo  la  via  Gaetano  Pesci  in  direzione  via
Bologna a bordo della vettura Toyota Celica AZ128DC. 
    La Squadra mobile aveva ricevuto confidenziali  notizie  in  base
alle quali il cittadino nigeriano avrebbe dovuto consegnare  droga  a
terzi presso un parcheggio del centro sociale Rivana Garden  sito  in
via Gaetano Pesci in Ferrara; avendo  fondato  motivo  di  ritenere -
dopo  la  negativa  perquisizione  personale  e  veicolare -  che  lo
straniero avesse ingoiato la sostanza stupefacente, gli agenti  hanno
accompagnato il  conducente  unico  occupante  della  vettura  presso
l'Ospedale S. Anna ove, con il consenso della persona, era sottoposto
ad accertamenti. 
    Le indagini radiologiche evidenziavano la presenza di  tre  corpi
estranei di forma sferica di cui uno nel tratto esofageo medio e  due
nel fondo gastrico (certificato  del  medico  radiologo  dott.  Rollo
fg.20). 
    L'adeguata  terapia  lassativa  provocava  l'espulsione  dei  tre
«ovuli» presi immediatamente in consegna dagli  ufficiali  di  PG  ed
analizzati mediante drop test con esito positivo alla cocaina. 
    Lo straniero, dimesso dal nosocomio, era quindi tratto in arresto
per detenzione a fine di spaccio di cocaina ed  associato  alla  casa
circondariale di Ferrara. 
    Il giudice delle indagini preliminari  in  data  23  giugno  2008
convalidava l'arresto ed applicava la misura cautelare della custodia
in carcere. 
    Nel frattempo  era  eseguita  dal  p.m.  una  consulenza  chimico
tossicologica  che  confermava  la  natura  della  sostanza  (cocaina
cloridrato) il contenuto assoluto di principio attivo  (grammi  0,97)
ed il peso totale (grammi 3,9). 
    Con richiesta pervenuta il 25 giugno 2008  il  Procuratore  della
Repubblica  chiedeva  al  Tribunale  di   Ferrara   in   composizione
monocratica di procedere al giudizio direttissimo ai sensi  dell'art.
449, comma 4, c.p.p. come modificato dal 23 maggio 2008 n. 92. 
    II Tribunale di Ferrara fissava per il giudizio l'udienza del  30
giugno 2008, rinviata alla successiva del 15 luglio 2008 a seguito di
richiesta di  termine  a  difesa.  L'imputato  rendeva  dichiarazioni
spontanee asserendo che la droga era detenuta per uso personale. 
     All'udienza del 15 luglio 2008 l'imputato ha chiesto  di  essere
giudicato  con  il  rito  abbreviato.  All'esito  della   discussione
nell'ambito della quale il p.m. ha concluso chiedendo la  condanna  a
pena  nel  cui  calcolo  e'  compreso  l'aumento   per   l'aggravante
contestata -  il  tribunale  riteneva  di  sollevare   d'ufficio   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.1 lettera  f)  d.l.
23 maggio 2008 n. 92 recante Misure urgenti in materia  di  sicurezza
pubblica  di  modifica  dell'art.61  del   codice   penale   mediante
introduzione dell'aggravante del «fatto commesso da soggetto  che  si
trovi illegalmente sul territorio nazionale» per sospetta  violazione
degli artt. 3, 25 comma 2, 27 comma 1 e 3, Cost. 
    La Corte costituzionale, con ordinanza n. 277 del 29 ottobre 2009
ha restituito gli atti al giudice a quo perche' possa  procedere  «ad
una  nuova  valutazione  circa  la  rilevanza  e  la  non   manifesta
infondatezza» della questione  di  costituzionalita'  precedentemente
sollevata,  in  ragione  delle  novita'  legislative  nel   frattempo
sopravvenute e ritenute dalla Consulta  «tali  da  incidere,  in  via
diretta o mediata, sulla  disciplina  introdotta  dalla  disposizione
censurata». 
    Il riferimento e' da intendersi: 
        1)   alla   nuova   formulazione    della    aggravante    di
clandestinita',   a   seguito   della   conversione   con   modifiche
dell'originario decreto-legge, intervenuta con legge 24 luglio  2008,
n. 125; 
        2) alla norma d'interpretazione autentica dell'aggravante  di
clandestinita', introdotta dall'art. 1,  comma  1,  Legge  15  luglio
2009, n. 94; 
        3) all'inserimento nell'ordinamento della  nuova  fattispecie
criminosa di ingresso  e  soggiorno  illegale  nel  territorio  dello
Stato,  ex  art.  10-bis  Testo  Unico   sull'immigrazione   (decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286), introdotto dall'art. 1 comma 16,
legge 15 luglio 2009, n. 94. 
    Secondo la Corte costituzionale spetta al giudice a quo  valutare
l'impatto di tali variazioni ordinamentali sul  quadro  normativo  di
riferimento.  Innanzitutto,  sotto  il  profilo   della   «disciplina
codicistica della successione nel tempo di leggi penali». In  secondo
luogo, in rapporto al  «mutato  equilibrio  tra  i  fattori»  che  il
giudice delle leggi e' chiamato a prendere in considerazione ai  fini
della decisione  richiesta,  in  considerazione  del  fatto  che  «le
condotte riconducibili alla previsione censurata costituiscono oramai
l'oggetto di un'autonoma incriminazione, e non la mera espressione di
un illecito amministrativo». 
    All'udienza  odierna  il  difensore  dell'imputato  ha  sollevato
questione di costituzionalita' dell'aggravante di  clandestinita'  di
cui all'art. 61 n. 11-bis c.p. per violazione degli artt. 3, 25 e  27
della  Costituzione,  illustrando  oralmente  le   argomentazioni   a
sostegno dell'eccezione. Ritiene questo giudice che la questione  sia
rilevante e non manifestamente infondata. 
    2.1 - La questione e' rilevante. 
    Ighodaro Sunny e' un cittadino nigeriano  privo  di  permesso  di
soggiorno (vedi verbale di identificazione fg.10 e dichiarazioni rese
nel corso dell'interrogatorio «non ho documenti»  «sono  clandestino»
fg. 38). Il Pubblico Ministero  ha  contestato  l'aggravante  di  cui
all'art. 61 numero 11-bis del codice penale introdotto  dal  d.l.  23
maggio 2008 n. 92 (art. 1 lettera f). All'odierna udienza il p.m.  ha
precisato che la contestazione dell'aggravante deve tenersi ferma, in
quanto la legge di conversione del decreto legge,  pur  modificandone
il testo, non ne ha modificato la sostanza. 
    Ci si deve dunque porre il problema della  continuita'  normativa
tra  la  norma  di  diritto  penale  sostanziale  che  ha  introdotto
l'aggravante nel decreto-legge e il testo risultante dalla  norma  di
conversione. 
    In tema di  conversione  di  decreto-legge,  all'introduzione  di
emendamenti nella legge di conversione non sempre puo' ricondursi  la
conseguenza di determinare automaticamente la perdita di efficacia ex
tunc del decreto-legge, ne' correlativamente,  quella  di  attribuire
valore ex nunc al precetto della legge di conversione per  mezzo  del
quale ha trovato ingresso la modificazione,  dovendo,  al  contrario,
aversi riguardo allo specifico contenuto  degli  emendamenti  e  alla
reale  portata  dei  mutamenti  al  testo  del  decreto.  «Solo   gli
emendamenti  sostitutivi  (o  innovativi)   e   quelli   soppressivi,
disponendo la riscrittura ovvero  l'eliminazione  della  decretazione
d'urgenza, hanno  efficacia  ex  nunc,  mentre  quelli  semplicemente
modificativi, consistendo in una variazione che non investe il nucleo
precettivo fondamentale della norma del decreto-legge, si saldano con
quest'ultima in modo continuo,  si'  che  hanno  efficacia  ex  nunc,
decorrente dalla  data  della  normazione  di  urgenza.  (Fattispecie
relativa ai rapporti tra d.l. n. 59 del 1978 e legge  di  conversione
n. 191 del 1978 in  materia  di  sequestro  di  persona  a  scopo  di
estorsione: Cass. 21 maggio 1998 n. 7451). 
    Alla luce di questa regola di diritto, secondo questo  interprete
la legge di conversione non ha  modificato  il  contenuto  precettivo
della disposizione introdotta dal decreto-legge. 
    Il  nuovo  testo  introduce  un  riferimento  al   principio   di
colpevolezza «l'avere il  colpevole  commesso  il  fatto»  del  tutto
superfluo  in  quanto  l'aggravante  non  puo'  che   applicarsi   al
responsabile dei fatto secondo principio di  colpevolezza  (esistenza
quindi dell'elemento soggettivo del dolo o  della  colpa).  Il  nuovo
testo precisa inoltre che il fatto deve essere commesso  «mentre»  il
soggetto   si   trova   illegalmente   sul   territorio    nazionale,
differenziandosi solo apparentemente  dal  testo  precedente  («fatto
commesso da soggetto che si trovi illegalmente...») giacche' entrambi
i testi debbono interpretarsi nel senso di una contestualita' tra  la
condotta del reato e la «condotta» accessoria. 
    Se era il «fatto» a dover  essere  commesso  «da  chi»  si  trova
illegalmente sul territorio nazionale ora e' «il colpevole» che  deve
avere commesso il fatto «mentre» si trova  sul  territorio  nazionale
illegalmente: in entrambi i casi e' chiarissimo  che  il  fatto  deve
essere commesso da persona  che  e'  clandestino  mentre  lo  compie;
interpretazioni  diverse  non  sarebbero   ammissibili   secondo   il
significato comune delle parole. 
    Cosi'  riformulata  la  disposizione  in  esame  resta   comunque
rilevante  nel  giudizio.  infatti  l'imputato,  al   momento   della
commissione del reato per il quale e' processato, gia'  rivestiva  la
condizione di straniero privo di permesso di soggiorno: resta  dunque
giustificata la contestazione  della  relativa  aggravante  da  parte
del p.m. e, conseguentemente, si conferma l'applicabilita'  dell'art.
61 n. 11 bis c.p. nell'ambito del processo. 
    2.2. - L'interpretazione autentica dell'aggravante. 
    A tenore della  sopravvenuta  norma  d'interpretazione  autentica
avente  ad  oggetto  l'art.  61  n.  11-bis  c.p.,  l'aggravante   di
clandestinita'  «si  intende  riferita  ai  cittadini  di  Paesi  non
appartenenti all'Unione europea e agli apolidi». in ragione  di  cio'
viene a circoscriversi  l'ambito  soggettivo  di  applicazione  della
disposizione interpretata, non piu'  contestabile  ai  cittadini  cd.
comunitari. 
    La norma d'interpretazione  autentica,  tipicamente  retroattiva,
non preclude a questo giudice l'applicazione dell'art. 61  n.  11-bis
c.p. 
    Infatti l'imputato a processo,  nato  in  Benin  City  (Wan),  e'
cittadino nigeriano,  dunque  extracomunitario.  Come  tale,  rientra
certamente  nella  sfera  soggettiva  di   applicazione   della   cd.
aggravante di clandestinita'. 
    2.3. - I rapporti tra aggravante di  clandestinita'  e  reato  di
immigrazione clandestina. 
    L'introduzione  del  nuovo  reato  di  immigrazione   clandestina
attribuisce ora all'illegale presenza dello straniero sul  territorio
dello Stato  un  duplice,  complementare  rilievo  penale:  a)  quale
autonoma fattispecie penale; b) quale circostanza  aggravante  comune
per una serie indeterminata di reati. 
    Infatti, l'entrata in vigore del nuovo  art. 10-bis  Testo  Unico
sull'immigrazione non comporta alcun effetto abrogativo dell' art. 61
n. 11-bis c.p. essendone differenti gli ambiti di applicazione. Tutte
le aggravanti comuni operano  nei  confronti  di  fattispecie  penali
solamente «quando non ne  sono  elementi  costitutivi  o  circostanze
aggravanti speciali» (art. 61 c.p., prima parte): anche l'ipotesi  di
cui al n. 11-bis non fa eccezione. Ne consegue  che  l'aggravante  di
clandestinita' non e' riferibile a reati che sanzionino  direttamente
l'illegale  presenza  o  permanenza  nel  territorio  nazionale   del
soggetto agente: in caso contrario si produrrebbe una duplicita'  del
trattamento sanzionatorio per identica condotta (rectius, nel caso in
esame, per identica condizione giuridica). In tal senso e' la  stessa
ordinanza n. 277/2009 della Corte costituzionale nella parte  in  cui
dichiara l'inammissibilita' della questione avente ad oggetto  l'art.
61 n. 11-bis c.p. promossa dal Tribunale di Livorno. 
    Come,  dunque,  l'aggravante  di  clandestinita'  gia'  risultava
incompatibile - ad esempio - con il reato di cui all'art.  14,  comma
5-ter, Testo Unico sull'immigrazione (inadempimento  dell'ordine  del
questore di allontanamento dal territorio  dello  Stato),  cosi'  ora
risulta incompatibile con l'inedito reato di cui all'art. 10-bis  del
medesimo Testo Unico (ingresso e soggiorno  illegale  nel  territorio
dello Stato). 
    Questo rapporto di coesistenza tra autonoma fattispecie penale  e
aggravante comune esclude che la sopravvenuta introduzione  dell'art.
10-bis incida - facendola venir meno - sulla rilevanza nel processo a
quo 61 n. 11-bis c.p. L'imputato e' infatti perseguito per  un  reato
comune  (produzione,  traffico  e  detenzione  illeciti  di  sostanze
stupefacenti o psicotrope, ex art. 73 comma 1-bis, d.P.R. n. 300  del
1990, Testo Unico sugli stupefacenti) rispetto al quale  puo'  essere
certamente contestato l'aggravio di pena conseguente alla  condizione
di clandestinita' del soggetto agente. 
    In conclusione, e' da escludersi  che  l'entrata  in  vigore  del
reato di immigrazione clandestina abbia dato vita ad un  fenomeno  di
assorbimento   dell'aggravante   contestata,   con   la   conseguente
irrilevanza  della  questione  di  legittimita'   costituzionale   di
quest'ultima. 
    2.4. - Ancora  sulla  rilevanza  processuale  dell'aggravante  di
clandestinita'. 
    Per  puro  tuziorismo  va,  infine,  rilevato   come   l'astratta
possibilita' che gli effetti  della  circostanza  aggravante  di  cui
all'art. 61 n. 11-bis c.p. vengano neutralizzati - ex art. 69 c.p.  -
a seguito di un sempre possibile giudizio di equivalenza o prevalenza
di contrapposte circostanze attenuanti, egualmente non fa venire meno
la rilevanza della quaestio. 
    L'ipotizzato bilanciamento, infatti,  e'  imposto  proprio  dalla
ricorrenza dell'aggravante di clandestinita'  che,  dunque,  entra  a
pieno titolo  nel  procedimento  decisorio  cui  e'  chiamato  questo
giudice,  indipendentemente  dal   concreto   computo   del   quantum
dell'eventuale pena irrogata. 
    3.  -  Sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale: violazione del principio di colpevolezza
per il fatto»  e  impossibilita'  di  un'interpretazione  conforme  a
Costituzione. 
    Nonostante la riformulazione intervenuta in sede  di  conversione
del decreto-legge che l'aveva  originariamente  introdotta  la  nuova
aggravante risulta marcatamente informata a canoni propri del diritto
penale d'autore. 
    La sua formulazione  generica  la  rende  infatti  applicabile  a
qualunque reato comune (delitto, contravvenzione) di qualunque natura
(dolosa, colposa, preterintenzionale) a prescindere dall'esistenza di
una qualsiasi relazione tra la condotta penalmente  sanzionata  e  la
situazione soggettiva di clandestinita'. In  tal  modo  l'aumento  di
pena viene a dipendere non gia' dalla gravita'  oggettiva  del  fatto
(come, ad esempio, per aver adoperato sevizie o per  aver  agito  con
crudelta' verso le persone) ovvero  da  una  condotta  materiale  del
soggetto attivo (come, ad esempio,  ccade  per  le  aggravanti  della
latitanza  o  della  recidiva)  bensi'  esclusivamente  dallo  status
soggettivo del reo. 
     Si puo' sospettare, dunque, la violazione degli artt. 25,  comma
2 e 27, comma 1, Cost. perche',  cosi'  conformata,  l'aggravante  in
esame lede il principio costituzionale di colpevolezza per il «fatto»
materiale di reato, affiancandovi una  diversa  colpevolezza  per  lo
status personale del soggetto agente. 
    E', questo, un dubbio di legittimita' non  superabile  attraverso
un'interpretazione costituzionalmente orientata. In particolare,  per
agganciare  l'aggravio  di  pena  ad  una  condotta  materiale  dello
straniero (e non ad una mera qualita' personale) e' stato  ipotizzato
che l'aggravante in esame si applicherebbe soltanto a  chi  sia  gia'
stato colpito - al momento  della  commissione  del  reato  aggravato
dalla circostanza in  esame  -  da  un  provvedimento  di  espulsione
(ministeriale, prefettizia, giudiziaria)  o  da  altro  provvedimento
(amministrativo o giurisdizionale) previsto dalla legge  che  imponga
il suo allontanamento  dal  territorio  nazionale.  Ma  e'  soluzione
ermeneutica non percorribile. 
    Essa  infatti  non  trova   agganci   testuali   nella   lettera,
omnicomprensiva,   dell'art.   61   n.   11-bis   c.p.   La    stessa
interpretazione  autentica  sopravvenuta,  pur  ridefinendo  l'ambito
soggettivo di applicazione della circostanza aggravante (vedi, supra,
punto 2) ricorre al solo criterio della nazionalita' dello  straniero
e non anche al fatto pregresso dell'essersi sottratto ad  una  misura
di allontanamento. 
    A precludere la  praticabilita'  dell'ipotizzata  interpretazione
adeguatrice  del  dato  legislativo  alla  Costituzione  e',  dunque,
l'inequivoco tenore letterale  dell'art.  61  n.  11-bis  c.p.:  come
insegna il giudice delle leggi, «tale circostanza segna  il  confine,
in presenza del quale il  tentativo  interpretativo  deve  cedere  il
passo al  sindacato  di  legittimita'  costituzionale»  (sentenza  n.
219/2008). 
    3.1. - Violazione  del  principio  di  eguaglianza  davanti  alla
legge. 
    Proprio perche' l'aggravante differenzia la misura della pena non
sulla qualita' dell'azione bensi' sulla base di chi la commette o  la
omette, l'aggravante in esame introduce irragionevoli  disparita'  di
trattamento a parita' di condotta materiale. 
    La  medesima  condotta  criminale,  le  medesime   modalita'   di
esecuzione del reato, finiscono  per  essere  punite  diversamente  a
seconda se a commetterle e' un soggetto regolarmente o irregolarmente
presente  sul  territorio  italiano.  Con  effetti  paradossali,   ad
esempio, nell'ipotesi di concorso  nel  reato,  dove  il  clandestino
sara' punito piu' severamente del suo complice. 
    La  violazione  del  principio  di  eguaglianza  e'  ancora  piu'
evidente oggi, dopo l'intervento nel 2009 del legislatore interprete.
Per quanto entrambi illegalmente presenti sul  territorio  nazionale,
infatti, si valuta  piu'  pericolosa  (giustificando  per  questo  un
aggravio di pena) la presenza di uno straniero extracomunitario o  di
un apolide rispetto a quella di uno straniero comunitario.  L'effetto
giuridico e' costituzionalmente irragionevole: la pena applicata  per
un identico reato variera' a  seconda  che  il  soggetto  agente  sia
marocchino o rumeno, tunisino o bulgaro, albanese o polacco,  apolide
o cittadino comunitario. 
    Si aggiunga, inoltre, che ora -  a  seguito  dell'interpretazione
imposta ope legis -  la  configurabilita'  dell'aggravante  in  esame
diventa la variabile di un fatto storico (l'ingresso o l'associazione
all'UE del  Paese  di  appartenenza)  del  tutto  indipendente  dalla
condotta e  dalla  volonta'  dell'imputato  e  che  puo'  in  ipotesi
intervenire anche in pendenza di giudizio. 
    Palese,  dunque,  la  violazione  dell'art.  3  comma  1,   Cost.
espressivo del principio di eguale trattamento di fronte  alla  legge
penale. 
      
    3.2. - Violazione della finalita' rieducativa  della  pena:  art.
27, terzo comma della Costituzione. 
    L'aumento di pena conseguente ad una aggravante  per  status  che
prescinde totalmente dalle modalita' dell'azione criminosa si traduce
in un aumento edittale  estraneo  alla  finalita'  rieducativa  della
sanzione penale. 
    La funzione di risocializzazione della pena, infatti, ha un senso
solo ed esclusivamente rispetto a condotte  materiali  imputabili  al
reo. Tale condizione costituzionalmente imposta viene meno  per  quel
«di piu'» di detenzione carceraria  legata  ad  una  mera  condizione
soggettiva di clandestinita'. E'  vero  che,  ora,  l'ingresso  o  il
soggiorno illegale nel  territorio  italiano  configura  un  illecito
penale; tuttavia l'eccedenza della sanzione continua a  dipendere  da
uno status che, rilevante per  tutti  gli  stranieri  quando  integra
l'autonoma  fattispecie  di  reato  ex  art.   10-bis   Testo   Unico
sull'immigrazione, comporta invece un aggravio di pena esclusivamente
per alcuni (apolidi ed extracomunitari). 
    La violazione della finalita' rieducativa della pena emerge anche
in via mediata. Ai sensi dell'art.  656  comma  9  lett.  a),  c.p.p.
modificato dall'art. 2, lett. m),  legge  24  luglio  2008,  n.  125,
all'applicazione  dell'aggravante  di  clandestinita'   consegue   in
automatico  l'effetto  processuale   del   divieto   di   sospensione
dell'esecuzione della pena detentiva. 
    L'ingiustificata presunzione di  pericolosita'  che  sorregge  la
circostanza aggravante dell'art. 61 n.  11-bis  c.p.  viene,  in  tal
modo, a  saldarsi  con  una  seconda  ed  altrettanto  ingiustificata
presunzione   assoluta   circa    l'impossibilita'    di    ammettere
l'extracomunitario  irregolare   o   clandestino   ad   un   percorso
rieducativo attraverso qualsiasi misura alternativa alla  reclusione.
Tutto cio' in contrasto  con  l'opposto  orientamento  gia'  espresso
dalla  Corte  costituzionale   nella   sentenza   interpretativa   di
accoglimento n. 78/2007 laddove, dichiarando  l'illegittimita'  degli
artt. 47, 48  e  50,  Legge  26  luglio  1975,  n.  354  (Ordinamento
penitenziario)  ha  statuito   che   la   condizione   di   straniero
irregolarmente soggiornante non puo' escludere l'accesso alle  misure
alternative alla detenzione. 
    3.3. - Irrazionalita' intrinseca dell'aggravante, 
    L'aggravante  di  clandestinita'  rivela  ulteriori  profili   di
intrinseca irragionevolezza. 
    Innanzitutto, nella sua stessa giustificazione, secondo la  quale
la condizione di  clandestinita'  rappresenterebbe  un  elemento  che
agevola, aggravandola, la condotta  prevista  e  punita  come  reato.
Siamo in presenza di una presunzione legislativa priva  di  razionale
fondamento: perche' e' scollegata - come si  e'  gia'  detto  -  alla
condotta materiale sanzionata e aggravata; perche' non esiste  alcuna
relazione automatica tra l'adempimento degli obblighi previsti  dalla
legge nazionale sull'ingresso o il soggiorno nel territorio  italiano
e la commissione o non commissione del reato comune aggravato. 
    In secondo luogo, l'aggravante muove da una presunzione  assoluta
di  pericolosita'  di  tutti  gli  extracomunitari  che  si   trovino
«illegalmente»  sul  territorio  nazionale.  E  poiche'  l'ambito  di
applicazione  dell'aggravante   prescinde   dalla   circostanza   che
l'illegalita' della presenza sul territorio nazionale sia  originaria
o sopravvenuta (e magari per ragioni del tutto  incolpevoli)  non  si
distingue neppure tra irregolari  (cui,  in  ipotesi,  non  e'  stato
rinnovato per tempo il permesso di soggiorno a causa  di  un  ritardo
amministrativo)  e  clandestini   (che,   in   ipotesi,   non   hanno
volontariamente adempiuto al  provvedimento  di  allontanamento):  il
che, a voler assumere la presenza illecita sul  territorio  nazionale
come  «ribellione»  all'ordinamento  da  parte  del  soggetto,  rende
impossibile apprezzarne il «grado» di  intensita'  e  soprattutto  di
«responsabilita'» individuale. 
    Deve osservarsi infine  che,  a  differenza  di  quanto  previsto
nell'ipotesi di trattenimento dello straniero  sul  territorio  dello
Stato  in  violazione  dell'ordine  di  allontanamento   emesso   dal
questore,  la  cui  applicazione  viene  circoscritta  dal  requisito
negativo espresso nella formula «senza giustificato motivo» (art. 14,
comma 5-ter, Testo Unico  sull'immigrazione,  come  modificato  dalla
legge 30 luglio 2002, n. 189) nulla  di  simile  e'  contemplato  con
riferimento all'ambito applicativo dell'aggravante  in  esame.  Viene
cosi' meno quel ruolo chiave che detta clausola assolverebbe operando
da «valvola di sicurezza» del meccanismo repressivo, evitando che  la
sanzione penale scatti allorche' - anche al di fuori  della  presenza
di vere  e  proprie  cause  di  giustificazione  -  l'osservanza  del
precetto appaia  concretamente  «inesigibile»  (sentenza  n.  5/2004,
punto 2.1 del considerato in diritto; sul ruolo  essenziale  di  tale
clausola vedi anche sentenza n. 22/2007). 
    Elemento, questo, che marca anche una differenza  strutturale  di
fondo  con  l'aggravante  della  latitanza  (art.  61  n.  6   c.p.),
subordinata alla circostanza che il colpevole abbia commesso il reato
aggravato «durante il tempo in cui si e'  sottratto  volontariamente»
all'arresto o alla cattura o  alla  carcerazione  per  un  precedente
reato. 
    Siamo in  presenza,  dunque,  di  una  irrazionalita'  intrinseca
dell'aggravante in esame, con  conseguente  violazione  del  generale
canone di ragionevolezza, imposto all'intero ordinamento dall'art. 3,
Cost. 
    3.4. - Ancora sui rapporti tra  aggravante  di  clandestinita'  e
reato di immigrazione clandestina. 
    Nell'ordinanza di restituzione degli atti la Corte costituzionale
afferma che, «nel valutare la  legittimita'  della  previsione  quale
circostanza aggravante comune  di  ogni  pregressa  violazione  delle
norme in materia di immigrazione», e'  compito  di  questo  Tribunale
«procedere  ad  una  nuova  ponderazione  del  ruolo  che,  in   tale
prospettiva,  deve  assegnarsi   al   carattere   amministrativo,   o
penalmente illecito della violazione medesima». 
    La mutata natura dell'illecito non incide in modo sostanziale,  a
giudizio di questo interprete, sulla non manifesta infondatezza della
questione proposta. 
    I profili di incostituzionalita' fin  qui  prospettati,  infatti,
riguardano la formulazione, l'ambito di applicazione  soggettiva,  le
conseguenze   sul   piano   dell'esecuzione   penale    e,    infine,
l'irragionevolezza intrinseca della  circostanza  aggravante  di  cui
all'art.  61  n.  11-bis  c.p.  Si  tratta  cioe'   di   censure   di
costituzionalita'    che    sono    indipendenti     dalla     natura
(originariamente) amministrativa o (attualmente) penale dell'illecita
presenza dello straniero extracomunitario sul territorio nazionale. 
    In particolare, non sembra possibile ritenere che  -  elevata  la
clandestinita' a fattispecie penale autonoma  -  l'aggravio  di  pena
sarebbe ora conseguenza (non di uno status, bensi') di  una  condotta
materiale riconducibile alla volonta' del soggetto agente.  Cio'  che
l'art.  10-bis  Testo  Unico  sull'immigrazione  sanziona   e'   solo
apparentemente una condotta (l'azione dell'ingresso o l'omissione del
mancato allontanamento); in realta' il vero oggetto  d'incriminazione
resta la mera condizione personale  dello  straniero  costituita  dal
mancato  possesso  di  un  titolo  abilitativo  all'ingresso  e  alla
successiva permanenza nel territorio dello Stato. 
      
      
      
    Ne'  puo'  sostenersi  che,  a  seguito  dell'introduzione  della
fattispecie penale di ingresso e soggiorno  illegale  nel  territorio
dello Stato, l'aggravante di clandestinita' operi ora come una  sorta
di  recidiva.  Una  simile  ipotesi  e'  contraddetta  dalle  marcate
differenze che intercorrono tra l'operativita' dell'art.  99  c.p.  e
dell' art. 61 n. 11-bis c.p. 
    L'aggravante della recidiva e' applicabile a chi,  essendo  stato
gia' condannato  in  via  definitiva  per  un  delitto  non  colposo,
commette  nuovamente  altro  delitto  non  colposo.  L'aggravante  di
clandestinita', invece, non presuppone un accertamento definitivo  di
condanna per il nuovo reato ex art. 10-bis Testo  Unico  immigrazione
(o  per  altro  reato),  essendo  sufficiente  ai  fini   della   sua
contestazione  l'accertamento  giudiziale  dello  stato  di  illegale
presenza sul territorio nazionale  del  soggetto  agente  al  momento
della commissione dell'illecito penale. 
    L'aggravante della recidiva, a seguito delle modifiche introdotte
dalla legge 5 dicembre 2005,  n.  251,  non  riguarda  piu'  i  reati
contravvenzionali. L'aggravante di cui all'art. 61 n. 11-bis c.p.  e'
invece applicabile anche alle contravvenzioni. 
    L'aggravante della recidiva trova la sua ratio in una presunzione
di  pericolosita'   qualificata   del   soggetto   agente   giudicato
definitivamente per un delitto doloso. L'aggravante di clandestinita'
non puo' ricondursi a tale ratio, secondo  quanto  la  giurisprudenza
costituzionale ha, piu'  volte,  affermato:  cfr.,  ex  plurimis,  la
sentenza n. 22/2007, esplicita nell'escludere che  la  condizione  di
straniero irregolare o clandestino, in quanto tale, possa  associarsi
ad una accertata o presunta pericolosita'. 
    Anche dopo la modifica introdotta con la gia' citata legge n. 251
del 2005,  la  Corte  costituzionale  e'  intervenuta  piu'  volte  a
mitigare  -   attraverso   la   prefigurazione   di   interpretazioni
costituzionalmente orientate - i rigidi automatismi legislativi della
recidiva riformata  (cfr,  ad  esempio,  la  sentenza  n.  192/2007).
Viceversa,  la  contestazione   dell'aggravante   di   clandestinita'
risponde  ad  un  automatismo  neppure  mitigato  dalla  clausola  di
salvaguardia - non contemplata nell'art. 61 n. 11-bis c.p. -  che  ne
leghi la contestabilita' ad  una  presenza  illegale  sul  territorio
italiano «senza giustificato motivo» (in analogia a  quanto  previsto
all'art.  14  comma  5-ter,  Testo  Unico   sull'immigrazione,   come
modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189). 
    Semmai la sopravvenuta introduzione nell'ordinamento del reato di
ingresso e soggiorno illegale entra altrimenti in gioco,  confermando
l'irragionevolezza della circostanza aggravante impugnata. 
    L'art. 10-bis Testo Unico sull'immigrazione, infatti,  giustifica
il ricorso alla sanzione penale come reazione alla  violazione  delle
regole  sull'ingresso  ed  il  soggiorno  nello  Stato.  La  medesima
giustificazione non puo' pero' valere a fondare  l'aggravio  di  pena
per  un  qualsiasi  reato  comune  solo  perche'   commesso   da   un
extracomunitario privo di un valido titolo di soggiorno e  senza  che
la sua presenza irregolare sul territorio nazionale si  ponga  in  un
nesso di strumentalita' rispetto alla commissione del reato medesimo. 
    Siamo dunque in presenza di una circostanza aggravante  priva  di
una ratio costituzionalmente apprezzabile: tale non puo'  essere  una
presunzione assoluta di pericolosita' dell'extracomunitario  presente
illecitamente sul territorio; tale  non  puo'  essere  la  violazione
della legislazione nazionale in materia di ingresso  e  di  soggiorno
(ora rafforzata dal nuovo reato di immigrazione clandestina). 
      
    4. - Conclusioni.  Richiesta  di  una  sentenza  di  accoglimento
semplice e di una declaratoria di illegittimita' consequenziale. 
    E' infine opportuna una precisazione in riferimento al  «chiesto»
rivolto alla Corte costituzionale. 
    Le scelte in  materia  di  penalizzazione  delle  condotte  e  di
determinazione  del  relativo  trattamento  sanzionatorio   rientrano
certamente  nell'ambito  dell'autonomia  legislativa.   Tuttavia   la
giurisprudenza  costituzionale  e'  pacifica   nel   riconoscere   la
possibilita'  di  sottoporre  al  proprio  controllo  (anche)  scelte
normative in tema di  pene  e  reati,  laddove  contrastino  in  modo
manifesto con il generale canone di ragionevolezza,  rivelando  cosi'
un uso costituzionalmente distorto della discrezionalita' legislativa
(cfr., ex plurimis, le  sentenze  nn.  26/1979,  102/1985,  341/1994,
313/1995, 217/1996, 287/2001 e le ordinanze nn.  163/1996,  110/2002,
323/2002, 172/2003, 158/2004). 
    Non si ignora il complesso  di  ragioni  che,  anche  in  recenti
pronunce (cfr. le sentenze nn.  22/2007,  236/2008,  156/2009)  hanno
indotto la Corte costituzionale ad escludere l'ammissibilita'  di  un
proprio intervento manipolativo capace  di  rimediare  ad  un  quadro
normativo in materia di sanzioni penali  per  l'illecito  ingresso  o
trattenimento  di  stranieri  nel  territorio  nazionale,  frutto  di
stratificazioni  normative  successive  non  prive   di   «squilibri,
sproporzioni e disarmonie» (come si esprime la sentenza n. 22/2007). 
    Tali ragioni, tuttavia, non sono di ostacolo ad una  sentenza  di
accoglimento semplice, ablativa dell'art.  61  n.  11-bis  c.p.,  ora
addirittura agevolata dall'introduzione del  reato  di  cui  all'art.
10-bis Testo Unico  sull'immigrazione,  la  cui  fattispecie  ricalca
quanto previsto come circostanza aggravante dalla disposizione di cui
si chiede la declaratoria d'incostituzionalita'. 
    In  considerazione  dell'inscindibile   nesso   strutturale   tra
disposizione interpretata e disposizione interpretativa,  va  chiesta
anche la dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art.  1,  comma  1,
legge 15 luglio 2009, n. 94. 
    In via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 legge 11 marzo  1953
n. 87, si chiede alla Corte costituzionale di estendere la  eventuale
dichiarazione di illegittimita' anche all'art. 656, comma 9, lett. a)
c.p.p. come modificato dall'art. 2 lett. m), legge 24 luglio 2008, n.
125, limitatamente alle parole  «e  per  i  delitti  in  cui  ricorre
l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, 11-bis». 
    Una  volta  annullata  la  disposizione  oggetto  della  presente
quaestio  legitimitatis,  infatti,  il   sopra   riportato   segmento
normativo non avrebbe piu' alcuna autonomia applicativa (cfr., in tal
senso, la sentenza n. 24/2004). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 1, legge cost. 9 febbraio  1948,  n.  1 e  l'art.
23 legge 11 marzo 1953, n.. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 61, n. 11-bis del codice penale
introdotto dall'art. 1 lettera  f) del d.l.  23  maggio  2008  n.  92
convertito,  con  modificazioni,  in legge  24  luglio  2008  n.  125
rispetto agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione; 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Dispone che la cancelleria notifichi la  presente  ordinanza  con
urgenza al Presidente del Consiglio dei ministri e la  comunichi  con
urgenza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Sospende il giudizio in corso. 
    Ordinanza  letta  in  udienza  e  cosi'  comunicata  alle   parti
presenti. 
        Ferrara, addi' 26 gennaio 2010 
 
                        Il giudice: Bighetti