N. 141 SENTENZA 14 - 23 aprile 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Istituzione  dei
  distretti socio-sanitari montani - Ricorso del Governo  -  Eccepita
  inammissibilita' della questione per genericita'  delle  censure  -
  Reiezione. 
- Legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9, artt. 1, 3, 4 e 5. 
- Costituzione, artt. 81, quarto comma, 117, commi secondo, lett. m),
  e terzo, 118 e 120, secondo comma. 
Sanita' pubblica -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Istituzione  dei
  distretti socio-sanitari montani - Ricorso del Governo -  Eccezione
  di  inammissibilita'  della  questione  per  difetto  di  interesse
  attuale all'impugnazione - Reiezione. 
- Legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9, artt. 1, 3, 4 e 5. 
- Costituzione, artt. 81, quarto comma, 117, commi secondo, lett. m),
  e terzo, 118 e 120, secondo comma. 
Sanita' pubblica -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Istituzione  dei
  distretti  socio-sanitari  montani  -  Violazione  dell'obbligo  di
  copertura finanziaria degli oneri  derivanti  dall'istituzione  dei
  distretti  nonche'  del  principio   fondamentale   della   materia
  «coordinamento della finanza pubblica», desumibile dalla  normativa
  statale  -  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   delle
  ulteriori  censure   -   Illegittimita'   costituzionale   in   via
  consequenziale dell'intera legge. 
- Legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9. 
- Costituzione, artt. 81, quarto comma, e  117,  terzo  comma  (artt.
  117, secondo comma, lett. m), 118 e 120, secondo comma);  legge  27
  dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 796, lett. b). 
(GU n.17 del 28-4-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 3, 4  e
5 della legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme  per  la
disciplina dei  distretti  socio-sanitari  montani),  «nonche'  degli
altri articoli  ad  essi  collegati»,  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  10  giugno  2009,
depositato in cancelleria il 18 giugno 2009 ed iscritto al n. 40  del
registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    Udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 2010 il Giudice relatore
Alfonso Quaranta; 
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Massimo  Luciani
per la Regione Lazio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato
dall'Avvocatura generale dello Stato,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe, ha proposto questione di legittimita' costituzionale  degli
articoli 1, 3, 4 e 5 della legge della Regione Lazio 6  aprile  2009,
n. 9 (Norme per la disciplina dei distretti socio-sanitari  montani),
«nonche' degli  altri  articoli  ad  essi  collegati»,  asserendo  la
violazione degli articoli  81,  quarto  comma,  117,  commi  secondo,
lettera m), e terzo, 118 e 120, secondo  comma,  della  Costituzione,
nonche' del principio di leale collaborazione. 
    1.1. - Il ricorrente premette che, ai sensi  dell'art.  1,  comma
180, della legge 30  dicembre  2004,  n.  311  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2005), nel testo modificato dal  decreto-legge  14  marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per
lo sviluppo  economico,  sociale  e  territoriale),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le Regioni  -  come
il Lazio - gravate da disavanzi di  bilancio  nel  settore  sanitario
sono tenute «ad una ricognizione delle  cause»  di  tale  fenomeno  e
all'elaborazione di «un programma operativo di  riorganizzazione,  di
riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale,
di durata non superiore al triennio».  Sempre  in  base  alla  stessa
disposizione i «Ministri della salute e dell'economia e delle finanze
e la singola Regione stipulano apposito  accordo  che  individui  gli
interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio  economico,
nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti
di cui alla intesa prevista dal comma 173» del medesimo art. 1  della
legge n. 311 del 2004. 
    In attuazione del citato art. 1, comma 180, e' stata stipulata  -
rammenta sempre il ricorrente - l'intesa Stato-Regione del 22 (recte:
23) marzo 2005 (Intesa, ai sensi  dell'articolo  8,  comma  6,  della
legge 5 giugno 2003, n. 131, in  attuazione  dell'articolo  1,  comma
173, della legge 30 dicembre 2004,  n.  311),  che  ha  stabilito  le
modalita' di riattribuzione  del  maggior  finanziamento  statale  in
ragione  della  effettiva  attuazione   del   citato   programma   di
riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio
sanitario regionale. 
    Per la Regione Lazio, l'accordo per l'approvazione del  piano  di
rientro, ai sensi del citato art. 1, comma 180, della  legge  n.  311
del 2004, e' stato adottato in data 28 febbraio 2007. Tale accordo ha
stabilito la realizzazione di  una  serie  di  interventi  diretti  a
ricondurre, entro il 2010, la spesa del servizio sanitario  regionale
nei limiti coerenti con il finanziamento ordinario. Con deliberazione
del 6 marzo 2007, n. 149, la Giunta regionale della Regione Lazio  ha
preso atto di tale accordo. 
    Successivamente, in data 11 luglio  2007,  essendosi  la  Regione
Lazio resa inadempiente rispetto agli impegni  assunti  con  il  gia'
citato accordo, il Consiglio dei ministri ha  proceduto  alla  nomina
del Presidente pro tempore della Regione Lazio quale  Commissario  ad
acta per la realizzazione del piano  di  rientro  dei  disavanzi  nel
settore sanitario. 
      
    Con  la  stessa  delibera,  il  Commissario  ad  acta  e'   stato
incaricato di sospendere  eventuali  nuove  iniziative  regionali  in
corso per la realizzazione o l'apertura di nuove strutture  sanitarie
pubbliche,  ovvero  per  l'autorizzazione   e   l'accreditamento   di
strutture sanitarie private, sino all'avvenuta adozione del piano  di
riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica e  della
rete di assistenza specialistica ambulatoriale. 
    1.2. - Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei  ministri,
ha prospettato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 3, 4  e
5 della impugnata legge regionale n. 9 del 2009, ritenendo gli stessi
in contrasto con gli impegni  assunti  dalla  Regione  Lazio  per  il
rientro dal disavanzo nel settore sanitario e con le misure adottate,
sempre a tale scopo, dal Commissario ad acta. 
    1.2.1. - In primo luogo, il  ricorrente  ha  dedotto  la  lesione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione sotto il profilo della
violazione dei principi  fondamentali  della  materia  «coordinamento
della  finanza  pubblica»,   quest'ultima   rimessa   alla   potesta'
legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni. 
    Ed infatti, con  le  disposizioni  in  esame,  la  Regione  Lazio
sarebbe  venuta  meno  agli   specifici   vincoli,   strumentali   al
conseguimento  dell'equilibrio  economico  del   sistema   sanitario,
contenuti  nel  piano  di  rientro,  in  contrasto  con  i   principi
fondamentali volti al contenimento  della  spesa  sanitaria,  di  cui
all'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre  2006,  n.
296  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2007).  Esso,  infatti,
qualifica espressamente  come  vincolanti,  per  le  Regioni  che  li
abbiano  sottoscritti,  «gli  interventi  individuati  dai  programmi
operativi di riorganizzazione,  qualificazione  o  potenziamento  del
servizio  sanitario  regionale,  necessari   per   il   perseguimento
dell'equilibrio economico» oggetto degli accordi di cui  all'art.  1,
comma 180, della legge n. 311 del 2004. 
    Sarebbe evidente, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  «la  vincolativita'  dell'accordo  che  la  Regione  ha  violato
discende dalla sua elevazione a principio fondamentale nella  materia
del coordinamento della finanza pubblica, con la conseguenza  che  le
disposizioni qui  impugnate  eccedono,  anche  manifestamente,  dalla
competenza  concorrente  attribuita  alla  Regione  in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica». 
    1.2.2.― In secondo luogo, il ricorrente ha dedotto la  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    Ed infatti, poiche' le intese e  gli  accordi  stipulati  per  il
riequilibrio della spesa nel settore sanitario  sono  finalizzati  ad
assicurare il contenimento della  spesa  pubblica  nel  rispetto  dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i  fondamentali
diritti civili e sociali delle  persone,  l'osservanza  degli  stessi
«costituisce una condizione essenziale  per  assicurare  la  corretta
erogazione  delle  prestazioni  assistenziali   che   devono   essere
necessariamente  garantite,  secondo  valutazioni  e   determinazioni
riservate allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
m), Cost.». Pertanto, il mancato rispetto dell'accordo contenente  il
piano  di  rientro,  «non  solo  viola   gli   obblighi   di   natura
economico-finanziaria, assunti dalle Regioni, ma  espone  altresi'  a
rischio la capacita' di erogare  quelle  prestazioni  essenziali  che
possono  trovare  garanzia  solo  nel  contesto   di   una   gestione
equilibrata dalla spesa». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri afferma, quindi, che  le
disposizioni impugnate, sancendo  l'istituzione  di  nuove  strutture
sanitarie, contrastano con l'obiettivo del contenimento  della  spesa
pubblica ed incidono, anche se indirettamente, sulle misure contenute
nel piano di rientro, rivolte  alla  tutela  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni. Vi sarebbe  stata,  pertanto,  un'invasione  della
potesta' legislativa riservata in via esclusiva allo Stato, ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    1.2.3.― Ulteriore censura consiste  nella  violazione  sia  degli
artt. 117 e 118 Cost., che del principio di leale collaborazione. 
    Gli articoli  della  legge  regionale  in  esame,  nel  prevedere
l'istituzione di un nuovo tipo di distretti socio-sanitari,  definiti
«montani», con i rispettivi ospedali  ed  il  correlato  servizio  di
eliambulanze,  nonche'  la  possibilita'  di  derogare  alla  vigente
normativa  regionale  in  materia  di  organizzazione  del   servizio
sanitario  regionale  e  di  contenimento   della   spesa   pubblica,
implicherebbero un impegno di spesa in  contrasto  con  il  contenuto
dell'accordo  tra  Stato  e  Regione  Lazio  del  28  febbraio   2007
contenente il piano di rientro del disavanzo e di riqualificazione  e
razionalizzazione del servizio sanitario della Regione. 
    Le misure oggetto  delle  disposizioni  impugnate,  nell'incidere
sulla materia disciplinata dall'accordo, si porrebbero  in  contrasto
con gli impegni con  esso  assunti  e  violerebbero  il  fondamentale
principio di leale collaborazione (e' richiamata la  sentenza  n.  31
del 2006). 
    1.2.4.― Ancora, il ricorrente prospetta la lesione dell'art.  81,
quarto comma, Cost., in quanto le  disposizioni  impugnate  prevedono
maggiori costi senza la relativa copertura finanziaria. 
    1.2.5.―  Infine,  e'  dedotta,  anche  sotto  altro  profilo,  la
violazione degli artt. 117, commi secondo, lettera m), e terzo, 118 e
120,  secondo  comma,  Cost.,  nonche'   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    La nomina del Commissario ad acta, disposta nel caso in esame, si
correla al potere sostitutivo degli organi, anche delle Regioni,  che
l'art.  120,  secondo  comma,  Cost.  riconosce  al  Governo  con  la
finalita' di assicurare, pur nell'attuale sistema  costituzionale  di
decentramento delle funzioni e al di la' del relativo  riparto  delle
attribuzioni, la tutela di taluni interessi essenziali  unitariamente
facenti capo  allo  Stato,  quali  quelli  della  tutela  dell'unita'
economica e dei livelli essenziali delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali. 
    Le norme in  esame,  infatti,  interferirebbero  con  il  compito
affidato al predetto Commissario ad acta  e  darebbero  luogo  ad  un
«sostanziale  disconoscimento   dello   stesso   potere   sostitutivo
spettante allo Stato», con la  conseguente  violazione  dei  suddetti
parametri costituzionali. 
    Tale profilo di interferenza riguarderebbe, in  particolare,  gli
impugnati artt. 4 e 5 della legge regionale in esame, concernenti  la
riorganizzazione della rete ospedaliera, giacche' le misure  da  essi
previste parrebbero destinate a sovrapporsi a taluni degli interventi
prioritari affidati al Commissario, ed esattamente quelli riguardanti
il «riassetto della rete ospedaliera» di  cui  alla  lettera  a)  del
punto 7 della delibera di commissariamento,  adottata  dal  Consiglio
dei ministri in data 11 luglio 2008. 
    A sostegno delle proprie argomentazioni  la  difesa  dello  Stato
richiama le sentenze di questa Corte numeri 43 e 73 del 2004. 
    Sarebbe, altresi' violato, sotto altro profilo, il  principio  di
leale collaborazione, in quanto la Regione non  si  sarebbe  attenuta
all'obbligo  di  rispettare  le  funzioni  di  riordino  della  spesa
pubblica nel settore sanitario, come  attribuite  al  Commissario  ad
acta. 
    2.― In data 21 luglio  2009  si  e'  costituita  in  giudizio  la
Regione Lazio, che ha chiesto dichiararsi il  ricorso  manifestamente
inammissibile o, in subordine, manifestamente infondato. 
    2.1.― In primo  luogo,  essa  ritiene  priva  di  motivazione  e,
pertanto,  inammissibile,   la   dedotta   lesione   della   potesta'
legislativa dello Stato nella  materia  coordinamento  della  finanza
pubblica. Il ricorrente, infatti, si sarebbe  limitato  ad  affermare
che la Regione e' «venuta meno  agli  specifici  vincoli  strumentali
all'equilibrio economico del sistema sanitario, contenuti  nel  piano
di rientro», con conseguente  violazione  dei  principi  fondamentali
della materia suddetta  «come  declinati»  nell'art.  1,  comma  796,
lettera b), della legge n. 296 del 2006. 
    Sarebbe stato, pertanto,  disatteso  l'onere  di  «sorreggere  le
censure proposte con congrua argomentazione». 
    Nel merito, comunque, la censura sarebbe non fondata in quanto le
norme impugnate «non  comportano,  attualmente,  alcuna  spesa».  Per
l'istituzione  dei  distretti  socio-sanitari   montani,   ai   sensi
dell'art. 3, comma 2, della legge reg. n. 9 del  2009,  occorrerebbe,
infatti,  «apposita  deliberazione  della  Giunta  regionale,  previa
acquisizione  del  parere  della  commissione  consiliare  permanente
competente in materia di sanita'». A tale delibera spetta, quindi, il
compito di determinare le  risorse  umane,  tecniche,  strumentali  e
finanziarie da destinare ai suddetti distretti, nonche' disporre  gli
adeguamenti  dei  finanziamenti  correnti,  in   considerazione   dei
maggiori costi strutturali. 
    2.2.―  In  ordine  alla  prospettata  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost., la Regione afferma che la  mancanza
di aumenti di spesa determina l'infondatezza della censura. 
    2.3.― Sarebbe,  altresi'  inammissibile  e  priva  di  fondamento
l'asserita violazione «del  principio  di  leale  collaborazione,  in
relazione agli artt. 117 e 118 Cost.». 
    Come la giurisprudenza della Corte avrebbe avuto modo di chiarire
(sentenze numeri  371,  222  e  159  del  2008;  n.  401  del  2007),
l'esercizio dell'attivita' legislativa sfugge alle procedure di leale
collaborazione. 
    In particolare, la sentenza n. 437 del 2001 ha affermato  che  le
procedure di cooperazione possono rilevare «ai fini  dello  scrutinio
di legittimita' di atti  legislativi,  solo  in  quanto  l'osservanza
delle  stesse  sia  imposta,  direttamente  o  indirettamente,  dalla
Costituzione». In ogni caso, afferma la  Regione,  non  vi  e'  stata
alcuna  violazione  dell'accordo  per  il  contenimento  della  spesa
sanitaria. 
    2.4.― A sostegno della non fondatezza della censura relativa alla
mancata indicazione della copertura finanziaria e' dedotta  l'assenza
di nuove spese, le quali, in ogni caso,  costituirebbero  oggetto  di
intervento da parte della Giunta regionale. 
    2.5.― In ordine  all'ultimo  motivo  di  impugnazione  la  difesa
regionale   richiama,   in   relazione   al   principio   di    leale
collaborazione, quanto affermato in precedenza. 
    In  merito  alla   prospettata   interferenza   con   il   potere
sostitutivo, la resistente afferma che quest'ultimo opera  sul  piano
dell'amministrazione. Pertanto, la potesta' legislativa regionale non
puo' essere paralizzata dalla nomina del Commissario ad acta. 
    2.6.― Infine, si rileva come nessuna specifica censura sia  stata
formulata  rispetto  agli  altri  articoli   collegati   alle   norme
impugnate, ragione per  la  quale,  il  ricorso,  per  questa  parte,
dovrebbe essere dichiarato inammissibile. 
    3. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  memoria
depositata il 17 febbraio 2010, ha insistito per l'accoglimento della
proposta impugnazione. 
    4. - Con memoria depositata presso la cancelleria della Corte  in
data 2 marzo 2010, la Regione Lazio ha insistito per la  declaratoria
di inammissibilita' del ricorso ovvero per il suo rigetto. 
    In  via  preliminare,  la  difesa  regionale  evidenzia  che   il
Presidente della Regione Lazio, in qualita' di  Commissario  ad  acta
per la realizzazione del piano di rientro del disavanzo  nel  settore
sanitario, con decreto del  21  aprile  2009,  n.  25,  ha  differito
l'efficacia della legge regionale impugnata «dal  momento  della  sua
promulgazione per tutta la  durata  del  piano  di  rientro  e  della
gestione commissariale». 
      
    Tale decisione - assunta  sul  presupposto  tanto  che  la  legge
«deroghi alle previsioni del piano di  rientro  e  confligga  con  le
direttive del Commissario ad acta e con il mandato a questi  affidato
dalla deliberazione del Consiglio dei ministri», quanto dell'avvenuto
accertamento del «contrasto con gli obiettivi del piano di rientro  e
con  i  decreti  commissariali  sulla  riorganizzazione  della   rete
ospedaliera»  -  determinerebbe,   secondo   la   difesa   regionale,
l'inammissibilita' del ricorso, per carenza di interesse  attuale  al
suo esame. 
    Per il resto, la difesa regionale  conferma  tutte  le  deduzioni
gia' formulate nell'atto di costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  proposto  questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge  della  Regione
Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme  per  la  disciplina  dei  distretti
socio-sanitari  montani),  «nonche'  degli  altri  articoli  ad  essi
collegati», deducendo la violazione degli articoli 81, quarto  comma,
117, commi secondo, lettera m), e terzo, 118 e  120,  secondo  comma,
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione. 
    1.1. - In primo luogo, il ricorrente  ipotizza  che  le  suddette
disposizioni siano in contrasto con l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
per la violazione di  un  principio  fondamentale  di  «coordinamento
della finanza pubblica», desumibile dall'art. 1, comma  796,  lettera
b), della legge  27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2007). 
    Infatti, la Regione Lazio, con la normativa  in  contestazione  -
nell'istituire i distretti socio-sanitari montani - avrebbe disatteso
gli specifici vincoli strumentali  al  conseguimento  dell'equilibrio
economico del sistema sanitario contenuti nel piano  di  rientro  dal
deficit oggetto dell'accordo concluso, in data 28 febbraio 2007,  dal
Presidente della Regione e dai Ministri della salute e  dell'economia
e delle finanze. 
    In questo modo risulterebbe violato il principio fondamentale che
qualifica espressamente come vincolanti, per le Regioni  che  abbiano
sottoscritto accordi del tipo di quello intercorso tra la Stato e  la
Regione Lazio, «gli interventi individuati dai programmi operativi di
riorganizzazione,  qualificazione  o   potenziamento   del   servizio
sanitario regionale, necessari per il  perseguimento  dell'equilibrio
economico». 
    Sulle stesse basi e' dedotta anche la  violazione  dell'art.  118
Cost. e del principio di leale collaborazione. 
    1.2.― Si ipotizza, inoltre, il contrasto con l'art. 117,  secondo
comma, lettera m), Cost., in quanto il mancato rispetto  dell'accordo
de quo esporrebbe a rischio la capacita'  della  Regione  di  erogare
quelle prestazioni essenziali che possono trovare garanzia  solo  nel
contesto di una gestione equilibrata dalla spesa sanitaria. 
    1.3. - La violazione dei  medesimi  parametri  sopra  indicati  -
nonche' dell'art. 120  Cost.  -  viene  prospettata  anche  sotto  un
diverso profilo. 
    La normativa censurata interferirebbe con il compito affidato  al
Commissario ad acta - nominato in data 11 luglio 2007  dal  Consiglio
dei ministri, essendosi  la  Regione  Lazio  resa  inadempiente  agli
obblighi assunti con il citato accordo del  28  febbraio  2007  -  di
realizzare il piano di rientro dai disavanzi nel  settore  sanitario,
dando cosi' luogo ad un  «sostanziale  disconoscimento  dello  stesso
potere  sostitutivo  spettante  allo  Stato»,  con   la   conseguente
violazione dei suddetti parametri costituzionali. 
      
    1.4.― Infine, e'  dedotta  la  violazione  dell'art.  81,  quarto
comma, Cost., in quanto le disposizioni impugnate prevedono  maggiori
spese senza la relativa copertura finanziaria. 
    2. - In limine, devono essere disattese le eccezioni preliminari,
formulate    dalla    difesa    regionale,    di     inammissibilita'
dell'impugnazione per  genericita'  e  per  sopravvenuta  carenza  di
interesse attuale al suo esame. 
    2.1. - Quanto, infatti, alla prima, deve rilevarsi  che,  se  «e'
inammissibile l'impugnativa di una intera legge ove cio' comporti  la
genericita' delle censure che non consenta  la  individuazione  della
questione  oggetto  dello  scrutinio  di  costituzionalita'»,   sono,
invece,   ammissibili   «le   impugnative   contro    intere    leggi
caratterizzate da normative omogenee e tutte coinvolte dalle  censure
(da ultimo, si vedano le sentenze n. 238 e n. 22 del 2006; n. 359 del
2003)» (cosi', in particolare, sentenza n. 201 del 2008). 
    La seconda di tali evenienze e' quella sussistente  nel  caso  di
specie, giacche' il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri
non solo si indirizza contro quattro dei cinque articoli  di  cui  si
compone la legge regionale n. 9  del  2009,  ma  introduce  un  thema
decidendum omogeneo, in quanto il  ricorrente  censura  la  scelta  -
sottesa  all'intero  testo  legislativo  impugnato  -   di   disporre
dotazioni di «risorse umane, tecniche,  strumentali  e  finanziarie»,
opportuni  «incentivi  economici»  e  conseguenti  «adeguamenti   dei
finanziamenti  correnti,  in  considerazione   dei   maggiori   costi
strutturali» derivanti dalla scelta compiuta. 
    2.2. - Del pari non fondata e'  l'eccezione  di  inammissibilita'
per difetto di interesse attuale  all'impugnazione,  sollevata  dalla
difesa regionale, con la memoria depositata il 2 marzo 2010, in  base
all'assunto che, con decreto del 21 aprile 2009, n. 25, il Presidente
della Regione Lazio - in qualita'  di  Commissario  ad  acta  per  la
realizzazione  del  piano  di  rientro  dal  disavanzo  nel   settore
sanitario - ha disposto il differimento  dell'efficacia  della  legge
regionale impugnata «dal momento della sua promulgazione per tutta la
durata del piano di rientro e della gestione commissariale». 
      
    A confutazione di tale eccezione - e a prescindere, peraltro, dai
dubbi  che  potrebbero  investire,  in  relazione  al  rispetto   del
principio  della  gerarchia  delle  fonti,  la  stessa   legittimita'
costituzionale della scelta legislativa di affidare ad un decreto del
Presidente  della  Regione  la  capacita'  di  incidere  su  un  atto
legislativo  adottato  dal   Consiglio   regionale   -   valgono   le
considerazioni che seguono. 
    Per un verso, infatti, l'iniziativa del Presidente della Regione,
nell'individuare  un  termine  entro  il  quale  la  legge  regionale
impugnata e' destinata comunque a riprendere efficacia, quello  cioe'
della  avvenuta  attuazione  del  piano  di  rientro  dal   disavanzo
sanitario, non  determina  la  carenza  di  interesse  rispetto  alle
censure di legittimita'  costituzionale  indipendenti  dalla  dedotta
violazione dell'accordo concluso in data 11 luglio 2007. 
    Per altro verso, deve osservarsi  che  in  ogni  caso  permane  -
rispetto a  tutte  le  censure  -  l'interesse  del  ricorrente  alla
decisione dell'impugnazione, anche in relazione alla possibilita' che
il suddetto provvedimento possa, in ipotesi, formare oggetto di  atti
di autotutela da parte della stessa autorita' emanante. 
    Conclusione, questa, che e' conforme a quanto ritenuto in passato
da questa Corte, ovvero che «la pubblicazione di una legge regionale,
in asserita violazione del riparto costituzionale di  competenze,  e'
di per se stessa lesiva della competenza  statale,  indipendentemente
dalla produzione degli effetti concreti e dalla  realizzazione  delle
conseguenze pratiche» (sentenza n. 407 del 2002). Del resto, la Corte
ha  costantemente  affermato  che  le  «questioni   di   legittimita'
costituzionale delle leggi devono essere proposte, in via principale,
entro il termine di decadenza fissato dall'art. 127  Cost.;  dal  che
discende che la lesione della sfera  di  competenza  lamentata  dalla
ricorrente presuppone  la  sola  esistenza  della  legge  oggetto  di
censura, a prescindere  dal  fatto  che  essa  abbia  avuto  concreta
attuazione, ed  essendo  sufficiente  che  essa  sia,  ancorche'  non
immediatamente, applicabile» (sentenza n. 133 del 2006; nello  stesso
senso, sentenza n. 118 del 2006). 
    3.― Nel merito, il ricorso e' fondato. 
    3.1.― Sussiste, in primo luogo, la dedotta  violazione  dell'art.
81, quarto comma, Cost. 
    Questa  Corte,  infatti,  ha  piu'  volte   precisato   che   «il
legislatore  regionale  non  puo'  sottrarsi  a  quella  fondamentale
esigenza di chiarezza e solidita' del bilancio cui l'art. 81 Cost. si
ispira» (ex multis, sentenza n. 359 del 2007); ed ha  anche  chiarito
che  la  copertura   di   nuove   spese   «deve   essere   credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare in  esercizi  futuri»
(sentenza n. 213 del 2008). 
    Nell'ipotesi in esame, la legge impugnata  nulla  dispone  quanto
alla copertura finanziaria degli oneri di spesa sicuramente derivanti
dall'istituzione dei distretti socio-sanitari montani, in quanto sono
stati previsti,  nell'ordine:  nuove  dotazioni  di  «risorse  umane,
tecniche,   strumentali   e   finanziarie»;   opportuni    «incentivi
economici»; conseguenti «adeguamenti dei finanziamenti  correnti,  in
considerazione dei maggiori costi strutturali»; nonche' - oltre  alla
possibilita' di derogare a quanto previsto «in materia  di  parametri
di riferimento per la dotazione di professionalita' qualificate e per
il  contenimento  della  spesa»  -  l'istituzione  di   un   servizio
obbligatorio di eliambulanza, presso  ogni  presidio  ospedaliero  di
montagna. 
    Ne' in senso contrario puo' valere il rilievo  -  avanzato  dalla
difesa regionale - che  «le  maggiori  spese  verranno  concretamente
disposte  mediante  i  provvedimenti  attuativi»   della   disciplina
legislativa in esame, giacche' e' proprio la legge regionale n. 9 del
2009 a costituire la  «loro  fonte  primaria»,  donde  la  violazione
dell'art. 81, quarto comma, Cost. 
    3.2.― Del pari, ricorre la violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost., per il contrasto con il principio fondamentale  della  materia
«coordinamento della finanza pubblica», desumibile  dal  gia'  citato
art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006. 
    In relazione a tale censura deve  preliminarmente  rilevarsi  che
questa Corte, con la sentenza n. 100 del 2010, ha  affermato  che  la
suddetta norma statale «puo' essere qualificata come  espressione  di
un  principio  fondamentale  diretto  al  contenimento  della   spesa
pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un  correlato  principio
di coordinamento della finanza pubblica». 
    Tale conclusione e' coerente, innanzitutto, con la  constatazione
che la «esplicita condivisione da parte delle Regioni della  assoluta
necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario»  determina
una situazione nella quale «l'autonomia legislativa concorrente delle
Regioni nel settore della  tutela  della  salute  ed  in  particolare
nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'  incontrare
limiti alla  luce  degli  obiettivi  della  finanza  pubblica  e  del
contenimento della spesa» (sentenza n. 193 del 2007). 
    Essa, inoltre, e' in linea con la  piu'  recente  interpretazione
della nozione di «coordinamento della finanza pubblica» fatta propria
dalla giurisprudenza costituzionale, ormai «costante nel ritenere che
norme  statali  che  fissano  limiti  alla  spesa  di  enti  pubblici
regionali  sono  espressione   della   finalita'   di   coordinamento
finanziario (da ultimo, sentenze numeri 237 e 139 del 2009)», per cui
il legislatore statale  puo'  «legittimamente  imporre  alle  Regioni
vincoli alla spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio  unitario
della  finanza  pubblica   complessiva,   in   connessione   con   il
perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi
comunitari» (cosi', testualmente, sentenza n. 52 del 2010). 
    5. - Resta assorbita ogni  ulteriore  censura  formulata  con  il
ricorso. 
    6. - Sulla base delle considerazioni che precedono devono  essere
dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 1, 3, 4 e 5 della
legge della Regione Lazio n. 9 del 2009. 
    Tale declaratoria  coinvolge,  in  via  consequenziale,  l'intera
legge regionale in questione e, dunque, anche il suo art. 2,  recante
disposizioni   intrinsecamente   collegate   a   quelle    dichiarate
costituzionalmente illegittime e  prive,  pertanto,  ove  considerate
isolatamente, di autonomo contenuto precettivo. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge   della
Regione Lazio 6 aprile 2009,  n.  9  (Norme  per  la  disciplina  dei
distretti socio-sanitari montani). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 23 aprile 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola