N. 146 ORDINANZA 14 - 23 aprile 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene - Termine per  proporre  la  querela  -  Previsione  del
  termine perentorio di  tre  mesi,  anziche'  di  novanta  giorni  -
  Denunciata violazione del principio di uguaglianza e del diritto di
  difesa - Omessa descrizione della fattispecie oggetto di  giudizio,
  con conseguente impossibilita' di  verificare  la  rilevanza  della
  questione,  e  difetto   di   motivazione   sulla   non   manifesta
  infondatezza - Omessa motivazione in  ordine  alla  violazione  dei
  parametri  costituzionali  invocati  -  Manifesta  inammissibilita'
  della questione. 
- Cod. pen., art. 124. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.17 del 28-4-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  124  del
codice  penale  promosso  dal  Giudice  di  pace   di   Messina   nel
procedimento penale a carico di C. G., con  ordinanza  del  7  luglio
2009, iscritta al n. 288 del registro  ordinanze  2009  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del  24  marzo  2010  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che  il  Giudice  di  pace  di  Messina,  con  ordinanza
depositata il 7 luglio 2009, ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  agli  articoli   3   e   24   della
Costituzione, dell'art. 124 del codice penale,  nella  parte  in  cui
prevede il termine perentorio di tre mesi per proporre querela e  non
quello di novanta giorni; 
        che, ad avviso del rimettente, il termine perentorio  di  tre
mesi per proporre querela «deve essere  interpretato  in  90  giorni,
poiche' una diversa interpretazione porterebbe ad una  disparita'  di
trattamento dei soggetti essendo, i mesi dell'anno composti da giorni
30 e 31 e 28, in violazione dell'art. 3 della Costituzione»; 
        che, come il giudice a quo pone  in  evidenza,  «il  capo  di
imputazione come formulato  dall'ufficio  del  PM  al  capo  A  della
rubrica, indica la violazione dell'art. 612 c.p. e quindi  lo  stesso
PM non ha ritenuto grave la minaccia di morte, e non ha  ritenuto  di
dover contestare all'imputato l'ipotesi piu' grave del 2° comma»; 
        che nel giudizio di  legittimita'  costituzionale,  con  atto
depositato in data  22  dicembre  2009,  ha  spiegato  intervento  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   eccependo   la   manifesta
inammissibilita'  della   questione   per   l'assoluta   assenza   di
motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza. 
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Messina  dubita,  in
riferimento  agli  articoli  3  e  24   della   Costituzione,   della
legittimita' costituzionale dell'art. 124 del  codice  penale,  nella
parte in cui prevede il termine perentorio di tre mesi  per  proporre
querela e non quello di novanta giorni; 
        che la questione e'  manifestamente  inammissibile  per  piu'
motivi; 
        che, infatti, il giudice a quo ha  omesso  di  descrivere  la
fattispecie concreta oggetto del giudizio principale; 
        che, in particolare, il rimettente ha riferito  soltanto  che
il pubblico ministero ha  formulato  il  capo  d'imputazione  per  il
delitto di cui all'art. 612  cod.  pen.  non  qualificando  grave  la
minaccia di morte; 
        che tale carenza preclude a questa Corte ogni possibilita' di
controllo sulla rilevanza della questione (ex plurimis, ordinanze  n.
181 del 2009, nn. 444, 433 e 54 del 2008) e si risolve, altresi',  in
difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza (ex plurimis,
ordinanze n. 181 del 2009, nn. 313 e 207 del 2008 e n. 404 del 2007); 
        che, inoltre, il giudice a  quo  ha  omesso  di  motivare  in
ordine  alla  violazione  dei  parametri   costituzionali   invocati,
essendosi limitato ad affermare, genericamente, che  il  termine  per
proporre querela deve essere interpretato in novanta  giorni  poiche'
una  diversa  interpretazione  porterebbe  ad   una   disparita'   di
trattamento  dei  soggetti,  stante  la  diversa  durata   dei   mesi
dell'anno, (ex plurimis, ordinanze n. 181 del 2009, n. 32  del  2008,
n. 114 del 2007; n. 39 del 2005). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  124   del   codice   penale,
sollevata, in riferimento agli articoli 3 e  24  della  Costituzione,
dal Giudice di pace di Messina, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta il 14 aprile 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 23 aprile 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola