N. 71 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 aprile 2010
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 maggio 2010 (della Provincia autonoma di Trento). Ambiente - Calamita' pubbliche e protezione civile - Difesa del suolo dal rischio idrogeologico - Interventi urgenti nelle situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale - Attribuzione ad organi statali del potere di adottare piani straordinari e di nominare commissari straordinari, dotati di poteri sostitutivi e di deroga a disposizioni vigenti - Lamentata interferenza con la speciale disciplina sul rischio idrogeologico, concordata con lo Stato, applicabile nella Provincia di Trento, nonche' in particolare sovrapposizione al Piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP) - Lamentata esorbitanza rispetto alla disciplina della protezione civile, che prevede meccanismi di intesa e di coordinamento fra Stato e Provincia autonoma - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della competenza legislativa e amministrativa della Provincia autonoma, violazione dell'autonomia finanziaria, lesione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, art. 17, commi 1, primo e secondo periodo, e 2, primo periodo. - Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, nn. 1, 5, 6, 13 e 24; 9, nn. 9 e 10; 14, commi 2 e 3; 16 e titolo VI; d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268; legge 8 dicembre 1970, n. 996, artt. 5, 33, 34 e 35.(GU n.22 del 3-6-2010 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale 23 aprile 2010, n. 945 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27313 del 23 aprile 2010 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri e per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17; comma 1, primo e secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile), come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010, suppl. ord. n. 39, per violazione: dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e precisamente dell'art. 8, comma primo, numeri 1, 5, 6, 13 e 24; dell'art. 9, numeri 9 e 10; dell'art. 16; dell'art. 14, commi 2 e 3, nonche' del titolo VI; delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; al d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, e al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268; del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o Le Province autonome hanno competenza legislativa primaria in materia di «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche» (art. 8, n. 13, dello Statuto), di «opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria» (art. 8, n. 24, dello Statuto), nonche' in materia di «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, n. 17, dello Statuto), di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5, dello Statuto) e di «tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6, dello Statuto). Inoltre, le Province sono dotate di competenza legislativa concorrente in materia di «utilizzazione delle acque pubbliche» (art. 9, n. 9, dello Statuto) e di «igiene e sanita'» (art. 9, n. 10, dello Statuto). Ai sensi dell'art. 16 dello Statuto, nelle materie di competenza legislativa provinciale spettano alle Province autonome le relative potesta' amministrative. Il titolo VI dello Statuto speciale e le relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268) assicurano altresi' alle Province autonomia finanziaria nelle materie di propria competenza. L'art. 14, comma 2, dello Statuto speciale dispone che e' «obbligatorio il parere della Provincia per le opere idrauliche di prima e seconda categoria», e che «lo Stato e la Provincia predispongono d'intesa un piano annuale di coordinamento delle opere idrauliche di rispettiva competenza»; inoltre, in base al comma 3, «l'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato e della Provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base a un piano generale stabilito d'intesa tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato». Tali norme statutarie sono state attuate ed integrate dalle norme di attuazione e, in particolare: dal d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, in materia di trasferimento alle Province autonome dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione, tra i quali rientrano anche i beni appartenenti al demanio idrico e le opere di sistemazione idraulico forestale dei bacini montani; dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche, nonche' in materia di protezione civile (v. in particolare gli articoli 5, 7 e 8); dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia, compreso l'esercizio delle funzioni in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico. Fra le norme di attuazione viene in rilievo soprattutto il d.P.R. n. 381/1974, il cui art. 1 trasferisce alle Province autonome «le attribuzioni dell'amministrazione dello Stato in materia di urbanistica, di edilizia comunque sovvenzionata, di utilizzazione delle acque pubbliche, di opere idrauliche, di opere di prevenzione e pronto soccorso per calamita' pubbliche, di espropriazione per pubblica utilita', di viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale, esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e di istituti pubblici a carattere nazionale o sovra provinciali». L'art. 5, comma 1, del medesimo decreto dispone poi che, «in relazione al trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano del demanio idrico..., le province stesse esercitano tutte le attribuzioni inerenti alla titolarita' di tale demanio ed in particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle acque dall'inquinamento», ed il comma 4 aggiunge che «il piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche previsto dall'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, vale anche, per il rispettivo territorio, quale piano di bacino di rilievo nazionale». L'art. 7, d.P.R. n. 381/1974 delega alle Province autonome «l'esercizio delle funzioni statali in materia di opere idrauliche di prima e seconda categoria». L'art. 8, comma 1, statuisce che «il piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche... deve programmare l'utilizzazione delle acque per i diversi usi e contenere le linee fondamentali per una sistematica regolazione dei corsi d'acqua con particolare riguardo alle esigenze di difesa del suolo, nel reciproco rispetto delle competenze dello Stato e della provincia interessata». Con d.P.R. 15 febbraio 2006 e' stato reso esecutivo il Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche relativo alla provincia di Trento (PGUAP), ai sensi e per gli effetti degli articoli 14 St. e 5 e 8 del d.P.R. n. 381 del 1974. L'art. 1 (Piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche), comma 2, delle norme di attuazione P.G.U.A.P. ribadisce che il medesimo piano «e' diretto a programmare l'utilizzazione delle acque per i diversi usi e contiene le linee fondamentali per una sistematica regolazione dei corsi d'acqua, con particolare riguardo alle esigenze di difesa del suolo, e per la tutela delle risorse idriche»; il comma 3 dispone che il Piano «concorre a garantire il governo funzionalmente unitario dei bacini idrografici di rilievo nazionale nei quali ricade il territorio provinciale», e «tiene luogo dei piani di bacino di rilievo nazionale e di qualsiasi altro piano stralcio degli stessi, ivi compresi quelli prescritti da leggi speciali dello Stato». A questo proposito, e' opportuno ricordare che i «piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico», di cui all'art. 67, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, sono appunto piani stralcio dei piani di bacino («Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita' di bacino adottano, ai sensi dell'art. 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime»). L'art. 2 (Effetti del P.G.U.A.P.) delle norme di attuazione P.G.U.A.P. dispone che, «ferme restando le competenze riservate alla Provincia autonoma di Trento dallo Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, il P.G.U.A.P. determina le direttive, gli indirizzi e i vincoli ai quali devono conformarsi i piani e i programmi provinciali, con riferimento... alla tutela dal rischio idrogeologico e alle misure di prevenzione per le aree a rischio». L'art. 2, comma 2, aggiunge che «i vincoli e le misure espressamente indicati dal piano generale hanno in ogni caso effetto immediato, qualora siano piu' restrittivi rispetto ai corrispondenti vincoli e misure previsti dai vigenti piani o programmi provinciali ovvero qualora si configurino come vincoli e misure non previsti dai predetti piani o programmi». In base al comma 3, «le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche in relazione al piano urbanistico provinciale ed ai piani urbanistici ad esso subordinati, nonche' con riferimento ai piani e ai programmi degli enti locali». Inoltre, il P.G.U.A.P. «sostituisce ogni altra disposizione e indicazione, anche cartografica, contenuta nei piani e nei provvedimenti adottati o approvati dalle Autorita' di bacino di interesse nazionale» (compresi, dunque, e' da ritenere, i «piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico», richiamati dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 195/2009 e previsti dall'art. 67, comma 2, d.lgs. n. 152/2006). Il capo IV del d.P.R. 15 febbraio 2006 e' dedicato alle «aree a rischio idrogeologico». In base all'art. 15, «il presente capo si applica, se non e' diversamente disposto, alle aree a rischio idrogeologico indicate nella cartografia informatizzata e georeferenziata (GIS) descritta nella parte IV dell'elaborato di piano con riferimento al rischio idraulico, di frana e di valanga». Il comma 2 dispone che «costituiscono aree a rischio idrogeologico le porzioni di territorio nelle quali sono presenti persone e/o beni esposti agli effetti dannosi o distruttivi di esondazioni, frane o valanghe»; le «aree a rischio sono suddivise in quattro classi di gravosita' crescente (R1, R2, R3 ed R4) in funzione del livello di pericolosita' dell'evento, della possibilita' di perdita di vite umane e del valore dei beni presenti». In base al comma 3, «l'individuazione, la perimetrazione e la classificazione delle aree a rischio idrogeologico sono effettuate dal presente piano in attuazione dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e in conformita' all'atto di indirizzo e coordinamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 1998»; l'art. 1, comma 1, d.l. n. 180/1998 e' stato poi abrogato dal d.lgs. n. 152/2006. Infine, il comma 4 statuisce che «la provincia assicura, nel rispetto dei principi generali fissati dal presente piano, l'aggiornamento delle metodologie per la classificazione della pericolosita' idrogeologica ed il conseguente adeguamento della cartografia del rischio». L'art. 16 regola gli «interventi consentiti nelle aree R4», l'art. 17 gli «interventi consentiti nelle aree R3» e l'art. 18 gli interventi nelle «aree a rischio medio e moderato». E' inoltre evidente che - a parte le competenze specifiche ora ricordate nel settore della difesa del suolo e delle acque - i lavori connessi alla difesa del suolo si traducono tutti in lavori pubblici di interesse provinciale, di competenza piena della Provincia. Risulta dunque evidente che, in virtu' delle disposizione statutarie, delle norme di attuazione dello Statuto nonche' delle determinazioni assunte dalla Provincia e dallo Stato in attuazione di esse, la ricorrente Provincia autonoma di Trento e' dotata di competenza legislativa ed amministrativa nella materia della difesa del suolo dal rischio idrogeologico. Sono poi rilevanti, come si vedra', il decreto legislativo n. 266/1992, n. 266, concernente il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, ed il d.lgs. n. 268/1992, in materia di finanza regionale e provinciale. Ricordate le competenze costituzionali della Provincia autonoma, occorre ora illustrare le norme statali che costituiscono - in quanto riferite alla ricorrente Provincia - oggetto della presente impugnazione. L'art. 17 (Interventi urgenti nelle situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale), comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, dispone quanto segue. «In considerazione delle particolari ragioni di urgenza connesse alla necessita' di intervenire nelle situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale, in sede di prima applicazione dei piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico e comunque non oltre i tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Dipartimento della protezione civile per i profili di competenza, ed i presidenti delle regioni o delle province autonome interessate, possono essere nominati commissari straordinari delegati, ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, con riferimento agli interventi da effettuare nelle aree settentrionale, centrale e meridionale del territorio nazionale» (cosi' il primo periodo). Esso aggiunge poi (secondo periodo) che «i commissari attuano gli interventi, provvedono alle opportune azioni di indirizzo e di supporto promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti pubblici e privati interessati e, se del caso, emanano gli atti e i provvedimenti e curano tutte le attivita' di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie alla realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi, ove necessario, dei poteri di sostituzione e di deroga di cui al citato art. 20, comma 4, del citato decreto-legge n. 185 del 2008». A chiarimento della nuova normativa, va ricordato che i piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico ai quali essa si riferisce, gia' previsti dall'art. 1, comma 1-bis, d.l. n. 180/1998, sono ora disciplinati dall'art. 67, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, in base al quale «le Autorita' di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'art. 66, approvano altresi' piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali». Lo stesso testo dispone che tali piani straordinari «devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225», e che essi «contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale». E' poi da segnalare che la legge 23 dicembre 2009, n. 191, legge finanziaria per l'anno 2010, dispone che «le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro,.... sono destinate ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti le autorita' di bacino.... e il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri» (art. 2, comma 240). Quanto ai commissari straordinari l'art. 17, comma 1, del decreto-legge impugnato n. 195/2009 richiama l'art. 20 d.l. n. 185/1998, che, «in considerazione delle particolari ragioni di urgenza connesse con la contingente situazione economico-finanziaria del Paese», prevede l'individuazione con dPCm (o con decreto del Presidente della Regione, per «gli interventi di competenza regionale») degli «investimenti pubblici di competenza statale,....ritenuti prioritari per lo sviluppo economico del territorio», aggiungendo che sui «tempi di tutte le fasi di realizzazione dell'investimento.... vigilano commissari straordinari delegati, nominati con i medesimi provvedimenti». L'art. 20, comma 3, regola i compiti del commissario ed il comma 4, pure richiamato dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 195/2009, dispone che, «per l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il commissario ha, sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari», e che «il commissario provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali dell'ordinamento giuridico». Infine, l'art. 17, comma 2, del decreto-legge n. 195/2009 stabilisce che «l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla programmazione e alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1, nonche' quella di verifica, fatte salve le competenze attribuite dalla legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, sono curate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvede sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Dipartimento della protezione civile per i profili di competenza, con le proprie strutture anche vigilate, ivi incluso un ispettorato generale» (primo periodo). Naturalmente la Provincia autonoma di Trento non avrebbe ragione di dolersi delle disposizioni sopra illustrate dell'art. 17 del decreto-legge n. 195 del 2010, ove esse non fossero destinate a trovare applicazione nel proprio territorio, in considerazione delle competenze statutarie e delle particolari condizioni della sua autonomia finanziaria. Tuttavia, tali disposizioni statali appaiono invece suscettibili di applicazione nel territorio provinciale, come risulta dal riferimento ai «presidenti.... delle Province autonome» di cui all'art. 17, comma 1, e mediante tale riferimento si pongono dunque in contrasto con le norme ed i principi citati in epigrafe, risultando lesive delle prerogative costituzionali della Provincia di Trento per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Violazione delle competenze legislative ed amministrative della Provincia autonoma di Trento. Nella parte narrativa, da intendersi qui integralmente richiamata, si sono illustrate le disposizioni che conferiscono alla Provincia autonoma di Trento competenza in materia di opere idrauliche e di «opere di prevenzione e pronto soccorso per calamita' pubbliche», e che attribuiscono al P.G.U.A.P. lo scopo di difesa del suolo e lo equiparano al piano di bacino di rilievo nazionale, compreso qualsiasi altro piano stralcio dello stesso. Da tale esposizione risulta chiaramente la specifica competenza delle Province autonome nella materia della difesa dal rischio idrogeologico. Sulla base di tale competenza, la Provincia si e' dotata - d'intesa con lo Stato - di uno strumento completo di tutela dal rischio idrogeologico, che e' appunto il P.G.U.A.P. reso esecutivo col d.P.R. 15 febbraio 2006, che sostituisce «ogni altra disposizione... contenuta nei piani e nei provvedimenti adottati o approvati dalle Autorita' di bacino di interesse nazionale». La difesa del suolo dal rischio idrogeologico ha dunque in relazione alla Provincia di Trento una disciplina speciale, di derivazione statutaria, concordata con lo Stato, che pienamente riconosce la competenza della stessa Provincia. Invece, le norme impugnate regolano gli interventi diretti a rimuovere situazioni di rischio idrogeologico, prevedendo la possibilita' di attribuire la competenza operativa ad un organo straordinario statale, dotato di ampi poteri sostitutivi e di deroga ad ogni disposizione vigente. L'ampiezza dei poteri del commissario deriva, oltre che dal rinvio all'art. 20 d.l. n. 185/2008, dalla genericita' dell'art. 17, comma 1 («attuano gli interventi»; «se del caso, emanano gli atti e i provvedimenti e curano tutte le attivita' di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie alla realizzazione degli interventi»). Nel caso in cui si nomini il commissario, in base al comma 2, «l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla programmazione e alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1, nonche' quella di verifica, fatte salve le competenze attribuite dalla legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, sono curate dal Ministero dell'ambiente». Tali norme risultano direttamente applicabili nella provincia di Trento e interferiscono con il sistema trentino di tutela, contraddicendolo e sovrapponendosi in particolare al P.G.U.A.P. Di qui la violazione delle norme statutarie e di attuazione sopra citate, che attribuiscono alla Provincia la competenza legislativa ed amministrativa in materia di difesa del suolo, e, inoltre, dell'art. 2, d.lgs. n. 266/1992, che esclude la diretta applicabilita' delle leggi statali nelle materie di competenza provinciale. Si noti che la competenza provinciale non puo' essere negata riconducendo la «difesa del suolo» alla materia ambientale, e traendo da cio' la conclusione della competenza statale in forza dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. Come espressamente ribadito da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella ancora recente sentenza n. 45 del 2010 in relazione alla parallela competenza provinciale in materia di lavori pubblici, la «maggiore autonomia» conferita alla Provincia dallo Statuto impedisce che ad essa possano essere applicate come tali le clausole di competenza statale, fermi restando invece i meccanismi che nel quadro statutario prevedono il coordinamento delle competenze provinciali con quelle statali. Ed anche in un ulteriore caso, analogo al presente, la Corte ha chiarito che «la competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, Cost., lettera s), Cost. non puo' operare nei confronti della Provincia autonoma di Trento in materia di tutela del paesaggio, giacche' essa e' espressamente riservata alla sua competenza legislativa primaria» (sent. n. 226/2009). Inoltre, le opere in cui si dovrebbe tradurre l'attivita' dei commissari statali rientrano tutte nella categoria dei lavori pubblici di interesse provinciale, di competenza provinciale piena sia legislativa che amministrativa. Anche sotto questo profilo appare evidente che la normativa impugnata, in quanto affida tali opere alla competenza statale, viola lo Statuto di autonomia. Una volta riconosciuta la competenza provinciale, risulta che le impugnate disposizioni violano anche l'art. 4, d.lgs. n. 266/1992, in base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione» (comma 1). Infatti, sia il comma 1 che il comma 2 conferiscono ad organi statali (il commissario ed il Ministero dell'ambiente) funzioni amministrative in una materia che, come sopra illustrato, spetta alla competenza delle Province autonome. Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla base del riferimento alle «particolari ragioni di urgenza connesse alla necessita' di intervenire nelle situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico». Tali circostanze non basterebbero a giustificare una competenza statale non prevista dalle norme statutarie e di attuazione sopra citate. L'urgenza non e' un presupposto sufficiente per superare il riparto di competenza fissato dalle norme di attuazione: le situazioni di emergenza vanno affrontate con gli strumenti previsti dalle norme di attuazione, cioe' con i poteri di ordinanza fatti salvi dall'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 266/1992 («Restano fermi i poteri di ordinanza amministrativa diretti a provvedere a situazioni eccezionali di necessita' ed urgenza, nei casi, nei modi e nei limiti previsti dall'ordinamento») e con i poteri sostitutivi statali, nei limiti in cui essi siano consentiti. Con la propria contestazione la Provincia di Trento non intende affatto, ovviamente, negare le competenze che - nell'evidente interesse della popolazione provinciale - le stesse norme di attuazione assegnano allo Stato nella materia della protezione civile, quali sono previste dal d.P.R. n. 381 del 1974. Al contrario, la struttura stessa di tali competenze, ed i rapporti che ne risultano tra lo Stato e la Provincia autonoma, ulteriormente dimostrano la fondatezza delle censure di cui al presente ricorso. In effetti, le citate norme di attuazione dispone che «nel territorio della regione Trentino-Alto Adige le norme di cui alla legge 8 dicembre 1970, n. 996, trovano applicazione all'insorgere di situazioni di danno o di pericolo che per la loro natura ed estensione non possono essere fronteggiate con l'esercizio delle competenze proprie o delegate delle province e con l'impiego delle organizzazioni di uomini e di mezzi di cui dispongono» (art. 33). Ma le stesse norme dispongono altresi' che «alla dichiarazione di cui all'art. 5 della legge 8 dicembre 1970, n. 996, ed alla nomina del commissario previsto dal medesimo articolo si provvedera' d'intesa con i presidenti delle giunte provinciali ove la calamita' riguardi i territori di entrambe le province, ovvero con il presidente della giunta della provincia interessata ove solo una delle due sia stata colpita (art. 34, enfasi aggiunta). E l'art. 35 precisa che «gli interventi dello Stato hanno carattere aggiuntivo rispetto a quelli regionali e provinciali e l'applicazione delle norme di cui alla legge 8 dicembre 1970, n. 998, non incide sulle competenze della regione e delle province ne' implica sostituzione di organismi regionali e provinciali che continuano ad operare alla stregua dei propri ordinamenti», e che «ai fini dell'applicazione del quarto comma dell'art. 5 della legge 8 dicembre 1970, n. 996, il commissario provvede in particolare al coordinamento degli interventi dello Stato con quelli effettuati dagli organismi della regione e delle province, nel rispetto del disposto di cui al comma precedente». Altre disposizioni disciplinano poi piu' in generale la collaborazione tra Stato e Provincia nel settore. E' dunque evidente che persino nel quadro della protezione civile e' esclusa qualunque competenza dello Stato in casi diversi da quelli specificamente indicati, e che il pur necessario intervento statale in situazioni che superino le possibilita' di intervento della Provincia e' previsto in un quadro di intesa e di condivisione. Resta invece fermo che, ove gli interventi di cui alle disposizioni qui impugnate potessero intendersi come riferiti alle situazioni di emergenza, come definite nel quadro della normativa ora ricordata, la Provincia non negherebbe certo - in tali limiti - la competenza statale, a condizione ovviamente che si intendano richiamati anche i meccanismi di intesa e di coordinamento di cui alle disposizioni ora ricordate. Risulta dunque chiara - ad avviso della ricorrente Provincia - l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate, in quanto queste si riferiscono ad essa, al di fuori dei limiti indicati, per violazione delle competenze legislative ed amministrative della Provincia. 2) Violazione del principio di leale collaborazione. In subordine, ove in denegata ipotesi codesta Corte costituzionale dovesse ritenere non fondata la censura sopra illustrata, l'art. 17, comma 1, primo e secondo periodo, sarebbe comunque illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione. Infatti, tale comma 1, pur prevedendo un blando - e dunque anch'esso illegittimo - coinvolgimento delle regioni interessate nel momento della nomina dei commissari nella forma della mera consultazione dei Presidenti delle regioni, non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni interessate nella fase di attuazione dell'intervento. Invece, dato l'evidente intreccio (in realta', ad avviso della Provincia, la sovrapposizione) tra gli interventi regolati dalle norme impugnate e le competenze provinciali sopra elencate, risulterebbe comunque ed evidentemente - anche ove la sovrapposizione dovesse ritenersi legittima - necessaria l'intesa con la Provincia, sia nel momento della nomina dei commissari sia nella fase di attuazione dell'intervento, qualora il commissario, invece di limitarsi alle «opportune azioni di indirizzo e di supporto», dovesse pretendere di adottare direttamente gli atti necessari alla realizzazione degli interventi. D'altronde, anche in relazione alle regioni ordinarie, la sent. n. 232/2009 di codesta Corte ha riconosciuto che le funzioni di difesa del suolo, pur rientrando (per esse) nella materia della «tutela dell'ambiente», incidono sulle materie di competenza regionale e, percio', ha introdotto in diversi casi meccanismi di raccordo fra lo Stato e le regioni. A maggior ragione, dunque, va rispettato il principio di leale collaborazione in relazione alla Provincia di Trento, che ha competenza autonoma nella materia della difesa del suolo. Del resto, le stesse modalita' di deliberazione del P.G.U.A.P. dimostrano l'importanza della concertazione Stato-Provincia nella materia in questione. Infine, anche l'art. 17, comma 2, si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione, per le ragioni appena indicate, perche' non prevede l'intesa con le regioni interessate nel momento in cui il Ministero svolge l'attivita' di coordinamento e verifica degli interventi.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1, primo e secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile), come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso, ed in particolare nella parte in cui rende applicabile tale disposizione alla Provincia autonoma di Trento. Trento-Padova-Roma, addi' 27 aprile 2010 Prof. avv. Giandomenico Falcon Avv. Nicolo' Pedrazzoli Avv. Luigi Manzi Allegati 1) Deliberazione della Giunta provinciale 23 aprile 2010, n. 945. 2) Procura speciale n. rep. 27313 del 23 aprile 2010.