N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2010

Ordinanza del Collegio arbitrale di  Roma  del  24  maggio  2010  nel
procedimento vertente tra Arcadia Costruzioni S.r.l.  contro  Ufficio
del Commissario delegato per  l'emergenza  ambientale  nella  Regione
Calabria. 
 
Arbitrato -  Controversie  relative  a  contratti  stipulati  per  la
  realizzazione di interventi connessi alle  dichiarazioni  di  stato
  d'emergenza e di grande evento -  Prevista  nullita'  ex  lege  dei
  compromessi e delle clausole compromissorie - Retroattiva decadenza
  dei giudizi arbitrali pendenti alla data di entrata in vigore della
  norma (eccettuati quelli per i quali era gia' stata  completata  la
  fase istruttoria) - Contrasto con i principi del  processo  giusto,
  della ragionevole  durata  del  processo  e  del  giudice  naturale
  precostituito per legge - Ingiustificata disparita' di  trattamento
  - Violazione dei principi di  certezza  del  diritto  e  di  tutela
  dell'affidamento, nonche' del diritto  di  difesa  -  Irragionevole
  lesione dell'autonomia privata - Inosservanza dei vincoli derivanti
  dall'ordinamento comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali  -
  Violazione del principio comunitario del legittimo affidamento. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito nella  legge  26
  febbraio 2010, n. 26, art. 15, comma 3. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, commi primo e secondo, e
  117, primo comma (in relazione all'art. 6 della Convenzione per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  e
  all'art. 47 della Carta europea dei diritti fondamentali). 
(GU n.27 del 7-7-2010 )
 
                        IL COLLEGIO ARBITRALE 
 
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  tra  ARCADIA  COSTRUZIONI
S.R.L.,  in  persona   del   legale   rappresentante,   elettivamente
domiciliata in Roma, Via del Mascherino n. 72, presso lo studio degli
avv.ti Maurizio Zoppolato e Federico Zanichelli, che la rappresentano
e difendono giusta procura a margine della domanda di  arbitrato  del
29 giugno 2009; e Ufficio del Commissario  delegato  per  l'emergenza
ambientale  nella  regione  Calabria,  in  persona  del   Commissario
pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via  dei  Portoghesi,
12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato  che  lo  rappresenta  e
difende ex lege, nella persona dell'Avv. Carla Colelli, in  relazione
al contratto di appalto rep. n. 218 del 3 novembre  2003,  avente  ad
oggetto i lavori di  realizzazione  di  un  depuratore  in  localita'
Brancaleone. 
 
                      Svolgimento del giudizio 
 
    Con atto del 29 giugno 2009 denominato «domanda di arbitrato  con
contestuale nomina di arbitro ed invito  a  controparte  per  analoga
nomina» e notificato, tra l'altro, all'Avvocatura distrettuale  dello
Stato  di  Catanzaro  in  data  3  luglio  2009,  l'Impresa   Arcadia
Costruzioni s.r.l., in  relazione  al  contratto  di  appalto  del  3
novembre 2003 tra la stessa  Arcadia  Costruzioni  e  il  Commissario
delegato  per  l'emergenza  ambientale  nella  regione   Calabria   -
contratto  avente  ad  oggetto  i  lavori  di  realizzazione  di   un
depuratore in localita' Brancaleone  e  contenente  all'art.  15  una
clausola  compromissoria  -  chiamava  in   arbitrato   il   suddetto
Commissario delegato, designando come Arbitro l'avv. Maria Alessandra
Bazzani, invitando il Commissario delegato a nominare altro Arbitro e
proponendo al costituendo Collegio Arbitrale le seguenti domande: 
    «Voglia l'Ill.mo Collegio, contrariis rejectis, nel merito: 
    accertare e, occorrendo, dichiarare la risoluzione del  contratto
d'appalto di cui in narrativa,  per  inadempimento,  e  comunque  per
fatto e colpa della Stazione  Appaltante,  Commissario  delegato  per
l'emergenza ambientale nella regione Calabria; 
    accertare e dichiarare l'illiceita' della condotta della medesima
Stazione appaltante per  inadempimento,  nonche'  per  violazione  di
legge e dei principi di buon andamento, correttezza e buona fede; 
    condannare la medesima Amministrazione al pagamento, in favore di
Arcadia Costruzioni S.r.l., di tutti i danni  subiti  dalla  medesima
Impresa, anche a norma degli artt. 1453, 1218,  1375,  1337,  e  2043
c.c.,  nella  misura  indicata  in  narrativa  (€ 7.228.585,46  oltre
mancato utile, interessi e rivalutazione) o risultante ad esito della
causa, o, in subordine, nella misura ritenuta equa; ed  al  pagamento
delle spese di  funzionamento  del  Collegio  Arbitrale  e  dei  suoi
consulenti, nonche' delle spese di  giudizio  sopportate  da  Arcadia
Costruzioni stessa. 
    in via istruttoria: 
    ammettere CTU volta ad  accertare  i  lavori  eseguiti  e  quelli
residui,  nonche'  a  quantificare  le  riserve   iscritte   dall'ATI
appaltatrice, ed i danni tutti dalla stessa prospettati; con espressa
autorizzazione al Consulente  dell'ecc.mo  Collegio  affinche'  possa
accedere ai luoghi di esecuzione del contratto; ed altresi' visionare
ed estrarre copia di tutti i documenti relativi  all'appalto  per  il
quale e' causa; 
    ammettere prova testimoniale sui capitoli di cui in narrativa del
presente atto, preceduti dalla frase «vero che», e comunque sin d'ora
con riserva di migliore formulazione dei capitoli  e  di  indicazione
dei testi; 
    ordinare all'Amministrazione intimata l'esibizione  di  tutta  la
documentazione relativa all'appalto oggetto di causa. 
    All'ecc.mo Collegio si produrranno gli atti e documenti  indicati
in narrativa, nonche' gli ulteriori che si ritenessero utili. 
    Con riserva di altro produrre e dedurre; ed altresi' con  riserva
di agire  separatamente  per  ogni  eventuale  ulteriore  domanda  di
corrispettivo e/o indennizzo  e/o  risarcimento,  in  relazione  alla
commessa oggetto del presente giudizio». 
    Il contratto su cui e' sorta  controversia,  contenente  clausola
compromissoria  (art.  15,   rubricato   «Controversie»:   «Eventuali
controversie tra la Stazione Appaltante e l'Impresa Appaltatrice,  ai
sensi degli  artt.  150  e  151  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 554/1999 saranno devolute alla  decisione  di  apposito
Collegio istituito presso la camera Arbitrale, con  le  modalita'  di
cui all'art. 31-bis e 32 della legge n.  109/1994»),  faceva  seguito
all'aggiudicazione, disposta con ordinanza del  Commissario  n.  2533
del 27 maggio 2003 in favore della Arcadia Costruzioni,  dell'appalto
avente ad oggetto la «realizzazione del nuovo impianto di depurazione
in localita' Fiumarella del Comune di  Brancaleone  (RC)  e  relativi
collettori. Interventi di rifacimento delle reti»; l'indizione  della
gara, a sua  volta,  faceva  seguito  all'approvazione  del  progetto
esecutivo - disposta con  Ordinanza  Commissariale  n.  2533  del  27
maggio 2003 - che era stato redatto dall'A.T.I. CISAF S.p.a.  -  Alfa
Uno - Ibi Idrobioimpianti nell'ambito di apposito appalto-concorso. 
    Con atto in data 28  luglio  2009,  avviato  alla  notifica  alla
Arcadia Costruzioni S.r.l. in data 11  agosto  2009,  il  Commissario
delegato pro tempore indicava quale Arbitro  l'Avvocato  dello  Stato
Sergio Sabelli, gia' designato in via d'urgenza con decreto 22 luglio
2009 dell'Avvocato  Generale  e  autorizzato  in  via  definitiva  ad
assumere l'incarico con nota 12 ottobre  2009,  prot.  298475  P  del
medesimo Avvocato Generale, previo parere reso  dal  Consiglio  degli
Avvocati e Procuratori dello Stato  nella  seduta  del  30  settembre
2009. 
    Gli Arbitri come  sopra  nominati  designavano,  ai  sensi  della
predetta clausola compromissoria, l'Avv.  Andrea  Manzi  quale  terzo
arbitro e Presidente del Collegio. 
    In data 27 ottobre 2009 i suddetti tre  Arbitri  costituivano  il
Collegio Arbitrale, fissando la  sede  dell'arbitrato  in  Roma,  via
Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio dell'Avv. Andrea Manzi e
nominando, quale Segretario del Collegio, l'Avv. Paolo Caruso. 
    Nella medesima data  del  27  ottobre  2009,  alla  presenza  dei
difensori delle  parti,  il  Collegio  Arbitrale,  come  risulta  dal
verbale di pari data, fissava i seguenti termini: «fino al 3 novembre
2009 per il deposito, a  cura  di  parte  ricorrente,  dell'originale
della domanda di arbitrato e dei documenti richiamati  nella  stessa,
nonche' per il deposito, a cura di parte  resistente,  dell'originale
dell'atto di nomina dell'Arbitro Avv.  Sergio  Sabelli;  fino  al  30
novembre 2009, per il deposito, a cura di parte  resistente,  di  una
memoria contenente i quesiti, la  loro  illustrazione,  la  eventuale
produzione di documenti e la deduzione di mezzi istruttori;  fino  al
23 dicembre 2009, per il deposito, a cura  di  parte  ricorrente,  di
un'eventuale  memoria  di  replica  nonche'   di   modificazione   ed
integrazione dei quesiti e  di  completamento  dei  mezzi  istruttori
nonche' per la eventuale produzione di documenti in replica; fino  al
25 gennaio 2010, per il deposito, a  cura  di  parte  resistente,  di
un'eventuale  memoria  di  replica  nonche'   di   modificazione   ed
integrazione dei quesiti e  di  completamento  dei  mezzi  istruttori
nonche' per la eventuale produzione di documenti in replica. Fissa la
seduta del 9 febbraio 2010, alle  ore  14,30,  per  il  tentativo  di
conciliazione, l'interrogatorio libero delle parti e  la  trattazione
della causa». 
    Con memoria depositata in data  30  novembre  2009,  l'Avvocatura
dello  Stato,  nell'interesse  del  Commissario  delegato,   prendeva
posizione sui fatti  di  causa,  contestando  l'ammissibilita'  e  la
fondatezza delle domande svolte dalla Arcadia  Costruzioni  S.r.l.  e
formulando le seguenti conclusioni: 
    «Voglia l'Ecc.mo Collegio arbitrale, contrariis reiectis: 
    a)  dichiarare  l'inammissibilita'  e   nullita'   del   giudizio
arbitrale per nullita' del contratto e della clausola compromissoria; 
    b) rigettare le domande  arbitrali  stante  la  nullita',  ovvero
l'inesistenza del contratto rep. n. 4201 del  7  novembre  2003,  con
conseguente   infondatezza   delle   pretese   creditorie    azionate
dall'impresa appaltatrice sulla base di un titolo  contrattuale,  per
difetto di sottoscrizione da parte del Commissario delegato; 
    c) rigettare le domande arbitrali in quanto infondate; 
    d) condannare l'Arcadia Costruzioni  S.r.l.  al  pagamento  delle
spese di funzionamento del Collegio Arbitrale ed alla rifusione delle
spese legali dell'Ufficio del Commissario delegato per il superamento
della situazione di emergenza nel  settore  dei  rifiuti  urbani  nel
territorio della Regione Calabria». 
    In  particolare,  l'eccepita  inammissibilita'  e  nullita'   del
giudizio  arbitrale  deriverebbe  dalla  incompetenza  del  Dirigente
dell'Ufficio Commissariale, ing. Pasquale Santelli,  il  quale  aveva
sottoscritto il contratto di appalto in difetto di delega. 
    Con  memoria  depositata  il  23  dicembre   2009,   la   Arcadia
Costruzioni S.r.l. replicava alle deduzioni svolte da parte convenuta
e confermava, nel merito, le conclusioni gia' svolte nella domanda di
arbitrato, formulando e specificando altresi', sia pure «per scrupolo
e ad abundantiam», richieste istruttorie di ammissione di  consulenza
tecnica  d'ufficio  e  prova  testimoniale,  nonche'   richiesta   di
emissione   di   un    ordine    di    esibizione    nei    confronti
dell'Amministrazione convenuta. 
    Con memoria depositata il 25  gennaio  2010,  l'Avvocatura  dello
Stato, ritenendo applicabile alla controversia il disposto  dell'art.
15, comma  3,  del  sopravvenuto  d.l.  30  dicembre  2009,  n.  195,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30  dicembre  2009,  n.  302,
sollevava   ulteriore   eccezione   di   nullita'   della    clausola
compromissoria, riconoscendo peraltro l'opportunita' di attendere  la
conversione in legge del citato d.l. n. 195/2009. 
    Il testo dell'art. 15, comma 3, del d.l. n.  195  del  2009,  era
all'epoca il seguente: «Al fine di assicurare risparmi  di  spesa,  i
compromessi e  le  clausole  compromissorie  inserite  nei  contratti
stipulati   per   la   realizzazione   d'interventi   connessi   alle
dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1
della legge 24 febbraio 1992, n. 225,  e  di  grande  evento  di  cui
all'art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n.  343,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001,  n.  401,
sono nulli  e  i  collegi  arbitrali  gia'  eventualmente  costituiti
statuiscono in conformita'». 
    Con ordinanza presidenziale del 4 febbraio 2010, questo Collegio,
ritenuta  la  possibile  rilevanza  ai  fini   del   giudizio   della
disposizione dell'art. 15, comma 3,  del  non  ancora  convertito  n.
195/2009, concedeva ad entrambe le parti termini al 15 marzo e al  29
marzo 2010 rispettivamente per note  e  repliche  limitatamente  alla
questione  della  incidenza  della  disposizione   sopravvenuta   sul
procedimento arbitrale in corso, differendo  l'udienza  gia'  fissata
per il 9 febbraio 2010 al 13 aprile 2010. 
    Nelle more del deposito delle  note  autorizzate,  con  legge  26
febbraio 2010, n. 36 (pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  del  27
febbraio 2010, n. 48, S.O.), veniva convertito, con modificazioni, il
d.l. 30 dicembre 2009, n. 195. All'esito della conversione, il  testo
dell'art. 15, comma 3, cosi' risulta: «Al fine di assicurare risparmi
di spesa, i compromessi e le  clausole  compromissorie  inserite  nei
contratti stipulati per la realizzazione d'interventi  connessi  alle
dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi  dell'art.  5,  comma  1
della legge 24 febbraio 1992, n. 225,  e  di  grande  evento  di  cui
all'art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n.  343,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001,  n.  401,
sono nulli. Sono fatti salvi i collegi arbitrali presso cui pendono i
giudizi  per  i  quali  la  controversia  abbia  completato  la  fase
istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto». 
    Con memoria depositata il 15 marzo 2010, l'Avvocatura dello Stato
confermava l'eccezione di nullita' della clausola compromissoria alla
luce del testo dell'art. 15, comma 3 del d.l. n. 195/2009, risultante
dalla conversione operata con legge n. 26/2010. Con memoria  in  pari
data,  la  difesa  della  Arcadia   Costruzioni   rilevava   la   non
applicabilita' del citato art. 15, comma 3, alla controversia; e cio'
sia,  in  via  principale,  perche'  gli  adempimenti  istruttori  si
sarebbero esauriti con il deposito documentale operato  dalla  stessa
Arcadia Costruzioni in  data  23  dicembre  2009  e  dunque  in  data
anteriore all'entrata in vigore del d.l. n.  195/2009,  sia,  in  via
gradata, per l'eccepito contrasto della norma,  sotto  vari  profili,
con principi di rango comunitario e costituzionale. L'Impresa attrice
insisteva dunque per l'accoglimento delle gia' rassegnate conclusioni
e chiedeva altresi', occorrendo,  la  disapplicazione  dell'art.  15,
comma 3, del d.l. n. 195/09 nel testo  risultante  dalla  conversione
operata con  legge  n.  26/2010,  ovvero  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale  del  giudizio  di  legittimita'   della   norma   ivi
contenuta, alla stregua delle  diffuse  considerazioni  svolte  nella
medesima memoria del 15 marzo 2010. 
    Le parti non si avvalevano  del  secondo  termine  assegnato  dal
Collegio Arbitrale per eventuali repliche. 
    All'udienza del 13 aprile 2010, le difese delle parti discutevano
ampiamente  la  causa.  L'Avv.  Zoppolato,  per  l'Impresa   attrice,
ritenendo la causa matura per la decisione, chiedeva fissarsi udienza
di   precisazione   delle   conclusioni;    1'Avv.    Colelli,    per
l'Amministrazione, insisteva per la dichiarazione di  nullita'  della
clausola compromissoria e,  conseguentemente,  del  giudizio,  e,  in
subordine, quanto alla richiesta di precisazione  delle  conclusioni,
si rimetteva. Il Collegio si riservava di provvedere. 
 
                               Diritto 
 
    Con memoria depositata presso la sede del Collegio  Arbitrale  in
data 16 gennaio 2010, l'Avvocatura dello  Stato,  nell'interesse  del
Commissario  delegato  per  l'emergenza  ambientale   nella   regione
Calabria,  ha  sollevato  eccezione  di   nullita'   della   clausola
compromissoria e, conseguentemente, del presente giudizio  arbitrale,
quale diretta conseguenza dell'applicazione dell'art.  15,  comma  3,
del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195. Con successiva memoria  depositata
in data 15 marzo  2010,  all'esito  dell'intervenuta  conversione  in
legge ad opera della legge n. 26/2010, ha confermato e  reiterato  la
medesima eccezione di nullita'. 
    Con memoria depositata il 15 marzo 2010, la  Arcadia  Costruzioni
S.r.l.   ha   contestato   l'eccezione   sollevata   dall'Avvocatura,
sostenendo, anzitutto, che, per effetto del completamento della  fase
istruttoria gia' alla data del 23 dicembre 2009, il presente giudizio
arbitrale ricadrebbe nella previsione derogatrice dell'ultimo periodo
del comma 3 dell'art. 15 del d.l. n. 195/2009;  in  via  subordinata,
per il caso di ritenuta applicabilita' della norma  al  giudizio,  ha
rilevato la contrarieta' della stessa  a  principi  costituzionali  e
comunitari, chiedendone la disapplicazione e, in ulteriore subordine,
la trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  per  l'esame
della relativa questione. 
    Questo Collegio Arbitrale e'  chiamato,  in  via  preliminare,  a
valutare l'incidenza sulla presente controversia  della  disposizione
dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n.  195  nel  testo
risultante all'esito della conversione operata con legge 26  febbraio
2010, n. 26. 
    Poiche' la norma, attraverso  la  previsione  di  nullita'  delle
corrispondenti  clausole  compromissorie,  prevede  un   divieto   di
arbitrabilita' di determinate controversie e poiche'  l'eccezione  e'
stata  sollevata  dall'Avvocatura  dello  Stato  nella  prima  difesa
successiva alla entrata in vigore del d.l. n.  195/2009,  l'eccezione
e' da ritenersi tempestiva. Cio' che peraltro non e' stato contestato
dalla difesa di parte attrice. 
    Da un punto di vista logico, inoltre, l'esame  dell'eccezione  in
parola appare prioritario rispetto all'altra eccezione di inesistenza
e/o nullita' del contratto e della clausola compromissoria, sollevata
dall'Avvocatura dello Stato gia' con memoria del  30  novembre  2009,
eccezione  quest'ultima  fondata  sulla  dedotta   incompetenza   del
dirigente firmatario a sottoscrivere il contratto di  appalto  del  3
novembre 2003. Non potrebbe  infatti,  in  ipotesi,  questo  collegio
arbitrale dichiarare inesistente o nullo il contratto di appalto  per
cui e' causa prima di aver appurato la possibilita' di conoscere  nel
merito la presente controversia;  possibilita'  che,  tuttavia,  allo
stato sarebbe preclusa per effetto di quanto disposto dal gia' citato
d.l. n. 195/2009. 
    L'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, nel  testo
risultante all'esito della conversione operata con legge 26  febbraio
2010, n. 26, dispone: «Al fine di assicurare  risparmi  di  spesa,  i
compromessi e  le  clausole  compromissorie  inserite  nei  contratti
stipulati   per   la   realizzazione   d'interventi   connessi   alle
dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1
della legge 24 febbraio 1992, n. 225,  e  di  grande  evento  di  cui
all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre  2001,  n.
343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre  2001,  n.
401, sono nulli. Sono fatti salvi  i  collegi  arbitrali  presso  cui
pendono i giudizi per i quali la  controversia  abbia  completato  la
fase  istruttoria  alla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto». 
    Questo Collegio ritiene che la norma contenuta  nella  richiamata
disposizione  sia  suscettibile   di   applicazione   alla   presente
controversia. 
    Infatti e in primo luogo il contratto rep.  218  del  3  novembre
2003 intervenuto tra il Commissario delegato e la Arcadia Costruzioni
appartiene senza dubbio alla tipologia  di  contratti  tassativamente
individuati dalla norma. 
    Con l'articolo unico del d.p.c.m. 12 settembre  1997  (pubblicato
in Gazzetta Ufficiale 17 settembre 1997, n. 217)  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha dichiarato, «ai sensi  e  per  gli  effetti
dell'art. 5, comma 1, della legge 24  febbraio  1992,  n.  225...  lo
stato di emergenza nel territorio della regione Calabria», in  ordine
alla situazione di crisi socio-economico-ambientale determinatasi nel
settore dei rifiuti solidi-urbani. 
    La suddetta dichiarazione dello stato di emergenza e'  stata  poi
piu' volte prorogata con decreti  aventi  cadenza  annuale;  l'ambito
dell'emergenza e' stato altresi' esteso,  con  d.p.c.m.  23  dicembre
1998, al settore dell'inquinamento e della depurazione delle acque  e
alle situazioni di emergenza idrica. 
    Per quanto qui interessa, il contratto per cui e' causa e'  stato
stipulato nel vigore della proroga dello stato di emergenza disposta,
sino al  31  dicembre  2003,  dell'articolo  unico  del  d.p.c.m.  20
dicembre 2002. 
    Per  di  piu',  lo  stesso  testo  contrattuale  opera  specifici
riferimenti alla normativa sull'emergenza (cfr. o.p.c.m.  21  ottobre
1997, n. 2696 e o.p.c.m. 20 febbraio  2001,  n.  3106),  sicche'  non
possono nutrirsi dubbi sul fatto che il contratto per  cui  e'  causa
appartenga al novero  dei  contratti  menzionati  nella  disposizione
dell'art. 15, comma 3. 
    Chiarito quanto precede, si osserva che il  richiamato  art.  15,
comma 3, dovrebbe trovare qui  applicazione  nonostante  la  notifica
della domanda di arbitrato (3 luglio  2009)  e  la  costituzione  del
Collegio arbitrale  (27  ottobre  2009)  siano  intervenute  in  data
anteriore rispetto  all'entrata  in  vigore  del  d.l.  n.  195/2009.
Infatti, l'ultimo periodo della disposizione in parola, modificato in
sede di conversione, e' sufficientemente chiaro  nel  subordinare  la
salvezza dei giudizi arbitrali pendenti al completamento  della  fase
istruttoria alla data del 30 dicembre 2009, data di entrata in vigore
del d.l. n. 195/2009. 
    Al riguardo, non  puo'  condividersi  il  rilievo  della  Impresa
attrice secondo cui alla data  di  entrata  in  vigore  del  d.l.  n.
195/2009 gli adempimenti istruttori sarebbero  stati  gia'  esauriti,
con l'ultimo deposito documentale  effettuato  dalla  stessa  Impresa
alla  data  del  23  dicembre  2009.  Va  infatti  osservato  che  la
disposizione dell'art. 15, comma 3, nella sua  formulazione  vigente,
sottrae alla conseguenza della nullita' i soli  «...  giudizi  per  i
quali la controversia abbia completato la fase istruttoria alla  data
di entrata in vigore del presente decreto». Pur non privo di  margini
di  indeterminatezza,  il  momento  di  «completamento   della   fase
istruttoria» dovrebbe coincidere con il rinvio  per  la  precisazione
delle conclusioni e presupporre, quanto meno, che sia intervenuta una
pronuncia del giudice sull'ammissione dei mezzi di prova. 
    Nella specie, va  considerato  che  al  momento  dell'entrata  in
vigore del d.l. 30 dicembre 2009, non solo il Collegio arbitrale  non
si era ancora pronunciato sulle istanze istruttorie  formulate  dalle
parti,  ma  non  era  neanche  spirato  il  termine  ultimo  per   il
completamento di dette istanze, essendo ancora aperto il termine  con
scadenza  al  25  gennaio  2010  entro  il  quale   l'amministrazione
convenuta avrebbe potuto  depositare  «...  un'eventuale  memoria  di
replica nonche' di modificazione ed integrazione  dei  quesiti  e  di
completamento  dei  mezzi  istruttori  nonche'   per   la   eventuale
produzione di documenti in replica»,  e  cio'  indipendentemente  dal
fatto che l'amministrazione  si  sia  poi  avvalsa  o  meno  di  tale
possibilita' - avendo la stessa  invece  in  quel  termine  formulato
proprio l'eccezione di cui si discute - e senza che  debba  ritenersi
dunque  necessaria  da  parte  di  questo  Collegio  una  valutazione
virtuale circa la eventuale completezza  dell'istruttoria  alla  data
del 30 dicembre 2009. Peraltro, il solo fatto che l'Avvocatura  dello
Stato, con la memoria  del  25  gennaio  2010,  pur  non  modificando
formalmente i quesiti, abbia sollevato -  cosi'  come  poteva  ancora
sollevare  -  una  nuova  eccezione  di   nullita'   della   clausola
compromissoria del giudizio, porta a ritenere che al 30 dicembre 2009
l'istruttoria non poteva dirsi chiusa. 
    Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195 del 2009, come convertito  con
legge n. 26 del 2010. 
    In forza dei rilievi che precedono questo Collegio deve applicare
al presente giudizio arbitrale la disposizione dell'art. 15, comma 3,
del  d.l.  n.  195/2009,  prendendo  atto  della  impossibilita'   di
conoscere la controversia per  la  soluzione  della  quale  e'  stato
costituito; controversia della quale,  stante  la  nullita'  ex  lege
della clausola compromissoria, potra', se del caso, conoscere in  via
esclusiva il Giudice ordinario. 
    Nondimeno, questo  Collegio  reputa,  oltre  che  rilevanti,  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
sollevate, in via subordinata, dalla Arcadia Costruzioni S.r.l. 
    La necessita' di rimettere gli atti del  presente  giudizio  alla
Corte costituzionale discende, oltre che dalla rilevata non manifesta
infondatezza delle  questioni  sollevate  dalla  parte  attrice  alla
stregua  delle  considerazioni  che  seguono,  anche  dalla  ritenuta
impossibilita' di procedere ad una interpretazione costituzionalmente
orientata di una norma che con sufficiente chiarezza incide anche  su
giudizi arbitrali pendenti. 
    A tanto si aggiunga la ritenuta impossibilita' di procedere  alla
disapplicazione della norma per la invocata contrarieta'  a  principi
risultanti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo  (con  particolare  riferimento  alla  dedotta   violazione
dell'art. 6) e dalla Carta  europea  dei  diritti  fondamentali  (con
particolare riferimento alla dedotta  violazione  dell'art.  47).  In
entrambi  i  casi,  esclusa  la  possibilita'  di  operare   in   via
interpretativa, il  contrasto  della  norma  legislativa  interna  si
porrebbe non gia' nei confronti di una norma comunitaria direttamente
applicabile, idonea a fornire la regula juris per il  caso  concreto,
ma nei  confronti  di  principi  del  diritto  comunitario,  peraltro
sostanzialmente corrispondenti a principi espressi dalla Costituzione
italiana. Inoltre, e' stato chiarito che la Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale  e
non  produce  quindi  norme  direttamente  applicabili  negli   Stati
contraenti; di talche' il giudice nazionale non puo'  procedere  alla
disapplicazione  della   norma   interna   contrastante,   ma   solo,
eventualmente,   sollevare   questione   di   costituzionalita'   con
riferimento al parametro espresso dall'art. 117, primo  comma,  Cost.
(V. Corte Cost., sent. 12 marzo 2010, n. 93 e sent. 24 ottobre  2007,
n. 348; Cass. Civ., sez. I, sent. 20 maggio 2006, n. 11887 e sent. 27
maggio 2009, n. 12422). Per quanto  concerne  la  Carta  europea  dei
diritti fondamentali, detta Carta di Nizza, recepita dal trattato  di
Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009,  il  superamento  dei
dubbi circa il suo valore vincolante (cfr.,  da  ultimo,  Cass.  Civ.
sent. 2 febbraio 2010, n.  2352),  non  autorizza,  di  per  se',  il
giudice nazionale alla disapplicazione della norma  interna  ritenuta
contrastante, ma ne comporta la rimessione  al  giudice  delle  leggi
affinche' questi, nel sindacato di legittimita' ex  art.  117,  primo
comma, Cost., valuti la conformita' del diritto nazionale ai principi
del Trattato di Lisbona e della Carta di Nizza. 
    Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 3, del d.l. 30 dicembre  2009,  n.
195. 
    Come detto, con memoria depositata il 15 marzo 2010,  la  Arcadia
Costruzioni S.r.l., ha sollevato, in via  subordinata,  questione  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  15,  comma  3,  del  d.l.  30
dicembre 2009, n. 195, denunciando, in  sintesi:  1)  violazione  del
principio costituzionale del  giusto  processo  e  della  ragionevole
durata del processo, con riferimento agli artt. 2,  3  e  111,  primo
comma, Cost.; 2) violazione del principio costituzionale del  giudice
precostituito per  legge,  con  riferimento  all'art.  25  Cost.;  3)
violazione del principio di parita' di trattamento,  con  riferimento
all'art. 3 Cost.; 4) violazione dei principi di certezza del diritto,
di tutela dell'affidamento e violazione del diritto  di  difesa,  con
riferimento agli  artt.  3  e  24  Cost.;  5)  irragionevole  lesione
dell'autonomia privata, con riferimento agli artt. 41, 24 e 25 Cost. 
    Le questioni paiono al Collegio non manifestamente infondate, con
le precisazioni che seguono. 
    1) Sotto il primo profilo,  parte  attrice  ha  condivisibilmente
dedotto  che  la  previsione  di  decadenza  di   giudizi   arbitrali
correttamente  instaurati,  con  attribuzione  del  contendere   alla
giurisdizione ordinaria, si traduce necessariamente in un notevole ed
ingiustificato prolungamento del  contendere;  l'irretroattivita'  di
previsioni modificative della giurisdizione  e  della  competenza  e'
principio codificato dall'art. 5 c.p.c., che la Corte  costituzionale
ha valorizzato quale  presidio  del  principio  costituzionale  della
ragionevole durata  del  processo  (cfr.  Corte  cost.  ordinanza  n.
363/08; e, nello stesso senso, Cass. SS. VV. Sentenze n. 25031/05, n.
19552/03 e  n.  9554/03).  Quanto  al  caso  concreto,  l'attrice  ha
segnalato di aver instaurato il giudizio arbitrale  gia'  da  diversi
mesi (la domanda di arbitrato e' stata notificata il 3 luglio 2009) e
ha osservato che i tempi subiranno ulteriore aggravamento, sia per le
formalita' di riproposizione del giudizio ex novo,  sia  per  effetto
dell'attribuzione della competenza alla sede  giudiziaria  ordinaria,
notoriamente  priva  delle  dotazioni  necessarie  ad  assicurare  la
trattazione  e  la  decisione  in  tempi  ragionevoli  quali   quelli
garantiti dal giudizio arbitrale. 
    Ne',  a  parere  dell'attrice,  il  sacrificio  del   diritto   -
costituzionalmente garantito -  ad  un  processo  giusto  e,  quindi,
celere, sarebbe «giustificato»  dal  «risparmio  di  spesa»  posto  a
fondamento della previsione di decadenza; l'esigenza di «risparmio di
spesa», oltre a non essere espressa in termini circostanziati  (tanto
da  non  essere  chiaro  se  nelle  intenzioni  del  legislatore   il
perseguito risparmio si riferisca, cosi' come pare al Collegio,  alle
spese del procedimento arbitrale, o se invece  debba  riferirsi  alle
conseguenze di una  presunta  maggiore  probabilita'  di  soccombenza
della parte  pubblica)  non  pare  destinata  ad  essere  soddisfatta
nell'ipotesi in cui, alla data  di  entrata  in  vigore  della  norma
sospettata di illegittimita', sia gia'  intervenuta  la  costituzione
del Collegio arbitrale arbitrale  e  sia  stata  avviata  (e  risulti
inoltrata) l'attivita' processuale.  Non  paiono  quindi  applicabili
alla fattispecie concreta, come oggi disciplinata dall'art. 15, comma
3, del d.l. 30 dicembre 2009,  n.  195,  le  considerazioni  espresse
nelle ordinanze n. 11 del 2003 e n.  162  del  2009  in  ordine  alla
copertura costituzionale del principio di risparmio di spesa, la  cui
ragionevolezza  deve  tener  conto  delle  singole  componenti  della
fattispecie medesima. 
    Alle considerazioni che precedono, che questo Collegio  condivide
reputando non manifestamente infondata la  relativa  questione,  deve
aggiungersi quanto segue in ordine al principio di effettivita' della
tutela sotteso alla translatio iudici. 
    Facendo applicazione dell'art. 15, comma 3, del d.l. n. 195/2009,
il Collegio dovrebbe definire il procedimento con  lodo,  dichiarando
la nullita' dell'intero giudizio e vanificando  un  processo  che  ha
gia' visto la dimissione di almeno tre atti  difensivi  per  ciascuna
parte.  Piu'  precisamente,  l'art.  819-ter  c.p.c.,  risolvendo  un
contrasto giurisprudenziale e  dottrinario  precedente  alla  riforma
operata con d.lgs. n. 40/2006, ha attribuito  alla  devoluzione  agli
arbitri  la  qualificazione  di  vera  e  propria   attribuzione   di
competenza (V. Cass. civ. sez. III, ord. 14  gennaio  2009,  n.  587;
Cass. civ. sez. III, ord. 29 agosto 2008,  n.  21926),  nel  contempo
prevedendo, al comma  2,  che  «...  nei  rapporti  tra  arbitrato  e
processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45,
48, 50 e 295»; il che esclude che possa darsi luogo ad una translatio
iudicii dal processo arbitrale al  processo  giurisdizionale  (con  i
relativi riflessi quanto alla rilevanza delle  questioni  sollevate).
La sufficiente chiarezza della  norma  appena  riportata  non  sembra
lasciare margini ad una interpretazione costituzionalmente orientata,
pena la disapplicazione di fatto della norma stessa. 
    Cosi'  stando  le  cose,  non  possono   portare   a   differente
conclusione ne' le rilevate incongruenze della espressa  riconduzione
della  eccezione  di  compromesso  nel  novero  delle  eccezioni   di
competenza, ne' i principi resi dalla Corte costituzionale,  riferiti
a soli rapporti di giurisdizione, per cui «... devono ormai ritenersi
presenti nel vigente sistema del diritto processuale civile,  sia  il
principio di prosecuzione del processo davanti al giudice  munito  di
giurisdizione, in caso di pronuncia declinatoria della  giurisdizione
da  parte  del  giudice  inizialmente  adito,  sia  il  principio  di
conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda
proposta a giudice privo di giurisdizione» (cfr.,  da  ultimo,  Corte
cost., ord. n. 110/2010 e n. 257/2009). 
    La  necessita'  per  la  parte  che   ha   assunto   l'iniziativa
processuale di dover avviare ex  novo  un'azione  avanti  al  giudice
ordinario suscita serie perplessita', oltre che  con  riferimento  al
rispetto del principio della ragionevole durata del  processo,  anche
con  riferimento  al  diritto  di  difesa:  anzitutto   poiche'   non
potrebbero esser fatti salvi gli effetti  sostanziali  e  processuali
della domanda svolta avanti al giudice incompetente, ma anche per  il
fatto che sia stata vanamente - e dispendiosamente - svolta attivita'
processuale che dovra' essere ripetuta, con stravolgimento  e  deroga
al  sistema  delle  preclusioni  processuali  e   impossibilita'   di
sviluppare   una   strategia   processuale   ragionata,   menomazione
quest'ultima nella quale incorre anche la parte convenuta per effetto
della gia' maturata «discovery» delle proprie strategie di difesa. 
    Quanto all'esigenza  dichiarata  dalla  norma,  vale  a  dire  il
risparmio di spesa, il Collegio - non entrando nella discrezionalita'
del legislatore nel prefissare  gli  obiettivi  della  legge,  bensi'
confrontando gli  obiettivi  enunciati  con  le  misure  in  concreto
disposte per il loro perseguimento - dubita  che  esso  possa  essere
effettivamente conseguito applicando l'art.  15,  comma  3  anche  ai
giudizi arbitrali pendenti alla  data  di  entrata  in  vigore  della
norma; il rischio e' anzi  che,  per  effetto  della  moltiplicazione
delle  attivita'  processuali  e  della  necessita'  di  adire  altro
giudice, le «spese» complessive risultino incrementate.  Ai  fini  di
una migliore valutazione della fattispecie concreta (da  valere  come
situazione tipo) il Collegio aggiunge di  aver  gia'  richiesto  alle
parti, con apposita ordinanza del 13 aprile  2010,  un  versamento  -
peraltro con  applicazione  della  dimidiazione  dei  compensi  della
tariffa di cui al d.m. n. 398/2000 disposta dall'art. 241, comma  12,
del d.lgs. n. 163/2006, come modificato dal d.lgs. n.  113/2007  -  a
titolo di acconto per onorari degli arbitri e della segreteria. 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 2,  3,  24,  e
111, primo e secondo comma, Cost.). 
    2) Sotto altro profilo, parte attrice ha sollevato  questione  di
costituzionalita' della norma  in  questione,  nella  misura  in  cui
sancisce retroattivamente la decadenza di  un  giudizio  regolarmente
instaurato,  per  violazione  del  principio  del  giudice   naturale
precostituito per legge sancito dall'art. 25 Cost. 
    Il Collegio non ignora quanto la Corte  costituzionale  ha  avuto
occasione di statuire con la sentenza n. 376 del 2001  per  escludere
l'illegittimita' costituzionale di norma limitativa della  competenza
arbitrale; ritiene peraltro  che  la  citata  decisione  si  basi  su
presupposti significativamente diversi, in quanto la norma  esaminata
non era applicabile ai giudizi in corso. Anzi, tale  circostanza  era
stata considerata elemento decisivo  ai  fini  della  valutazione  di
rispetto del parametro di cui all'art. 3 Cost.  Corrobora,  altresi',
la rilevanza  del  discrimine  rappresentato  dall'instaurazione  del
giudizio arbitrale proprio quanto si legge nell'ordinanza n.  11  del
2003, che ricorda che la giurisdizione e la competenza si determinano
con riguardo alla legge applicabile ed allo stato di fatto  esistente
al momento della proposizione della domanda. 
    Una volta chiarito che, nella  specie,  si  vengono  a  profilare
conseguenze che contrastano con l'applicazione della  norma  generale
di  cui  all'art.  5  c.p.c.,  anche  questo   rilievo   appare   non
manifestamente infondato,  di  talche'  si  impone  di  chiarire  se,
essendo la competenza arbitrale cristallizzata in un contratto avente
forza di legge tra le parti ed essendo  il  Collegio  arbitrale  gia'
costituito questo potra' essere ritenuto giudice  naturale  ai  sensi
dell'art. 25 Cost. 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26 febbraio  2010,  n.  26,  in  relazione  all'art.  25  della
Costituzione. 
    3) La previsione normativa di decadenza degli arbitrati in corso,
a beneficio della competenza del Giudice ordinario, e'  ritenuta  poi
in aperto contrasto anche con il principio di parita' di  trattamento
(e,  quindi,  anzitutto,  con  l'art.  3  della   Costituzione).   In
proposito, parte attrice ha osservato che  la  retroattiva  decadenza
riguarda  unicamente  le  clausole  compromissorie  che  accedono   a
contratti stipulati a norma dell'art. 5,  comma  1,  della  legge  n.
225/1992;   una   siffatta   limitazione   darebbe   luogo   ad   una
ingiustificata disparita' di trattamento, atteso che la  ratio  della
previsione di decadenza  («assicurare  risparmi  di  spesa»)  non  ha
alcuna attinenza con la ratio dell'art. 5, comma 1,  della  legge  n.
225/1992 (che e' quella di porre  fine  celermente  a  situazioni  di
emergenza,   oltre   che,   si   puo'   aggiungere,   alle   relative
controversie). 
    Il Collegio, pur consapevole della discrezionalita' che la  Corte
costituzionale  ha   riconosciuto   al   legislatore   in   tema   di
individuazione  delle  materie   sottratte   alla   possibilita'   di
compromesso  (sentenza  n.  376/2001),  osserva  che  la   denunciata
contraddizione tra le finalita' della normativa dell'emergenza (porre
fine all'emergenza), l'obiettivo perseguito dall'art. 15 del d.l.  n.
195/2009 (contenimento della spesa) e le conseguenze della  soluzione
adottata   dal   legislatore,   integra    quella    illogicita'    e
irragionevolezza della diversita' di disciplina denunciabile  dinanzi
alla Corte costituzionale, in quanto  l'azzeramento  di  un  giudizio
gia' inoltrato, con conseguente onere di  riproposizione,  discrimina
le parti  dei  processi  in  corso,  affidando  ad  un  elemento  non
uniformemente disciplinato dalla legge (il «completamento» della fase
istruttoria) l'applicazione della drastica misura della nullita'. Non
puo' infatti sfuggire che ai sensi dell'art. 816-bis c.p.c. il potere
di regolamentare le norme del processo e' affidato alle parti ed allo
stesso Collegio. 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26  febbraio  2010,  n.  26,  in  relazione  all'art.  3  della
Costituzione. 
    4) Viene poi censurata la violazione dei principi di certezza del
diritto, di tutela dell'affidamento, oltre che  del  diritto  difesa,
con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 
    Viene rilevato che  la  Corte  costituzionale,  gia'  chiamata  a
pronunciarsi sulla retroattiva previsione  di  nullita'  di  clausole
compromissorie accessorie a determinate tipologie  di  contratti,  ne
abbia riconosciuto la legittimita' proprio in ragione del  fatto  che
le norme considerate non intaccavano  giudizi  pendenti  (cfr.  Corte
cost.  ordinanze  n.  162/2009,  n.  11/2003  e  n.   376/2001).   Il
riferimento  e',  in  particolare,  alla  gia'  citata  ordinanza  n.
11/2003,  con  la  quale  la  Corte,  nel  valutare  la  legittimita'
costituzionale di norme sostanzialmente  analoghe  a  quella  qui  in
discussione,  ma  implicanti  una  diversa   applicabilita'   ratione
temporis, ha affermato che «il principio dell'affidamento... non puo'
in alcun modo ritenersi leso dalle norme impugnate  in  quanto  esse,
escludendo dal divieto di devoluzione ad arbitri le sole controversie
per le quali sia stata gia' notificata la domanda di  arbitrato  alla
data di entrata in vigore del decreto-legge 11 giugno  1998,  n.  180
...,  non  attribuiscono  al  suddetto   divieto   alcuna   efficacia
retroattiva ma al contrario fanno puntuale applicazione  della  norma
generale enunciata dall'art. 5  del  codice  di  procedura  civile.».
Retroattivita' che, nel caso in esame, non e' invece affatto evitata,
poiche'  l'applicazione  della  norma  vanifica  retroattivamente  un
processo ritualmente avviato da mesi e legittimamente coltivato. 
    Ancora, la norma qui considerata, nella parte in cui  prevede  la
decadenza di giudizi legittimamente instaurati (qual e' il presente),
sacrifica in termini irragionevoli il diritto di difesa (dal  che  la
violazione dell'art. 24 e dell'art. 3  della  Costituzione),  perche'
aggrava in misura consistente e non giustificata l'onere dell'attore,
costringendolo ad iniziare daccapo il processo e  penalizzandolo  nei
confronti del convenuto. A quest'ultimo proposito, osserva la  difesa
di parte attrice che il vizio in questione assume  peculiare  rilievo
anche perche' tutte le clausole compromissorie colpite dalla sanzione
di nullita' di cui all'art.  15  del  d.l.  n.  195/2009  sono  state
predisposte dall'Amministrazione dello  Stato  (cosi'  come  l'intero
contratto al quale accedono), ossia  proprio  dalla  parte  che  oggi
vorrebbe giovarsi della loro retroattiva decadenza. 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 3 e  24  della
Costituzione,  nonche'  al   principio   comunitario   di   legittimo
affidamento. 
    5) La previsione di cui all'art. 15, comma 3, d.l.  n.  195/2009,
nella misura in cui determina la  decadenza  di  giudizi  ritualmente
instaurati, comporta, ad avviso di parte attrice, che  si  condivide,
anche un'irragionevole lesione dell'autonomia privata  (e  quindi  la
violazione dell'art. 41 ed altresi', ancora,  degli  artt.  24  e  25
Cost.). Al riguardo,  parte  attrice  ha  considerato  che  la  Corte
costituzionale   ha   piu'   volte   evidenziato    che    l'istituto
dell'arbitrato e' da  ricondurre  alla  libera  scelta  delle  parti,
intesa come «uno dei modi di disporre, anche in  senso  negativo  (e,
quindi, evidentemente, in  attuazione  di  un  valore  costituzionale
superiore,  quale,  appunto,  quello  della  libera   determinazione;
n.d.r.) del diritto di cui all'art.  24,  primo  comma  Cost.»  (cfr.
Corte cost., sentenza n. 221/05, nonche' sentenza n. 2/63). 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione agli artt. 24,  25  e  41
della Costituzione. 
    6) Infine il Collegio ritiene di condividere, sia pure  traendone
conseguenze diverse, i rilievi di parte attrice volti a far valere la
contrarieta' a principi sopranazionali della norma  di  cui  all'art.
15, comma 3 del d.l. n. 195 del 2009. 
    La relativa questione infatti non potra' portare, per quanto gia'
detto, alla disapplicazione della norma, ma comporta,  a  parere  del
Collegio, violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.,  nella  parte  in
cui l'esercizio della  potesta'  legislativa  viene  assoggettato  al
rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario  e  dagli
obblighi internazionali. Cio' in quanto sia il principio del  giudice
precostituito per legge che quello di ragionevole durata del processo
sono sanciti, oltre  che  direttamente  dalla  Carta  Costituzionale,
anche dall'art. 6 della Convenzione Europea per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo, nonche'  dall'art.  47  della  Carta  Europea  dei
diritti fondamentali (cfr., in proposito,  Corte  cost.  sentenza  n.
88/1962; Corte cost. ordinanza n. 162/2009; Corte cost. ordinanza  n.
11/2003). 
    Il  Collegio  ritiene  percio',  per  le  ragioni  suesposte,  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,
comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195,  convertito  con
legge 26 febbraio 2010, n. 26, in relazione all'art.  117,  comma  1,
della Costituzione. 
    In conclusione, ricorrono i presupposti considerati dall'art.  23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la rimessione  delle  questioni
di legittimita' costituzionale sopra  descritte,  e  segnatamente  la
rilevanza   e    l'impossibilita'    di    definire    il    giudizio
indipendentemente dalla soluzione delle questioni e la non  manifesta
infondatezza delle stesse. 
    Infine, e per completezza, si osserva  che  la  possibilita'  per
questo Collegio arbitrale  di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale, gia' da tempo riconosciuta dalla Corte costituzionale
(sent. n. 376/2001), e' oggi espressamente ammessa dall'art.  819-bis
c.p.c., come sostituito dall'art. 22 del d.lgs. 2 febbraio  2006,  n.
40. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Collegio arbitrale, visti gli artt. 134 Cost. e  23  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma  3  del  d.l.  30
dicembre 2009, n. 195, convertito con legge 26 febbraio 2010, n.  26,
in relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, primo e secondo comma,
e 117, primo  comma,  Cost.,  nonche'  al  principio  comunitario  di
legittimo affidamento; 
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,
comma 3 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito  con  legge  26
febbraio 2010, n.  26,  per  quanto  esposto  in  motivazione  ed  in
relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 111, primo e secondo comma,  e
117,  primo  comma,  Cost.,  nonche'  al  principio  comunitario   di
legittimo affidamento; 
    Sospende il procedimento in corso  ai  sensi  dell'art.  819-bis,
comma 1, n. 3, c.p.c.; 
    Dispone la notificazione della presente ordinanza ai  procuratori
delle  parti,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   e   la
comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati  e
del Senato; 
    Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  costituzionale
unitamente agli atti del giudizio e con la prova delle  notificazioni
e delle comunicazioni prescritte. 
    Cosi' deliberato all'unanimita' in conferenza personale di  tutti
gli arbitri in Roma, via  F.  Confalonieri  n.  5,  nelle  Camere  di
Consiglio del 13 aprile 2010 e 24 maggio 2010. 
 
                        Il Presidente: Manzi 
 
 
                   Gli arbitri: Bazzani - Sabelli 
 
    Depositata presso la segreteria del Collegio arbitrale in data 24
maggio 2010. 
 
                 Il Segretario del Collegio: Caruso