N. 261 ORDINANZA 7 - 21 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento  civile  -  Interruzione  automatica  del  processo  per
  fallimento di parte costituita - Decorrenza del termine  perentorio
  per la riassunzione del processo, per le parti  diverse  da  quella
  fallita, dalla data dell'interruzione, anziche' dalla data  in  cui
  tali parti ne  abbiano  avuto  effettiva  conoscenza  -  Denunciata
  lesione del diritto di difesa e asserita  violazione  dei  principi
  del contraddittorio e  della  parita'  delle  parti  processuali  -
  Questione identica ad altra gia' dichiarata infondata «nei sensi di
  cui in motivazione» - Mancata prospettazione di  elementi  nuovi  -
  Manifesta infondatezza della questione. 
- Cod. proc. civ., art. 305. 
- Costituzione, artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma. 
(GU n.30 del 28-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 305 del  codice
di  procedura  civile,  promosso  dal  Tribunale   di   Vicenza   nel
procedimento vertente tra R. C. e  la  Gemma  s.r.l.  ed  altri,  con
ordinanza del 28  agosto  2009,  iscritta  al  n.  293  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del  9  giugno  2010  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Tribunale di Vicenza, con ordinanza depositata il
28 agosto 2009,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  articoli  24,
secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 305 del codice di procedura
civile «nella parte in cui prevede,  nel  caso  di  fallimento  della
parte costituita, che il termine perentorio per la  riassunzione  del
processo decorra, per le parti diverse da quella fallita, dalla  data
dell'interruzione anziche' dalla data in cui tali  parti  ne  abbiano
avuto effettiva conoscenza»; 
        che, come il rimettente  riferisce,  con  atto  di  citazione
notificato in data 18 aprile 2006, R.C. ha  proposto  opposizione  al
decreto ingiuntivo n. 407 del 2006 emesso dal Tribunale di Vicenza su
ricorso della societa' G. s.r.l.; 
        che detta societa' si e' costituita con  comparsa  depositata
il 2 febbraio 2007; 
        che nell'udienza fissata in pari data il giudice, concessa la
provvisoria  esecuzione  del  decreto  ingiuntivo,  ha  ordinato   la
chiamata in causa della G. P. s.n.c., la quale si e'  costituita  con
comparsa depositata il 20 luglio 2007; 
        che all'udienza celebrata in quella data il giudice, concessi
alle parti i termini di cui all'art. 183,  sesto  comma,  cod.  proc.
civ., ha rinviato al 19 giugno 2008 per l'ammissione delle prove; 
        che, con atto depositato il 20 gennaio 2008,  e'  intervenuta
in causa la R. s.r.l., assumendo di essere  cessionaria  del  credito
della convenuta, oggetto del decreto ingiuntivo; 
        che l'udienza del 19 giugno 2008 e' stata rinviata di ufficio
al 1° ottobre 2008; 
        che  in  tale  udienza  sono  comparsi   i   soli   difensori
dell'opponente,  della  terza  chiamata  in  causa  e   della   terza
intervenuta; 
        che alla  medesima  udienza  l'opponente  ha  depositato  una
visura camerale dalla quale e'  risultato  che  l'opposta  era  stata
dichiarata fallita dal Tribunale di Verona in data 11 marzo 2008; 
        che il giudice ha dichiarato l'interruzione del processo,  ai
sensi dell'art. 43, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942,  n.
267  (Disciplina   del   fallimento,   del   concordato   preventivo,
dell'amministrazione   concordata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), introdotto dall'art. 41 del  decreto  legislativo  9
gennaio 2006 n. 5 (Riforma organica della disciplina delle  procedure
concorsuali a norma dell'art. 1, comma 5, della legge 14 maggio  2005
n. 80); 
        che,  con  ricorso  depositato  in  data   19   marzo   2009,
l'opponente  ha  riassunto  il  processo,  chiedendo  la   fissazione
dell'udienza per la prosecuzione dello stesso; 
        che tale udienza si e' tenuta in data 24 giugno 2009; 
        che, con atto depositato il 3 giugno 2009, il  fallimento  G.
s.r.l. si e' costituito eccependo, in via  preliminare,  l'estinzione
del processo per omessa tempestiva riassunzione nel  termine  di  sei
mesi dalla data della dichiarazione di fallimento; 
        che alla predetta udienza l'opponente ha contestato che fosse
decorso il termine di sei mesi  previsto  dall'art.  305  cod.  proc.
civ., ritenendo che tale termine decorresse, anche dopo  la  modifica
dell'art. 43 della legge fallimentare, dalla data di dichiarazione in
udienza dell'intervenuto fallimento e non dalla data  della  sentenza
di fallimento; 
        che, in subordine, l'opponente ha chiesto che fosse sollevata
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  305  cod.  proc.
civ., mentre il fallimento  G.  s.r.l.  ha  insistito  nella  propria
eccezione di estinzione del processo; 
        che il giudice a quo ritiene applicabili al processo in corso
l'art. 305 cod.  proc.  civ.,  nel  testo  anteriore  alle  modifiche
apportate dall'art. 46, comma 14, della legge 18 giugno  2009  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo  civile)  e  l'art.  43
della  legge  fallimentare,  nel  testo  risultante  dalle  modifiche
apportate con il d.lgs. n. 5 del 2006; 
        che, in particolare, il rimettente  osserva  che  l'art.  305
cod. proc. civ., cosi' come riformato, si applica  solo  ai  processi
iniziati dopo la data di entrata in vigore  della  legge  n.  69  del
2009, per cui non trova applicazione nel giudizio a quo; 
        che, ad avviso del giudicante, la questione  comunque  rileva
anche con riferimento al testo modificato dell'art.  305  cod.  proc.
civ., in cui e' previsto un termine piu' breve  per  la  riassunzione
del processo a seguito di interruzione dello stesso; 
        che, inoltre, il giudice a quo ritiene che  l'art.  43  della
legge fallimentare, come integrato dal d.lgs.  n.  5  del  2006,  sia
applicabile alla fattispecie in esame, a norma degli artt. 150 e  153
del medesimo decreto legislativo,  perche'  il  fallimento  della  G.
s.r.l. e' stato dichiarato dopo l'entrata in  vigore  della  riforma,
cioe' dopo il 16 luglio 2006; 
        che, infine, il rimettente osserva che l'art. 41  del  citato
d.lgs. e' applicabile anche  ai  processi  pendenti,  trattandosi  di
norma processuale; 
        che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo
afferma che, fino alla modifica della legge fallimentare operata  nel
2006, nel caso di fallimento della  parte  costituita  l'interruzione
del processo, a norma dell'art. 300,  primo  e  secondo  comma,  cod.
proc.  civ.,  conseguiva  alla  dichiarazione  in  giudizio  o   alla
notificazione dell'evento da parte del procuratore costituito per  la
fallita; 
        che, invece, l'art. 41 del d.lgs. n. 5 del 2006  ha  aggiunto
all'art. 43 della legge fallimentare il seguente  comma:  «l'apertura
del fallimento determina l'interruzione del  processo»,  disposizione
da interpretare nel senso che  il  fallimento  della  parte  provoca,
automaticamente,   detta   interruzione,    senza    necessita'    di
dichiarazione in giudizio o di notificazione alle parti dell'evento; 
        che in tal  senso,  ad  avviso  del  rimettente,  si  sarebbe
espressa anche la Corte di cassazione nella sentenza resa  a  Sezioni
unite il 20 marzo 2008, n. 7443, sicche' non vi  sarebbe  spazio  per
una diversa  interpretazione  della  norma,  altrimenti  destinata  a
rivelarsi pleonastica, in quanto l'interruzione  del  processo,  come
conseguenza della perdita della  capacita'  della  parte  fallita  di
stare in giudizio, sarebbe gia' prevista  dall'art.  300  cod.  proc.
civ.; 
        che,  con  particolare  riferimento  al  giudizio  in  corso,
secondo il rimettente  la  questione  sarebbe  rilevante  perche'  il
deposito del ricorso in riassunzione (19 marzo 2009) e' avvenuto dopo
il decorso del termine di sei mesi  dalla  data  del  fallimento  (11
marzo 2008) e, pertanto, l'applicazione dei  citati  artt.  43  della
legge fallimentare e 305 cod. proc. civ. porterebbe  all'accoglimento
dell'eccezione  di  estinzione  del  processo   e   alla   definitiva
esecutivita' del decreto ingiuntivo, a norma dell'art. 653 cod. proc.
civ.; 
        che, inoltre, secondo il giudice a quo,  benche'  al  momento
della dichiarazione  d'interruzione  del  processo  (udienza  del  1°
ottobre 2008) il termine semestrale, tenuto conto  della  sospensione
feriale, non fosse ancora spirato  e  la  parte  fosse  a  conoscenza
dell'atto interruttivo,  tale  argomento  non  sarebbe  decisivo  per
affermare che non vi sia stata violazione del diritto di difesa e del
diritto di uguaglianza delle parti nel processo, non essendo noto  il
momento in cui l'opponente era venuta a conoscenza del  fallimento  e
non essendo provato che ne fosse a conoscenza prima dell'udienza  del
1° ottobre  2008;  sicche',  in  ogni  caso,  essa  avrebbe  avuto  a
disposizione un termine assai breve e  del  tutto  insufficiente  per
valutare  l'opportunita'  di  proseguire  nell'attivita'  processuale
oppure di lasciare che il processo si estinguesse; 
        che, in particolare, il rimettente ritiene, alla  luce  della
modifica della legge fallimentare,  che  il  fallimento  della  parte
costituita  produca  l'effetto   automatico   dell'interruzione   del
processo cosi' come gia' previsto dagli artt. 299, 300, terzo  comma,
e 301 cod. proc. civ., per le ipotesi, rispettivamente, della morte o
della perdita della capacita' di stare in giudizio  della  parte  non
ancora costituita; della medesima evenienza con riguardo  alla  parte
costituita personalmente; della morte, radiazione o  sospensione  del
procuratore della parte costituita; 
        che, in relazione a dette ipotesi, la Corte costituzionale e'
intervenuta per dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art.
305 cod. proc. civ. nella parte in cui fa decorrere il termine per la
riassunzione dall'interruzione del processo, anziche' dal momento  in
cui le parti hanno avuto conoscenza dell'evento; 
        che, al riguardo, il giudice a quo cita la pronunzia  n.  139
del 1967 concernente l'art. 301 cod. proc. civ. e quella n.  159  del
1971 relativa agli artt. 299 e 301, terzo  comma,  cod.  proc.  civ.;
egli richiama, inoltre, la  sentenza  n.  34  del  1970  in  tema  di
decorrenza del termine per la prosecuzione del processo  sospeso,  di
cui all'art.  297,  primo  comma,  cod.  proc.  civ.,  del  quale  fu
dichiarata l'illegittimita' costituzionale in base ad  argomentazioni
analoghe a quelle in tema d'interruzione del processo; 
        che  il  giudicante  osserva  come  in   passato   la   Corte
costituzionale  sia  intervenuta  con  pronunzie  di   illegittimita'
dell'art. 305 cod. proc. civ., in tutti i casi in cui il codice aveva
previsto  il  carattere  automatico  dell'effetto   interruttivo   al
verificarsi dell'evento; 
        che il rimettente, inoltre, sottolinea la possibilita' che la
parte, diversa da quella fallita, resti ignara del  fallimento  della
controparte  anche  per  lungo  tempo,  venendo  a   conoscenza   del
fallimento stesso dopo  il  decorso  del  termine  di  legge  per  la
riassunzione o comunque, come nel caso di specie, a ridosso del detto
termine; 
        che, a suo avviso, benche' gli artt.  16  e  17  della  legge
fallimentare prevedano forme di pubblicita' volte a rendere  noto  ai
terzi il fallimento (peraltro, soltanto dalla data d'iscrizione della
sentenza nel registro delle imprese), sembra incongruo addossare alla
parte l'onere di  effettuare  continue  verifiche  nei  registri  per
controllare se la controparte e' fallita; 
        che, dunque, secondo il rimettente la disposizione  censurata
si pone in contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost.  e  con  il
principio di uguaglianza in quanto la parte in bonis, a seguito della
modifica dell'art. 43 della  legge  fallimentare,  e'  posta  in  una
posizione di svantaggio rispetto alla parte fallita perche'  ad  essa
e' imposto l'onere di svolgere indagini onerose al  fine  di  evitare
che l'ignoranza del fallimento  dell'avversario  possa  far  maturare
preclusioni a suo danno, con esiti assai gravosi, come nei giudizi di
impugnazione; 
        che, inoltre, ad avviso del giudice a quo,  un  comportamento
malizioso o negligente della curatela, consistente nel mero astenersi
dal dare notizia all'altra parte del fallimento, puo' trasformare  un
istituto come quello dell'interruzione, diretto a garantire la  parte
interessata dall'evento dal rischio che il processo  prosegua  in  un
momento nel quale essa non puo' svolgere attivita' difensiva, in  uno
strumento per danneggiare, anche in modo irreparabile, la controparte
ignara; 
        che,  ancora,  secondo  il  rimettente,  la  norma  impugnata
risulta in contrasto anche  con  l'art.  24,  secondo  comma,  Cost.,
perche' alla parte interessata  alla  prosecuzione  del  giudizio  ed
estranea all'evento interruttivo non  e'  assicurato  il  diritto  di
difesa, in modo effettivo ed adeguato; essa e', infatti, posta  nella
condizione  di  subire  il  rischio  che  un  evento  ignoto,  e  non
conoscibile  secondo  canoni   di   ordinaria   diligenza,   vada   a
pregiudicare la possibilita' di  difendere  le  proprie  ragioni  nel
processo,   subendo   anche   conseguenze   assai   gravi   derivanti
dall'estinzione del giudizio; 
        che per il rimettente, anche in questo caso,  e'  necessario,
per ricondurre ad equita' il sistema, come modificato a seguito della
riforma del 2006 della legge fallimentare, un intervento della  Corte
costituzionale sulla disposizione impugnata; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  manifestamente
inammissibile, perche' il rimettente non avrebbe esperito il doveroso
tentativo  di  ricercare   una   interpretazione   costituzionalmente
orientata della normativa censurata. 
    Considerato che il Tribunale di Vicenza  dubita,  in  riferimento
agli  articoli  24,  secondo  comma,  e  111,  secondo  comma,  della
Costituzione, della legittimita'  costituzionale  dell'art.  305  del
codice di procedura civile, «nella parte in cui prevede, nel caso  di
fallimento della parte costituita, che il termine perentorio  per  la
riassunzione del processo decorra, per le  parti  diverse  da  quella
fallita, dalla data dell'interruzione anziche' dalla data in cui tali
parti ne abbiano avuto effettiva conoscenza»; 
        che la questione e' manifestamente infondata; 
        che, infatti, identica questione e' stata gia' dichiarata non
fondata «nei sensi  di  cui  in  motivazione»  da  questa  Corte  con
sentenza n. 17 del 2010; 
        che  nella  pronunzia  citata  e'  stato  ribadito   che   la
disciplina  in  tema  d'interruzione  del  processo   e'   espressiva
dell'esigenza di tutelare non soltanto la parte  colpita  dall'evento
interruttivo, ma anche di preservare il diritto di difesa della parte
cui il fatto interruttivo non si riferisce, con  la  conseguenza  che
quest'ultima deve essere messa in grado di conoscere se si sia o meno
verificato l'evento  interruttivo  e  da  quale  momento  decorra  il
termine per la riassunzione; 
        che  questa  Corte,  dunque,  richiamando  i  principi   gia'
affermati nelle sentenze n. 36 del 1976, n. 159 del 1971, n.  34  del
1970 e n. 139 del 1967,  ha  nuovamente  affermato  che  nel  vigente
sistema di diritto processuale civile e' ormai acquisito il principio
secondo cui, nei casi d'interruzione automatica del  processo  (artt.
299, 300, terzo comma, 301, primo comma, cod. proc. civ.), il termine
per la riassunzione decorre non  gia'  dal  giorno  in  cui  l'evento
interruttivo si e' verificato, bensi'  dal  giorno  in  cui  esso  e'
venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione  e  che
«l'art. 43 del r.d. n. 267 del 1942, con  il  terzo  comma  (aggiunto
dall'art. 41 del d.lgs. n. 5 del 2006), ha introdotto un  nuovo  caso
d'interruzione automatica del processo, conseguente all'apertura  del
fallimento, mentre in precedenza  anche  nell'ipotesi  di  fallimento
della parte l'interruzione del processo derivava dalla  dichiarazione
in giudizio o dalla notificazione dell'evento interruttivo  ad  opera
del procuratore costituito della parte medesima  (ex  multis:  Cass.,
Sez. un., n. 7443 del 2008, e giurisprudenza in essa richiamata)»; 
        che, in particolare, nella sentenza n.  17  del  2010  questa
Corte ha affermato che  il  terzo  comma  dell'art.  43  della  legge
fallimentare «nulla ha  previsto  per  la  riassunzione,  sicche'  al
riguardo continua a trovare applicazione l'art. 305 cod. proc.  civ.,
nel testo risultante a seguito delle ricordate  pronunzie  di  questa
Corte e del principio di  diritto  che  sulla  base  di  esse  si  e'
consolidato.  Infatti,  non  sono  ravvisabili   ragioni   idonee   a
giustificare,  per  la  fattispecie  qui  in  esame,  una  disciplina
giuridica  diversa  rispetto  alle   altre   ipotesi   d'interruzione
automatica, attesa l'identita' di ratio e  di  posizione  processuale
delle parti interessate, che le accomuna»; 
        che il rimettente non adduce elementi nuovi per  superare  il
convincimento qui richiamato, sicche' va  ribadita  l'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'articolo 305 cod. proc.  civ.  alla
luce delle sentenze citate. 
        Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 305  del  codice  di  procedura
civile, sollevata, in riferimento agli articoli 24, secondo comma,  e
111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola