N. 328 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 luglio 2010

Ordinanza del 13 luglio  2010  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio sul ricorso proposto  da  Serranti  Luisa  contro
Ministero della giustizia . 
 
Magistratura - Concorso  per  uditore  giudiziario  -  Ammissione  al
  concorso per  gli  abilitati  all'esercizio  della  professione  di
  avvocato iscritti al relativo Albo professionale - Irragionevolezza
  del richiesto requisito dell'iscrizione all'Albo  -  Ingiustificato
  deteriore   trattamento   degli   abilitati   all'esercizio   della
  professione  di   avvocato   impossibilitati   all'iscrizione   per
  incompatibilita' in quanto  dipendenti  pubblici  o  dipendenti  di
  banca - Incidenza sul diritto di accesso  ai  pubblici  impieghi  e
  sull'autonomia ed indipendenza dell'ordine giudiziario. 
- Decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, art. 2, comma  1,  lett.
  f), come sostituito dall'art. 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111. 
- Costituzione, artt. 3, 51 e 104, primo comma. 
(GU n.43 del 27-10-2010 )
 
                     IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  2351  del  2010,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Luisa Serranti, rappresentata e difesa  dall'avv.  Andrea
Temperanza, con domicilio eletto Amina L'Abbate in  Roma,  Corso  del
Rinascimento n. 11; 
    Contro Ministero della giustizia, in  persona  del  Ministro  pro
tempore, rappresento e difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,
presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12; 
    Per l'annullamento: 
        1) del bando di concorso a 350 posti di magistrato  ordinario
indetto  con  d.m.  15  dicembre  2009,  pubblicato  nella   Gazzetta
Ufficiale, 4ª s.s., n. 99 del 29 dicembre 2009, nella parte  in  cui,
all'art. 2, comma 1, lett. g), n. 6 e art. 2, comma 2, esclude  dalla
partecipazione  alla  procedura  selettiva   i   soggetti   abilitati
all'esercizio  della  professione  di  avvocato,  ma   non   iscritti
all'Albo, ovvero gli  avvocati  che  siano  stati  iscritti  all'Albo
anteriormente alla pubblicazione del bando di concorso; 
        2) di ogni altro presupposto, connesso e consequenziale; 
    nonche' dei seguenti atti impugnati con motivi aggiunti: 
        1) provvedimento prot. n. 1917g/513 del 22  aprile  2010,  di
esclusione della d.ssa Serranti  dal  concorso  a  n.  350  posti  da
magistrato ordinario,  indetto  con  d.m.  del  15  dicembre  2009  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29  dicembre  2009,  4ª
s.s., «Concorsi ed esami»; 
        2)   di   ogni   altro   atto   presupposto,   connesso   e/o
consequenziale. 
    Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
giustizia; 
    Relatore alla camera di consiglio del giorno 26  maggio  2010  la
d.ssa Silvia Martino; 
    Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. - La ricorrente ha chiesto  di  partecipare  al  concorso  per
esami  a  350  posti  da  magistrato  ordinario,  indetto  con  bando
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 99 del  29
dicembre 2009. 
    Rappresenta di avere conseguito la, laurea in  giurisprudenza  e,
altresi' di avere superato, in  data  20  ottobre  2009,  l'esame  di
abilitazione all'esercizio della professione forense. 
    Precisa ancora  di  essersi  iscritta,  all'Albo  degli  avvocati
tenuto presso l'Ordine degli  avvocati  di  Perugia,  ma  di  essersi
dovuta cancellare a decorrere dal 9 novembre 2009, in quanto  assunta
presso l'Agenzia delle Entrate. 
    Il bando di concorso impugnato, all'art. 2,  lett.  g)  punto  6,
ammette, tra gli  altri  «i  dipendenti  dello  Stato  con  qualifica
dirigenziale o  appartenenti  ad  una  delle  posizioni  dell'area  C
prevista  dal  vigente  contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro,
comparto Ministeri,  con  almeno  cinque  anni  di  anzianita'  nella
qualifica, che hanno costituito il rapporto di lavoro  a  seguito  di
concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea
in giurisprudenza, salvo che non si  tratti  di  seconda  laurea,  al
termine di un corso universitario di durata non inferiore  a  quattro
anni e che non siano incorsi in sanzioni disciplinari»;  «gli  avv.ti
iscritti all'Albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari»,  «i
laureati  in  possesso  del  diploma  di  laurea  in   giurisprudenza
conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine  di
un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  e  del
diploma conseguito  presso  le  scuole  di  specializzazione  per  le
professioni legali previste dall'art. 16 del d.lgs. 17 novembre 1997,
n. 398 e successive modifiche». 
    La ricorrente ritiene che  siffatte  previsioni  configurino  una
ingiusta discriminazione e, all'uopo, denuncia  l'illegittimita'  del
bando nella parte in cui l'ammissione  al  concorso  degli  abilitati
all'esercizio  della  professione  forense  e'   stata   condizionata
all'iscrizione al relativo Albo professionale. 
    Si e' costituito, per resistere, il Ministero della giustizia. 
    La d.ssa Serranti ha quindi proposto motivi aggiunti  avverso  il
provvedimento, successivamente intervenuto, con cui l'amministrazione
ne ha formalmente disposto l'esclusione dal concorso. 
    Con  ordinanza  n.  2343/2010  del  26  maggio  2010,  e'   stata
provvisoriamente accolta la domanda di tutela cautelare. 
    La ricorrente e' stata pertanto ammessa con riserva a partecipare
al procedimento di concorso, in attesa - dopo la pronuncia  da  parte
della Corte costituzionale sulla questione di  costituzionalita'  che
viene  sollevata  con  la  presente  ordinanza  -   della   pronunzia
definitiva sull'istanza cautelare e della decisione di merito. 
    2. - La controversia in esame e'  del  tutto  analoga  ad  altra,
concernente  l'impugnativa  del  precedente  bando  di  concorso  per
l'ammissione in magistratura ordinaria, ed in relazione alla quale la
Sezione ha gia' sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs.  n.  160/2006,  cosi'  come
modificato dalla legge n. 111/2007 (ordinanza n. 20 dell'11  novembre
2008). 
    La questione, allo stato,  non  risulta,  ancora  definita  dalla
Corte costituzionale. 
    2.1. - Cio' premesso, deve anzitutto rilevarsi che anche il bando
odiernamente impugnato  rappresenta,  in  parte  qua,  la  pedissequa
riproduzione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lett.  f)
del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, cosi' come modificato  dall'art.  1
della legge n. 111 del 30 luglio 2007. 
    Esso  non  rappresenta,  pertanto,  il  frutto  di   una   scelta
discrezionale     dell'amministrazione,     ma,     il      risultato
dell'applicazione di puntuali previsioni legislative, di  talche'  la
sostanza  delle  censure  dedotte  si  risolve  nella  questione   di
legittimita' costituzionale della norma citata, nella  parte  in  cui
richiede,  per  l'ammissione   al   concorso,   che   gli   abilitati
all'esercizio delle professione forense siano anche iscritti all'Albo
professionale. 
    Giova, al riguardo, premettere il complessivo quadro normativo in
cui si inserisce il ricorso in esame. 
    2.2. - Con il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, in  attuazione  della
delega di cui dell'articolo 1, comma 1, lettera a),  della  legge  25
luglio 2005,  n.  150,  e'  stata  introdotta  la  «nuova  disciplina
dell'accesso in magistratura,  nonche'  in  materia  di  progressione
economia e di funzioni dei magistrati». 
    Per quanto qui interessa, l'art. 2, comma  1,  decreto  cit.,  ha
previsto che al concorso siano ammessi coloro che: 
        «a) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito  diploma  presso  le  scuole  di  specializzazione   nelle
professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto  legislativo
17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni. [...]; 
        b) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata, non inferiore a quattro anni ed  hanno
conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; 
        c) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense; 
        d) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive
nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni; 
        e) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
svolto le funzioni di magistrato onorario  per  almeno  quattro  anni
senza demerito e  senza  essere  stati  revocati  o  disciplinarmente
sanzionati; 
        f) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata, non inferiore a quattro anni ed  hanno
conseguito  il  diploma  di  specializzazione   in   una   disciplina
giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore
a due anni presso le scuole di' specializzazione di  cui  al  decreto
del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162.». 
    L'efficacia di tali disposizioni, e' stata dapprima sospesa  sino
alla data del 31 luglio 2007, ai sensi di quanto disposto dal comma 1
dell'art. 1, legge 24 ottobre 2006, n. 269. Le disposizioni  medesime
sono state  successivamente  parzialmente  modificate  con  legge  30
luglio  2007,  n.  111,  pervenendosi  all'attuale  formulazione  del
sistema di accesso che prevede l'ammissione delle seguenti  categorie
di soggetti: 
        a) i magistrati amministrativi e contabili; 
        b) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni
disciplinari; 
        c) i dipendenti dello Stato,  con  qualifica  dirigenziale  o
appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal  vigente
contratto collettivo nazionale di  lavoro,  compatto  Ministeri,  con
almeno  cinque  anni  di  anzianita'  nella  qualifica,  che  abbiano
costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per  il  quale
era richiesto il possesso del diploma  di  laurea  in  giurisprudenza
conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine  di
un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  e  che
non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        d) gli  appartenenti  al  personale  universitario  di  ruolo
docente di materie giuridiche in possesso del diploma  di  laurea  in
giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        e) i dipendenti, con qualifica  dirigenziale  o  appartenenti
alla ex area direttiva, della pubblica  amministrazione,  degli  enti
pubblici a carattere nazionale  e  degli  enti  locali,  che  abbiano
costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per  il  quale
era richiesto il possesso del diploma  di  laurea  in  giurisprudenza
conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine  di
un corso universitario di durata non inferiore a  quattro  anni,  con
almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica o,  comunque,  nelle
predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        f) gli avvocati iscritti all'albo che  non  sono  incorsi  in
sanzioni disciplinari; 
        g) coloro i quali hanno  svolto  le  funzioni  di  magistrato
onorario per almeno sei  anni  senza  demerito,  senza  essere  stati
revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        h)  i  laureati  in  possesso  del  diploma  di   laurea   in
giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea,
al termine di un  corso  universitario  di  durata  non  inferiore  a
quattro  anni  e  del  diploma,  conseguito  presso  le   scuole   di
specializzazione per le professioni legali previste dall'articolo  16
del decreto legislativo  17  novembre  1997,  n.  398,  e  successive
modificazioni; 
        i)  i  laureati   che   hanno   conseguito   la   laurea   in
giurisprudenza al termine di un corso  universitario  di  durata  non
inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda  laurea,
ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; 
        l)  i  laureati   che   hanno   conseguito   la   laurea   in
giurisprudenza a seguito di un  corso  universitario  di  durata  non
inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda  laurea,
ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una  disciplina
giuridica, al termine di un corso di studi dea durata non inferiore a
due anni presso le scuole di specializzazione di cui al  decreto  del
Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162. 
    Ai sensi del comma 5 della medesima disposizione, inoltre; 
        «5. Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al
quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia  del  primo
dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della  delega  di  cui
all'articolo l, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio  2005,  n.
150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei  requisiti
per l'ammissione al concorso  di  cui  al  presente  articolo,  anche
coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi
iscritti  al  relativo  corso  di   laurea   anteriormente   all'anno
accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le  modalita'
di cui al presente articolo.». 
    Il raffronto tra le disposizioni teste' riportate evidenzia  che,
anche con le modifiche apportate dalla legge n.  111/2007,  e'  stato
mantenuto l'impianto di fondo del sistema di  accesso  della  riforma
c.d. Castelli, ed in particolare l'opzione in favore del concorso  di
secondo grado, riservato quindi a soggetti aventi requisiti culturali
e/professionali specifici. 
    Tale opzione,  peraltro,  non  costituisce  un'assoluta  novita',
bensi' l'approdo di un travagliato progetto  di  riforma  che  si  e'
snodato  per  diverse  legislature  ma  le  cui  diverse  modulazioni
appaiono tutte accomunate  dall'affermazione  dell'inadeguatezza  del
tradizionale sistema  di  accesso,  aperto  a  tutti  i  laureati  in
giurisprudenza. 
    Le origini di tale disegno  riformatore  risalgono  all'art.  17,
comma 113, della legge 15 maggio  1997,  n.  127,  con  la  quale  il
Governo veniva delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi per
modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura
ordinaria, sulla base dei  seguenti  principi  e  criteri  direttivi:
«semplificazione  delle  modalita'  di  svolgimento  del  concorso  e
introduzione graduale, come condizione per l'ammissione al  concorso,
dell'obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di
specializzazione istituite nelle universita', sedi della facolta'  di
giurisprudenza». 
    In attuazione della, delega veniva emanato il d.lgs. 17  novembre
1997, n. 398. Il decreto in questione prevedeva - relativamente  agli
iscritti al corso di laurea in giurisprudenza a  decorrere  dall'anno
accademico 1998/1999 -  che  l'ammissione  al  concorso  per  uditore
giudiziario  fosse  condizionata   al   possesso   del   diploma   di
specializzazione per le professioni legali; esso prevedeva  altresi',
in via residuale,  la  possibilita'  di  ammissione  al  concorso  di
candidati in possesso della sola laurea in  giurisprudenza  (art.  6,
che ha novellato l'art. 124 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). 
    In particolare, il cit. art. 124  veniva  cosi'  modificato:  «al
concorso sono ammessi  i  laureati  in  giurisprudenza  in  possesso,
relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea  a  decorrere
dall'anno  accademico  1998/1999,  del  diploma  di  specializzazione
rilasciato da una delle scuole di cui all'art. 17, comma  114,  della
legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data della pubblicazione  del
bando di concorso, risultino di eta' non inferiore agli anni  ventuno
e non superiore ai  quaranta,  soddisfino  alle  condizioni  previste
dall'art. 8 del presente ordinamento e abbiano  gli  altri  requisiti
previsti dalle leggi vigenti» (comma 1); il  successivo  terzo  comma
prevedeva peraltro che,  qualora  le  domande  di  partecipazione  al
concorso presentate dai candidati in  possesso  del  diploma  fossero
inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il  concorso
e' bandito, fossero altresi' ammessi, «previo superamento della prova
preliminare di cui all'art. 123-bis  ed  in  misura  pari  al  numero
necessario per raggiungere il rapporto anzidetto, anche  i  candidati
in possesso della sola laurea in giurisprudenza» (comma 3). 
    Con la legge 13 febbraio 2001, n.  48  quest'ultima  disposizione
veniva modificata  eliminando  -  in  armonia  con  la  sua  prevista
soppressione  e  con  l'introduzione  del  sistema  dei   «correttori
esterni» - il riferimento alla prova preliminare. 
    2.3. - In applicazione della previsione relativa all'introduzione
graduale  del  possesso  del  diploma   di   specializzazione   nelle
professioni legali come  condizione  per  l'ammissione  al  concorso,
veniva quindi prevista, per  i  laureati  in  giurisprudenza  non  in
possesso del diploma di specializzazione  nelle  professioni  legali,
l'ammissione al concorso subordinatamente al superamento di una prova
- preliminare da svolgersi con l'ausilio di strumenti  informatici  e
consistente nella risposta ad un questionario. 
    La prova in questione era disciplinata dall'art. 2 del d.lgs.  n.
398 che introduceva nel r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, l'art. 123-bis. 
    2.4. - Il sistema veniva nuovamente modificato per effetto  della
cit. 13 febbraio 2001,  n.  48,  in  particolare  con  l'eliminazione
della, prova preliminare. Venivano quindi  abrogate  le  disposizioni
disciplinanti la prova in questione e l'obiettivo di  semplificazione
e di accelerazione dello svolgimento del  concorso,  prima  garantito
dalla stessa, veniva affidato ai c.d «correttori esterni». 
    In via transitoria, nelle more dell'introduzione di tale sistema,
l'art. 22 della legge n. 48/2001 stabiliva, in  via  transitoria,  il
mantenimento della prova preliminare,  da  svolgersi  in  conformita'
alla disciplina dell'art. 123-bis. 
    2.5. - Il sistema teste' delineato e' stato abrogato dall'art. 54
del d.lgs. n. 106/2006 e sostituito da quello di cui si  controverte,
nella versione derivante dalle modifiche introdotte  dalla  legge  n.
111/2007. 
    Nella nuova disciplina e' chiaramente venuta meno  la  preferenza
accordata, quale canale privilegiato di accesso alla selezione,  alla
frequenza delle scuole di specializzazione nelle professioni  legali,
le  quali  erano  state  in  origine  concepite  quale  strumento  di
formazione post universitaria comune a tutti i futuri  operatori  del
diritto. 
    Risulta, poi di immediata evidenza - come si ammette anche  nella
relazione di accompagnamento al  d.d.l,  poi  divenuto  la  legge  n.
111/2007 - l'eterogeneita'  dei  titoli  di  ammissione  al  concorso
rispetto  alla  qualificazione  tecnico-professionale   propria   del
magistrato («si  e'  ritenuto  opportuno  riconoscere  un  valore  di
ammissione  al  concorso  anche  ad  esperienze,  se  pur  in   parte
eterogenee  rispetto  alla  professione   di   magistrato,   comunque
caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni,  come
per i funzionari della carriera direttiva della p.a. e per i  docenti
in materie giuridiche tra il personale  di  ruolo  delle  universita'
[...]»). 
    Relativamente agli avvocati,  l'originario  progetto  governativo
richiedeva l'esercizio della professione per  almeno  tre  anni  («la
considerazione della presenza di un comune humus  culturale e'  stata
ritenuta condizione  necessaria  e  sufficiente  per  una  previsione
analoga in favore degli avvocati con almeno tre  anni  di  iscrizione
all'albo professionale»), in adesione alle  osservazioni  svolte  dal
C.S.M., nel parere reso, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della  legge
n. 195 del 1958, in data 31 maggio 2007. 
    L'Organo di  autogoverno  aveva  infatti  positivamente  valutato
l'originaria formulazione, in tale parte, del  progetto  governativo,
in quanto ritenuta effettivamente  idonea  a  ridurre  la  potenziale
platea dei candidati, tenendo conto del  fatto  che  coloro  i  quali
abbia iniziato «questo percorso» possono «aver gia' maturato in  modo
adeguato una propria scelta professionale  e  nel  contempo»  debbono
«aver mantenuto a un livello  elevato  la  propria  preparazione  per
poter affrontare congruamente una prova  selettiva,  cui  partecipano
concorrenti che hanno sicuramente curato la preparazione teorica». 
    Nel  corso  dell'iter   parlamentare,   il   requisito   relativo
all'esercizio  della  professione  per  almeno  tre  anni  e'   stato
soppresso in quanto ritenuto non coerente con l'ampio  ventaglio  dei
titoli di accesso contestualmente previsti, tra i quali  ve  ne  sono
alcuni  che  rappresentano  indubbiamente  un  quid  minus   rispetto
all'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. 
    Nel testo definitivamente licenziato e' stato pero'  inserito  il
requisito  dell'iscrizione  all'Albo,  del  quale  e'  invero   arduo
comprendere la finalita', avendo esso valenza puramente formale. 
    La mera iscrizione all'Albo non aggiunge infatti  alcunche'  alla
particolare qualificazione e/o esperienza  richiesta  agli  aspiranti
magistrati ordinari che hanno conseguito l'abilitazione,  atteso  che
l'iscrizione medesima  non  e'  subordinata  all'effettivo  esercizio
della  professione  di  avvocato  e  non  postula,  quindi,   nemmeno
l'attualita' dell'esperienza dalla stessa derivante. 
    L'irragionevolezza di siffatta previsione emerge con nettezza ove
si ponga mente al fatto che la peculiare formazione  giuridica  degli
abilitati all'esercizio  della  professione  forense  e'  omogenea  o
comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa,
l'accesso al concorso e' consentito anche ai possessori di titoli che
non necessariamente denotano  il  possesso  di  peculiari  competenze
tecniche  (come  i  funzionari  e  dirigenti  amministrativi   aventi
l'anzianita'  prescritta)  ovvero  ancora  hanno  natura  prettamente
scientifica (come i dottori di ricerca). 
    Se, dunque, il criterio ispiratore della  riforma  e'  di  stampo
pluralistico, al punto da valorizzare anche il possesso di esperienze
pregresse  sicuramente  «eterogenee  rispetto  alla  professione   di
magistrato»,  l'estromissione  degli  abilitati  all'esercizio  della
professione forense che  non  possono  (o  non  vogliono)  iscriversi
all'Albo, appare irrazionale ed arbitraria. 
    Significativo, al riguardo, risulta il  raffronto  con  l'accesso
consentito ai diplomati presso le scuole  di  specializzazione  delle
professioni legali. 
    E' sufficiente richiamare, al riguardo, quanto gia' osservato  da
questa stessa Sezione, in relazione al precedente sistema di  accesso
introdotto con la legge n. 48/2001 (sopra  brevemente  sintetizzato),
la, cui originaria formulazione, come noto, non  prevedeva  l'esonero
dal  test  preliminare  per   gli   abilitati   all'esercizio   della
professione forense. 
    In  quella  occasione  il  Tribunale  rilevo'  che,  secondo   la
previsione del d.m. 11 dicembre 2001, n. 475  (tuttora  vigente),  il
diploma  rilasciato  dalle  scuole   di   specializzazione   per   le
professioni legali e' valutato ai fini del compimento  della  pratica
per l'accesso alla professione (oltre che di notaio) per  il  periodo
di un anno. 
    La circostanza che i diplomati in  questione,  allora  come  ora,
«accedano direttamente al concorso  di  uditore  giudiziario,  mentre
sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l'ammissione
all'esame  di  avvocato,  lascerebbe  intendere  che  il  superamento
dell'esame  di  abilitazione  all'esercizio  della   professione   di
avvocato costituisca un quid  pluris  rispetto  al  diploma,  con  la
conseguenza che appare irrazionale  che  i  diplomati  siano  ammessi
direttamente al concorso ad uditore giudiziario e che lo  stesso  non
sia previsto per coloro che abbiano  conseguito  l'abilitazione  alla
professione  di  avvocato»  (cosi',  le  numerosissime  ordinanze  di
rimessione emanate tra il 30 luglio e il 7 ottobre 2004). 
    La disposizione in  questione  attua,  del  resto,  la  specifica
previsione dell'art. 17, comma 114, della cit. legge n. 127 del 1997,
secondo cui «anche  in  deroga  alle  vigenti  disposizioni  relative
all'accesso alla professione di avvocato  e  notaio,  il  diploma  di
specializzazione di cui al comma 113  costituisce,  nei  termini  che
saranno definiti con decreto del  Ministro  di  grazia  e  giustizia,
adottato di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini  del  compimento
del relativo periodo di pratica». 
    Le considerazioni allora svolte  (sulle  quali,  per  inciso,  la
Corte costituzionale  non  ebbe  modo  di  esprimersi  in  quanto  il
legislatore con d.l. 7 settembre 2004,  n.  234,  conv.  in  legge  5
novembre 2004, n. 262, incluse, tra i candidati esonerati dalla prova
preliminare,  anche  i  laureati  in   giurisprudenza   in   possesso
dell'abilitazione all'esercizio della professione forense),  assumono
ben  maggiore  pregnanza  nel  mutato   sistema   di   accesso   alla
magistratura ordinaria, in cui il possesso dei titoli prescritti  non
esonera semplicemente  dalla  prova  preliminare  ma  condiziona,  in
quanto requisito di ammissione, la stessa possibilita'  di  competere
per assumere siffatta elevata e delicata funzione «in  condizioni  di
uguaglianza», secondo i canoni dettati dalla Carta fondamentale. 
    Non  deve,  altresi',  essere  dimenticato  che   la   disciplina
dell'accesso alla magistratura ordinaria  ha  incidenza  diretta  sui
valori costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza  dell'Ordine
giudiziario. 
    Il sistema  congegnato  dal  Legislatore  appare  ispirato  dalla
necessita', si e' osservato in  dottrina,  di  trovare  un  punto  di
equilibrio tra il perseguimento di una  composizione  pluralistica  e
paritaria  del  potere  giudiziario  e  la  creazione  di  un   corpo
magistratuale altamente qualificato e professionale. 
    Alla ricerca di siffatto punto di equilibrio, nel  caso  oggi  in
rilievo, non sembra rispondere  la  previsione  di  un  requisito  di
ordine meramente formale il quale viene in  definitiva  a  costituire
soltanto una incomprensibile,  e  ingiusta,  barriera  e'  apposta  a
soggetti i quali posseggono una formazione tecnica omogenea a  quella
richiesta per l'esercizio della funzione cui aspirano. Ad essi  viene
cioe' preclusa in radice la chance di pianificare un  nuovo  percorso
di vita e professionale  sol  perche',  allo  stato,  si  trovano  ad
esercitare attivita' per le quali e' stabilita l'incompatibilita' con
l'esercizio della professione di avvocato (cfr. l'art. 3  del  r.d.l.
n. 1578 del 1933) e cioe' per una ragione  del  tutto  estrinseca  al
concorso in magistratura. 
    3. - Quanto  appena  argomentato  giustifica  la  valutazione  di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione agli  artt.  3,  51  e  104
della Costituzione, dell'art. 2, comma 1,  lett.  f)  del  d.lgs.  n.
160/2006, cosi' come modificato dalla legge n. 111/2007, nella, parte
in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso  per  magistrato
ordinario,  che  gli  abilitati   all'esercizio   della   professione
di avvocato siano anche iscritti al relativo Albo professionale. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    a)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli artt. 3, 51 e 104 della Costituzione, la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  1,  lett.  f)  della
legge n. 160/2006, cosi' come modificata  dalla  legge  n.  111/2007,
nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso  per
magistrato  ordinario,  che   gli   abilitati   all'esercizio   della
professione  di  avvocato  siano  anche  iscritti  al  relativo  Albo
professionale. 
    b)  dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e   ordina
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    c) ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente
ordinanza sia notificata alle parti costituite e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  26
maggio 2010. 
 
                      Il Presidente: Giovannini 
 
 
                                                 L'estensore: Martino