N. 346 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 2010
Ordinanza del 19 aprile 2010 emessa dal Tribunale di Lecco nel procedimento penale a carico di Ka Abdoulaye. Straniero - Espulsione amministrativa - Configurazione come reato della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis del medesimo articolo, continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato - Mancata inserimento nella descrizione della fattispecie della clausola «senza giustificato motivo» - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all'art. 14, comma 5-ter, del medesimo decreto legislativo. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22, lett. m), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, art. 3. Straniero - Espulsione amministrativa - Configurazione come reato della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis del medesimo articolo, continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato - Denunciata possibile reiterazione delle condanne - Irragionevole sproporzione del trattamento sanzionatorio - Lesione della liberta' personale. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22, lett. m), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 3 e 13. Straniero - Espulsione amministrativa - Configurazione come reato della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis del medesimo articolo, continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato - Denunciata reiterazione della sanzione in relazione alle plurime inosservanze della mera intimazione a lasciare il territorio nazionale, in assenza dell'adozione del servizio pubblico di accompagnamento ai confini - Lesione del principio della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22, lett. m), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, art. 27.(GU n.46 del 17-11-2010 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento a carico di: Ka Abdoulaye, nato in Senegal il 14 settembre 1985, e alias come in atti, libero, assente - assistito e difeso di fiducia dall'avv. del foro di Lecco, imputato in ordine al reato di cui all'art. 99 co. 4 c.p., 14 co. 5 quater, D.lgs. 286/1998, come modificato dalla L. 94/09, perche', essendo destinatario del decreto di espulsione del prefetto di Lecco del 12 agosto 2009, ai sensi dell'art. 14 comma 5-ter D.lgs. 286/1998, continuava a permanere illegalmente nel territorio dello Stato in violazione del nuovo ordine impartito dal Questore di Lecco ai sensi dell'art. 14 co. 5 bis con provvedimento notificatogli il 26 novembre 2009. Con la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, accertato a Olgiate Molgora il 14 marzo 2010. O s s e r v a Ka Abdoulaye e' stato tratto in arresto in data 14 marzo 2010 per rispondere del reato meglio descritto in epigrafe. L'ultimo provvedimento notificato all'imputato e' l'ordine di allontanamento emesso dal Questore di Lecco il 26 novembre 2010. Nel provvedimento si da' atto che nei confronti di Ka Abdulaye: e' stato disposta l'espulsione con accompagnamento alla frontiera con decreto emesso dal Prefetto di Lecco in data 12 agosto 2009; il prevenuto si e' trattenuto nel territorio dello Stato senza giustificato motivo in violazione dell'ordine impartito dal Questore di Como l'8 ottobre 2009; e' stata disposta nuovamente l'espulsione con accompagnamento alla frontiera con decreto 26 novembre 2009 del prefetto di Lecco; non e' possibile eseguire con immediatezza l'espulsione con accompagnamento alla frontiera; non e' possibile trattenere la persona espulsa presso i centri di identificazione ed espulsione. Dall'esame del certificato penale dell'imputato e dell'ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica in sede si rileva che Ka Abdoulaye ha riportato, in un brevissimo arco di tempo, le seguenti condanne: 1. 12/8/2009 Tribunale Lecco, es. 1/10/2009: mesi 5 e gg. 10 di reclusione per il reato di cui all'art. 14 co. 5 ter D. L.vo 286/98 accertato il g. 11/8/2009 in Cernusco Lombardone; Pena Sospesa: beneficio revocato con sentenza sub 3); 2. 8/10/2009 Tribunale Como, es. 14/11/2009; mesi 5 e gg. 20 di reclusione per il reato di cui all' art. 14 co. 5 ter D. L.vo 286/98 commesso fino 7/10/2009 in Como; nonche' art. 6 co. 3 D. L.vo 286/98 commesso il 7/10/2009 in Como; 3. 26/11/2009 Tribunale Lecco, es. 3/1/2010: anni I di reclusione per il reato di cui agli artt.14 co. 5 quater D. L.vo 286/98 accertato il 25/11/2009 - 495 co. I c.p. accertato il 25/ 11 /2009 in Cernusco Lombardone. Il totale delle pene inflitte ammonta ad anni 1, mesi 11 di reclusione. Il presente procedimento viene dunque sulla situazione di un soggetto gia' condannato, in epoca recente per la stessa ipotesi di reato oggi in esame. La norma e' stata introdotta con la L. 94/09. La nuova fattispecie incriminatrice determina sostanzialmente una decisa anticipazione della soglia di applicazione, giacche' non presuppone piu' che l'autore del reato sia stato effettivamente espulso e successivamente sia rientrato nel territorio italiano, ma piu' semplicemente che egli sia stato destinatario dell'ordine di espulsione emesso ai sensi del precedente comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento adottato nei casi previsti dal comma 5-bis dello stesso art. 14. Al di la' dell'ipertrofia raggiunta dell'intera procedura il dato saliente della modifica legislativa e' costituito dal fatto che, per la consumazione del delitto in questione, lo straniero non deve piu' aver prima fisicamente lasciato il territorio italiano, com'era in precedenza. A questo punto il tratto differenziale con la fattispecie in commento e quelle previste dal comma 5-ter (inequivocabilmente costituito in precedenza dall'eclatanza del nuovo ingresso clandestino) tende a sfumare ed in definitiva la nuova incriminazione viene a trovare la sua ratio nella volonta' di punire piu' severamente la recidivanza nel non ottemperare ai provvedimenti di espulsione. Appare infatti indiscutibile che il legislatore abbia voluto espressamente travolgere la giurisprudenza formatasi a partire dalla sentenza 580/2006, posto che: a) nell'ordine di allontanamento questorile post legem 2009 e' contemplato l'avvertimento circa le conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale anche reiterata dell'immigrato espulso, mentre nulla diceva in proposito la precedente versione del comma 5 bis; b) la prassi delle espulsioni «a catena» o, per meglio dire, degli «ordini di allontanamento reiterati», con cui semplicemente il Questore intima all'espulso di adempiere spontaneamente, illegittima fino al 7 agosto 2009 viene legittimata expressis verbis dal comma 5 ter nella nuova versione: se non e' possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera poiche' non ci sono vettori disponibili per il viaggio oltreconfine o se lo stesso viaggio non e' praticabile per mancanza di identificazione certa dell'espellendo o per carenza di documentazione e se mancano, infine, posti disponibili nei C.I.E. il Questore puo' riemettere una seconda volta l'intimazione alla c.d. «autoespulsione» nei canonici cinque giorni. Ebbene, qualsiasi operatore del settore sa bene che nell'80% dei casi si procede in tal senso, per cui la regola applicata in concreto sara' quella delle intimazioni reiterate; c) le intimazioni potranno essere reiterate ad libitum: infatti, anche in sede di secondo accertamento dell'inosservanza spontanea da parte del destinatario, si potra' nuovamente far ricorso al terzo ordine di allontanamento (si consideri la «catena dei rinvii»: il comma 5 quater dell'art. 14 t.u. rinvia al comma 5 ter, ultimo periodo, che, a sua volta, rinvia ai commi 1 e 5 bis, disciplinanti nell'ordine il trattenimento nel G.I.E. e l'ordine di allontanamento spontaneo entro cinque giorni); Il reato commesso a partire dal secondo accertamento di violazione dell'ordine questorile sara' quello previsto dal comma 5 quater, mentre in precedenza si e' visto che non veniva commesso nemmeno il reato punito dal comma 5 ter: cio' perche', da un lato, l'intimazione reiterata a lasciare l'Italia e' ora consentita e, dall'altro, la condotta dell'«essere trovato», che presupponeva anche da un punto di vista lessicale un «rientro» dell'immigrato gia' materialmente espulso (si vedano le tante sentenze della S.C. conformi alla 580/2006) e' stata inequivocamente sostituita da quella del «continuare a permanere» nel novellato comma 5 quater, che, peraltro, contempla espressamente il presupposto della violazione di un nuovo ordine emesso ai sensi del comma 5 bis. La problematica che assume concreto rilievo nel caso in esame e' dunque quella della reiterabilita' dell'intimazione a lasciare lo Stato per lo straniero gia' condannato per il reato di cui al 14 c. 5 ter, del quale non sia possibile eseguire immediatamente il rimpatrio, e, di conseguenza, la questione (dall'importante risvolto applicativo) della reiterazione di condanne cui, come nel caso di specie, potrebbe andare incontro lo straniero di cui non si riesca ad effettuare il rimpatrio, e che non adempia spontaneamente all'ordine di allontanamento. La riforma dei commi 5 ter e 5 quater ha mutato il precedente quadro di riferimento, in quanto il legislatore ha inteso sconfessare l'indirizzo giurisprudenziale, consentendo ora di punire per un nuovo reato lo straniero, gia' condannato ex art. 14 c. 5 ter, che continui a soggiornare illegalmente in Italia. A questo risultato si giunge oggi in virtu' tanto del nuovo testo del comma 5 ter (ove si fa esplicito riferimento alla possibilita' che, ove non si riesca ad accompagnare alla frontiera il soggetto gia' condannato per avere disottemperato il primo ordine di allontanamento ed una volta scaduti i termini del suo trattenimento amministrativo nei CIE, venga emesso un nuovo ordine di allontanamento ex art. 14 c. 5 bis), quanto delle modifiche che hanno interessato il comma 5 quater, che oggi e' espressamente applicabile allo straniero destinatario dell'ordine di allontanamento del comma 5 ter che «continui a permanere illegalmente nel territorio dello Stato». Pertanto, dopo la riforma: lo straniero che, gia' condannato una prima volta per il reato di inottemperanza di cui all'art. 14 c. 5 ter, continui a soggiornare illegalmente in Italia, puo' andare incontro ad una nuova condanna per il reato di cui al 14 c. 5 quater (punito tra l'altro con pena ancora piu' grave del 14 c. 5 ter). Alcuni problemi rimangono aperti quanto al nuovo delitto di cui al 14 c. 5 quater. Il primo riguarda la mancanza nella fattispecie della clausola esimente del «senza giustificato motivo», presente invece nella «fattispecie gemella» dell'art. 14 c. 5 ter (in entrambi i casi, si tratta di un soggetto che non adempie all'intimazione a lasciare lo Stato). La Corte Costituzionale, nel vagliare la legittimita' dell'art. 14 c. 5 ter, ha in diverse occasioni (2004 e 2007) avuto modo di sottolineare l'importanza che nell'economia di tale fattispecie riveste la clausola del giustificato motivo, che agendo come «valvola di sicurezza» del sistema permette di mandare esente da pena lo straniero quando la sua permanenza illegale sia determinata da gravi cause ostative (come l'assoluta impossidenza e la conseguente impossibilita' di procurarsi il biglietto di viaggio, oppure lo stato di salute che non gli consenta di lasciare l'Italia) tali da rendergli non rimproverabile l'inottemperanza all'ordine di allontanamento. Nel caso in esame l'imputato ha dichiarato di essere sprovvisto di risorse economiche tali da consentirgli il rimpatrio. La Suprema Corte (Sez. 1, Sentenza n. 30779 del 7 luglio 2006) ha affermato, in tema di immigrazione, che ai fini della sussistenza del «giustificato motivo», idoneo ad escludere la configurabilita' del reato di inosservanza all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato, i motivi che, in base all'art. 14 comma primo del D.Lgs. n. 286 del 1998, legittimano la P.A. a non procedere all'esecuzione dell'espulsione con accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera, ossia la necessita' di soccorso, la difficolta' nell'ottenimento dei documenti per il viaggio, l'indisponibilita' del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, costituiscono indici di riconoscimento della inesigibilita' della condotta richiesta allo straniero, in applicazione del principio ad impossibilia nemo tenetur. In particolare, costituisce giustificato motivo l'inadempimento conseguente alle condizioni di assoluta impossidenza dello straniero il quale non possa recarsi nel termine alla frontiera, ne' acquistare il biglietto di viaggio - ovvero al mancato rilascio da parte della competente autorita' diplomatica o consolare dei documenti necessari, peraltro sollecitamente richiesti dallo straniero stesso. Ora, dal momento che nel 14 c. 5 quater questa clausola non e' stata inserita, ritiene il giudicante che gli atti vadano rimessi alla Corte Costituzionale, per l'evidente irragionevolezza della diversita' di disciplina tra fattispecie di reato identiche tanto sotto il profilo strutturale che valoriale. Nella fattispecie in esame lo straniero, gia' inottemperanze all'ordine di uscire dai confini nazionali, non ha piu', a partire dal secondo accertamento della sua permanenza irregolare nel Paese, alcuna possibilita' di allegare quelle stesse situazioni che rendono impossibile o pericoloso adempiere all'ordine di espulsione. Eppure, tali impedimenti ben possono sopravvenire rispetto al primo accertamento della violazione: si pensi a malattie oppure a stati di guerra o calamita' naturale nella nazione di provenienza del cittadino straniero sorti dopo la prima inottemperanza all'intimazione di lasciare il territorio italiano, gia' sanzionata con l'arresto ed il contestuale processo con rito direttissimo. Ne deriva che l'imputato che si trovi a dover fronteggiare le suddette evenienze - assolutamente estranee alla sua sfera volitiva - non avra' alcuna possibilita' di far valere fondamentali elementi a discarico nel processo instaurato contro di lui per la commissione del reato previsto dal comma 5 quater dell'art. 14 t.u. immigraz., divenendo soggetto per questa via ad una serie indefinita di arresti, processi e condanne per tutta la durata della situazione ostativa alla partenza dall'Italia. Il secondo profilo di incostituzionalita' riguarda la possibilita' che l'attuale dato normativo conduca o meno alla ripetizione in perpetuo del rimprovero penale per lo straniero che, nonostante le condanne per i reati di cui ai commi 5 ter e quater, rimanga comunque in Italia. Si potrebbe giungere infatti al risultato di condannare in perpetuo lo straniero per il suo rifiuto di abbandonare l'Italia: situazione che richiamerebbe da vicino la «spirale di condanne» per diserzione cui andavano incontro i renitenti alla leva prima dell'abolizione del servizio militare, situazione che la Corte Costituzionale (con la sentenza 343/1993) aveva dichiarato contraria ai principi di proporzione e della finalita' rieducativa della pena, visto il carattere ontologicamente unitario della condotta e l'inammissibilita' di un sacrificio delle liberta' personale capace di protrarsi sostanzialmente all'infinito. In particolare, volendo richiamare le motivazioni della Corte Costituzionale in esame, la possibilita' reale della c.d. spirale delle condanne in relazione ai reati di mancata ottemperanza al nuovo ordine di allontanamento, specie se correlata alla mancata presenza della clausola di esonero da responsabilita' del «giustificato motivo» - costituisce manifestazione della palese irragionevolezza del bilanciamento operato dal legislatore, in sede di trattamento sanzionatorio tra il reato per cui si procede e quello della liberta' personale (art. 13 della Costituzione). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 62 del 1994 ha precisato che quando venga riferito al godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, quale e' nel caso la liberta' personale, il principio costituzionale di uguaglianza in generale non tollera discriminazioni tra la posizione del cittadino e quello dello straniero. La difesa dei confini nazionale e dell'ordine pubblico se deve condurre a un sacrificio della liberta' personale, non puo' tuttavia estendere questo sacrificio sino al punto da sottoporre colui che abbia commesso i relativi reati «a una serie di condanne penali cosi' lunga e pesante da poterne distruggere la sua intima personalita' umana e la speranza di una vita normale» (v. sent. n. 467 del 1991). La palese sproporzione del sacrificio della liberta' personale che cosi' si realizza produce, infatti, una vanificazione del fine rieducativo della pena prescritto dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione, che di quella liberta' costituisce una garanzia istituzionale in relazione allo stato di detenzione. Il comma 5 quater dell'art. 14 d.lgs. 286/98 pare in contrasto con l'art. 27, 1° comma, della Costituzione anche sotto ulteriori profili. La disposizione, come si e' detto, incrimina in modo automatico ogni accertamento della perdurante inottemperanza ad ordini di espulsione emessi ai sensi del comma 5 bis dell'art. 14, non ponendo alcun limite numerico al numero di tali accertamenti, con il risultato di poter determinare una serie illimitata di arresti e processi penali. La protrazione ulteriore della condotta illecita e la conseguente commissione del distinto reato (rispetto all'ipotesi-base incriminata tuttora dal comma 5 ter) previsto dall'art. 14, comma 5 quater, D.lgs. 286/1998 vengono ad essere in concreto determinate dalla inefficienza della RA. nell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione. In definitiva, se la commissione di un reato e' influenzata in modo determinante dall'attivita' di un organo statuale e' possibile dubitare della legittimita' costituzionale della norma istitutiva del relativo precetto penale, poiche' ne risulta svilito il principio della responsabilita' personale, potendo l'imputato subire pesanti conseguenze dalla concorrente inerzia proprio degli enti pubblici deputati all'applicazione delle norme sull'immigrazione: si pensi, ad esempio, alla impossibilita' di fruire della sospensione condizionale della pena nei casi di molteplici condanne determinate dalla reiterata inerzia nel procedere all'accompagnamento alla frontiera. Inoltre, proprio l'art. 16, comma 5°, del t.u., esclude anche la possibilita' dell'espulsione come sanzione sostitutiva alla detenzione, poiche' il reato in esame appartiene al novero dei delitti previsti dal medesimo t.u., per i quali il beneficio non opera. Ne', tornando alla struttura della fattispecie, puo' richiamarsi in senso contrario il dominante orientamento della Cassazione sulla natura permanente del reato di inottemperanza all'ordine di espulsione (VI sez. pen., 19.3.2008-3.7.2008 cit.). Infatti, la notevole - ed indefinita - dilatazione dell'ambito applicativo del nuovo art. 14, comma 5 quater, t.u. non si concilia proprio con la giurisprudenza costituzionale, che ha agganciato la natura permanente o meno di una fattispecie criminosa non tanto ad una estemporanea definizione legislativa, quanto alla oggettiva manifestazione della condotta tipica, cosi' come interpretata dalla giurisprudenza. In proposito, puo' citarsi la sentenza della Corte Costituzionale del 26 novembre 1987, n. 520. Si tenga conto, infine, che, mentre in diversi casi disciplinati da altre norme penali il perdurare dell'omissione acquistava rilevanza penale anche in virtu' dell'incoercibilita' della condotta doverosa, nel caso in esame, poiche' il provvedimento di espulsione e' eseguibile coattivamente senza una particolare collaborazione da parte del destinatario, non puo' ascriversi alla volonta' dell'immigrato la responsabilita' per le condotte successive al primo accertamento processuale dell'inottemperanza. Alla stregua di questa elaborazione dell'alta Corte sui confini della punibilita', la norma in esame deve ritenersi compatibile con il principio di responsabilita' personale posto dall'art. 27 Cost., nella misura in cui la permanenza della condotta omissiva cessi comunque con la sentenza di condanna non seguita da provvedimento di espulsione effettiva, non potendosi ritenere ammissibile sotto il profilo costituzionale un meccanismo indefinito di processi con «arresti a catena» di una persona inottemperante ad un primo ordine di espulsione, che non sia stato accompagnato alla frontiera all'atto del secondo accertamento della violazione, in virtu' dell'apodittica formulazione dell'ultimo periodo del comma 5 ter («qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento»). Tuttavia, poiche' la normativa fin qui esaminata e' stata introdotta proprio per permettere il meccanismo indefinito di processi con «arresti a catena», con la sostanziale surroga della detenzione (in virtu' dell'accumulo delle condanne e degli effetti della recidiva) alla piu' proporzionata e doverosa esecuzione in via amministrativa delle disposizioni sull'immigrazione (accompagnamenti e respingimenti motivati di soggetti specificamente individuati), non pare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del comma 5 quater dell'art. 14, d.lgs. 286/98, nella parte in cui richiama l'ultimo periodo del precedente comma 5 ter e sanziona reiteratamente plurime inosservanze della mera intimazione a lasciare il territorio nazionale, senza l'adozione del servizio pubblico di accompagnamento ai confini. Si deduce quindi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14 co. 5 quater, D.lgs. 286/1998, in riferimento agli artt. 3- 13 e 27 della Costituzione;
P.Q.M. Il Tribunale di Lecco visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. n. 87/53; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5 quater D.lgs. 286/1998, come modificato dalla L. 94/09, per irragionevolezza della sanzione e per violazione degli 3 (principio di ragionevolezza), 13 (liberta' personale) e 27 (funzione rieducativa della pena). Dispone la sospensione del procedimento e la immediata trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte Costituzionale; Dispone che del presente disposto venga data immediata comunicazione alla Questura di Lecco. Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata all'imputato, al difensore e al Pubblico Ministero, e che venga altresi' comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Lecco, addi' 19 aprile 2010 Il giudice: Ceron