N. 112 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 ottobre 2010

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 20 ottobre 2010 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
Energia - Esecuzione della sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
  215/2010  -  Interventi  urgenti  e  indifferibili,  connessi  alla
  trasmissione, alla distribuzione e alla produzione  dell'energia  e
  delle  fonti  energetiche  che   rivestono   carattere   strategico
  nazionale,  da  effettuarsi  con  mezzi  e  poteri  straordinari  -
  Previsione che  gli  interventi  siano  individuati  ad  opera  del
  Consiglio dei Ministri  d'intesa  con  le  Regioni  e  le  Province
  autonome interessate - Previsione  che  il  mancato  raggiungimento
  dell'intesa  possa   essere   superato   con   una   determinazione
  governativa - Previsione che  il  Governo,  con  atto  unilaterale,
  nomini il Commissario straordinario incaricato dell'esecuzione e ne
  determini i compiti - Previsione di poteri di sostituzione e deroga
  in capo al Commissario, nonche' di poteri ministeriali di controllo
  e vigilanza - Previsione che gli interventi  siano  realizzati  "in
  regime di cooperazione funzionale ed organizzativa" tra  commissari
  straordinari del Governo e regioni e province autonome  interessate
  - Previsto coinvolgimento di soggetti privati nell'attuazione degli
  interventi e nel relativo finanziamento - Lamentata interferenza in
  sfere  di  competenza  esclusiva  e  concorrente  della  Provincia,
  illegittima previsione di cogestione, illegittimo carattere  debole
  dell'intesa, sistema  a  finanziamento  incerto  e  sostanzialmente
  condizionato dalle risorse private -  Ricorso  della  Provincia  di
  Trento  -  Denunciata  violazione  delle  attribuzioni  statutarie,
  legislative  e  amministrative,  della  Provincia  in  materie   di
  competenza esclusiva quali ordinamento  degli  uffici  provinciali,
  urbanistica e piani regolatori,  tutela  del  paesaggio,  opere  di
  prevenzione e di pronto soccorso per  calamita'  pubbliche,  lavori
  pubblici di interesse provinciale, assunzione  diretta  di  servizi
  pubblici,  espropriazione  per  pubblica  utilita',  nonche'  nella
  materia  concorrente  dell'utilizzazione  delle  acque   pubbliche,
  violazione della potesta' legislativa concorrente e  amministrativa
  nelle materie della produzione, trasporto e distribuzione nazionale
  dell'energia, del governo  del  territorio  e  della  tutela  della
  salute, violazione  dei  limiti  alla  competenza  sostitutiva  del
  Governo,  violazione  dei   principi   di   leale   collaborazione,
  ragionevolezza e adeguatezza, buon andamento. 
- Decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni,
  nella legge 13 agosto 2010, n. 129, art. 1. 
- Costituzione,  artt.  97,  117,  comma  terzo,  118  e  120;  legge
  costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3,  art.  10;  Statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige artt. 8, nn. 1, 5, 6, 13, 17, 19 e  22,
  14, comma 1, e 16; decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  22
  marzo 1974, n. 381; decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26
  marzo 1977, n. 235,  artt.  01,  1-bis,  1-ter,  9  e  15;  decreto
  legislativo 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 4. 
(GU n.1 del 5-1-2011 )
     Ricorso della Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente della  Giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo  Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 2299 dell'8
ottobre 2010 (doc.  1),  rappresentata  e  difesa,  come  da  procura
speciale n. rep. 27409 del 13 ottobre 2010  (doc.  2),  rogata  dalla
dott.ssa Gianna Scopel, Direttore del Servizio Contratti  e  gestioni
generali,  esercitante  le  funzioni  di  Ufficiale   rogante   della
Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di  Padova,  dall'avv.
Nicolo'  Pedrazzoli  dell'Avvocatura  della  Provincia  di  Trento  e
dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio  eletto  in  Roma  nello
studio di questi in via Confalonieri, n.5; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
    dell'articolo 1 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105,  recante
«Misure urgenti  in  materia  di  energia.  Proroga  di  termine  per
l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del  sistema
degli incentivi», come convertito, con modificazioni, dalla legge  13
agosto 2010, n. 129, e dei nuovi commi 2, 3 e 4 dell'articolo  4  del
decreto-legge 1 luglio 2009,  n.  78,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 , che tale articolo 1 reca, 
    per violazione: 
    degli articoli: 8, n. 1), n. 5), n. 6), n. 13), n. 17),  n.  19),
n. 22); 9, n. 9); 14, comma 1; 16 dello Statuto  speciale,  approvato
con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; 
    delle relative norme di attuazione, tra cui il  d.P.R.  22  marzo
1974, n. 381, in materia di urbanistica  ed  opere  pubbliche,  e  il
d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia  (in  particolare
articoli 01, 1-bis, 1-ter, 9, 15); 
    degli articoli 117, terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, in
combinato disposto con l'articolo 10 della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3; 
    del decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.  266,  in  materia  di
rapporto  tra  legislazione  statale  e  legislazione  provinciale  e
relative funzioni amministrative, e in particolare gli articoli  2  e
4; 
        dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e  di
adeguatezza. 
 
                              F a t t o 
 
    La presente impugnazione costituisce il seguito - ad avviso della
ricorrente praticamente necessitato -  dell'impugnazione  che  questa
stessa Provincia ha proposto avverso l'articolo 4  del  decreto-legge
1º luglio 2009, n. 78, convertito con  modificazioni  dalla  legge  3
agosto 2009, n. 102. 
    Avverso tale disposizione ed avverso i suoi vari commi il ricorso
faceva valere diverse censure, tra le quali l'inammissibilita'  della
qualificazione come strategici  ed  urgenti,  ed  attratti  a  questo
titolo alla competenza statale, di  interventi  destinati  ad  essere
attuati con capitale privato, che per  sua  natura  non  puo'  essere
disponibile con certezza. 
    Accanto a questa la Provincia faceva valere  ulteriori  rilevanti
censure. 
    Tuttavia, con la sentenza n. 215 del 2010  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale accoglieva la prima censura sopra illustrata, sancendo
la violazione dei «canoni di pertinenza e proporzionalita'  richiesti
dalla  giurisprudenza  costituzionale  al  fine  di  riconoscere   la
legittimita' di previsioni legislative che attraggano  in  capo  allo
Stato funzioni di competenza delle Regioni». 
    Dal momento  che  tale  censura  veniva  a  privare  in  toto  le
disposizioni dell'articolo 4 di ogni  possibilita'  di  applicazione,
codesta  Corte  non  procedeva  all'esame  della   fondatezza   delle
rimanenti censure, che dichiarava invece assorbite. 
    L'art. 1, comma 1, del  decreto-legge  8  luglio  2010,  n.  105,
convertito, con modificazioni, nella legge 13 agosto  2010,  n.  129,
oggetto della presente impugnazione, dichiara di essere stato emanato
«a seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale
17 giugno 2010, n. 215»:  e  tuttavia,  ad  avviso  della  ricorrente
Provincia,  esso  sotto  diversi  profili  non  fa  che  ripetere  le
invasioni  della  competenza  provinciale  proprie  della  precedente
disciplina, e ad esse inoltre ne aggiunge di  nuove,  in  particolare
la' dove rende derisoria la pur teoricamente richiesta intesa con  la
Provincia, rendendone sostanzialmente irrilevante il diniego  con  il
semplice decorso di trenta giorni. 
    Inoltre, come si  dira',  persino  nel  punto  in  cui  le  nuove
disposizioni avrebbero dovuto davvero tenere conto della  statuizione
di codesta ecc.ma Corte costituzionale, prevedendo  risorse  certe  e
pubbliche per la realizzazione delle  opere,  esse  si  traducono  in
realta' in una operazione puramente verbale, lasciando nella sostanza
immutato il vizio di partenza. 
    In definitiva, il solo punto  in  cui  il  testo  appare  davvero
migliorativo del precedente e' il comma 1, nel quale ora si  richiede
l'intesa con le regioni e le province autonome interessate, anche per
gli interventi  connessi  alla  trasmissione  ed  alla  distribuzione
dell'energia, anziche' solo per quelli relativi alla produzione, come
era nel testo venuto meno a seguito della sentenza  n.  215/2010.  E'
stata cosi'  eliminata  una  incongruita'  palese,  e  tuttavia  tale
modifica e' stata resa vana dalla radicale  dequotazione  dell'intesa
alla quale si e' gia' accennato e della quale meglio si  dira'  nella
parte in diritto. 
    Il nuovo comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009
dispone ora che il Consiglio dei Ministri, su proposta  dei  Ministri
individuati nel medesimo comma, nonche' d'intesa con le regioni e  le
province autonome interessate, individua gli «interventi  urgenti  ed
indifferibili, connessi alla trasmissione, distribuzione e produzione
dell'energia  e  delle  fonti  energetiche  che  rivestono  carattere
strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di
situazioni di emergenza, o per i quali ricorrono particolari  ragioni
di urgenza  in  riferimento  allo  sviluppo  socioeconomico»  (enfasi
aggiunta), da realizzare con mezzi e poteri straordinari. 
    Si tratta del comma «migliorativo» di cui si  e'  detto:  sia  in
virtu' della estensione dell'intesa a tutti gli interventi,  sia  per
la restrizione degli interventi a quelli che siano da un lato urgenti
ed indifferibili, dall'altro di carattere  strategico  nazionale.  In
relazione a tale comma  la  ricorrente  Provincia  desidera  tuttavia
precisare che tali interventi  devono  essere  diversi  ed  ulteriori
rispetto a quelli che rientrano nella propria competenza  statutaria,
in particolare rispetto a quelli definiti di  competenza  provinciale
fin dalle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 235 del 1977.  Solo
tali interventi diversi ed ulteriori, infatti,  rientrano  ora  nella
piu' generale  competenza  concorrente  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»  di  cui  all'art.
117, terzo comma,  della  Costituzione,  la  quale  si  estende  alla
Provincia in quanto rechi competenze maggiori di quelle definite  dal
sistema statutario. 
    Inteso con tale precisazione, il nuovo comma 1  dell'art.  4  non
forma oggetto della presente impugnazione. 
    Il nuovo comma 2 dell'art. 4 precisa che  i  predetti  interventi
sono  realizzati   «in   regime   di   cooperazione   funzionale   ed
organizzativa tra commissari straordinari del  Governo,  nominati  ai
sensi del comma 3, e le regioni  e  province  autonome  interessate».
Specifica inoltre che con le intese di cui al comma 1  sono  definiti
«i  criteri  per  l'esercizio  della   cooperazione   funzionale   ed
organizzativa  tra  commissari  straordinari,  regioni   e   province
autonome per l'esercizio dei compiti di cui al presente articolo»,  e
che «tali criteri possono  contemplare  anche  il  coinvolgimento  di
soggetti privati nell'attuazione  degli  interventi  e  nel  relativo
finanziamento,  purche'  ne   siano   assicurate   l'effettivita'   e
l'entita'». 
    Sempre il comma 2 dispone poi (in modo  corrispondente  a  quanto
gia' disponeva il comma 3 della versione oggetto della  pronuncia  di
codesta Corte) che «ciascun  commissario,  sentiti  gli  enti  locali
interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte  le
attivita', di competenza  delle  amministrazioni  pubbliche  che  non
abbiano rispettato i termini  previsti  dalla  legge  o  quelli  piu'
brevi, comunque non inferiori alla meta',  eventualmente  fissati  in
deroga dallo  stesso  commissario,  occorrenti  all'autorizzazione  e
all'effettiva realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle
disposizioni comunitarie». 
    Cosi'  disponendo,  il  comma  2  dell'articolo   4   attribuisce
direttamente ad organi statali, a  prescindere  dall'intesa  prevista
dal comma 1 per l'individuazione degli interventi, compiti e funzioni
in materia di competenza provinciale. 
    Il   primo   periodo   attribuisce   ai    Commissari    funzioni
amministrative in regime di cooperazione funzionale ed  organizzativa
con la Provincia autonoma e compiti che sono definiti unilateralmente
dallo Stato con il decreto  di  nomina,  come  risulta  dal  comma  3
(mentre  con  intesa  sono  definiti  esclusivamente  i  criteri  per
l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa). Inoltre,
il terzo periodo introduce direttamente un potere  sostitutivo  degli
stessi Commissari, resi competenti ad emanare atti  e  provvedimenti,
nonche' curare tutte le attivita' di competenza delle amministrazioni
pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o
quelli  piu'  brevi  eventualmente  fissati  in  deroga  dallo  steso
Commissario. Cio' costituisce lesione delle competenze provinciali, e
per tale ragione  il  comma  2  costituisce  oggetto  della  presente
impugnazione. 
    Il comma 3,  per  quanto  qui  interessa,  dispone  che  «per  la
realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto  del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei  Ministri,  sono
nominati uno o piu' commissari straordinari del Governo», di cui  «il
medesimo decreto determina i compiti». 
    Per il rimanente la  disposizione  si  occupa  dei  mezzi  e  del
personale a disposizione del commissario  «senza  che  cio'  comporti
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Il  comma  3  prevede   dunque   che   siano   definiti   compiti
amministrativi dei commissari in  materia  provinciale,  e  che  cio'
inoltre avvenga in assenza di qualunque intesa. Anche il comma  3  e'
dunque lesivo delle competenze provinciali,  e  forma  oggetto  della
presente impugnazione. 
    Il nuovo comma 4 non ha in realta' corrispondente nella  versione
che  ha  costituito  oggetto  della  sentenza  n.  215  del  2010,  e
costituisce una ulteriore e gravissima  invasione  delle  prerogative
costituzionali  della  Provincia  autonoma  di  Trento,   in   quanto
sostanzialmente  vanifica  la  necessita'  dell'intesa  astrattamente
prevista dal comma 1. 
    Prevede infatti tale comma che «in caso di mancato raggiungimento
dell'intesa  di  cui  al  comma  1,  decorsi  trenta   giorni   dalla
convocazione del primo incontro tra il Governo  e  la  regione  o  la
provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa,  il
Governo  puo'  individuare  gli  interventi  di  cui  al   comma   1,
dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri
di  cui  al  secondo  periodo  del  comma  2,  anche  a   prescindere
dall'intesa, con deliberazione motivata del  Consiglio  dei  Ministri
cui sia stato invitato a partecipare il Presidente  della  regione  o
della provincia autonoma interessata». 
    Aggrava ulteriormente la  situazione  il  secondo  periodo  della
disposizione, in forza del quale «in tal caso» - cioe' nel  caso  sia
mancata l'intesa nei  trenta  giorni  dalla  convocazione  del  primo
incontro - il commissario del Governo «da' impulso  agli  interventi,
se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di  cui  al
terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari di sostituzione
e di deroga di cui all'articolo 20, comma  4,  del  decreto-legge  29
novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge  28
gennaio 2009, n. 2; b) mezzi e  risorse  finanziarie  pubbliche  gia'
previste a legislazione vigente». 
    Si dispone inoltre che «in ogni caso  l'apporto  finanziario  dei
soggetti privati deve essere  proporzionato  alle  risorse  pubbliche
utilizzate». 
    Per il  suo  carattere  evidentemente  lesivo  delle  prerogative
costituzionali della Provincia anche il comma 4  costituisce  oggetto
della presente impugnazione. 
    Dato che  il  ricorso  fa  valere  la  lesione  delle  competenze
costituzionali della Provincia e' opportuno qui  ricordare  quale  ne
sia il fondamento. 
    Lo Statuto di autonomia di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n.  670,
attribuisce a  questa  Provincia  la  potesta'  legislativa  -  e  la
correlativa potesta' amministrativa (art.  16  St.)  -  esclusiva  in
materia di ordinamento degli uffici provinciali (articolo 8,  n.  1),
urbanistica e  piani  regolatori  (articolo  8,  n.  5),  tutela  del
paesaggio (articolo 8, n.  6),  opere  di  prevenzione  e  di  pronto
soccorso per calamita'  pubbliche  (articolo  8,  comma  13),  lavori
pubblici di interesse provinciale (articolo  8,  n.  17),  assunzione
diretta di servizi pubblici (articolo 8, n. 19),  espropriazione  per
pubblica utilita' (articolo 8, n. 22); e concorrente  in  materia  di
utilizzazione delle acque pubbliche (articolo 9, n. 9). Lo Statuto di
autonomia prevede inoltre il parere obbligatorio della Provincia  per
le concessioni in materia di comunicazioni  e  trasporti  riguardanti
linee che attraversano il territorio provinciale (articolo 14,  comma
1). 
    L'assetto statutario delle competenze e' altresi' definito  dalle
relative norme di attuazione, in particolare il d.P.R. 22 marzo 1974,
n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche,  il  d.P.R.  26
marzo 1977, n. 235, in materia di energia. 
    In  particolare,  l'articolo  01  del  d.P.R.  n.  235  del  1977
(aggiunto dal d.lgs. n. 463 del 1999)  ha  trasferito  alle  Province
autonome  le  funzioni  in  materia   di   energia   esercitate   sia
direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato  sia  per
il tramite di enti  e  istituti  pubblici  a  carattere  nazionale  o
sovraprovinciale (comma 1), precisando che le funzioni relative  alla
materia «energia» concernono le  attivita'  di  ricerca,  produzione,
stoccaggio, conservazione, trasporto  e  distribuzione  di  qualunque
forma di energia (comma 2). 
     Il medesimo articolo elenca una  serie  di  funzioni  e  compiti
riservati allo Stato tra  le  quali  rilevano  quelle  relative  alla
costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione  di  energia
elettrica da fonti  convenzionali  di  potenza  superiore  a  300  MW
termici nonche' le  reti  per  il  trasporto  dell'energia  elettrica
costituenti la rete di trasmissione nazionale con tensione  superiore
a 150 KV, l'emanazione delle relative norme tecniche  e  le  reti  di
livello nazionale di gasdotti con pressione di esercizio superiore  a
40 bar e  oleodotti  (comma  3,  lettera  c);  in  ogni  caso,  sugli
interventi statali di  cui  al  comma  3,  lettera  c)  la  normativa
d'attuazione  prevede  il  parere  obbligatorio  di  della  Provincia
autonoma, ai sensi  dell'articolo  14,  primo  comma,  dello  Statuto
speciale, anche con specifico riferimento alla rete  di  trasmissione
nazionale dell'energia elettrica (comma 4). 
    Anche l'articolo 9 richiama l'applicazione del predetto  articolo
14, primo comma, per quanto concerne  il  territorio  delle  province
autonome riguardo lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale. 
    Inoltre, l'articolo 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977  attribuisce
alle Province autonome le  funzioni  statali  in  materia  di  grandi
derivazioni a scopo idroelettrico (comma  1);  in  relazione  a  tale
disposizione la norma di attuazione attribuisce altresi'  alla  legge
provinciale la disciplina normativa delle medesime concessioni (comma
2). 
    L'articolo  15  del  d.P.R.  n.  235  precisa  infine  che,   nel
territorio delle province autonome, non si applicano le  disposizioni
di legge incompatibili con quanto da esso disposto. 
    Accanto alle disposizioni sullo specifico riparto  di  competenza
tra la Provincia e lo Stato, vi sono  poi  le  regole  di  attuazione
statutaria che definiscono in  generale  i  rapporti  tra  normazione
statale e normazione provinciale, nonche' i rapporti tra i rispettivi
compiti amministrativi. 
    In particolare, gli articoli 2 e 4 del decreto legislativo n. 266
del 1992 dispongono in relazione  ai  rapporti  tra  fonti  normative
statali  nonche'  funzioni  statali  e   l'ordinamento   provinciale.
L'articolo 2 esclude la diretta applicazione della normativa  statale
nelle materie di competenza provinciale, mentre l'articolo 4  esclude
che la legge possa attribuire ad organi statali -  nelle  materie  di
competenza propria delle Province autonome - funzioni amministrative,
comprese  quelle  di  vigilanza,  di  polizia  amministrativa  e   di
accertamento  di  violazioni  amministrative,   diverse   da   quelle
spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative  norme
di attuazione. 
    Infine, per quanto di ulteriore disponga rispetto alle competenze
statutarie, vale in favore della Provincia autonoma  l'articolo  117,
comma terzo,  della  Costituzione,  che  in  combinato  disposto  con
l'articolo 10 della legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3,
attribuisce alla Provincia autonoma di Trento la potesta' legislativa
concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»,  compresa  la  disciplina  della   funzione
amministrativa a termini dell'art.  118  Cost.,  come  confermato  da
codesta Corte costituzionale nelle sentenze nn. 6 e 8 del 2004  e  n.
383 del 2005. 
    A tale proposito, sia  consentito  osservare  che  codesta  Corte
costituzionale, in particolare con la sentenza n. 383 del 2005, punto
14, ha affermato che in base al titolo V della  parte  seconda  della
Costituzione, come riformato nel  2001,  la  Provincia  gode  ora  di
competenze legislative ed amministrative piu' ampie  di  quelle  gia'
assicurate nel sistema statutario, sopra esposte. 
    A questa stregua, le competenze  costituzionali  della  Provincia
nella materia dell'energia  constano  oggi  di  un  doppio  strato  o
livello. 
    Da un lato, vi sono le competenze  statutarie,  che  non  possono
essere ridotte in alcun modo in base a clausole del  nuovo  Titolo  V
(dato  che  cio'  equivarrebbe,  sotto  questo  profilo,  a   ridurre
l'autonomia provinciale). Dall'altro vi sono le competenze  nuove  ed
aggiuntive, che seguono in tutto e per  tutto  il  regime  del  nuovo
Titolo V, comprese  le  clausole  relative  alle  competenze  statali
trasversali ed interferenti. 
    Nel  quadro  della   situazione   giuridica   ora   esposta,   le
disposizioni impugnate con il presente  ricorso  si  rivelano  dunque
invasive delle competenze costituzionali della Provincia ricorrente e
costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' costituzionale del comma 2 dell'art. 4 del d.l.  n.
78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotto dal  d.l.  n.
105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. 
    Come esposto in narrativa, il nuovo comma 2 dell'art. 4 del  d.l.
n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, come «sostituito» (in
realta' introdotto ex novo, essendo  stati  i  commi  precedentemente
esistenti caducati da codesta Corte) dall'art. 1, comma 1,  del  d.l.
n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010, stabilisce  che  gli
interventi individuati al comma  1  sono  realizzati  «in  regime  di
cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari  straordinari
del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni  e  province
autonome interessate». Specifica inoltre che con le intese di cui  al
comma 1 sono definiti «i criteri per l'esercizio  della  cooperazione
funzionale ed organizzativa tra commissari  straordinari,  regioni  e
province autonome per l'esercizio dei  compiti  di  cui  al  presente
articolo»,  e  che  «tali  criteri  possono  contemplare   anche   il
coinvolgimento di soggetti privati nell'attuazione degli interventi e
nel   relativo   finanziamento,   purche'   ne    siano    assicurate
l'effettivita' e l'entita'». 
    Sempre il comma 2 dispone poi (in modo  corrispondente  a  quanto
gia' disponeva il comma 3 della versione oggetto della  pronuncia  di
codesta Corte) che «ciascun  commissario,  sentiti  gli  enti  locali
interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte  le
attivita', di competenza  delle  amministrazioni  pubbliche  che  non
abbiano rispettato i termini  previsti  dalla  legge  o  quelli  piu'
brevi, comunque non inferiori alla meta',  eventualmente  fissati  in
deroga dallo  stesso  commissario,  occorrenti  all'autorizzazione  e
all'effettiva realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle
disposizioni comunitarie». 
    Tali disposizioni sono, ad  avviso  della  ricorrente  Provincia,
incostituzionali nelle parti e per i profili che seguono. 
    Quanto alla prima disposizione, secondo la quale  gli  interventi
di cui  al  comma  1  sono  realizzati  «in  regime  di  cooperazione
funzionale ed organizzativa» tra commissari straordinari del  Governo
e le regioni e province  autonome  interessate,  va  in  primo  luogo
osservato che la statuizione di  tale  regime  -  che  non  contempla
alcuna distinzione in base alla portata dell'impianto o della rete  -
sarebbe palesemente  incostituzionale  ove  dovesse  intendersi  come
riferito anche alle funzioni che alla Provincia spettano in  base  al
sistema statutario, ed in particolare a quelle che ad  essa  spettano
ai sensi dell'art. 01, comma 3, d.P.R. n. 235/1977. 
    Non pare esclusa la possibilita' di intendere la  disposizione  -
secondo il principio dell'interpretazione costituzionalmente conforme
- nel senso che, per quanto riguarda il territorio  provinciale,  gli
interventi statali si riferiscono  solo  a  quanto  eccettuato  dalla
competenza provinciale ai sensi dell'art.  01,  comma  3,  d.P.R.  n.
235/1977, e sempre con la salvezza di quanto disposto per  ogni  tipo
di intervento dall'art. 14 dello Statuto e dall'art. 9  dello  stesso
d.P.R. n. 235 del 1977. 
    Se cosi' non  fosse,  tuttavia,  cioe'  se  il  comma  2  dovesse
intendersi come riferito - anche per la provincia di Trento - a tutti
gli impianti  e  a  tutte  le  reti,  esso  sarebbe  illegittimo  per
violazione dell'art. 8, nn. 5, 6, 17, 19 e 22 dello Statuto speciale,
sopra gia' menzionati, e dell'art. 16 dello Statuto, che  attribuisce
alle Province competenza amministrativa nelle stesse materie  in  cui
hanno potesta' legislativa. Inoltre, esso  violerebbe  specificamente
l'art. 01 d.P.R. n. 235/1977, che prevede la competenza statale  solo
per certi impianti e reti, come visto, e l'articolo 4, comma  1,  del
decreto legislativo n. 266 del 1992, il quale esclude  che  la  legge
possa attribuire agli organi statali - nelle  materie  di  competenza
propria delle province autonome - funzioni  amministrative,  comprese
quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di  accertamento  di
violazioni amministrative, diverse da  quelle  spettanti  allo  Stato
secondo,  appunto,  lo  Statuto  speciale  e  le  relative  norme  di
attuazione. 
    Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla  base  del
riferimento alle «particolari ragioni di urgenza in riferimento  allo
sviluppo socio-economico», o a possibili situazioni di «emergenza», o
del fatto che gli interventi «devono essere effettuati  con  mezzi  e
poteri  straordinari»  (art.  4,  comma  1).  Tali  circostanze   non
basterebbero a giustificare  una  competenza  statale  esclusa  dalle
norme di attuazione appena citate. 
    Si noti inoltre che, come meglio si dira' nel  punto  finale,  le
nuove  previsioni  di  legge   non   sono   accompagnate   da   alcun
finanziamento che possa rendere possibili  le  opere,  per  le  quali
invece di dice (comma 4) che le uniche  risorse  disponibili  sono...
quelle gia' previste dalle leggi vigenti: sicche' e' evidente  che  -
nonostante che codesta Corte abbia colpito i precedenti primi quattro
commi dell'art. 4 proprio per questo motivo - per il finanziamento si
continua a contare essenzialmente  sul  capitale  privato  e  non  si
dispone alcuna specifica risorsa pubblica: sicche',  come  prima,  la
stessa  legge  smentisce  la  particolare  urgenza   dell'intervento,
perche' la disponibilita' del capitale privato e' per definizione non
garantita; se l'intervento fosse davvero urgente,  la  legge  avrebbe
direttamente stanziato una somma. 
    Ne', per quanto riguarda le  attivita'  che  spettano  agli  enti
locali, vi e' ragione alcuna per la quale  esse  non  possano  essere
assicurate, eventualmente anche  in  via  sostitutiva,  dalla  stessa
Provincia  autonoma  di  Trento,  titolare  delle  competenze   nella
materia. 
    Anche nel  caso  in  cui  si  riferissero  -  per  il  territorio
provinciale - ad opere diverse da quelle trasferite alla Provincia ai
sensi dell'art. 01 d.P.R.  n.  235/1977  (ed  ovviamente  a  maggiore
ragione ove si riferiscano anche ad  esse)  -  e  fermo  restando  il
diritto statutario della Provincia di esprimere il proprio parere  su
ogni tipo di opere anche statali relative al settore dell'energia  ex
art. 14, comma 1 Statuto - le norme  impugnate  risultano  ad  avviso
della ricorrente Provincia comunque illegittime. 
    Si tratta infatti della attribuzione di compiti amministrativi ad
organi statali in materia di competenza concorrente,  di  regola  non
ammissibile. E se pure si tratti di opere strategiche, per  le  quali
e' ammesso che - in applicazione del principio  di  sussidiarieta'  -
siano individuate dallo Stato d'intesa  con  le  Regioni  e  Province
autonome  interessate,  sembra   evidente   che   il   principio   di
sussidiarieta' in nessun caso - neppure  per  le  Regioni  a  statuto
ordinario - puo' esigere la cogestione con organismi statali che  non
esprimono affatto -  come  e'  proprio  delle  funzioni  attratte  in
sussidiarieta'  -  un   livello   territoriale   superiore   e   piu'
comprensivo. 
    La «cooperazione funzionale ed organizzativa» si  traduce  dunque
soltanto in un meccanismo di interferenza, tanto piu' grave in quanto
i compiti assegnati al commissario sono unilateralmente decisi  (come
disposto dal comma 3, pure impugnato) dal Consiglio dei ministri. 
    Inoltre e' da considerare che il principio di  sussidiarieta'  ha
gia' operato nella materia dell'energia, giustificando l'attribuzione
ad organi statali di determinate funzioni amministrative,  in  virtu'
di esigenze di esercizio unitario (v. l'art. 29 d.lgs. n. 112/1998  e
la legge  n.  239/2004).  Risulta  dunque  illegittimo  ed  incongruo
invocare nuovamente il principio di sussidiarieta' per  avocare  allo
Stato la realizzazione  di  interventi  rientranti  nella  competenza
regionale, solo in virtu' di una loro urgenza,  del  resto  meramente
asserita. 
    Tale  meccanismo  di  interferenza  viola  dunque  le  competenze
provinciali stabilite dagli articoli 117, comma terzo, e  118,  comma
primo,  della  Costituzione,  costituendo  inoltre  un   fattore   di
incertezza  nella  imputazione  delle  funzioni  e   delle   connesse
responsabilita', in violazione anche del principio di buon  andamento
di cui all'art. 97, primo comma, Cost. 
    Si noti che la lesivita' non viene meno per il fatto che - per la
disposizione del secondo periodo - «i criteri per  l'esercizio  della
cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari,
regioni e province autonome per l'esercizio dei  compiti  di  cui  al
presente articolo» sono definiti dalle intese di cui al comma 1. 
    Da una parte, infatti, la definizione d'intesa non fa venire meno
il principio stesso della cogestione, che non ha una  giustificazione
costituzionale; dall'altra parte, come meglio si dira', la necessita'
dell'intesa si rivela,  nella  disciplina  del  successivo  comma  4,
puramente fittizia. 
    Quanto alla disposizione, sempre del comma 2,  secondo  la  quale
«ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana  gli
atti  e  i  provvedimenti,  nonche'  cura  tutte  le  attivita',   di
competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato
i termini previsti dalla legge o  quelli  piu'  brevi,  comunque  non
inferiori alla meta', eventualmente fissati in  deroga  dallo  stesso
commissario,   occorrenti    all'autorizzazione    e    all'effettiva
realizzazione  degli  interventi,  nel  rispetto  delle  disposizioni
comunitarie», essa prevede un potere sostitutivo statale che riguarda
tutti gli atti, di competenza della Provincia e  degli  enti  locali,
occorrenti all'autorizzazione  e  all'effettiva  realizzazione  degli
interventi. 
    Nell'ipotesi che tale norma si riferisca  anche  alle  competenze
statutarie della Provincia, essa sarebbe illegittima perche'  prevede
un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi  in  cui  esso  e'
previsto dalle norme statutarie e di attuazione (v. gli artt. 5  e  8
d.P.R.  n.  526/1987),  con  conseguente   lesione   delle   funzioni
provinciali e degli enti locali  nelle  materie  dell'energia,  della
sanita' e dell'urbanistica (art. 8, n. 5, n. 6, n. 13, n. 17, n.  19,
n. 22, art. 9, n. 9 e n. 10, art. 16 dello Statuto e  relative  norme
di attuazione, fra le quali rileva soprattutto  l'art.  4  d.lgs.  n.
266/1992). 
    Con riferimento alle funzioni acquisite dalla Provincia ex Titolo
V (le sole in relazione alle quali e' applicabile l'art.  120  Cost.:
sent. 236/2004), la norma  in  questione  e'  ugualmente  illegittima
perche' prevede un potere sostitutivo al di fuori  dei  casi  in  cui
esso e' esercitabile ai sensi del Titolo V. Infatti, la  norma  sulla
sostituzione (si tratta di sostituzione «ordinaria», non di quella di
cui all'art. 120 Cost.) non risponde a ben tre dei quattro  requisiti
individuati da codesta Corte costituzionale, a  partire  dalla  sent.
43/2004. In primo luogo, la  competenza  sostitutiva  non  e'  di  un
organo politico  di  livello  superiore,  ma  di  un  organo  ad  hoc
meramente tecnico, non legittimato costituzionalmente  a  sostituirsi
agli organi titolari della competenze, e non legittimato  a  valutare
le ragioni  di  un  possibile  ritardo  e  la  stessa  necessita'  ed
opportunita' dell'atto che si tratta di compiere. Ne' puo' replicarsi
che il commissario e' nominato dal Governo, dato che non si tratta di
un commissario ad acta nominato a fronte  di  una  specifica  inerzia
regionale (per la quali le valutazioni indicate sono avvenute in sede
governativa), ma di un organo con competenza  generale  che  dovrebbe
compiere esso stesso le valutazioni riservate alla sede politica. 
    In secondo luogo, la sostituzione non e' limitata -  come  semmai
dovrebbe - agli atti obbligatori, i soli per i quali sia possibile la
sostituzione ordinaria. Infine, non  sono  previste  idonee  garanzie
procedimentali ne' per le Regioni (e Province autonome) ne'  per  gli
enti locali. 
    Di qui la violazione degli artt. 117, comma 3, 118 e 120 Cost. 
    Infine, la norma in questione risulta illegittima, per violazione
del principio di leale collaborazione, in quanto non  prevede  che  i
provvedimenti relativi  alla  autorizzazione  e  realizzazione  degli
interventi vengano assunti d'intesa con la Provincia autonoma. Non si
comprende perche' il comma 3 preveda  il  coinvolgimento  degli  enti
locali e non quello delle Regioni, titolari costituzionali dei poteri
legislativi e di  allocazione  delle  funzioni  amministrative  nelle
materie dell'energia e del governo del  territorio  ed  evidentemente
interessate dalla realizzazione di interventi  che  non  hanno  certo
ambito infracomunale. 
    Inoltre, risulta ad avviso della  ricorrente  Provincia  autonoma
illegittima - per violazione delle norme statutarie, di attuazione  e
del Titolo V sopra citate -  la  norma  che  da'  al  commissario  la
possibilita' di abbreviare i termini previsti dalle leggi, in  quanto
incide  potenzialmente  su  leggi   provinciali   e   pregiudica   la
possibilita' di esercizio della funzione amministrativa della  stessa
Provincia  o  dei  comuni,  mettendo  a  repentaglio  gli   interessi
all'ordinato sviluppo del  territorio,  all'ambiente  e  alla  salute
tutelati dalle leggi provinciali in materia  di  energia,  sanita'  e
urbanistica,  emanati  nell'esercizio  della   potesta'   legislativa
primaria,  o  comunque  formanti  ambiti  di  esclusiva   valutazione
provinciale anche nel quadro della potesta' concorrente. 
2. Illegittimita' costituzionale del comma 3 dell'art. 4 del d.l.  n.
78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotto dal  d.l.  n.
105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. 
    In base al comma 3, «per la  realizzazione  degli  interventi  ai
sensi del comma 2, con decreto del Presidente  della  Repubblica,  su
proposta  del  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri,   previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati  uno  o  piu'
commissari straordinari del Governo»; «il medesimo decreto  determina
i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza  del
Ministro per la semplificazione  normativa  e  degli  altri  Ministri
competenti». 
    Come gia' argomentato per il comma 2, la disposizione  violerebbe
direttamente l'art. 16 dello Statuto e l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del
1992 ove dovesse riferirsi anche alle competenze che  alla  Provincia
spettano in forza del sistema statutario, ed in particolare in  forza
del d.P.R. n. 235 del 1977, come modificato dal  d.lgs.  n.  463  del
1999. 
    Si tratterebbe,  infatti,  di  una  illegittima  intestazione  ad
organi statali di poteri  amministrativi  in  materia  di  competenza
provinciale, al di fuori delle ipotesi previste dallo statuto e dalle
norme di attuazione. 
    Ma anche ove si  intendesse  che  la  nomina  dei  commissari  si
riferisse solo alle maggiori funzioni spettanti nella  materia  della
produzione, distribuzione e trasporto dell'energia ai sensi dell'art.
117, comma terzo, Cost., permarrebbe l'illegittimita'  costituzionale
della disposizione. 
    Infatti,  anche  ammesso  che  la  dimensione  strategica  ed  il
carattere urgente degli interventi possano portarne  l'individuazione
al livello statale, in  regime  di  condivisione  con  le  Regioni  e
Province autonome, non  si  vede  in  forza  di  quale  principio  la
realizzazione di tali opere debba essere in minore o maggiore  misura
affidata ad organi statali. 
    Valgono qui gli stessi argomenti gia' esposti avverso  il  regime
di  forzosa  cogestione  degli  interventi  previsti  dal  comma   2,
argomenti  che  sia  consentito  di  richiamare.   Risultano   dunque
illegittimi gli ulteriori poteri amministrativi statali in materia di
competenza  regionale  (energia  e  governo   del   territorio),   in
violazione dell'art. 117, co. 3, e dell'art. 118, commi  1  e  2:  la
nomina  dei  commissari,  le  funzioni  dei  commissari  e  la   loro
determinazione governativa, i poteri di controllo e di vigilanza  del
Ministro per la semplificazione  normativa  e  degli  altri  Ministri
competenti. 
    In subordine, qualora codesta ecc.ma Corte  dovesse  ritenere  in
se' legittima la nomina dei  commissari,  in  forza  di  una  inedita
accezione del principio di sussidiarieta', la disposizione rimarrebbe
comunque  costituzionalmente  illegittima  in  quanto   non   prevede
l'intesa con la Regiono o  Provincia  autonoma  interessata,  ne'  in
relazione all'individuazione dei commissari, ne'  in  relazione  alla
definizione dei loro compiti. 
    Va sottolineato  che  la  nuova  disposizione  sulla  nomina  dei
commissari e' persino peggiorativa rispetto al  testo  che  e'  stato
caducato dalla sentenza n. 215 del 2010. 
    In quello, infatti, la nomina dei  commissari  veniva  deliberata
dal Consiglio dei ministri «con le stesse modalita' di cui al comma 1
del presente articolo» (cosi' l'allora comma 2), cioe'  d'intesa  con
le  Regioni  o  Province  autonome,  sia  pure   limitatamente   alla
produzione dell'energia. 
    Ora anche questa limitata intesa (che per  tale  limitazione  era
stata contestata) incomprensibilmente scompare. 
    L'illegittimita'   costituzionale   della    omessa    previsione
dell'intesa per la nomina e per la definizione  dei  compiti  risulta
evidente,  solo  che  si  applichino  i   principi   definiti   dalla
giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza  n.  303  del  2003:
qualora il principio di sussidiarieta' consenta alla legge statale di
intervenire in materie di competenza regionale con norme non di  solo
principio ma di attrazione di parte  della  funzione  amministrativa,
l'alterazione del riparto ordinario di  competenze  richiede  che  la
gestione amministrativa degli interventi territorialmente localizzati
avvenga d'intesa - un'intesa non prescindibile - tra lo  Stato  e  la
Regione o Provincia autonoma interessata. 
    Non prevedendo tale intesa, la disposizione del comma  3  risulta
illegittima per violazione del  principio  di  leale  collaborazione,
collegato al riparto di cui all'art. 117, comma terzo, e  118,  comma
primo, della Costituzione. 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4 dell'art. 4 del
d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009,  introdotto  dal
d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. 
    Come ricordato in narrativa, il  comma  4  dell'art.  4  d.l.  n.
78/2009, introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge  n.  129
del 2010, prevede che, «in caso di mancato raggiungimento dell'intesa
di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo
incontro tra  il  Governo  e  la  regione  o  la  provincia  autonoma
interessata  per  il  raggiungimento  dell'intesa,  il  Governo  puo'
individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e
l'indifferibilita' nonche' definire  i  criteri  di  cui  al  secondo
periodo  del  comma  2,  anche   a   prescindere   dall'intesa,   con
deliberazione motivata del  Consiglio  dei  Ministri  cui  sia  stato
invitato a partecipare il Presidente della regione o della  provincia
autonoma interessata». 
    Questa formulazione rende  evidente  che  l'intesa  prevista  dal
comma 1 ha carattere debole, anzi, debolissimo visto che  il  Governo
puo' procedere unilateralmente sulla sola  base  del  decorso  di  30
giorni «dalla convocazione del primo incontro tra  il  Governo  e  la
regione o la  provincia  autonoma  interessata»,  a  prescindere  dal
concreto svolgimento della «trattativa» fra Stato e Provincia (numero
degli incontri, distanza tra le parti, complessita'  delle  questioni
emerse  e  conseguenti  esigenze  di  approfondimento,   serieta'   e
fondatezza delle ragioni della mancata intesa, ecc.). 
    Se  pure   fosse   costituzionalmente   ammissibile   prescindere
dall'intesa - e per le ragioni che esporranno non lo e' - il  brutale
meccanismo del decorso di trenta giorni dalla  semplice  convocazione
e' di per se' palesemente illegittimo, per violazione  del  principio
di leale collaborazione: e di tale  illegittimita'  viene  fatta  qui
specifica evidenziazione e specifica richiesta di annullamento. 
    Ma il vizio  maggiore  sta  a  monte,  e  consiste  nella  stessa
previsione   della   «rescindibilita'»   dell'intesa,   cioe'   della
possibilita'  per  lo  Stato  di  procedere   unilateralmente.   Tale
possibilita' risulta  infatti  lesiva  delle  competenze  provinciali
sopra illustrate (artt. 8,  9,  14,  comma  1,  e  16  dello  Statuto
speciale e relative norme di attuazione, artt. 117, comma  3,  e  118
della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10 1.  cost.  n.
3/2001) e del principio di leale collaborazione. 
    Nella stessa logica del nuovo Titolo V  della  Costituzione  (che
comunque non potrebbe valere  per  le  funzioni  che  in  materia  di
energia derivano dal sistema  statutario)  quando  la  legge  statale
attribuisce ad un organo statale una funzione amministrativa  in  una
materia di competenza regionale, per ragioni di  esercizio  unitario,
l'alterazione del riparto costituzionale delle competenze  dev'essere
necessariamente «compensata»  con  il  coinvolgimento  «forte»  della
Regione (se non nel  momento  della  scelta  legislativa,  come  pure
sarebbe in  via  di  principio  necessario)  perlomeno  in  relazione
all'esercizio della funzione amministrativa. 
    In questi  casi,  cioe',  l'intesa  con  la  Regione  interessata
dev'essere necessariamente  «forte»  e  la  legge  statale  non  puo'
prevedere meccanismi unilaterali per superare la mancata intesa, come
risulta da una consolidata giurisprudenza costituzionale. Oltre  alle
fondamentali sentt. 303/2003, 6/2004 e 62/2005, si puo' ricordare qui
la sent. 121/2010, che ha  annullato  una  norma  che  stabiliva  che
«decorsi novanta giorni senza che sia  stata  raggiunta  la  predetta
intesa, gli accordi di programma possono essere comunque  approvati».
In quella occasione codesta Corte costituzionale ha sancito che «tale
norma vanifica la previsione dell'intesa, in  quanto  attribuisce  ad
una delle parti "un ruolo preminente,  incompatibile  con  il  regime
dell'intesa, caratterizzata [...]  dalla  paritaria  codeterminazione
dell'atto"; e che non e' legittima "la drastica previsione,  in  caso
di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle
parti,  la  quale  riduce  all'espressione  di  un  parere  il  ruolo
dell'altra"». 
    Ed  anche  la  sent.  24/2007  ha  confermato  che,  per  ovviare
all'esigenza di «superare la situazione di stallo  determinata  dalla
mancata intesa» e per «dare concreta attuazione al principio di leale
collaborazione», spetta al legislatore «stabilire, semmai, un sistema
che imponga comportamenti rivolti allo scambio di informazioni e alla
manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti  e,  in  ultima
ipotesi, contenga previsioni le quali  assicurino  il  raggiungimento
del risultato, senza la  prevalenza  di  una  parte  sull'altra  (per
esempio, mediante la indicazione di un soggetto terzo)». 
    La sent. n. 383/2005, riguardante proprio la Provincia di Trento,
ha anch'essa chiarito che l'art. 120, comma 2, Cost. «non puo' essere
applicato ad  ipotesi...  nelle  quali  l'ordinamento  costituzionale
impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e
organi  regionali  per   l'esercizio   concreto   di   una   funzione
amministrativa attratta  in  sussidiarieta'  al  livello  statale  in
materie di competenza legislativa regionale»; la  Corte  ha  ribadito
che «tali intese costituiscono condizione  minima  e  imprescindibile
per  la  legittimita'  costituzionale  della  disciplina  legislativa
statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una  funzione
amministrativa in materie affidate alla legislazione  regionale,  con
la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in  senso
forte", ossia di atti a struttura  necessariamente  bilaterale,  come
tali non superabili con decisione unilaterale di  una  delle  parti».
L'esigenza «che il  conseguimento  di  queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di  stallo,
potra' certamente  ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano
legislativo, di procedure parzialmente innovative  volte  a  favorire
l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta'
a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti coinvolte»;  e  «nei  casi  limite  di  mancato  raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e Regioni». 
    E' da sottolineare che due delle decisioni succitate riguardavano
proprio la materia dell'energia (sentt. nn. 6/2004 e 383/2005). 
    Ne' la mancata previsione di un'intesa  «forte»  puo'  essere  in
alcun  modo  surrogata  dalla  partecipazione  dei  Presidenti  delle
Regioni  o  delle  Province  autonome  interessate  alla  seduta  del
Consiglio dei ministri: tale partecipazione si limita a «portare» nel
Consiglio la voce della Provincia, senza tradursi  in  un  potere  di
«codeliberazione». Essa potra' costituire una qualche garanzia  nelle
ipotesi in cui il ricorso alla  competenza  statale  governativa  sia
necessaria  e   giustificata   sulla   base   di   altro   fondamento
costituzionale, ma non puo' ovviamente costituire autonomo fondamento
costituzionale del potere statale. 
    Le  disposizioni  impugnate  sono  dunque  illegittime   per   la
violazione  dell'autonomia  amministrativa  della  Provincia  e   del
principio di leale collaborazione. 
    Ne' verrebbe replicare che il comma 4 si giustifica per l'urgenza
degli interventi o per il loro «carattere strategico  nazionale».  Le
sentt. nn. 6/2004 e 383/2005, che hanno ribadito il carattere «forte»
dell'intesa   in   materia   di   energia,   avevano   ad    oggetto,
rispettivamente,  un  decreto-legge  recante  «Misure   urgenti   per
garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale»  e  volto  ad
«evitare  il  pericolo  di  interruzione  di  fornitura  di   energia
elettrica  su  tutto  il  territorio  nazionale  e  di  garantire  la
necessaria copertura del fabbisogno nazionale», ed  un  decreto-legge
«originato da alcune  urgenti  necessita'  di  sviluppo  del  sistema
elettrico nazionale e di recupero di potenza» (cosi' la stessa  sent.
383/2005, punto 15). Inoltre, sempre la sent. n. 383/2005, nel  punto
in cui ha sancito la necessita' di rispettare il principio  di  leale
collaborazione,  ha  precisato  che   non   rileva   la   «dimensione
"nazionale" (unilateralmente definita) di fenomeni  od  attrezzature,
da cui sembra che spesso si  vogliano  escludere  le  Regioni»,  dato
«l'esplicito riferimento alla stessa dimensione  "nazionale"  che  e'
contenuto nella denominazione della materia "produzione, trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia" di cui al terzo comma dell'art.
117 Cost.». 
    In definitiva, in situazioni come  queste  il  concedere  ad  una
delle parti - ed in realta' allo Stato -  un  potere  di  definizione
unilaterale squilibra  irrimediabilmente  il  rapporto,  mettendo  la
parte regionale o provinciale in una condizione di marginalita'. Deve
invece essere affermato il regime di necessaria condivisione da parte
della Provincia autonoma delle scelte che  toccano  irreversibilmente
il territorio, e  che  dunque  il  raggiungimento  dell'accordo  deve
necessariamente rimanere affidato alla serieta' ed  alla  correttezza
delle parti, garantita ove occorra da codesta  Corte  costituzionale.
Nel caso specifico, poi, le  modalita'  di  superamento  del  diniego
dell'intesa sono tali da rendere la  teorica  previsione  dell'intesa
addirittura derisoria. 
    Si deve poi comunque ricordare che, in  relazione  alle  funzioni
aventi fondamento statutario (cioe' quelle  previste  dal  d.P.R.  n.
235/1977, come successivamente modificato), il modo in cui  lo  Stato
puo' intervenire a fronteggiare situazioni di  urgenza  e'  delineato
dall'art. 2, comma 5, d.lgs. 266/1992,  in  base  al  quale  «restano
fermi i poteri di ordinanza amministrativa  diretti  a  provvedere  a
situazioni eccezionali di necessita' ed urgenza, nei casi, nei modi e
nei limiti previsti dall'ordinamento». 
    Ne risultano dunque  evidenti  la  lesivita'  e  l'illegittimita'
costituzionale del primo periodo del comma 4, sotto tutti  i  profili
esposti. 
    Il secondo periodo del comma 4 stabilisce che, nel caso in cui il
Governo  individui  gli  interventi  e  definisca  i  criteri   della
cooperazione  in  modo  unilaterale,  «il  commissario  del  Governo,
nominato con le procedure  di  cui  al  comma  3,  da'  impulso  agli
interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure
di cui al terzo periodo del comma 2, di: a)  poteri  straordinari  di
sostituzione e di  deroga  di  cui  all'articolo  20,  comma  4,  del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185...;  b)  mezzi  e  risorse
finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente;  in  ogni
caso  l'apporto  finanziario  dei  soggetti   privati   deve   essere
proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate». 
    L'art.  20,  comma  4,  d.l.  n.  185/2008  statuisce  che,  «per
l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il  commissario  ha,
sin  dal  momento  della  nomina,  con  riferimento  ad   ogni   fase
dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione,  i
poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari»;  il
commissario «provvede in deroga ad ogni disposizione  vigente  e  nel
rispetto comunque della  normativa  comunitaria  sull'affidamento  di
contratti  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture,  nonche'  dei
principi generali dell'ordinamento giuridico»; i decreti  di  cui  al
comma 1 dell'art. 20 «contengono l'indicazione delle principali norme
cui si intende derogare». 
    Dunque, il comma 4 qui impugnato cerca di «convincere» le Regioni
a dare  l'intesa  «minacciando»  l'uso  di  «poteri  straordinari  di
sostituzione e di deroga». 
    In  altre  parole,  nel  sistema  delineato  dalla  normativa  di
presunta esecuzione della sentenza di codesta Corte n. 215 del  2010,
non solo il semplice indugio gia' spoglia la Provincia di ogni potere
e  persino  il  diniego  espresso  dell'intesa   e'   sostanzialmente
irrilevante,  ma  addirittura   entrambe   le   circostanze   vengono
penalizzate da una piu' radicale sostituzione commissariale! 
    Cio' costituisce, in primis, violazione del  principio  di  leale
collaborazione,  perche'  l'intesa  rappresenta  un  atto   ad   alta
discrezionalita',  che  non  puo'   essere   «coartato»   minacciando
l'applicazione  di  norme  che  prevedono  poteri  straordinari   del
commissario.  La  legge  puo'  prevedere  conseguenze  in   caso   di
conclusione o meno  dell'intesa  ma  nel  rispetto  dei  principi  di
ragionevolezza e leale collaborazione (ad  es.,  un'intesa  e'  stata
richiesta per l'accesso delle  Regioni  ad  uno  speciale  contributo
finanziario dello Stato in materia  di  spesa  sanitaria,  oppure  il
mancato accordo  delle  Regioni  speciali  sul  patto  di  stabilita'
interno  ha  talora  determinato  l'applicazione,  nelle  more  della
conclusione dell'accordo, dei limiti di spesa valevoli per le Regioni
ordinarie). 
    Il secondo periodo del comma 4, invece, viola  tali  principi  e,
dunque,  lede  anche  le   competenze   provinciali   nella   materia
dell'energia: i poteri sostitutivi e di deroga del commissario devono
essere previsti -  nel  rispetto  delle  norme  costituzionali  e  di
attuazione - nella misura in cui siano necessari: ma la misura in cui
sono  necessari  non  puo'  dipendere   dalla   maggiore   o   minore
acquiescenza delle Regioni o della Provincia autonoma ad  una  scelta
statale unilaterale. Dunque, la previsione  dei  poteri  straordinari
del  commissario  risulta   una   pura   coazione   all'intesa,   non
ragionevolmente collegata  all'oggetto  di  essa;  di  qui  un  primo
profilo  di  lesivita'   per   le   competenze   provinciali   e   di
illegittimita' costituzionale. 
    A prescindere da cio', il secondo periodo del comma  4  e'  anche
autonomamente   lesivo   delle   prerogative   costituzionali   della
Provincia. Esso, in primo luogo, prevede un  potere  sostitutivo  del
commissario e, dunque, e' illegittimo per le ragioni gia' esposte  in
relazione all'ultimo periodo del comma 2. In questo caso, la  lesione
risulta piu' grave perche' il potere sostitutivo non e'  condizionato
da un ritardo delle amministrazioni competenti. Dunque, nei  casi  in
cui  il  Governo  procede  unilateralmente,  all'estromissione  della
Provincia dal procedimento decisionale si aggiunge  il  rafforzamento
del potere sostitutivo del commissario ed il conferimento ad esso del
potere di derogare alle norme vigenti. 
    Trattandosi  di  interventi  relativi  «alla  trasmissione,  alla
distribuzione dell'energia e alla produzione dell'energia»,  si  puo'
capire l'importanza e  la  pericolosita'  dei  poteri  attribuiti  al
commissario.  Non  e'  costituzionalmente  ammissibile  che  presunte
ragioni di urgenza legittimino il conferimento ad un commissario  del
potere di «espropriare» le competenze amministrative  spettanti  alla
Provincia e agli enti locali  in  materia  di  energia,  governo  del
territorio e tutela  della  salute,  e  non  e'  ammissibile  che  il
commissario  possa  derogare  ad  ogni  norma,  comprese   le   norme
provinciali che regolano la VIA e quelle poste a difesa della  salute
dei cittadini,  evidentemente  messa  a  repentaglio  dagli  impianti
oggetto dell'art. 4. 
    Dunque, il secondo  periodo  del  comma  4  viola  le  competenze
provinciali e degli enti locali  nelle  materie  dell'energia,  della
sanita'  e  dell'urbanistica  sia  per  la  previsione   del   potere
sostitutivo al di fuori dei casi in cui esso e' previsto dalle  norme
di attuazione ed in cui e' esercitabile ai sensi  del  Titolo  V  (v.
sopra, in relazione all'ultimo  periodo  del  comma  2)  sia  per  la
previsione del potere di deroga alle norme vigenti,  comprese  quelle
provinciali e degli enti locali, potere che incide potenzialmente  su
leggi provinciali e mette a repentaglio  gli  interessi  all'ordinato
sviluppo del territorio, all'ambiente e alla  salute  tutelati  dalle
leggi provinciali in materia di energia e di urbanistica. 
    Tali poteri comprimono  l'autonomia  amministrativa  e  normativa
delle Province e degli enti locali e  l'autonomia  legislativa  della
Provincia nelle materie appena menzionate, con conseguente violazione
dell'art. 8, n. 5, n. 6, n. 13, n. 17, n. 19, n. 22, dell'art. 9,  n.
9 e n.  10,  e  dell'art.  16  dello  Statuto  e  relative  norme  di
attuazione, nonche' dell'art. 117,  comma  3,  dell'art.  118  Cost.,
commi 1 e 2, e dell'art. 120 Cost. 
4. Ulteriore  illegittimita'  costituzionale  dei  commi  2,  3  e  4
dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del  2009,
introdotti dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del  2010,
in  quanto  ripristinano  un  sistema  a  finanziamento   incerto   e
sostanzialmente condizionato dalle risorse private. 
    Nella  sentenza  n.   215   del   2010   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale ha censurato i commi da 1 a 4 dell'art. 4 del d.l.  n.
78  del  2009,  conv.  in  legge  n.  102  del  2009,   dichiarandone
l'illegittimita' costituzionale,  in  quanto  essi  introducevano  un
meccanismo straordinario e  derogatorio  per  opere  delle  quali  la
presunta  necessita'  ed  urgenza  era  smentita   dal   ricorso   al
finanziamento privato, per sua natura aleatorio. 
    Ci si sarebbe attesi che le  nuove  disposizioni,  emanate  (come
espressamente  detto)  «in  esecuzione»  della   predetta   sentenza,
individuassero chiaramente le  modalita'  di  finanziamento  pubblico
delle opere individuate come necessarie in via di  sussidiarieta'  al
livello statale. 
    Ora, nulla di tutto questo risulta dal testo della normativa.  Al
contrario, vi si enuncia espressamente che  perfino  l'organizzazione
delle strutture amministrative di supporto all'opera  dei  commissari
debba avvenire «senza che cio' comporti  nuovi  o  maggiori  oneri  a
carico della finanza pubblica». 
    Nessuna norma o meccanismo finanziario assicura la  realizzazione
pubblica  degli  interventi.  La  stessa  ipotesi  di   realizzazione
commissariale  «superderogatoria»  prevista  dal  comma  4  e   sopra
contestata prevede che il commissario  operi  con  «mezzi  e  risorse
finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente». 
    Ora, le ristrettezze e le esigenze della finanza pubblica possono
far  comprendere  l'ossessione  che  quanto  si  dispone  non   costi
all'erario un euro in piu' di quanto gia' previsto dal bilancio. 
    Quello che non si comprende, invece, e'  come  su  tale  base  si
possa predispone una normativa che sotto il pretesto  della  presunta
urgenza  e  necessita'  di  opere  di  carattere  strategico  mira  a
sottrarre alle Regioni ed  agli  enti  locali  -  e  per  quanto  qui
interessa alla Provincia autonoma di Trento -  le  proprie  ordinarie
competenze e poteri. 
    Sembra chiaro, invece, che come nella versione  precedente  anche
nella nuova versione della disciplina degli interventi «connessi alla
trasmissione, alla distribuzione e  alla  produzione  dell'energia  e
delle  fonti   energetiche»   la   vera   possibilita'   della   loro
realizzazione consiste  -  come  appare  del  resto  dai  riferimenti
espressi contenuti al comma 2  e  al  comma  4  -  nei  finanziamenti
privati. 
    Dunque, il medesimo vizio gia' rilevato da codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale, e ritenuto assorbente  di  tutte  le  altre  censure,
rimane a rendere costituzionalmente illegittimo anche  il  meccanismo
di realizzazione degli interventi previsto dai «nuovi» commi 2,  3  e
4. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  1   del
decreto-legge 8 luglio 2010,  n.  105,  recante  «Misure  urgenti  in
materia di energia. Proroga di  termine  per  l'esercizio  di  delega
legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi», come
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129,  e
dei nuovi commi 2, 3 e 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 1º  luglio
2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto  2009,
n. 102, che tale articolo 1 reca, nelle parti, nei termini e sotto  i
profili esposti nel presente ricorso. 
        Trento-Padova-Roma, addi' 15 ottobre 2010 
 
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi
                                Manzi