N. 341 SENTENZA 17 - 26 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorso della Regione Toscana - Impugnazione di numerose disposizioni
  della legge n. 191 del 2009  -  Trattazione  delle  sole  questioni
  concernenti l'art. 2, commi 191  e  240  -  Decisione  sulle  altre
  questioni rinviata a separate pronunce. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, commi 191 e 240. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma. 
Edilizia e  urbanistica  -  Immobili  militari  oggetto  di  appositi
  accordi   di   programma    di    valorizzazione    per    esigenze
  infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate con i Comuni nel
  cui ambito sono ubicati - Previsione che la delibera del  consiglio
  comunale di approvazione del protocollo d'intesa e dell'accordo  di
  programma costituisca autorizzazione alle varianti  allo  strumento
  urbanistico generale, per le quali si prescinde dalla  verifica  di
  conformita' agli atti di pianificazione sovraordinata di competenza
  delle province e delle regioni - Ricorso della  Regione  Toscana  -
  Ius superveniens - Eccepita sopravvenuta cessazione  della  materia
  del contendere - Reiezione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 191. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma. 
Edilizia e  urbanistica  -  Immobili  militari  oggetto  di  appositi
  accordi   di   programma    di    valorizzazione    per    esigenze
  infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate con i Comuni nel
  cui ambito sono ubicati - Previsione che la delibera del  consiglio
  comunale di approvazione del protocollo d'intesa e dell'accordo  di
  programma costituisca autorizzazione alle varianti  allo  strumento
  urbanistico generale, per le quali si prescinde dalla  verifica  di
  conformita' agli atti di pianificazione sovraordinata di competenza
  delle province e delle regioni - Ricorso della  Regione  Toscana  -
  Eccepita inefficacia della disposizione denunciata per  effetto  di
  precedente pronuncia di illegittimita' costituzionale -  Permanenza
  di autonomo contenuto precettivo della norma censurata - Reiezione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 191. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma. 
Edilizia e  urbanistica  -  Immobili  militari  oggetto  di  appositi
  accordi   di   programma    di    valorizzazione    per    esigenze
  infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate con i Comuni nel
  cui ambito sono ubicati - Previsione che la delibera del  consiglio
  comunale di approvazione del protocollo d'intesa e dell'accordo  di
  programma costituisca autorizzazione alle varianti  allo  strumento
  urbanistico generale, per le quali si prescinde dalla  verifica  di
  conformita' agli atti di pianificazione sovraordinata di competenza
  delle province e delle regioni - Ricorso della  Regione  Toscana  -
  Eccepita  inammissibilita'  della  questione   per   sopravvenienza
  normativa incidente sui "motivi del ricorso" - Reiezione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 191. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118. 
Edilizia e  urbanistica  -  Immobili  militari  oggetto  di  appositi
  accordi   di   programma    di    valorizzazione    per    esigenze
  infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate con i Comuni nel
  cui ambito sono ubicati - Previsione che la delibera del  consiglio
  comunale di approvazione del protocollo d'intesa e dell'accordo  di
  programma costituisca autorizzazione alle varianti  allo  strumento
  urbanistico generale, per le quali si prescinde dalla  verifica  di
  conformita' agli atti di pianificazione sovraordinata di competenza
  delle province e delle  regioni  -  Introduzione  di  normativa  di
  dettaglio, con conseguente violazione della competenza  legislativa
  concorrente delle Regioni nella materia "governo del territorio"  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 191, primo periodo. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Edilizia  e  urbanistica  -  Immobili  militari   assoggettati   alla
  disciplina prevista dal codice dei beni culturali e  del  paesaggio
  oggetto di appositi accordi  di  programma  di  valorizzazione  per
  esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate  con  i
  Comuni nel cui ambito sono  ubicati  -  Prevista  acquisizione  del
  parere della competente soprintendenza del Ministero per i  beni  e
  le attivita' culturali -  Norma  strettamente  collegata  ad  altra
  oggetto  di  declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale   -
  Illegittimita' costituzionale in via consequenziale. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 191, ultimo periodo. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
Ambiente - Individuazione delle situazioni  a  piu'  elevato  rischio
  idrogeologico, da risanare con risorse statali deliberate dal CIPE,
  ad opera del  Ministero  dell'ambiente,  sentiti  le  autorita'  di
  bacino e il Dipartimento della protezione civile  della  Presidenza
  del Consiglio dei  ministri  -  Ricorso  della  Regione  Toscana  -
  Asserita violazione della competenza  legislativa  regionale  nella
  materia concorrente del "governo del territorio", con  lesione  dei
  principi di leale collaborazione e di sussidiarieta' - Esclusione -
  Non fondatezza della questione. 
- Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 240. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma. 
(GU n.48 del 1-12-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  2,  commi
191 e 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  - legge
finanziaria  2010),  promosso  dalla  Regione  Toscana  con   ricorso
notificato il 26 febbraio 2010, depositato in cancelleria il 3  marzo
2010 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  2010  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    Uditi l'avvocato Nicoletta  Gervasi  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Regione Toscana, con ricorso notificato  il  25  febbraio
2010 presso l'Avvocatura generale dello Stato e il 26  febbraio  2010
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, poi depositato il  3
marzo 2010, ha impugnato, tra l'altro, l'art. 2,  commi  191  e  240,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2010), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre  2009,  n.
302. 
    1.1. - L'art. 2, comma  191,  della  citata  legge  e'  censurato
«nella parte in cui dispone che la delibera del consiglio comunale di
approvazione  del  protocollo   d'intesa   corredato   dello   schema
dell'accordo  di  programma  relativo  agli  immobili  da  trasferire
costituisce  variante  allo  strumento   urbanistico   generale   che
prescinde  dalla  verifica  di  conformita'  con  la   pianificazione
sovraordinata». 
    Ad avviso della ricorrente, il primo periodo di detta norma viola
l'art. 117, terzo comma, della  Costituzione.  Essa  osserva  che  il
menzionato precetto richiama la  disposizione  di  cui  all'art.  58,
comma 2, del decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), la  quale,  in  senso  del  tutto  analogo,
prevedeva che «L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la
conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne  dispone
espressamente  la  destinazione  urbanistica:  la  deliberazione  del
consiglio comunale di approvazione  del  piano  delle  alienazioni  e
valorizzazione  costituisce  variante  allo   strumento   urbanistico
generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli  immobili,  non
necessita  di  verifiche  di  conformita'  agli  eventuali  atti   di
pianificazione sovraordinata di competenza  delle  province  e  delle
regioni». 
    La Regione Toscana precisa di avere impugnato il detto  art.  58,
comma 2, in quanto lesivo delle competenze regionali  in  materia  di
governo del  territorio,  nella  misura  in  cui  consentiva  che  la
variante, automaticamente  apportata  con  l'approvazione  del  piano
delle alienazioni da parte del consiglio comunale,  non  necessitasse
di verifiche di conformita' rispetto agli atti  della  pianificazione
provinciale e regionale, cosi' incidendo sulla legislazione regionale
in materia  di  governo  del  territorio  che,  nel  disciplinare  il
procedimento di adozione ed approvazione degli atti di pianificazione
territoriale, ha  stabilito  la  necessaria  conformita'  urbanistica
degli atti comunali - piani e varianti  -  rispetto  alle  previsioni
degli atti regionali indicati. 
    La ricorrente ricorda che questa Corte, con sentenza n.  340  del
2009,  ha  accolto  la  tesi  ora  esposta  e,  per  conseguenza,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del citato art. 58,  comma
2, del d.l. n. 112 del 2008,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 133 del 2008, per contrasto con  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost. 
    Ad avviso della Regione, gli argomenti esposti  nella  menzionata
sentenza ben possono valere con riguardo all'analoga norma  censurata
in questa sede. Essa, infatti, prevede una specifica procedura per la
vendita e la valorizzazione degli immobili militari, anche attraverso
la sottoscrizione di appositi  accordi  di  programma  con  i  Comuni
interessati. Qualora si proceda tramite detti  accordi,  e'  previsto
che - ai sensi del ricordato art. 58, comma 2, del d.l.  n.  112  del
2008   (gia'    dichiarato    costituzionalmente    illegittimo)    -
l'approvazione, da  parte  del  Comune  interessato,  del  protocollo
d'intesa e dell'allegato accordo di programma  costituisca  variante,
che prescinde dalla valutazione di conformita' con la  pianificazione
sovraordinata di livello provinciale e regionale.  Tale  verifica  di
conformita', invece, e' imposta dalla legge della Regione Toscana del
3 gennaio  del  2005,  n.  1,  recante  «Norme  per  il  governo  del
territorio». 
    Verrebbe cosi' incisa la legislazione  regionale  in  materia  di
governo del territorio, con violazione dell'art.  117,  comma  terzo,
Cost. 
    1.2. - La Regione  Toscana,  inoltre,  denunzia  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 240, della legge n. 191  del  2009,
nella parte in cui dispone che l'individuazione  delle  situazioni  a
piu' elevato rischio idrogeologico, da risanare attraverso le risorse
di cui alla delibera del  CIPE  2  (recte:  6)  novembre  2009,  sono
individuate dal Ministero  dell'ambiente,  sentite  le  autorita'  di
bacino e il dipartimento della protezione civile della Presidenza del
Consiglio dei ministri, per violazione dell'art. 117, terzo comma,  e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  nonche'  per  contrasto  con  il
principio di leale collaborazione e il principio di sussidiarieta'. 
    Dopo aver riportato il  tenore  della  norma,  la  ricorrente  ne
censura la prima parte perche' l'individuazione  delle  situazioni  a
piu' elevato rischio idrogeologico da  rimuovere  e'  effettuata  dal
Ministero  dell'ambiente,  sentite  le  autorita'  di  bacino  e   la
Protezione civile, ma non la Regione. Quest'ultima,  dunque,  non  e'
chiamata a svolgere alcun ruolo in merito alla  individuazione  delle
situazioni  di  criticita'   idrogeologica   presenti   nel   proprio
territorio ed  alla  conseguente  ammissione  ai  contributi  per  il
risanamento. 
    Ad avviso della ricorrente cio'  sarebbe  lesivo  delle  indubbie
competenze delle Regioni in materia di  governo  del  territorio,  ai
sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  competenze  certamente
coinvolte dalla previsione in esame. Al  riguardo  e'  richiamata  la
sentenza della Corte costituzionale n. 232 del 2009, con la quale  si
e' chiarito che le attivita' relative alla difesa del suolo, anche in
relazione alla salvaguardia  per  i  rischi  derivanti  dal  dissesto
idrogeologico, rientrano nella materia della tutela dell'ambiente, di
esclusiva  competenza  statale.  Tuttavia  la  stessa   sentenza   ha
precisato che «In relazione alla possibile  influenza  dell'attivita'
in questione su  attribuzioni  regionali  in  materie  di  competenza
concorrente o residuale, e' bensi' necessario un coinvolgimento delle
Regioni», quanto meno  prevedendo  l'espressione  di  un  parere  per
quelle di volta in volta interessate ovvero attraverso  quello  della
Conferenza unificata; ed ha aggiunto che le competenze in materia  di
difesa del suolo da parte  dello  Stato  «sono  sicuramente  tali  da
produrre effetti indiretti sulla materia del governo del territorio e
dunque il loro esercizio richiede un cointeressamento  delle  Regioni
che deve essere realizzato nella forma del  parere  della  Conferenza
unificata». 
    Infine, la ricorrente osserva che, con specifico  riferimento  al
risanamento delle situazioni di dissesto idrogeologico,  la  sentenza
de qua ha stabilito che «Quanto al principio di leale collaborazione,
la sua salvaguardia e' assicurata dalla necessita' del  parere  della
Conferenza unificata per l'esercizio delle funzioni di programmazione
e finanziamento,  quale  risulta  a  seguito  della  declaratoria  di
parziale illegittimita' della lettera a) dello stesso art. 58,  comma
3. Infatti, il parere sara' richiesto anche in caso di programmazione
e   finanziamento   riguardanti   la    prevenzioni    del    rischio
idrogeologico». 
    Pertanto, ad avviso della Regione Toscana, alla luce dei suddetti
principi la norma censurata e' illegittima,  non  prevedendo  per  le
Regioni alcun  coinvolgimento,  invece  necessario  per  la  corretta
indicazione della priorita' degli interventi proprio in virtu'  delle
specifiche competenze regionali in merito  alle  caratteristiche  del
rispettivo territorio e allo stretto rapporto con gli enti locali. 
    Anche qualora fossero addotte esigenze di sussidiarieta'  per  la
rilevanza degli interventi in questione ai fini  della  tutela  della
sicurezza dei cittadini, resterebbe pur sempre  necessario  prevedere
un meccanismo  partecipativo  delle  Regioni,  a  salvaguardia  delle
competenze di queste in materia di governo del territorio. La  norma,
invece, limita la partecipazione  al  Dipartimento  della  Protezione
civile nazionale e alle autorita' di bacino, di cui all'art.  63  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale), cioe' alle autorita' dei bacini nazionali,  che,  pero',
non sono state costituite, sicche' i  piani  straordinari  introdotti
dalla norma censurata saranno adottati  dal  Ministero  dell'ambiente
sentita la Protezione civile nazionale. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  il  dubbio   sulla   legittimita'
costituzionale della norma non appare superabile  neppure  alla  luce
della previsione contenuta nell'ultimo periodo di essa  (che  non  si
contesta). 
    Infatti, tale disposizione delinea, in materia,  un  ruolo  della
Regione che puo' sottoscrivere un apposito accordo di  programma,  ma
soltanto a  fronte  dell'impegno  finanziario  della  Regione  stessa
nell'intervento  di  risanamento.  La  previsione  normativa,  a  ben
vedere, confermerebbe  l'illegittimita'  costituzionale  della  prima
parte contestata, perche' consentirebbe alle Regioni  di  partecipare
all'individuazione delle  situazioni  di  dissesto  idrogeologico  da
risanare  solo  qualora  l'Amministrazione   regionale   proceda   al
cofinanziamento dell'intervento. 
    Da quanto sopra deriverebbero il contrasto della norma  censurata
con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche' la
violazione del principio di leale collaborazione e del  principio  di
sussidiarieta'. 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio di legittimita' costituzionale con memoria depositata  il  6
aprile 2010, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile  o
infondato. 
    La difesa dello Stato, premesso che l'art. 2,  comma  191,  della
legge n. 191 del 2009 andrebbe letto insieme con i  precedenti  commi
189 e 190 (di cui sono riportati i disposti), sostiene che  la  norma
censurata si colloca nell'ambito di un complesso di disposizioni  che
autorizzano il Ministro della difesa, al fine di reperire le  risorse
necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali  e  alloggiative
delle Forze armate attraverso la valorizzazione e l'alienazione degli
immobili militari, a promuovere la costituzione di uno o  piu'  fondi
comuni d'investimento immobiliare, d'intesa con i Comuni con i  quali
saranno sottoscritti accordi di programma per  la  valorizzazione  di
detti immobili. 
    L'interveniente aggiunge che l'art. 2, comma 191, della legge  n.
191 del 2009, come si pone in evidenza anche nel ricorso, e' connesso
all'art. 58 del d.l. n. 112 del 2008, il cui comma 2 e'  stato  pero'
dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza  di  questa
Corte n. 340 del 2009, emessa pochi giorni dopo l'approvazione  della
legge n.  191  del  2009.  Il  venir  meno  dell'art.  58,  comma  2,
renderebbe «di fatto inefficace la disposizione impugnata». 
    Andrebbe considerato, inoltre, che in tale materia e' intervenuto
il  decreto-legge  25  gennaio  2010,  n.   2   (Interventi   urgenti
concernenti enti locali), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 2010, n. 42  (Disposizioni
per la  funzionalita'  degli  enti  locali),  e  precisamente  l'art.
4-decies di detta normativa, disposizione  che  «appare  di  indubbio
rilievo in relazione ai motivi di ricorso, andando  ad  incidere  sul
complesso normativo sospettato di incostituzionalita'». 
    In ordine, poi, all'impugnazione dell'art. 2,  comma  240,  della
legge n.  191  del  2009,  la  difesa  dello  Stato  osserva  che  la
disposizione destina ai piani straordinari, diretti  a  rimuovere  le
situazioni a piu' elevato rischio  idrogeologico,  le  risorse,  gia'
assegnate dalla delibera CIPE in data 6 novembre 2009, per interventi
di risanamento ambientale, a valere sulle  disponibilita'  del  Fondo
infrastrutture e  del  Fondo  strategico  per  il  Paese  a  sostegno
dell'economia reale. Tali risorse potranno  essere  utilizzate  anche
tramite accordi di programma, sottoscritti dalle Regioni  interessate
e dal Ministero dell'ambiente, con cui sara'  definita  la  quota  di
cofinanziamento regionale destinata agli  interventi  di  risanamento
ambientale. 
    La ricorrente lamenta il mancato coinvolgimento delle Regioni per
l'individuazione  delle  situazioni   di   criticita'   idrogeologica
presenti nei rispettivi territori e per la conseguente ammissione  ai
contributi destinati al risanamento. Cio' alla luce di quanto  deciso
dalla sentenza di questa Corte n. 232 del 2009, con la  quale  si  e'
stabilito che le attivita' connesse agli interventi in tema di difesa
del suolo possono avere impatto su materie di  competenza  regionale,
onde sarebbe necessario un coinvolgimento delle Regioni, quanto  meno
nella forma dell'espressione del parere. 
    Ad avviso della difesa dello Stato, pero', va  posto  in  rilievo
che  l'individuazione  delle  situazioni  a  piu'   elevato   rischio
idrogeologico - rientrante nell'ambito della tutela dell'ambiente, di
competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. - e' attivita' preliminare rispetto agli interventi
per la difesa del suolo coordinati dal  Governo  e  per  i  quali  e'
richiesto il parere delle Regioni. 
    Tale attivita' non potrebbe che essere svolta a livello centrale,
richiedendo l'individuazione di criteri uniformi  di  valutazione  in
ambito  nazionale  e  basandosi  su  studi  scientifici  volti   alla
definizione delle condizioni di rischio e realizzati dalle competenti
strutture statali. 
    Pertanto, la disposizione censurata non violerebbe le prerogative
regionali,  essendo  diretta  a  tutelare  interessi   di   rilevanza
nazionale,  quali  la  prevenzione  dei  rischi   ambientali   e   la
salvaguardia dell'incolumita' della popolazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe,  ha
promosso,  tra  l'altro,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 2, commi 191 e 240, della legge 23  dicembre  2009,  n.
191  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2010),  lamentando  la
violazione degli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, della
Costituzione, nonche' del principio di  leale  collaborazione  e  del
principio di sussidiarieta'. 
    2. - Riservata a separate  pronunzie  la  decisione  sulle  altre
questioni di legittimita' costituzionale  sollevate  con  il  ricorso
della Regione, si deve osservare in  via  preliminare,  con  riguardo
alla questione relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 2,
comma 191, della legge n. 191 del 2009, che l'art. 2268, comma 1,  n.
1083,  del  decreto  legislativo  15  marzo  2010,  n.   66   (Codice
dell'ordinamento militare) ha abrogato alcuni commi del citato art. 2
della legge n. 191 del 2009, tra cui i commi 189, 190, 191, 192,  193
e 194. 
    Ai sensi dello stesso art. 2268 l'abrogazione decorre dalla  data
di entrata in vigore del codice e del regolamento. Tale data, a norma
del successivo art.  2272,  e'  stabilita  in  cinque  mesi  dopo  la
pubblicazione del  codice  nella  Gazzetta  Ufficiale,  avvenuta  l'8
maggio 2010. Pertanto l'art. 2, comma 191, della  legge  n.  191  del
2009 e' ormai abrogato a far tempo dall'8 ottobre 2010. 
    Tuttavia, avuto riguardo all'arco cronologico  non  breve  (circa
nove mesi) durante il quale la norma e' rimasta in vigore, nonche' al
difetto di ogni prova in ordine alla  mancata  applicazione  di  essa
durante il periodo della sua vigenza, va  escluso  che  possa  essere
emessa una declaratoria di cessazione della materia  del  contendere,
onde si deve  procedere  allo  scrutinio  nel  merito  delle  censure
avanzate in parte qua con il ricorso (ex plurimis: sentenze n. 272  e
n. 164 del 2009). 
    3. - La difesa dello Stato, prendendo le mosse dal rilievo che la
norma censurata si apre con il richiamo all'art. 58 del decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,  osserva  che,  con
sentenza di questa  Corte  n.  340  del  2009,  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale del comma  2  di  detto  articolo  58
(esclusa la proposizione iniziale, secondo cui  «L'inserimento  degli
immobili nel piano ne determina la conseguente  classificazione  come
patrimonio disponibile e ne  dispone  espressamente  la  destinazione
urbanistica»). Tale pronuncia, ad  avviso  dell'Avvocatura  generale,
avrebbe «di fatto»  reso  inefficace  la  disposizione  impugnata  in
questa sede. 
    La tesi non puo' essere condivisa. 
    L'art.  58  del  d.l.  n.   112   del   2008,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 133 del  2008,  era  composto  da  nove
commi.  Di  questi,  soltanto  il  comma  2   e'   stato   dichiarato
costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 340  del  2009.  Le
censure  mosse  contro  gli  altri  commi   sono   state   dichiarate
inammissibili o non fondate. Ne deriva che  il  contenuto  precettivo
del citato articolo e'  rimasto  in  larga  parte  immutato,  e  cio'
esclude la presunta  perdita  di  efficacia  della  disposizione  qui
impugnata, perdita, peraltro, soltanto affermata, ma  non  dimostrata
dall'interveniente. 
    Si deve aggiungere che il richiamo di detta disposizione all'art.
58 del d.l. n. 112 del 2008 si rivela, in  realta',  pleonastico  per
quanto rileva in questa sede,  perche'  il  disposto  del  comma  qui
censurato non si esaurisce in tale richiamo, ma  prosegue  disponendo
che «la deliberazione del  consiglio  comunale  di  approvazione  del
protocollo d'intesa corredato dello schema dell'accordo di programma,
di cui al comma 190, costituisce autorizzazione  alle  varianti  allo
strumento urbanistico generale, per le quali non occorre la  verifica
di conformita' agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di
competenza delle province e delle regioni, salva l'ipotesi in cui  la
variante comporti variazioni volumetriche superiori al 30  per  cento
dei volumi esistenti. Per  gli  immobili  oggetto  degli  accordi  di
programma di valorizzazione che  sono  assoggettati  alla  disciplina
prevista dal codice dei beni culturali e del  paesaggio,  di  cui  al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e'  acquisito  il  parere
della competente  soprintendenza  del  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali, che si esprime entro trenta giorni». 
    Come si vede, pur prescindendo dal richiamo all'art. 58 del  d.l.
n. 112 del 2008, la norma censurata  ha  un  suo  autonomo  contenuto
precettivo, in parte analogo  a  quello  dettato  dalla  disposizione
richiamata, ma non coincidente con  questa.  Basta  considerare  che,
mentre il citato art. 2, comma  191,  ha  per  oggetto  i  soli  beni
immobili  militari,  l'art.  58  concerneva  genericamente   i   beni
immobili; mentre la classificazione come patrimonio disponibile dello
Stato consegue, per  gli  immobili  militari,  all'inserimento  degli
stessi nei decreti del Ministero della difesa, per gli altri immobili
derivava, ai sensi dell'art. 58, dall'inserimento nel  piano;  mentre
la verifica di conformita' agli atti di pianificazione  sovraordinata
e' richiesta dall'art. 2, comma 191,  nell'ipotesi  di  variante  che
comporti variazioni volumetriche superiori al 30 per cento dei volumi
esistenti, la stessa verifica, ai sensi dell'art. 58,  comma  2,  era
richiesta  nel  caso  di  varianti   che   comportassero   variazioni
volumetriche superiori al  10  per  cento  dei  volumi  previsti  dal
medesimo strumento urbanistico vigente.  La  disposizione  in  esame,
dunque, e' dotata di propria efficacia normativa, sulla quale non  ha
pronunciato la sentenza n. 340 del 2009. Anche  per  questo  profilo,
quindi, la tesi dell'Avvocatura generale e' priva di fondamento. 
    3.1 - La difesa dello Stato eccepisce anche che, nella materia de
qua, e' intervenuto l'art.  4-decies  del  decreto-legge  25  gennaio
2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26  marzo  2010,
n. 42. Tale disposizione, ad avviso dell'interveniente,  sarebbe  «di
indubbio rilievo  in  relazione  ai  motivi  di  ricorso  andando  ad
incidere sul complesso normativo sospettato di incostituzionalita'». 
    Si tratta, tuttavia, di un assunto generico, perche'  non  espone
alcun argomento diretto a spiegare le ragioni del rilievo  attribuito
alla norma in relazione «ai motivi  di  ricorso».  La  resistente  si
limita a  trascrivere  la  norma  stessa,  che  contiene  riferimenti
all'art. 2, commi 189 e 195, della legge n. 191 del 2009, ma  non  al
comma 191, e soprattutto non chiarisce se e quali rapporti sussistano
tra le due disposizioni. 
    Da cio' deriva l'inammissibilita' dell'eccezione. 
    4. - Nel merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 191, della legge n. 191 del 2009 e' fondata. 
    La norma censurata e' stata riportata nel punto 3 che precede. 
    Essa, come emerge dal precedente comma 189 dello stesso  art.  2,
concorre allo scopo  di  ottenere,  attraverso  la  valorizzazione  e
l'alienazione  degli  immobili  militari,  le  risorse  necessarie  a
soddisfare le esigenze infrastrutturali e  alloggiative  delle  Forze
armate, mediante la costituzione di uno o piu' fondi di  investimento
immobiliare, d'intesa con i comuni con i quali sono sottoscritti  gli
accordi di programma di cui al successivo comma 190. Tuttavia essa va
ad incidere sulla materia  del  governo  del  territorio,  rientrante
nella competenza concorrente tra lo Stato  e  le  Regioni,  allorche'
attribuisce alla delibera del  consiglio  comunale,  sopra  indicata,
efficacia di autorizzazione alle varianti allo strumento  urbanistico
generale, per le quali  non  occorre  verifica  di  conformita'  agli
eventuali atti di pianificazione sovraordinata  di  competenza  delle
province e delle regioni (salva la specifica ipotesi pure prevista). 
    Come questa Corte ha piu' volte osservato (ex plurimis:  sentenze
n. 340, n. 237 e n. 200 del 2009),  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo
comma,  ultimo  periodo,  Cost.,  nelle   materie   di   legislazione
concorrente lo Stato ha soltanto il  potere  di  fissare  i  principi
fondamentali,  spettando  alle  Regioni  il  potere  di  emanare   la
normativa di dettaglio. La relazione tra normative di principio e  di
dettaglio va intesa nel  senso  che  alla  prima  spetta  prescrivere
criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda l'individuazione
degli  strumenti  concreti  da  utilizzare  per   raggiungere   detti
obiettivi. 
    Nel caso in esame  la  norma  de  qua,  stabilendo  l'effetto  di
variante dianzi indicato ed escludendo la necessita' che la  variante
stessa debba essere sottoposta alle suddette verifiche di conformita'
(con l'eccezione indicata, che pure contempla specifiche  percentuali
volumetriche), introduce una disciplina  che  non  e'  finalizzata  a
prescrivere criteri ed obiettivi, ma  si  risolve  in  una  normativa
dettagliata  che  non  lascia  spazi  d'intervento   al   legislatore
regionale, ponendosi cosi' in contrasto con il  menzionato  parametro
costituzionale. 
    Sulla  base  delle  considerazioni  che  precedono  deve   essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  191,
della legge n. 191 del 2009, per  contrasto  con  l'art.  117,  comma
terzo, Cost. 
    La declaratoria va estesa, per coerenza logica, anche  all'ultimo
periodo della norma, secondo cui  «Per  gli  immobili  oggetto  degli
accordi di programma di valorizzazione  che  sono  assoggettati  alla
disciplina prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,  e'  acquisito  il
parere della competente soprintendenza del Ministero per i beni e  le
attivita' culturali, che si esprime entro trenta giorni». Infatti, si
tratta di disposizione strettamente collegata alla  precedente,  come
e' reso palese dal richiamo agli «immobili oggetto degli  accordi  di
programma di valorizzazione», sicche' la caducazione di quel disposto
non ne consente l'autonoma sopravvivenza. 
    5.  -  La  ricorrente  ha   promosso,   inoltre,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 240,  della  legge  n.
191 del 2009, nella parte in cui dispone che  l'individuazione  delle
situazioni  a  piu'  elevato  rischio  idrogeologico,   da   risanare
attraverso le risorse di cui alla delibera del CIPE 2 (recte: 6)  del
novembre 2009, e' compiuta dalla direzione  generale  competente  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,
sentite le autorita' di bacino e  il  dipartimento  della  protezione
civile della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri.  Tale  norma
violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma,  Cost.,  e
si porrebbe in contrasto con il principio di leale  collaborazione  e
il principio di sussidiarieta'. 
    La Regione contesta la prima parte della norma, lamentando che ad
essa non sarebbe attribuito alcun ruolo  per  l'individuazione  delle
situazioni  di  criticita'   idrogeologica   presenti   nel   proprio
territorio e per la  conseguente  ammissione  ai  contributi  per  il
risanamento.  Cio'  sarebbe  lesivo  delle  competenze  regionali  in
materia di governo del territorio,  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    L'ente territoriale menziona la sentenza di questa Corte  n.  232
del 2009, con la  quale  sarebbe  stato  chiarito  che  le  attivita'
relative  alla  difesa  del  suolo,  anche  con  riguardo  ai  rischi
derivanti dal dissesto idrogeologico, rientrano nella  materia  della
tutela dell'ambiente, che e' di competenza esclusiva statale. Con  la
medesima sentenza, pero', sarebbe stato precisato che,  in  relazione
alla possibile influenza dell'attivita' in questione su  attribuzioni
regionali in materie di competenza concorrente o  residuale,  sarebbe
necessario un coinvolgimento delle Regioni,  quanto  meno  attraverso
l'espressione di un parere da parte delle stesse Regioni  interessate
ovvero da parte della Conferenza unificata. 
    La ricorrente richiama poi altre parti della  sentenza,  relative
alle generali funzioni di programmazione e di finanziamento,  per  le
quali sarebbe stata ritenuta la necessita'  del  parere  della  detta
Conferenza, anche in ossequio al principio di  leale  collaborazione.
Inoltre, rileva  che,  anche  qualora  fossero  addotte  esigenze  di
sussidiarieta' per la rilevanza degli interventi in questione a  fini
di tutela della sicurezza e dell'incolumita' dei  cittadini,  sarebbe
pur sempre necessario garantire  un  meccanismo  partecipativo  delle
Regioni, per la salvaguardia delle  loro  competenze  in  materia  di
governo del territorio. 
    Ne' sarebbe invocabile la prevista partecipazione delle autorita'
di bacino, perche' queste non sarebbero state costituite,  sicche'  i
piani straordinari introdotti dalla norma censurata «saranno adottati
dal Ministero dell'ambiente sentita la Protezione civile nazionale». 
    Infine, il dubbio sulla legittimita' costituzionale  della  detta
norma non sarebbe superabile neppure alla luce dell'ultimo periodo di
essa (che non si contesta),  secondo  cui  le  risorse  ivi  previste
possono essere  utilizzate  anche  attraverso  accordi  di  programma
sottoscritti dalla Regione interessata e dal Ministero  dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare che  definiscono,  altresi',
la quota di  cofinanziamento  regionale.  Invero,  tale  disposizione
contemplerebbe la possibilita' per la  Regione  di  sottoscrivere  un
accordo di programma soltanto a fronte del  suo  impegno  finanziario
nell'intervento di risanamento. E cio' starebbe a significare che  le
Regioni non avrebbero alcun ruolo in  ordine  alle  situazioni  nelle
quali non si provveda tramite accordo di programma  e  tuttavia  esse
abbiano gia' provveduto a finanziare progetti di risanamento. 
    5.1.  -  Va  premesso  che,  con  l'art.  17,  comma  2-bis,  del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti  per  la
cessazione dello stato di  emergenza  in  materia  di  rifiuti  nella
Regione Campania,  per  l'avvio  della  fase  post  emergenziale  nel
territorio  della  Regione  Abruzzo  ed  altre  disposizioni  urgenti
relative  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri   ed   alla
protezione civile), aggiunto dalla legge di conversione  26  febbraio
2010, n. 26, le  risorse  assegnate  per  interventi  di  risanamento
ambientale con l'art. 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, pari
a 1.000 milioni di euro, sono state ridotte per l'anno  2010  di  100
milioni di euro, per le finalita' indicate nel citato  art.  17,  con
conseguente  modifica  in  parte  qua  della  norma  censurata.  Tale
modifica, pero', e' priva di rilevanza sulla questione promossa dalla
Regione Toscana, perche' non ha alcuna incidenza sulla parte di detta
norma oggetto dell'impugnazione, che quindi va esaminata nel merito. 
    5.2. - La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' chiarito - e la stessa ricorrente lo ricorda
- che le attivita' relative alla difesa del suolo, anche con riguardo
alla salvaguardia per i rischi derivanti da  dissesto  idrogeologico,
rientrano nella materia  della  tutela  dell'ambiente,  di  esclusiva
competenza statale, ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost. (ex plurimis: sentenze n. 254, n. 246 e n. 232 del 2009). 
    In particolare, e' stato posto in luce  che  la  materia  «tutela
dell'ambiente» ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto
riferito ad un bene, cioe' l'ambiente, e finalistico,  perche'  tende
alla migliore conservazione del bene stesso (ex plurimis: sentenze n.
315, n. 225 e n. 12 del 2009; n. 104 del 2008; n. 378 e  n.  367  del
2007). In ragione di  cio',  sullo  stesso  bene  «ambiente»  possono
concorrere  piu'  competenze,   che   restano   distinte   tra   loro
perseguendo, autonomamente, le loro specifiche  finalita'  attraverso
la previsione di diverse  discipline.  Infatti,  da  una  parte  sono
affidate allo Stato  la  tutela  e  la  conservazione  dell'ambiente,
mediante la fissazione di  livelli  «adeguati  e  non  riducibili  di
tutela» (sentenze n. 315 e n. 61 del 2009); dall'altra, compete  alle
Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dalla  disciplina
statale, esercitare le proprie competenze, dirette  essenzialmente  a
regolare la  fruizione  dell'ambiente,  evitandone  compromissioni  o
alterazioni. In questo senso e' stato  affermato  che  la  competenza
statale,  allorche'  sia  espressione  della  tutela   dell'ambiente,
costituisce «limite»  all'esercizio  delle  competenze  regionali (ex
plurimis: sentenza n. 315 del 2009). 
    In questo quadro, venendo al  caso  in  esame,  va  rilevato  che
l'art. 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 e'  censurato  nella
parte relativa all'individuazione delle  situazioni  a  piu'  elevato
rischio idrogeologico, affidata alla  competente  direzione  generale
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentiti le autorita' di bacino e  il  dipartimento  della  protezione
civile,   senza   coinvolgimento   delle   Regioni.   Orbene,    tale
individuazione si risolve  in  attivita'  di  carattere  conoscitivo,
aventi  natura  anche  tecnica,  attinenti   alla   struttura,   alla
composizione, alle condizioni  dei  terreni,  secondo  metodologie  e
criteri  uniformi,  idonei  a  riconoscere  la  possibilita'  che  un
determinato territorio  sia  esposto  a  pericolo  sotto  il  profilo
idrogeologico. Si tratta, dunque, di  attivita'  finalizzate  in  via
esclusiva alla tutela  dell'ambiente,  onde  non  e'  ravvisabile  la
necessita' di un coinvolgimento regionale. 
    Peraltro, va considerato che le Regioni non  restano  estranee  a
tali attivita', dal momento che e' previsto il parere delle autorita'
di bacino, di cui all'art. 63 del decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152 (Norme in materia  ambientale),  e  successive  modificazioni.
Dette autorita' sono istituite in ciascun distretto  idrografico  (di
cui al successivo art. 64 d.lgs. citato, che prevede la  ripartizione
in distretti dell'intero territorio nazionale), e tra i  loro  organi
sono contemplate le Conferenze  istituzionali  permanenti  (art.  63,
comma 2), alle quali partecipano, tra gli altri, i  Presidenti  delle
Regioni e delle Province autonome il cui  territorio  e'  interessato
dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati. Alle
Conferenze istituzionali permanenti e' affidata l'adozione degli atti
di indirizzo,  coordinamento  e  pianificazione  delle  autorita'  di
bacino, sicche' tramite questi enti ben possono essere  rappresentati
eventuali profili attinenti alle attribuzioni regionali in materia di
governo del territorio (sentenza n. 232  del  2009,  punto  13.5  del
Considerato in diritto). 
    La  denunziata  violazione  delle  competenze  della  ricorrente,
garantite dagli artt. 117 e 118 Cost., nonche' dei principi di  leale
collaborazione e di sussidiarieta', dunque, non sussiste. 
    Ne' giova addurre che le autorita' di bacino, previste dal d.lgs.
n. 152 del 2006 e successive modificazioni, non sono  state  (ancora)
costituite. Invero, con l'art.  1,  comma  1,  del  decreto-legge  30
dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie  in  materia  di  risorse
idriche e di protezione  dell'ambiente),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n.
13, si e' stabilito che le autorita' di bacino, di cui alla legge  18
maggio  1989,  n.  183  (Norme  per  il  riassetto  organizzativo   e
funzionale della difesa del suolo), sono prorogate fino alla data  di
entrata in vigore  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri che, a norma dell'art. 63, commi 2 e 3, del  d.lgs.  n.  152
del 2006, deve disciplinare  il  trasferimento  delle  funzioni,  del
personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie e  regolamentare
il periodo transitorio. 
    Pertanto, le precedenti autorita' di bacino  hanno  continuato  a
svolgere le loro funzioni e continueranno a farlo fino  all'effettiva
costituzione dei nuovi organismi (sentenza n.  232  del  2009,  punto
13.4 del Considerato in diritto). E, per quanto qui rileva,  si  deve
soltanto osservare che anche per i predetti enti, disciplinati  dalla
legge n. 183 del 1989, era previsto che il principale organo fosse il
comitato istituzionale (art. 12 legge cit.), composto (tra gli altri)
dai Presidenti delle Giunte regionali delle Regioni il cui territorio
fosse interessato dal bacino idrografico, ovvero da  assessori  dagli
stessi delegati, onde valgono le considerazioni dianzi  svolte  circa
la possibilita' di veicolare nel procedimento descritto  dalla  norma
censurata eventuali profili di interesse regionale. 
    Infine,  alla  ricorrente  non  giova  il  richiamo  alla  citata
sentenza n. 232 del 2009, sia perche', nel caso in esame, una sede di
partecipazione per le Regioni e' prevista, sia perche', come  risulta
dagli stessi passaggi argomentativi trascritti nel ricorso regionale,
il  coinvolgimento  e'  ritenuto  necessario  per  le   funzioni   di
programmazione e di finanziamento, mentre l'impugnazione promossa  in
questa sede riguarda l'attivita', preliminare  ad  esse,  diretta  ad
individuare le  situazioni  a  piu'  elevato  rischio  idrogeologico,
cioe', come sopra si e' visto, un'attivita' che si  iscrive  a  pieno
titolo  nella   tutela   dell'ambiente,   rientrante   nell'esclusiva
competenza statale. 
    Da  quanto  sopra  consegue  che   la   suddetta   questione   di
legittimita' costituzionale deve essere dichiarata non fondata. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunzie  la  decisione  sulle  restanti
questioni di legittimita'  costituzionale,  sollevate  dalla  Regione
Toscana con il ricorso in epigrafe; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  2,  comma
191, della legge 23  dicembre  2009,  n.  191  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato -  legge
finanziaria 2010); 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 240, della citata legge n. 191 del 2009,  promossa
dalla Regione Toscana, in  riferimento  agli  articoli  117,  secondo
comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonche'  al  principio
di leale collaborazione e al  principio  di  sussidiarieta',  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 26 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola