N. 11 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 15 dicembre 2010
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 15 dicembre 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Ambiente - Caccia - Delibera della Giunta Regionale Veneto recante "Stagione venatoria 2010/2011: applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9, comma 1, lett. c), della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici." - Lamentata assenza dei presupposti e delle condizioni poste dalle norme comunitarie per l'autorizzazione in deroga alla cattura di determinate specie di uccelli, assenza del parere favorevole dell'ISPRA, contrasto con le norme statali costituenti standard minimi e uniformi di tutela della fauna - Ricorso per conflitto di attribuzione del Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata violazione dell'obbligo di osservanza delle norme comunitarie, violazione della competenza esclusiva statale in materia di ambiente - Richiesta di dichiarare che non spetta alla Regione Veneto - e per essa alla giunta regionale - stabilire, con propria delibera, un regime in deroga all'art. 9, direttiva 2009/147/CE, in mancanza dei requisiti minimi sanciti dal legislatore statale, contravvenendo alle prescrizioni della normativa comunitaria. - Deliberazione della Giunta Regionale Veneto del 5 ottobre 2010, n. 2371. - Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lett. s); direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009, art. 9, comma 1, lett. c); direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979; legge 11 febbraio 1992, n. 157, artt. 5 e 19-bis.(GU n.4 del 26-1-2011 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12, contro la Regione Veneto, in persona del Presidente in carica avverso della delibera della Giunta Regionale Veneto del 5 ottobre 2010, n. 2371, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Veneto n. 79 del 12 ottobre 2010, recante «Stagione venatoria 2010/2011: applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9, comma 1 lettera c) della Direttiva 2009/147 147/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Approvazione ai sensi dell'art. 2, comma 1 della Legge regionale 12 agosto 2005, n. 13». Con la delibera della Giunta Regionale Veneto del 5 ottobre 2010, n. 2371 e' stato autorizzato, per la stagione venatoria 20102011, un regime di deroga all'art. 9, comma 1, lettera c) della Direttiva 2009/147/CE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici. Preliminarmente si osserva che, nonostante le Regioni abbiano una competenza in materia di esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, riprodotta (senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), ai sensi dell'art. 19-bis, legge n. 157/1992 tale potesta' deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario nonche' dei principi stabiliti dal legislatore statale nella normativa su richiamata, contenente gli standard minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. Le disposizioni indicate in epigrafe della legge regionale in questione sono illegittime per i seguenti motivi. Violazione dell'articolo 117, commi 1 e 2, lettera s) della Costituzione. L'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'Allegato A operata dalla delibera della Giunta Regionale Veneto avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), riprodotta (senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), configurandosi, pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'articolo 117, comma 1 della Costituzione, e delle previsioni della legge n. 157/1992, che costituiscono, secondo il legislatore statale (competente in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema), lo standard minimo di protezione da assicurare su tutto il territorio nazionale. La direttiva subordina la possibilita' di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalita' selettive in modo che le catture vengano effettuate in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita'. L'art. 19-bis, legge n. 157/1992, comma 2 stabilisce quanto segue: «Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalita' indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 79/ 409/ GEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le lo. forme di vigilanza cui il prelievo e' soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli ambiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini». Il successivo comma 3 precisa poi che «le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione». Si tratta di condizioni e misure non rispettate dalla Regione Veneto, come confermato oltre tutto dal parere negativo dell'ISPRA (gia' INFS) reso con la nota prot. 7778 del 5 marzo 2010, in risposta alla richiesta di parere avanzata dalla Regione Veneto con nota del 25 febbraio 2010. In particolare l'ISPRA, nel parere del 5 marzo 2010, ha evidenziato che nel caso di specie il regime in deroga non potesse essere autorizzato perche', sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Commissione Europea, i dati attualmente disponibili a livello europeo non consentivano, per le specie migratrici oggetto della delibera di giunta in esame, una determinazione oggettiva e scientificamente solida della piccola quantita' cacciabile. Pertanto, a giudizio dell'ISPRA era ed e' preclusa la possibilita' di prevedere forme di deroga alla normativa dell'art. 9, comma 1, della direttiva 2009/147/CE. La delibera della giunta regionale, nella parte della sua motivazione dedicata al «calcolo della piccola quantita'» (punto 3), afferma di voler deliberatamente discostarsi da detto parere, e a monte, delle valutazioni degli Uffici della Commissione europea che lo hanno determinato. Nel punto 3 della motivazione si precisa poi che nel calcolare la piccola quantita', in mancanza di dati certi e attuali, si e' fatto riferimento ai dati ufficiali forniti dall'INFS per la stagione venatoria 2005/2006 e confermati per quella 2006/2007. Appare evidente la violazione della normativa adottata dallo Stato nell'ambito della propria competenza legislativa in materia ambientale, con la fissazione di standard minimi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (nella specie delle specie di uccelli protetti) corrispondenti a quelli prescritti dalla normativa comunitaria e della necessaria assunzione del parere dell'ISPRA. La delibera regionale in epigrafe non si e' conformata al parere negativo dell'Ispra, e soprattutto a quanto prescritto dall'art. 9, direttiva 2009/147/CE, con particolare riguardo alla lettera c) del comma 1, avendo autorizzato un regime in deroga senza che sussistessero le «condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita'», ma, come visto, affidandosi a calcoli e a dati relativi a precedenti stagioni venatorie. Si e' cosi' al cospetto di una violazione dell'art. 19-bis, legge n. 157/1992, che costituisce lo strumento adottato dallo Stato per governare in maniera unitaria le determinazioni regionali in materia di caccia, e, in definitiva, a una violazione delle attribuzioni proprie dello Stato. Inoltre, il punto 4 della delibera della giunta regionale in epigrafe (laddove afferma che «la caccia alla piccola migratoria si possa realizzare con un minimo di efficacia solo avvalendosi dei richiami stessi (siano essi provenienti da cattura o provenienti da allevamento)», e che «il richiamo intraspecifico operato appunto dal richiamo vivo che, piu' ancora dell'abilita' al riconoscimento attestata dal rilascio della licenza di caccia e dal superamento delle specifiche prove di riconoscimento, garantisce in ordine alla sostanziale insussistenza di pericoli di "confondere le specie": il richiamo vivo appartenente alla specie storno richiama (fa avvicinare) gli storni, il richiamo vivo appartenente alla specie fringuello richiama (fa avvicinare) i fringuelli, e cosi' via, realizzandosi per tale via la necessaria selettivita' del metodo di caccia»), ove interpretato nel senso di consentire l'utilizzo come richiami vivi di esemplari di storno, fringuello e altre specie non esplicitate, si pone in contrasto con l'art. 5, legge n. 157/1992. Le disposizioni statali su richiamate costituiscono una misura minima di tutela inderogabile per le Regioni; pertanto, il loro mancato rispetto contrasta con gli standard minimi e uniformi di tutela della fauna, e, a monte, di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. La Regione, con la delibera in epigrafe, ha quindi ecceduto dalle proprie competenze e invaso, disattendendo le norme sopra richiamate, l'ambito di esercizio da parte dello Stato della propria competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Non pare poi inutile rilevare la pendenza di procedura d'infrazione n. 4926/04 nei confronti dell'Italia, a seguito di parere motivato espresso dalla Commissione europea, a causa della legislazione adottata proprio dalla Regione Veneto per consentire la caccia in deroga. E' poi intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia del 15 luglio 2010 (causa C-573/08), che, a causa di legislazioni regionali dal contenuto analogo alla delibera regionale in epigrafe, ha condannato l'Italia in quanto «il sistema di recepimento dell'art. 9» della direttiva n. 2009/147/CE «non garantisce che le deroghe adottate dalle autorita' italiane competenti rispettino le condizioni e i requisiti previsti da tale articolo». La delibera impugnata e' infine analoga a leggi regionali (della Regione Lombardia, della Regione Toscana) dichiarate incostituzionali da codesta Corte con sentenza n. 266/2010, per violazione dell'articolo 117, comma 1 della Costituzione. Ha affermato al riguardo codesto Consesso quanto segue: «La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia' chiarito che si tratta di «un potere di deroga esercitabile in via eccezionale» che ammette «l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1, e secondo le procedure e le modalita' di cui al punto 2 dello stesso art. 9» (sentente n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). Il carattere eccezionale del potere in questione e' stato peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e' subordinata all'adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'ad. 9, paragrafi 1 e 2. Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte di giustizia della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea) - perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a cio' preposti. In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano oggetto delle medesime, b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 791409/ CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/ CE) impone l'osservanza dell'obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e cio' a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l'introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Ebbene, tale onere non risulta rispettato[...]. [...] Quanto all'art. 2 della legge della Regione Toscana n. 53 del 2009, invece, la motivazione, seppure formalmente esistente, risulta fondata su petizioni di principio prive di alcun riferimento alle condizioni concrete che avrebbero potuto, in ipotesi, giustificare la deroga adottata».
P.Q.M. Si confida che codesta ecc.ma Corte voglia dichiarare che non spetta alla Regione Veneto - e per essa alla giunta regionale - stabilire, con propria delibera, un regime in deroga all'art. 9, direttiva 2009/147/CE, in mancanza dei requisiti minimi sanciti, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, dal legislatore statale, contravvenendo alle prescrizioni della normativa comunitaria (in particolare non tenendo conto del fatto che, come evidenziato in un parere dell'ISPRA, reso sulla scorta dei rilievi degli uffici tecnici della Commissione europea, i dati attualmente disponibili a livello europeo non consentivano, per le specie migratrici oggetto della delibera di giunta, una determinazione oggettiva e scientificamente solida della piccola quantita' cacciabile). Roma, addi' 9 dicembre 2010 L'Avvocato dello Stato: Lorenzo D'Ascia