N. 123 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 dicembre 2010
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 dicembre 2010 (del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana). Amministrazione pubblica - Norme della Regione Siciliana - Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato - Previsione di procedure e modalita' diverse dal concorso pubblico per l'accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni - Ricorso del Commissario dello Stato - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza, del concorso pubblico e del buon andamento della pubblica amministrazione. - Delibera legislativa della Regione Siciliana 14 dicembre 2010, n. 645, artt. 1, comma 4, primo periodo, 6, commi 2, 4 e 7, e 11. - Costituzione, artt. 3, 51 e 97. Amministrazione pubblica - Norme della Regione Siciliana - Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato - Proroga indiscriminata e generalizzata sino al 2023 di tutti i rapporti di lavoro precario, senza indicazione delle risorse finanziarie - Ricorso del Commissario dello Stato - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza, del concorso pubblico e del buon andamento della pubblica amministrazione, violazione dell'obbligo di copertura finanziaria. - Delibera legislativa della Regione Siciliana 14 dicembre 2010, n. 645, artt. 10, commi 1 e 2, e 13, commi 2, ultimo periodo, e 4. - Costituzione, artt. 3, 51, 81, comma quarto, e 97. Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della Regione Siciliana - Finanziamenti in favore degli enti parco e degli enti gestori delle riserve naturali per le spese di impianto e gestione - Introduzione nell'elenco delle spese obbligatorie, allegate alla legge di approvazione del bilancio di previsione per l'anno n. 12/2010, dei capitoli 443302 e 443305 - Lamentata introduzione dei capitoli a fine esercizio finanziario, con conseguente obbligo di pagamento degli oneri assunti dagli enti a pie' di lista senza quantificazione preventiva e controllo - Ricorso del Commissario dello Stato - Denunciata violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, violazione dell'obbligo di copertura finanziaria. - Delibera legislativa della Regione Siciliana 14 dicembre 2010, n. 645, art. 15. - Costituzione, artt. 81, comma quarto, e 97. Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Previsione che al personale dell'Ente Autonomo Fiera di Palermo e dell'Ente Autonomo Fiera di Messina si applichi per un anno "la disciplina sulle modalita' di utilizzazioni previste per il personale dell'area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la RESAIS S.p.A." - Ricorso del Commissario dello Stato - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione. - Delibera legislativa della Regione Siciliana 14 dicembre 2010, n. 645, art. 2, comma 1, secondo periodo. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.7 del 9-2-2011 )
L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 14 dicembre 2010, ha approvato il disegno di legge n. 645 dal titolo «Proroga di interventi per l'esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato», pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 17 dicembre 2010. In particolare, le disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 4; nell'articolo 6, commi 2, 4 e 7; nell'articolo 10 commi 1 e 2; nell'articolo 11 si ritengono in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione in quanto prevedono direttamente e/o indirettamente procedure e modalita' diverse dal concorso pubblico per l'accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni. Codesta eccellentissima Corte, infatti, nella sentenza n. 293 del 2009 ha affermato che la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni «e' rappresentata da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito ed aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente ed obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio e' condizione necessaria per assicurare che l'amministrazione pubblica risponda ai principi della democrazia dell'efficienza e dell'imparzialita'». Inoltre, sempre secondo codesta eccellentissima Corte «il concorso pubblico e' innanzitutto, condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione all'esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini». La procedura concorsuale «consente infatti ai cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizione di uguaglianza e "senza altre distinzioni che quella delle loro virtu' e dei loro talenti"». Il concorso, chiarisce sempre codesta Corte nella sentenza n. 205 del 2004, «e' meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione, cioe' al principio di buon andamento, sancito dall'articolo 97, primo comma, Cost. Il reclutamento dei dipendenti in base al merito si riflette, migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai cittadini. Il concorso pubblico garantisce il rispetto del principio di imparzialita', enunciato dall'articolo 97 e sviluppato dall'articolo 98 Cost.». Nella sentenza n. 453 del 1990 codesta eccellentissima Corte ha altresi' affermato che «il concorso impedisce che il reclutamento dei pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l'azione del Governo, "normalmente legata agli interessi di una parte politica" e quella dell'amministrazione "vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalita' pubbliche obiettivate nell'ordinamento". Sotto tale profilo il concorso rappresenta pertanto "il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialita' ed al servizio esclusivo della nazione"». Codesta Corte, altresi', ha progressivamente precisato e circoscritto l'ampiezza della deroga al principio del pubblico concorso che puo' essere stabilita con legge. Nella sentenza n. 453 del 1990 ha, infatti, affermato che «anche le modalita' organizzative e procedurali del concorso devono ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialita'». Conseguentemente non qualsiasi procedura selettiva, diretta all'accertamento della professionalita' dei candidati, puo' dirsi di per se compatibile con il principio del concorso pubblico in quanto quest'ultimo non e' rispettato nell'ipotesi in cui le selezioni sono caratterizzate da arbitrarie forme di restrizioni dei soggetti legittimati a parteciparvi (ex plurimis sentenza n. 194 del 2002). Codesta Corte infine ha chiarito che «al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 34 del 2004). Il concorso e' necessario anche in caso di nuovo inquadramento di dipendenti gia' in servizio (sentenza n. 1 del 1999) e di trasformazione di rapporti non di ruolo in rapporti di ruolo (sentenza n. 205 del 2004). Sotto quest'ultimo profilo codesta Corte, con ormai consolidata giurisprudenza, ha precisato i limiti entro i quali si puo' consentire al legislatore di disporre procedure di stabilizzazioni di personale precario che derogano al principio del concorso (ex plurimis sentenze n. 81 e n. 363 del 2006). Sono infatti ritenute legittime le deroghe al pubblico concorso solo «in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alla peculiarita' delle funzioni che il personale reclutato e' chiamato a svolgere e dalla specifica professionalita' maturata da quest'ultimo che facciano ritenere che la deroga alla procedura selettiva aperta sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione, non essendo sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attivita' a tempo determinato presso l'amministrazione pubblica, ne' la personale aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione» (sentenza n. 81/2006). Alla luce dei principi costituzionali e secondo i sopra richiamati consolidati orientamenti giurisprudenziali non ci si puo' esimere dal sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte le disposizioni regionali che di seguito analiticamente si censurano. L'art. 1, 4° comma che si trascrive, si pone in evidente contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione: «4. i contratti di lavoro stipulati ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 30 ottobre 1995, n. 76 e successive modifiche ed integrazioni e dell'art. 1 della legge regionale 28 giugno 2010, n. 14, possono essere prorogati, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011, osservando i periodi di discontinuita' previsti dal comma 3 dell'art. 5 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368. Le garanzie occupazionali di all'art. 1, comma 2, della legge regionale 1 ° febbraio 2006 n. 4, e dall'art. 1 della legge regionale n. 28 giugno 2010, n. 14, sono confermate, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011. Per le finalita' del presente comma e' autorizzata, per l'esercizio finanziario 2011 la spesa di 24.852 migliaia di euro. I relativi oneri trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il triennio 2010-2012 UPB 4.2.1.5.2. accantonamento 1001.». La norma de qua infatti nella sostanza autorizza la generalizzata proroga, per un ulteriore anno, di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai consorzi di bonifica senza alcuna correlazione, come puo' evincersi dalla relazione illustrativa al testo normativo redatta dalla competente commissione legislativa permanente, ad esigenze obiettive, specifiche e particolari delle amministrazioni. Siffatta proroga non e' peraltro connessa ne' all'avvio di procedure per la progressiva stabilizzazione del personale precario ne' all'attuazione dell'art. 14, commi 24-bis e 24-ter del decreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010. Al riguardo, si osserva che il legislatore, a differenza di quanto disposto per le altre proroghe di rapporti di lavoro previsti dalla presente delibera legislativa, non ha fatto esplicito riferimento alla norma statale. Dai chiarimenti forniti dagli Uffici regionali (all. 1), ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, i destinatari della disposizione sono oltre 300 alcuni dei quali avrebbero gia' avviato «azioni giudiziarie volte alla dichiarazione di nullita' del termine nel relativo contratto di lavoro e conseguente trasformazione dello stesso a tempo indeterminato». La proroga dei rapporti di lavoro in questione si connota quindi come uno strumento surrettizio per consentire l'immissione definitiva in ruolo dei dipendenti in questione indipendentemente da qualsiasi forma di procedura selettiva pubblica nonche' dalla necessaria, preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti medesimi e dalla conseguente programmazione delle assunzioni. La disposizione inoltre, nel consentire il consolidarsi di situazioni di precariato, potrebbe alimentare ulteriore contenzioso giudiziario con inevitabile aggravio delle finanze degli enti pubblici in evidente contrasto con il principio di buon andamento della P.A. La norma in questione, non solo non delimita i presupposti per l'esercizio dei potere di proroga dei contratti, non essendo la stessa subordinata all'accertamento di specifiche necessita' funzionali dell'amministrazione, ma anche non consente una selezione del personale i cui contratti di lavoro sono prorogati, poiche' non risulta prevista alcuna procedura imparziale ed obiettiva di verifica dell'attivita' svolta e della qualificazione professionale dei lavoratori destinatari della disposizione (sentenza C.c. n. 363/2006 e n. 215/2009). Invero, al di la' delle comprensibili e condivisibili aspettative personali dei destinatari della nonna, non risulta sussistere, ne' e' stato evidenziato nei lavori preparatori della legge, alcun motivo di pubblico interesse che possa legittimare una deroga al principio del concorso aperto a soggetti esterni all'amministrazione ne', tanto meno, e' desumibile dai chiarimenti forniti, sulle funzioni amministrative ed esecutive svolte da questo personale alcuna peculiarita' che, in astratto, possa giustificare una prevalenza dell'interesse ad una sua ulteriore utilizzazione rispetto a quello di assicurare l'accesso all'impiego pubblico dei piu' capaci e meritevoli ed, in tal senso, l'imparzialita' ed il buon andamento dell'amministrazione pubblica. I commi 2 e 4 dell'art. 6 che integralmente si riportano, si ritengono anche esse in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. «2. Per il triennio 2011-2013 le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 5, nel rispetto dei vincoli di cui al comma 1, possono procedere, altresi', alla stabilizzazione a tempo indeterminato del personale utilizzato con contratti a tempo determinato in essere, stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili di cui al fondo unico del precariato istituito dall'articolo 71 della legge regionale n. 17/2004, con un'anzianita' complessiva non inferiore a 8 anni nell'ultimo decennio per attivita' lavorativa e/o per utilizzazione in attivita' socialmente utili e che abbia avuto accesso al lavoro e/o all'utilizzazione mediante procedure selettive di natura concorsuali o previste da norme di legge». «4. alle procedure di stabilizzazione di cui al presente articolo non si applica la limitazione alle qualifiche di cui all'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 nei casi di specifiche necessita' funzionali e organizzative rappresentate nella programmazione triennale dei fabbisogni e, nell'interesse pubblico, anche al fine di consolidare le esperienze professionali gia' maturate all'interno dell'amministrazione»; Il 2° comma introduce, infatti, criteri diversi da quelli richiesti dall'art. 1, comma 558 della legge n. 296/2006 per individuare i beneficiari delle procedure di stabilizzazione previste dall'art. 17 commi 10, 11 e 12 del d.l. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009. Il disporre, infatti, che si faccia riferimento al personale con contratti a tempo determinato in essere stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, anziche' all'anno 2007, amplia la portata, in misura non quantificabile, delle procedure di stabilizzazione del precariato previste dall'impianto normativo statale, ritenuto da codesta Corte unica legittima eccezione, in quanto giustificata da esigenze di interesse pubblico (ex plurimis sent. n. 150/2010), alla regola del pubblico concorso. L'eventuale applicazione della norma regionale de qua, in combinato disposto con il 4° comma, estende le previsioni dell'art. 16 della legge n. 56 del 1987, relative alle assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivi -funzionali per i quali e' richiesto il titolo di studio della scuola dell'obbligo, alle qualifiche superiori per le quali e' necessario il diploma e/o la laurea; configurando cosi' una singolare modalita' di privilegiato e semplificato accesso alla P.A. lesiva del principio del concorso pubblico quale strumento ineludibile di ingresso nel pubblico impiego come piu' volte ribadito da costante e consolidata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis sent. n. 205/2004, n. 159/2005, n. 190/2005 e n. 205/2006). Le disposizioni in questione danno luogo ad un trattamento differenziato rispetto al personale precario di tutte le altre amministrazioni pubbliche ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento e quindi violano i principi di ragionevolezza imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione eccedendo la competenza statutaria di cui all'art. 14 lett. o) e q) con specifico riferimento al principio del pubblico concorso che costituisce «la regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» (sentenza n. 81/2006). Esse infatti contrastano con quanto affermato dall'art. 17, commi da 10 a 13 del d.l. n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009 che, con riferimento alla generalita' delle pubbliche amministrazioni, stabiliscono determinate specifiche modalita' di valorizzazione delle esperienze professionali acquisite attraverso l'espletamento di concorsi pubblici, con parziale riserva di posti. Parimenti censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione e' la norma contenuta nel comma 7 del medesimo art. 6 secondo cui «7. In applicazione dei commi 558 e 560 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e del comma 94 dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli enti locali, senza alcun onere a carico della regione, procedono a stabilizzare a tempo indeterminato il personale assunto, con contratto a tempo determinato in essere, tramite concorso pubblico che abbia previsto il superamento di una prova scritta ed una orale e le cui figure professionali siano previste nella dotazione organica dell'ente». La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga ingiustificata alla regola del concorso pubblico. «La circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, per effetto della diversita' di qualificazione richiesta dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato non offre adeguate garanzie ne' della sussistenza della professionalita' necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti locali, ne' del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive» (sentenza n. 235/2009). Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva stabilizzazione senza concorso in quanto la norma in questione non garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato sara' chiamato a svolgere. L'art. 11 estende, al 31 dicembre 2014, il termine previsto per le riserve, le priorita' e le precedenze e preferenze in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, per i concorsi pubblici e per le assunzione di cui all'art. 5 della l.r. n. 16/2006, norma questa che peraltro ha cessato di produrre i suoi effetti sin dal 31 dicembre 2007. In proposito codesta Corte nella sentenza n. 205/2006 ha chiarito che «l'aver prestato attivita' a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti». Orbene, la disposizione censurata essendo riferita indistintamente a tutti coloro che hanno svolto una qualsiasi attivita' in favore delle amministrazioni pubbliche operanti nella Regione nell'arco di oltre un decennio non identifica, come richiesto dalla giurisprudenza di codesta Corte, alcuna peculiare situazione giustificatrice della deroga al principio di cui all'art. 97, 3° comma della Costituzione. Essa appare piuttosto costituire un privilegio a favore di una vasta categoria di persone che riduce indebitamente la possibilita' di accesso dall'esterno, violando il carattere pubblico del concorso (sentenza n. 34/2004) e conseguentemente i principi di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione Al riguardo, nella sentenza n. 100 del 2010 codesta Corte ha espressamente chiarito che sebbene in passato siano state ritenute legittime procedure riservate «la piu' recente giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinche' sia assicurata la generalita' del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost., che l'area delle eccezioni alla regola sia delimitata in modo rigoroso». Le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alle funzioni che il personale da reclutare e' chiamato a svolgere, in particolare relativamente all'esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali che facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia funzionale al buon andamento dell'amministrazione. Situazione questa gia' tenuta in debita considerazione dalla normativa statale in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari per la generalita' delle pubbliche amministrazioni con le previste riserve di posti nei concorsi, cui si aggiungerebbe quella ora disposta dal legislatore regionale, riducendo, e quasi escludendo nella sostanza, la possibilita' di accesso dall'esterno nelle procedure concorsuali delle istituzioni ed enti pubblici operanti nella regione. Del pari in contrasto con gli articoli 3, 51, 97 oltreche' dell'art. 81, 4° comma della Costituzione si pongono le disposizioni contenute nell'art. 10. Detto articolo, infatti dispone l'erogazione per un decennio di contributi a carico del bilancio regionale alle amministrazioni pubbliche che attuino le procedure di stabilizzazione previste dal provvedimento legislativo in esame. Si prevede peraltro che i contributi verranno corrisposti, secondo quanto disposto dal 2° comma, anche nel caso di mancata assunzione a tempo indeterminato per mancanza dei presupposti previsti dall'art. 6 per le procedure di reclutamento e saranno riconosciuti «anche in caso di prosecuzione», in costanza di rapporto, dei contratti a tempo determinato attualmente in essere. La disposizione quindi sostanzialmente consente la proroga indiscriminata e generalizzata sino al 2023 di tutti i rapporti di lavoro precario, in evidente violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione per le argomentazioni gia' svolte nel corpo del presente atto di gravame, senza peraltro prevedere, in contrasto con 1'art. 81, 4 comma della Costituzione, in alcun modo la copertura dei rilevanti oneri finanziari a carico degli esercizi futuri, indicando le necessarie risorse con cui farvi fronte. Codesta ecc.ma Corte ha espressamente chiarito in proposito, nella sentenza n. 359/2007, che il legislatore regionale non puo' sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidita' di bilancio cui l'art. 81 della Costituzione si ispira, affermando altresi' che la copertura di nuove spese deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri (sentenza n. 213/2008). Orbene, nell'ipotesi in esame la legge nulla dispone quanto alla copertura finanziaria degli oneri di spesa quantificati in 314.100 migliaia di euro annui per gli esercizi successivi al 2012, limitandosi a prevedere al comma 2 dell'art. 13 che «agli oneri a regime riferiti all'art. 10 si provvede, per gli anni successivi all'esercizio finanziario 2010, per la corrispondente quota, a carico della medesima spesa annua continuativa autorizzata ai sensi dell'art. 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17». Questa ultima disposizione richiamata tuttavia, piuttosto che indicare le risorse finanziarie con cui fare fronte alla spesa, ha istituito nel bilancio regionale il capitolo 321301, denominato fondo unico per il precariato e ne ha disciplinato l'utilizzazione autorizzando, per l'assunzione degli impegni, il ricorso all'art. 11, comma 6 della l.r. n. 47/1977. Ne' tantomeno dai chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale ai sensi dell'art. 3 d.P.R. n. 488/1969 (All. 2) possono evincersi elementi idonei ad identificare le necessarie risorse finanziarie. Non e' stata infatti redatta dall'amministrazione regionale la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri e sulla correlata copertura finanziaria di cui all'art. 7, comma 2, l.r. n. 47/1977 in quanto «la materia delle stabilizzazioni e' stata di iniziativa parlamentare». Invero, l'indicazione in bilancio di uno o piu' capitoli relativi a una o piu' spese, non puo' di per se' significare che per quelle spese sia soddisfatta l'esigenza di indicazione della corrispondente copertura voluta dall'art. 81 ultimo comma della Costituzione (sentenza C.c. n. 66/1959) ne', tantomeno, si puo' sostenere che la copertura di nuove spese di carattere permanente puo' essere correttamente operata mediante il richiamo a capitoli gia' previsti in bilancio (sent. C.c. n. 123/1975). Codesta Corte in proposito ha affermato nella sentenza n. 31/1961 che l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non puo' ritenersi assolto mediante l'autorizzazione ad iscrizioni nel bilancio. Tali iscrizioni non producono e non possono produrre alcun effetto di per se' ove non trovino corrispondenza in una legge sostanziale che preveda la spesa nonche' i mezzi per farvi fronte. E' infatti tautologico e non risolutivo ai fini del rispetto dell'art. 81 della Costituzione (sentenza C.c. n. 135/1968) legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa nella legge di autorizzazione con l'inserzione della stessa nelle successive leggi di bilancio. L'inserzione della spesa nelle successive leggi di bilancio sarebbe, infatti, sorretta da una previsione legislativa priva dell'indispensabile indicazione dei mezzi di copertura. L'art. 15 si ritiene essere in contrasto con gli artt. 81, 4° comma e 97 della Costituzione in quanto, quasi a conclusione dell'esercizio finanziario, introduce nell'elenco delle spese obbligatorie, allegate alla legge di approvazione del bilancio di previsione per il corrente anno n.12/2010, i capitoli 443302 e 443305. Gli impegni assunti e assumibili su tali capitoli sono attinenti al trasferimento di finanziamenti in favore degli enti parco e degli enti gestori delle riserve naturali per le spese di impianto e gestione e la dotazione annuale degli stessi viene determinata in considerazione delle disponibilita' delle risorse e in funzione dell'equilibro tra entrate ed uscite del documento finanziario. Il considerare come obbligatorie le spese imputabili sui menzionati capitoli comporterebbe per l'amministrazione regionale l'obbligo del pagamento a pie' di lista degli oneri assunti dagli enti in questione, senza possibilita' di intervenire sul controllo degli stessi, di quantificarne preventivamente l'ammontare nonche' di individuare la copertura finanziaria necessaria ai sensi dell'art. 81, 4° comma Cost., in caso di incremento rispetto alla previsione di bilancio inizialmente autorizzata. Per le spese imputabili ai capitoli in questione sarebbe, infatti, autorizzato in caso di incapienza degli stessi il ricorso a variazioni di bilancio anche «allo scoperto» con prelievi dal fondo per le spese obbligatorie e d'ordine, con conseguente alterazione dell'equilibrio economico finanziario del bilancio. La disposizione e' da ritenersi particolarmente pericolosa per il mantenimento dei saldi pubblici poiche', nel rendere incontrollabile la spesa nel settore, potrebbe ulteriormente peggiorare la situazione del bilancio regionale, che presenta, secondo quanto rilevabile dall'analisi dei conti consuntivi dell'ultimo triennio, un deficit strutturale di circa 1.500 milioni di euro all'anno. L'art. 2, comma 1 , secondo periodo - nella parte in cui prevede che al personale dell'Ente Autonomo Fiera di Palermo e dell'Ente Autonomo Fiera di Messina si applica per un anno «la disciplina sulle modalita' di utilizzazioni previste per il personale dell'area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la Resais S.p.A.» - si ritiene essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Esso infatti estende per un limitato lasso temporale ai dipendenti di enti autonomi tuttora formalmente esistenti ed operanti, sebbene prossimi alla liquidazione, il trattamento riservato al personale proveniente dai soppressi enti pubblici economici della Regione e confluito in una societa' a totale partecipazione regionale. Anche condividendo le ragioni del legislatore che intenderebbe mantenere inalterati i livelli occupazionali dei lavoratori, non ci si puo' esimere dal censurare la disposizione che, parificando situazioni differenti ed obiettivamente non omogenee, e' fonte di disparita' di trattamento rispetto alla generalita' di dipendenti di altri enti prossimi alla liquidazione, anticipando soluzioni che dovrebbero, piuttosto, essere rinvenute nei principi generali in materia di mobilita' del personale nei casi di trasferimento o conferimento di attivita' di cui all'articolo 31 del decreto legislativo n. 165/2001 (sentenze C.c. n. 108, n. 194 e n. 366 del 2006).
P.Q.M. Impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 645 dal titolo «Proroga di interventi per l'esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato», approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana il 14 dicembre 2010: art. 1, comma 4, primo periodo; art. 6, commi 2, 4 e 7; art. 11 per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione; art. 10, commi 1 e 2 per violazione degli articoli 3, 51, 97 e 81, comma 4 della Costituzione; art. 13, commi 2 ultimo periodo e 4 per violazione dell'articolo 81, comma 4 della Costituzione; art. 15 per violazione art. 81, comma 4 e 97 della Costituzione; art. 2, comma 1, secondo periodo per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. Palermo, addi' 21 dicembre 2010 Il vice Commissario dello Stato per la Regione Siciliana: Missineo