N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2010

Ordinanza  del  20  dicembre  2010  del  Tribunale  di  Oristano  nel
procedimento penale a carico di Boni Alessandra. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Sardegna - Interventi di
  adeguamento e  ampliamento  del  patrimonio  edilizio  esistente  -
  Possibilita' di adeguamento e incremento volumetrico dei fabbricati
  ad uso residenziale, di quelli destinati a  servizi  connessi  alla
  residenza e di  quelli  relativi  ad  attivita'  produttive,  anche
  mediante il superamento  degli  indici  massimi  di  edificabilita'
  previsti dagli strumenti  urbanistici  e  in  deroga  alle  vigenti
  disposizioni normative regionali -  Lesione  delle  competenze  dei
  Comuni in materia di pianificazione urbanistica  del  territorio  -
  Esorbitanza  dai  limiti  della   competenza   della   legislazione
  regionale - Contrasto con la normativa comunitaria, a fronte  della
  mancata Valutazione Ambientale Strategica  di  cui  alla  direttiva
  comunitaria 2001/42/CE - Violazione del principio  di  uguaglianza,
  per la diversita' di disciplina rispetto  alle  altre  Regioni  che
  abbiano  rispettato  le  prerogative  comunali  -   Lesione   della
  competenza legislativa esclusiva statale in materia di  ordinamento
  penale e irragionevole violazione del principio di  uguaglianza,  a
  fronte della depenalizzazione di una condotta penalmente  rilevante
  in altra Regione. 
- Legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, art. 2. 
- Costituzione, artt. 3, 25, 117,  primo  comma  (in  relazione  alla
  direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001) e sesto,  e  118;  Statuto
  della Regione Sardegna, art. 3, primo comma. 
(GU n.8 del 16-2-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
letta la richiesta di sequestro  preventivo  del  Pubblico  Ministero
esaminati  gli  atti  del  procedimento  penale  a  carico  di   Boni
Alessandra, nata a Oristano il 2 aprile 1976 indagata in qualita'  di
committente, per il reato previsto dall'art. 44 lettera A decreto del
Presidente della Repubblica  380/01,  per  avere  iniziato  opere  di
ristrutturazione edilizia - finalizzata a ricavare  tre  appartamenti
in  luogo  dei  due  esistenti  al  piano   attico   del   condominio
residenziale in via Segni n. 5 di Oristano - con incremento di volume
e di superficie coperta (ottenuto mediante  l'abbattimento  di  parte
della muratura  perimetrale,  ricostruita  in  modo  da  inglobare  e
trasformare in volume coperto la superficie  occupata  in  precedenza
dalle  terrazze)  in  violazione  degli  indici  di   fabbricabilita'
previsti dagli strumenti  urbanistici  del  Comune  di  Oristano.  In
Oristano, il 3 novembre 2010. 
 
                              PREMESSO 
 
    Il fumus commissi delicti relativo ai reati ipotizzati  dal  p.m.
si desume dalla CNR in  data  23  novembre  2010  e  dal  verbale  di
sequestro dell'opera in data 3 novembre 2010. Da tali atti,  infatti.
risulta  che  al  momento  del  sequestro  eseguito   dalla   Polizia
Municipale nella proprieta' dell'indagata (e del qua le decaduti  gli
effetti viene chiesto oggi autonomo provvedimento cautelare) erano in
corso opere tendenti a trasformare  completamente  la  geometria  del
piano  attico,  il  cui  volume  era  stato  gia'  incrementato   con
inglobamento delle  terrazze  nella  superficie  coperta,  diretta  a
ricavare tre unita' immobiliari in luogo delle due preesistenti. 
    L'unico titolo in possesso della committente per l'esecuzione dei
lavori era una D.I.A. presentata ai sensi degli arti. 2  e  10  della
LRS 23 ottobre 2009 n. 4 (c.d. Piano Casa). sulla  base  della  quale
erano  stati  iniziate  le  opere  di  ristrutturazione  senza  pero'
attendere lo spirare del termine di trenta giorni previsto  dall'art.
23 decreto del Presidente della Repubblica 380/01. 
    Il quadro normativo e' il seguente. 
    La legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4,  recante  "Disposizioni
straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio  del
settore edilizio e per la promozione di  interventi  e  programmi  di
valenza  strategica  per  lo  sviluppo"  all'art.  2  (Interventi  di
adeguamento e ampliamento del patrimonio edilizio esistente) consente
"anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilita'
previsti dagli  strumenti  urbanistici  ed  in  deroga  alle  vigenti
disposizioni  normative  regionali,  l'adeguamento   e   l'incremento
volumetrico dei fabbricati ad uso residenziale, di quelli destinati a
servizi connessi alla residenza e di  quelli  relativi  ad  attivita'
produttive, nella misura massima, per  ciascuna  unita'  immobiliare,
del 20 per cento  della  volumetria  esistente,  nel  rispetto  delle
previsioni di cui al decreto  legislativo  19  agosto  2005,  n.  192
(Attuazione  della  direttiva  2002/91/CE  relativa   al   rendimento
energetico nell'edilizia) e successive modifiche ed integrazioni". 
    Il  successivo  art.  10  (Norme  sulla   semplificazione   delle
procedure amministrative in materia edilizia) al  comma  3  specifica
che "gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4  sono  assoggettati
alla procedura di denuncia di inizio attivita' (DIA), ad eccezione di
quelli ricadenti nella zona omogenea A, nelle zone omogenee  E  ed  E
localizzate nella «fascia dei 300  metri  dalla  linea  di  battigia,
ridotta a 150 metri nelle isole minori e di quelli previsti  all'art.
5, per i quali deve essere ottenuta la concessione edilizia" 
    Il comma 4-bis  dell'ari  49  della  legge  30.07.2010  n.122  ha
sostituito  l'art.  19  della  legge  7  agosto   1990,   n.241.   La
disposizione aveva previsto  il  meccanismo  della  Dichiarazione  di
inizio  attivita'  con  la  quale,  in   luogo   dell'autorizzazione,
l'interessato poteva produrre un'autodenuncia  di  inizio  attivita',
rispetto  alla  quale  l'amministrazione  doveva  effettuare  i  suoi
controlli autoritativi entro un termine certo. 
    La sostituzione ope legis della DIA  con  la  SCIA  (segnalazione
certificata di inizio attivita') operata con l'art.  49  del  decreto
legge 31 maggio 2010, n. 78 comporta  l'eliminazione  della  sequenza
procedimentale  "dichiarazione  >  decorso  del  termine   >   inizio
dell'attivita'" e la sua sostituzione con un  modulo  in  cui  vi  e'
coincidenza cronologica tra denuncia ed inizio dell'attivita'. 
    Cio' porta a ritenere irrilevante la circostanza dell'inizio  dei
lavori prima della scadenza  del  termine  ex  art.  23  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  380/01,  in  quanto  il  soggetto   e'
legittimato ad eseguire i lavori  gia'  con  la  presentazione  della
Denuncia, da intendersi sostituita, per effetto della novella,  nella
SCIA. 
    Questa circostanza e' rilevante allora nella qualificazione della
fattispecie, non potendosi contestare il reato ex art. 44  lettera  B
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  380/01  sub  specie   di
esecuzione di interventi in mancanza di concessione / D.I.A. 
    Occorre,  pero',  considerare  anche  la  circostanza  di   fatto
specificata dalla Polizia municipale nella  informativa  in  data  23
novembre 2010, nella quale si evidenzia la difformita'  del  progetto
dalle previsioni  degli  strumenti  urbanistici,  ed  in  particolare
dall'indice  di  fabbricabilita'  dell'area,  andando  i  lavori   ad
aumentare  la  cubatura  di  un  lotto  che   gia'   aveva   esaurito
integralmente la sua capacita' edificatoria. 
    Il reato  configurabile  e'  quello  previsto  dalla  lettera  A)
dell'art. 44 decreto del Presidente della Repubblica  380/01  la  cui
integrazione non sembra potere essere esclusa dalla  possibilita'  di
deroga agli strumenti urbanistici  prevista  dell'art.  2  della  LRS
4/2009 (Piano casa). 
    Si sostiene nella richiesta  del  pubblico  ministero  che  detta
disposizione violi infatti il dettato Costituzionale sotto il profilo
della riserva di legge in favore dello Stato in  materia  penale  che
escluderebbe la legittimita' di una legge  regionale  che  intervenga
sulla norma incriminatrice ampliandone o (come  nel  caso  in  esame)
riducendone l'ambito di applicazione,  e  sotto  l'ulteriore  profilo
della   incidenza   della   norma   sulla   autonomia   regolamentare
riconosciuta  ai  Comuni  dall'art.  I  17  Cost.,  che  detta  norma
eliminerebbe. 
    Gli aspetti appaiono a parere di chi scrive fondati se  ponderati
nei  termini  che  si  esporranno  appresso,  dovendosi  privilegiare
l'ultimo  aspetto,  che  condiziona  il  primo   sotto   un   profilo
concorrente che verra' sotto evidenziato. 
    A) Depianificazione e corrispondente  Violazione  dell'art.li  3,
117 118 della Costituzione e 3 legge Cost. 26 febbraio 1948 ( Statuto
Speciale per la Sardegna) 
    Occorre considerare che la norma della cui  costituzionalita'  si
dubita facoltizza gli  ampliamenti  volumetrici  in  un  rapporto  di
interlocuzione diretta Regione/cittadino,  senza  la  mediazione  del
competente organo pianificatorio. Detta norma si pone  come  elemento
positivo   di   rottura   che   evolve   (o   involve)   il   sistema
edilizio/urbanistico verso  una  impronta  di  tipo  verticistica  ma
sopratutto, per cio' che ora rileva, essenzialmente depianificata. 
    Il sistema  della  pianificazione,  attualmente  vigente  per  le
scelte urbanistico/edilizie,  assegna  eminentemente  la  valutazione
generale  degli  interessi  coinvolti   ad   Enti   Locali   prossimi
all'oggetto della disciplina del territorio e dotati delle rispettive
competenze: i Comuni. Questi sono, e rimangono, i  soggetti  pubblici
che  esercitano  le  competenze  di  pianificazione  urbanistica  del
territorio,  ovviamente  nel  tracciare  le   quali   rispettano   le
prescrizioni regionali, che a loro volta pero' non possono esautorare
tale espressione di potesta' Comunale mediante norme che,  in  rigida
generalita' ed astrattezza per tutto  il  territorio  della  Regione,
disciplinino direttamente le  concrete  scelte  urbanistiche  con  un
carattere immediatamente precettivo e non permeabile alle valutazioni
dell'organo competente per la disciplina del territorio. 
    Cio'  accade  in  una  copertura  Costituzionale  che  non   puo'
ignorarsi e che la norma  impugnata  viola  sotto  piu'  profili:  in
particolare da un lato violando i limiti della legislazione regionale
e dall'altro ledendo le competenze che lo Stato assegna  direttamente
ai comuni nelle norme di cui agli articoli 117 e 118 della Cost. 
    Infatti  il  principio  della  operativita'   del   governo   del
territorio attraverso  una  pianificazione  urbanistica  comunale  e'
ormai riconosciuta un plesso normativo di principio  dell'ordinamento
giuridico della Repubblica e degli interessi nazionali  rappresentati
dal sistema di composizione degli interessi del territorio,  ed  anzi
addirittura  principio   comunitario   desumibile   dalla   direttiva
comunitaria 2001/42CE del 27 giugno 2001, recepita con legge 152  del
2006 su cui ci si soffermera' oltre. 
    Si noti che la qualificazione della attivita'  di  pianificazione
comunale, ponendosi sul crinale tra norma e provvedimento ( come  del
resto puo' evincersi dalla sua interpretazione nei termini  di  "atto
generale  a  contenuto  precettivo  con  effetti   di   conformazione
concernenti  i  beni   immobili"),   ha   la   sua   diretta   tutela
Costituzionale della funzione programmatoria negli articoli 117 e 118
della Carta. 
    Quindi, la norma regionale sul Piano casa della Sardegna  oggetto
di applicazione in questo procedimento opera in maniera completamente
avulsa  dal  sistema  della  pianificazione,  ponendosi  quale  norma
immediatamente  precettiva  verso  il   privato   che   ne   esercita
direttamente le facolta' da essa derivanti  a  prescindere  (ed  anzi
eventualmente e frequentemente contro) gli assetti e le conformazioni
pianificatorie di competenza del, Comune. Questi nel ( nuovo) sistema
della  legge  impugnata  si  limita  ad  assistere  agli  ampliamenti
edificatori e non  opera  alcuna  mediazione  valutativa,  e  insomma
nessun potere ha di conformare gli aumenti volumetrici alle  concrete
esigenze o scelte di programmazione del territorio. 
    Il  Comune  in  conclusione  non  puo'  limitare.   condizionare,
modificare i presupposti di concreta operativita' ( in  relazione  ad
esempio al rapporto con aree  di  parcheggio,  ai  servizi  connessi,
variando le localizzazioni degli interventi) dell'aumento volumetrico
verticisticamente imposto ex lege. 
    Cio' fino alla estrema conseguenza che  gli  aumenti  volumetrici
gia'  espressione  di  una  precedente   valutazione   pianificatoria
(eventualmente corrispondente ed anzi omologa a  quella  della  norma
regionale impugnata) si vedono irragionevolmente  duplicati:  prevede
infatti il comma terzo dell'art. 8 legge regionale 4-09 il  principio
del cumulo degli aumenti volumetrici previsti dalla legge con  quelli
altrove previsti da leggi, regolamenti e pianificazione  comunale,  a
prescindere,  si  ripete,  perfino  dalla  identita'  di  rullo   del
provvedimento pianificatorio con quello della legge sul  Piano  casa:
cio' che vizia la norma innanzitutto di irragionevolezza nella misura
in cui consente la realizzazione volumetrie  eccedenti  l'esigenza  a
seconda che un Comune abbia disciplinato  o  meno  prima  del  "piano
casa"gli aumenti volumetrici  con  le  stesse  finalita'  del  piano,
essendovi  nel  secondo  caso  un  cumulo  tra  aumenti   volumetrici
derivanti  dalla  legge   e   quelli   derivanti   dalla   precedente
pianificazione. 
    La rigidita' e' insomma evidente perche' puo'  comportare  un-bis
in idem" valutativo, ovvero un intervento "amplificativo" complessivo
di portata perfino ulteriore e plurima alla  esigenza,  eventualmente
gia' valutata  e  che  comunque  il  Comune  non  puo'  autonomamente
ri-valutare per una legge regionale lo esautora da tale prorogativi. 
    Traendo  le   conclusioni   la   norma   oggetto   del   presente
procedimento: 
    1) Si pone in contrasto con la  potesta'  legislativa  Regionale,
nel caso di specie a atuto Speciale nella  misura  in  cui  attua  un
intervento di sistema in modalita'  o  erativa  completamente  avulsa
dalla pianificazione urbanistica che costituisce ce tamente normativa
di principio dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica  e  degli
interessi nazionali rappresentati dal sistema di  composizione  degli
interessi del territorio. venendosi cosi' a violare gli articoli  117
Cost. e 3  comma  primo  dello  statuto  regionale  sardo  (L.Cost.26
febbraio 1948 n.3). 
    2) La norma viola sotto altro  profilo  l'art.  117  primo  comma
Cost.nella misura in cui consente deroghe generalizzate ed al  "buio"
della  pianificazione  comunale  in  assenza  di  quella   necessaria
Valutazione   Ambientale   Strategica   richiesta   dalla   direttiva
comunitaria 2001/42CE DEL 27 giugno 2001, recepita con legge 152  del
2006 costituente quindi vincolo comunitario, ovvero  un  limite  alla
potesta' legislativa comunale. 
    3)  Posto  che  la   pianificazione   urbanistica   e'   funzione
fondamentale dei comuni  e  come  tale  e'  oggetto  di  legislazione
esclusiva dello Stato, la norma regionale, si pone in  contrasto  con
le competenze comunali in tema di  pianificazione  e  previste  dagli
articoli 117 comma sesto ultimo capoverso e 118  della  Costituzione,
nella  misura  in  cui  detta  funzione  Comunale  e'   completamente
esautorata, cio' essendo evidente quand'anche le esigenze poste  alla
base della norma siano gia' state oggetto  di  valutazione,  o  nella
misura in cui non possano  esser  diversamente  valutate  dall'organo
competente. 
    4) Si pone in contrasto con il principio di uguaglianza,  di  cui
all'art.3 COST. nella misura  in  cui  la  depianificazione  consente
aumenti volumetrici  su  tutto  il  territorio  a  prescindere  dalla
verifica delle concrete esigenze. Cio' fa conseguire  che  situazioni
eventualmente diverse ricadono sotto la stessa disciplina.  Una  zona
della quale gli ordinari poteri pianificatori hanno gia'  valutato  e
normato le medesime esigenze poste a base del Piano Casa,  e  per  la
quale non esiste alcune  esigenza  urbanistica  non  soddisfatta,  e'
soggetta agli stessi aumenti volumetrici possibili per  zone  in  cui
dette esigenze vi sarebbero,  in  cui  rispondono  effettivamente  ad
un-bisogno  collettivo.  Insomma  la  norma   prevede   la   medesima
conseguenza a prescindere dalla valutazione che quella  esigenza  sia
stata o meno soddisfatta,  e  che  quindi  diventa  quasi  una  ratio
apparente della legge. Detta norma impugnata,  a  parere  di  scrive,
finisce infine con il far prevalere le  esigenze  singole  su  quelle
della collettivita' senza una ragionevole ponderazione tra le prime e
le seconde, tra caso e caso. Infine si crea una  irragionevole  "zona
bianca" corrispondente  al  territorio  della  Regione  Sardegna  non
soggetta alla perdurante valenza  della  Pianificazione  rispetto  al
rimanente territorio delle altre  Regioni  dello  Stato  che  abbiano
disciplinato il C.D. "piano  casa"  nel  rispetto  delle  prerogative
comunali. 
    B) Depianificazione e legge penale. 
    Tutto cio'  ha  delle  ulteriori  conseguenze  se  si  bada  alle
sanzioni  penali  della  violazione  delle  norme   urbanistiche   ed
edilizie. 
    1) Sotto un primo motivo puo' affermarsi che gli  stessi  profili
connessi alla violazione  dell'art.3  della  Costituzione  evidenzino
aspetti di incostituzionalita' ulteriori se si ha riguardo alla legge
penale e ai suoi principi. Infatti, a fronte di una tutela penale dei
valori oggetto  della  sfera  urbanistico  edilizia,  che  sanzionano
proprio quelle attivita' che si pongono in diretto contrasto con  gli
strumenti pianificatori, nella sola regione Sardegna  e'  consentita,
per effetto della sola legge regionale oggi impugnata, una  attivita'
edilizia in contrasto con gli strumenti urbanistici, che in tutto  il
resto del territorio statale sono oggetto di tutela penale sia  sotto
il profilo urbanistico che sotto il profilo edilizio.  Vi  e'  quindi
violazione  dell'art.  3  della  Costituzione  nella  misura  in  cui
condotte identiche di interventi contrastanti con  la  pianificazione
siano legittimi in Sardegna e penalmente illegittimi nelle  rimanente
Regioni. 
    2  )  Una  norma  regionale  violala  riserva  di  legge  penale,
allorche'  intervenga  illegittimamente  in  funzione  ampliativi   o
restrittiva della norma incriminatrice. 
    Ebbene, anche a prescindere da quanto tutto sopra esposto  e  che
ruota intorno all'effetto di depianificazione, la norma  in  oggetto,
mediante  legittimazione  di  una  potesta'  edificatoria  opera  una
corrispondente riduzione dell'ambito di efficacia della norma  penale
incriminatrice,  che  a  sua  volta  comporta   una   lesione   della
uniformita'  delle  conseguenze  penali  del   medesimo   fatto   nel
territorio dello Stato, sia  sotto  il,  gia'  visto,  profilo  della
depenalizzazione  dell'intervento  edilizio   che   prescinde   dalla
conformita' dalla pianificazione, sia sotto  il  mero  profilo  della
depenalizzazione  dello  sforamento  della  volumetria  massima,  ora
penalmente irrilevante nei termini  peculiarmente  previsti  solo  in
Sardegna. 
    La riduzione dell'ambito di rilevanza penale di una  condotta  e'
per costante  giurisprudenza  della  stessa  Corte  ravvisabile  ogni
qualvolta la previsione normativa regionale abbia operato  nel  senso
di  una  restrizione  della  sfera  della  rilevanza  penale  di  una
determinata  condotta  rispetto  ad  analoga  condotta  se   commessa
nell'ambito territoriale di una diversa regione. 
    Negli stessi termini, la Corte, con la  sentenza  0122  del  2010
24/02/2010, ha dichiarato la illegittimita' per contrasto con  l'art.
117, secondo comma, lettera 1 ), Cost.,  l'art.  1,  comma  3,  della
legge della Regione Piemonte 26  marzo  2009,  n.  9,  in  quanto  la
prevista inapplicabilita' alla  cessione  di  software  libero  delle
disposizioni penali di cui all'art. 171--bis della  legge  22  aprile
1941, n. 633, come sostituito dall'art.  13  della  legge  18  agosto
2000. n. 248, supera il limite inderogabile dell'ordinamento  penale,
ledendo la competenza esclusiva  dello  Stato  in  tale  materia.  Ha
ritenuto infatti la Corte che l'ampia formula adottata al legislatore
regionale,  con  riguardo  alla  cessione,  in  qualsiasi  forma,  di
software li ero, esclude dall'ambito applicativo del precetto  penale
condotte suscettibili di essere qualificate  come  abusive,  sia  per
invalidita' della licenza sia per contrasto con  eventuali  limiti  o
prescrizioni dalla medesima licenza previsti. 
    Con le stesse motivazioni si e' pronunciata la medesima Corte con
riguardo alla 0185 del 23/03/2004 aula legge  della  Regione  Friuli-
Venezia Giulia 17 luglio 2002, n. 17, che disciplina l'istituzione di
case da gioco nel territorio regionale,  in  quanto  le  Regioni  non
dispongono  di  alcuna  competenza  che  le  abiliti  ad  introdurre,
rimuovere o variare con proprie leggi le pene  previste  dalle  leggi
dello Stato.  cui  spetta  la  competenza  esclusiva  in  materia  di
ordinamento. Sull'impossibilita' per le Regioni di considerare lecita
un'attivita'  penalmente   sanzionata   nell'ordinamento   nazionale,
possono ancor esser citate le sentenze n. 234/1995, n.  117/1991,  n.
309/1990, n. 487/1989. 
    Deve quindi concludersi che l'art. 2  della  legge  regionale  23
ottobre 2009 n. 4 violi sotto un ulteriore duplice profilo  la  carta
Costituzionale, sia sulla base degli art.li  25  e  117  della  Carta
Costituzionale,  perche'  depenalizzando  una  condotta   si   incide
nell'ambito normativo penale riservato alla sola legge  statale,  sia
perche' contemporaneamente cio' implica una irragionevole  violazione
dell'art. 3 della Costituzione  nella  misura  in  cui  consenta  una
diversita' di conseguenze penali per condotte identiche(  costruzione
in difformita' dalla pianificazione) a seconda della Regione  in  cui
queste vengano poste in essere. 
    Sulla rilevanza della questione 
    La questione e' certamente rilevante nel  presente  giudizio  non
solo perche' evidentemente l'esaurimento della potenzialita' edilizia
dell'immobile  e'  conseguente  alla  valutazione   di   legittimita'
Costituzionale dell'unica norma che ne  prevede  la  possibilita'  di
ampliamento, ma anche perche', come  sopra  visto  appare  del  tutto
legittimo il percorso interpretativo diretto a sostituire  il  regime
DIA con quello SCIA e conseguentemente  a  sbarrare  la  strada  alla
diversa interpretazione che porti a veder assorbito il rilievo penale
della vicenda nella diversa configurabilita' nella lettera  b)  della
380 del 2001. 
    In ogni caso ai fini della rilevanza  sara'  appena  il  caso  di
richiamare le sentenze 458 del 2006 ed ancor prima la  148  del  1983
con le quali la Corte ha riconosciuto la rilevanza e l'ammissibilita'
delle questioni di costituzionalita' delle  norme  penali  di  favore
sulla  base  delle  considerazioni  che  l'accoglimento  verrebbe   a
incidere sulle formule di proscioglimento,  o  sul  dispositivo,  sul
percorso argomentativo o sull'effetto di ciste a.  Sara'  poi  appena
sufficiente richiamare infine le esigenze cautelari come esposte  dal
p.m. che imporrebbero il sequestro al fine di evitare l'aggravarsi di
una condotta  (conclusione  dei  lavori)  contraria  all'ordinamento,
proprio perche' possibile solo per espressione di una norma  ritenuta
incostituzionale.  
 
                                P.Q.M 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita' dell'art. 2 della legge Regione Sardegna 23 ottobre
2009 n. 4.  con  riguardo  agli  articoli  3;  25  1  17;  118  della
Costituzione e 3 legge Cost. 26 febbraio 1948 ( Statuto Speciale  per
la Sardegna); 
    Sospende il procedimento e dispone  la  trasmissione  degli  atti
alla Corte Costituzionale; 
    Manda alla Cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
alle parti in causa e la comunicazione al P.m.  sede,  al  Presidente
della Giunta Regionale Sarda; e  di  comunicarla  al  Presidente  del
Consiglio regionale della Sardegna 
    Cosi' deciso in Oristano, addi' 17 dicembre 2010 
 
                        Il giudice: Porceddu