N. 43 SENTENZA 7 - 11 febbraio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della
  competenza legislativa esclusiva statale nelle materie della tutela
  della concorrenza e dell'ordinamento  civile  -  Esclusione  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e) e l). 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale -  Definizione  dei  soggetti  aggiudicatori  destinatari
  della legge - Ricorso del Governo - Eccepita inammissibilita' della
  questione per genericita' delle censure - Reiezione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e)  e  l);  d.lgs.  12
  aprile 2006, n. 163, art. 3. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale -  Definizione  dei  soggetti  aggiudicatori  destinatari
  della disciplina - Ricorso del Governo - Asserito contrasto con  le
  definizioni  contenute   nel   codice   dei   contratti   pubblici,
  espressione della competenza legislativa  esclusiva  nelle  materie
  della  tutela  della  concorrenza  e  dell'ordinamento   civile   -
  Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e)  e  l);  d.lgs.  12
  aprile 2006, n. 163, art. 3. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Possibilita' per i soggetti aggiudicatori di utilizzare
  i prezziari pubblici non aggiornati, relativi all'anno precedente -
  Contrasto con la specifica  e  piu'  restrittiva  disposizione  del
  codice  dei  contratti  pubblici   espressione   della   competenza
  legislativa esclusiva statale nella materia dell'ordinamento civile
  - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 13, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l); d.lgs.  12  aprile
  2006, n. 163, artt. 133, comma 8, e 4, comma 3. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Modalita' organizzative dell'attivita' del responsabile
  del procedimento - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione  della
  competenza legislativa ripartita  relativamente  all'organizzazione
  amministrativa  e  dei  compiti  e  requisiti  del  procedimento  -
  Formulazione  generica  delle  censure  -  Inammissibilita'   della
  questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 15, commi 1,
  3, 5, 6 e 7. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163,
  art. 10. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Modalita' organizzative dell'attivita' del responsabile
  del procedimento - Ricorso del Governo - Ritenuta violazione  della
  competenza legislativa ripartita  relativamente  all'organizzazione
  amministrativa  e  dei  compiti  e  requisiti  del  procedimento  -
  Riconducibilita' delle disposizioni denunciate alla  materia  della
  organizzazione  amministrativa  riservata  alle   Regioni   -   Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 15, commi  2
  e 4. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163,
  art. 10. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Incentivo per  la  progettazione  e  per  le  attivita'
  tecnico-amministrative connesse - Ricorso del  Governo  -  Asserito
  contrasto con la specifica  e  piu'  restrittiva  disposizione  del
  codice  dei  contratti  pubblici   espressione   della   competenza
  legislativa esclusiva statale nella materia dell'ordinamento civile
  - Riconducibilita' della disposizione denunciata alla materia della
  organizzazione  amministrativa  riservata  alle   Regioni   -   Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 16. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e)  e  l);  d.lgs.  12
  aprile 2006, n. 163, art. 92, comma 5. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale   -   Affidamento   di   incarichi   architetturali    ed
  ingegneristici,  con  preferenza  per  il   criterio   dell'offerta
  economicamente piu' vantaggiosa rispetto  a  quella  ordinaria  del
  prezzo piu' basso - Ricorso del Governo - Ritenuto contrasto con la
  specifica  disposizione   del   codice   dei   contratti   pubblici
  espressione della competenza legislativa  esclusiva  statale  nella
  materia  della  tutela  della  concorrenza  -  Esclusione   -   Non
  fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 19, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e); d.lgs.  12  aprile
  2006, n. 163, art. 81, commi 1 e 2. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Procedure di affidamento diretto dei servizi  attinenti
  all'architettura e all'ingegneria di importo inferiore a  ventimila
  euro - Determinazione dei corrispettivi demandati alla negoziazione
  tra la stazione appaltante ed il progettista fiduciario - Contrasto
  con la specifica disposizione del  codice  dei  contratti  pubblici
  espressione della competenza legislativa  esclusiva  nella  materia
  dell'ordinamento   civile   -   Illegittimita'   costituzionale   -
  Assorbimento della questione ulteriore. 
- Legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3, art. 20, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l) (art. 117,  secondo
  comma, lett. e)); d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 92, commi 2 e
  3. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale  -  Attivita'  di  manutenzione  tramite  la  stipula  di
  contratti  aperti  -  Previsione  di  una  tipologia   contrattuale
  innovativa,  in  contrasto  con  la  tassativita'  delle  tipologie
  contrattuali  previste  dal  Codice  dei   contratti   pubblici   -
  Violazione della competenza  legislativa  esclusiva  statale  nelle
  materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- D.lgs. 15 febbraio 2010, n. 31, art. 22, commi 3 e 4. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e)  e  l);  d.lgs.  12
  aprile 2006, n. 163, art. 3, commi 3 e 10. 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria  -  Disciplina  per  la
  esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio
  regionale - Composizione e funzioni della commissione  giudicatrice
  nel  caso  di   aggiudicazione   con   il   criterio   dell'offerta
  economicamente piu' vantaggiosa - Ricorso del  Governo  -  Ritenuto
  contrasto con le disposizioni sulle cause di  incompatibilita'  dei
  commissari  contenute  nel  Codice   dei   contratti   pubblici   -
  Riconducibilita' della disposizione denunciata alla  materia  della
  organizzazione  amministrativa  riservata  alle   Regioni   -   Non
  fondatezza della questione. 
- D.lgs. 15 febbraio 2010, n. 31, art. 28. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163,
  art. 84, commi 4, 5 e 6. 
(GU n.8 del 16-2-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente: 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  1,  comma
1, 2, 13, comma 3, 15, 16, 19, comma 1, 20, comma 3, 22, commi 3 e 4,
e 28 della  legge  della  Regione  Umbria  21  febbraio  2010,  n.  3
(Disciplina regionale dei lavori  pubblici  e  norme  in  materia  di
regolarita'  contributiva  per  i  lavori  pubblici),  promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-30
marzo 2010, depositato in cancelleria  il  successivo  1°  aprile  ed
iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria; 
    Udito nell'udienza  pubblica  dell'11  gennaio  2011  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Umbria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1,  comma  1,
2, 13, comma 3, 15, 16, 19, comma 1, 20, comma 3, 22, commi 3 e 4,  e
28 della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina
regionale dei lavori pubblici  e  norme  in  materia  di  regolarita'
contributiva  per  i  lavori  pubblici),  per   asserita   violazione
dell'art. 117, commi secondo,  lettere  e)  ed  l),  e  terzo,  della
Costituzione. 
    Prima di esporre le ragioni  poste  a  fondamento  delle  singole
censure, il ricorrente ha richiamato la giurisprudenza costituzionale
(in particolare, la sentenza n. 401 del 2007) che ha riconosciuto  la
prevalente sussistenza della competenza statale in materia di  tutela
della concorrenza con riferimento alla disciplina delle procedura  di
evidenza pubblica, nonche' in  materia  di  ordinamento  civile,  con
riferimento alla disciplina della procedura negoziale  relativa  alla
conclusione ed esecuzione del contratto. 
    1.1. - Esposto cio', si assume, in primo luogo, la illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge regionale in  esame,
il quale prevede quanto segue: «con la presente legge la Regione  nei
limiti e nel  rispetto  della  Costituzione,  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonche'
della normativa statale, detta la disciplina  per  la  esecuzione  di
lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul  territorio  regionale,  di
competenza della Regione e degli altri soggetti di  cui  all'articolo
2, nonche' disposizioni in materia di regolarita' contributiva per  i
lavori pubblici». 
    Secondo  il  ricorrente,  tale  comma,  «pur  nella  sua  portata
meramente enunciativa e programmatica», si porrebbe in contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. in tema di  tutela
della concorrenza e di ordinamento civile,  sul  presupposto  che  la
Regione non avrebbe alcuna  competenza  in  tema  di  esecuzione  dei
contratti pubblici. 
    1.2. - E' stato impugnato anche l'art. 2 della citata legge,  per
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l),  Cost.  La
norma censurata stabilisce quanto segue: «1. Le disposizioni  di  cui
alla presente legge si applicano: 
    a) alla  Regione  Umbria,  alle  agenzie  e  agli  enti  da  essa
istituiti; 
    b) agli enti locali, alle loro associazioni, unioni  e  consorzi,
ai consorzi di bonifica; 
    c)  alle  aziende   unita'   sanitarie   locali,   alle   aziende
ospedaliere,  agli  enti  di  gestione  delle   residenze   sanitarie
assistenziali per anziani e disabili e alle Istituzioni pubbliche  di
assistenza e beneficienza (IPAB); 
    d) agli organismi di diritto pubblico; 
    e) ai soggetti, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti,
relativamente a lavori od opere pubbliche o di pubblica utilita'  che
beneficiano di finanziamenti pubblici in conto interesse o  in  conto
capitale, assegnati in attuazione  di  piani  e  programmi  approvati
dall'amministrazione  regionale,  di  importo  attualizzato  pari   o
superiore al cinquanta per cento dell'importo dei lavori. 
    2. Ai sensi della presente legge si intendono: 
    a) per «amministrazioni aggiudicatrici»  i  soggetti  di  cui  al
comma 1, lettere a), b), c) e d); 
    b) per «soggetti aggiudicatori» i soggetti di cui al comma 1». 
    Secondo  il  ricorrente  il  suindicato   comma   violerebbe   la
competenza  statale  in  materia  di  tutela  della   concorrenza   e
ordinamento civile in quanto: a) «impinge inevitabilmente (...) anche
quegli  ambiti  relativi  agli  appalti  pubblici  (ad  esempio,   le
procedure di aggiudicazione, l'esecuzione dei  contratti,  ecc.),  la
cui disciplina e' per l'appunto oggetto di esclusiva competenza dello
Stato»; b) le «definizioni fornite» dalla norma in esame «contrastano
sotto svariati  profili  con  quelle  previste  dall'articolo  3  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE)»; c) «la generica  previsione  per
cui la legge regionale si applica anche  alle  agenzie  e  agli  enti
istituti dalla Regione, consentirebbe in  astratto  di  applicare  la
norma regionale  anche  a  soggetti  che,  purche'  "istituiti  dalla
Regione", senza, oltretutto, che sia dato comprendere in  che  forma,
magari  anche  solo  privatistica  e  pertanto  non  suscettibili  di
rientrare  nelle  piu'  precise  definizioni  di  cui  al  richiamato
articolo 3 del Codice dei contratti pubblici»; d) «la definizione  di
"soggetti aggiudicatori" di cui al comma 2, lettera b), che assorbe -
tra l'altro - quella di cui al comma 1, lettera e), non coincide,  ed
e'  anzi  decisamente  piu'   restrittiva,   di   quella   desumibile
dall'articolo 3, comma 31, del d.lgs. n. 163  del  2006,  concernente
gli  altri  soggetti  aggiudicatori:  il  che  comporta  quindi   una
sensibile differenziazione della portata applicativa  della  relativa
norma rispetto ai non derogabili parametri  offerti  dalla  normativa
statale». 
    1.3. - Altra norma impugnata e' l'art. 13, comma 3,  della  legge
regionale  in  esame,  la   quale   stabilisce   che:   «i   soggetti
aggiudicatori possono utilizzare l'elenco regionale dei prezzi e  dei
costi per la sicurezza non  aggiornato  per  i  progetti  di  livello
almeno preliminare,  approvati  prima  della  data  di  pubblicazione
dell'aggiornamento a  condizione  che  i  relativi  bandi,  avvisi  o
lettere   di   invito   per   l'esecuzione   dei   lavori    vengano,
rispettivamente, pubblicati o trasmesse, entro il successivo mese  di
giugno». 
    La norma riportata,  secondo  il  ricorrente,  consentirebbe  «ai
soggetti aggiudicatori l'utilizzazione  dei  prezziari  pubblici  non
aggiornati,  ossia  relativi  all'anno  precedente,  in  relazione  a
progetti che siano approvati entro  una  non  meglio  precisata  data
dell'anno successivo (relativa all'aggiornamento dei prezzi dell'anno
successivo),  e  sempreche'  (...)   l'avvio   delle   procedure   di
aggiudicazione di  quella  progettazione  sia  intervenuto  entro  il
giugno dell'anno successivo a quello dei prezziari "scaduti"». 
    Secondo il ricorrente tale comma violerebbe l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in quanto la disciplina statale,  stabilita
dal comma 8 dell'art. 133 del d.lgs. n. 163 del 2006,  «pone  termini
piu' stringenti e certi per l'utilizzazione dei prezziari  "scaduti",
prevedendo che essi possono essere applicati in relazione a  progetti
gia' approvati alla data del 30 giugno dell'anno  successivo,  e  che
comunque - in caso di mancato  aggiornamento  anche  per  l'ulteriore
periodo  -  l'aggiornamento  andra'   effettuato   ad   opera   delle
articolazioni  locali  dell'amministrazione  delle   infrastrutture».
Inoltre,  la  norma  disciplinerebbe  la  «esecuzione  dei  contratti
pubblici, incidendo sulla disciplina dei prezzi  contrattuali,  ossia
un elemento essenziale dei contratti medesimi». 
    1.4.  -  E'  stato  impugnato,  altresi',  l'art.  15  il   quale
stabilisce che: 
    «1. Le amministrazioni aggiudicatrici  nominano  un  responsabile
del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento, unico  per
tutte le fasi. 
    2.   Con   specifico   riferimento   alla    propria    struttura
organizzativa,   le   amministrazioni   aggiudicatrici    nell'ambito
dell'unitario procedimento  di  attuazione  dell'intervento,  possono
individuare sub procedimenti la cui responsabilita' puo' essere posta
in capo a soggetti diversi dal responsabile del procedimento  di  cui
al comma 1, al quale gli stessi rispondono direttamente. 
    3. Il responsabile del procedimento e' un tecnico in possesso  di
titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per  i
quali e' nominato. 
    4. In caso di  carenza  di  dipendenti  tecnici  in  servizio  in
possesso   di   professionalita'   adeguate,    le    amministrazioni
aggiudicatrici possono: 
    a) avvalersi, nel rispetto delle  norme  vigenti  in  materia  di
pubblico impiego, di dipendenti tecnici di pubbliche  amministrazioni
in possesso di adeguate competenze professionali; 
    b)  assumere  idonee  figure  professionali,   in   possesso   di
competenze, ai sensi delle  vigenti  norme  in  materia  di  pubblico
impiego. 
    5. Il  responsabile  del  procedimento  individua  i  livelli  di
progettazione necessari e i contenuti  documentali  del  progetto  da
appaltare, in ragione delle disposizioni  stabilite  dalla  normativa
vigente per  la  specifica  tipologia  e  dimensione  dei  lavori  da
progettare e della documentazione richiesta  per  il  rilascio  degli
atti di autorizzazione, approvazione o pareri,  comunque  denominati,
necessari ai fini dell'approvazione dei lavori stessi. 
    6.  I  soggetti  aggiudicatori,  diversi  dalle   amministrazioni
aggiudicatrici, in conformita' ai principi della legge 7 agosto 1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), individuano, secondo
i propri ordinamenti, uno o piu'  soggetti  cui  affidare  i  compiti
propri del responsabile del procedimento. 
    7.  La  Giunta  regionale,  per  gli  interventi  di   competenza
regionale, disciplina con regolamento modalita',  tempi  e  procedure
per la nomina del responsabile del procedimento di  cui  al  presente
articolo». 
    Secondo  il  ricorrente  tale  norma  sarebbe  costituzionalmente
illegittima per contrasto con il terzo  comma  dell'art.  117  Cost.,
atteso   che   inciderebbe   in   un   ambito    materiale,    quello
dell'organizzazione amministrativa e  dei  compiti  e  requisiti  del
procedimento, rientrante nell'ambito della competenza  ripartita  tra
Stato e regioni. 
    A tale proposito,  si  deduce  che  la  norma  violerebbe  quanto
prescritto dall'art. 10 del d.lgs. n. 163 del 2006 sotto due  diversi
profili. 
    In relazione ad un primo profilo, il ricorrente  sottolinea  come
la disposizione in esame,  «dopo  aver  fissato  il  principio  della
unicita' del responsabile del procedimento relativamente a  tutte  le
fasi di attuazione di un intervento», consentirebbe,  con  previsione
contenuta nel secondo comma, «alle amministrazioni aggiudicatrici  di
individuare  sub-procedimenti  la  cui  responsabilita'  puo'  essere
assegnata  a  soggetti   diversi   dal   responsabile   "unico"   del
procedimento, cosi'  consentendo  di  spezzettare  quel  fondamentale
principio  di  unicita'  della  responsabilita'  amministrativa   del
procedimento, sottesa (...) alla figura del "responsabile unico"». 
    Con  riferimento  ad   un   secondo   aspetto,   si   assume   la
incostituzionalita' del comma 4 dell'art. 15 «allorche' consente alle
amministrazioni aggiudicatrici, in  caso  di  carenza  di  dipendenti
tecnici in servizio in  possesso  di  professionalita'  adeguate,  di
rivolgersi ad altre amministrazioni pubbliche in possesso di siffatte
professionalita' ovvero di assumerne ai sensi delle vigenti norme  in
materia di pubblico impiego, anziche' dotarsi di un adeguato supporto
all'attivita'   del   responsabile   del    procedimento,    mediante
espletamento di procedura di selezione prevista dal  Codice  medesimo
per  l'affidamento  di  incarichi   di   servizi,   come   prescritto
dall'articolo 10, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006». 
    1.5. - Oggetto di impugnazione e' anche  l'art.  16  della  legge
regionale  in  esame,  il  quale  prevede  che:  «le  amministrazioni
aggiudicatrici ripartiscono una somma non superiore al due per  cento
dell'importo posto a base  di  gara  di  un'opera  o  di  un  lavoro,
comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a  carico
dell'amministrazione,  per  ogni  singola  opera  o  lavoro,  con  le
modalita' e i criteri previsti in sede di  contrattazione  decentrata
ed assunti in un regolamento adottato  dall'amministrazione,  tra  il
responsabile del procedimento e gli incaricati  della  redazione  del
progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori,  del
collaudo, nonche' tra i loro collaboratori». 
    Secondo il ricorrente, tale norma violerebbe l'art. 117,  secondo
comma, lettere e) ed l), Cost.  In  particolare,  si  assume  che  la
disposizione impugnata contrasterebbe con l'art.  92,  comma  5,  del
d.lgs. n. 163 del 2006, perche', pur riproducendo la prima  parte  di
tale comma, ometterebbe di «dettagliare,  coma  fa  invece  la  norma
statale, i criteri per la determinazione della percentuale  effettiva
destinata ad ogni singola  attivita'  svolta».  Inoltre,  si  osserva
come, «pur al di la' della evidenziata difformita' tra la  disciplina
statale e quella regionale», la norma censurata riguarderebbe la fase
della progettazione degli appalti pubblici, in quanto  la  disciplina
degli incentivi alla progettazione atterrebbe ai «criteri in base  ai
quali tale attivita' deve essere svolta in modo da assicurare in ogni
caso la piu' ampia competitivita'  e  la  libera  circolazione  degli
operatori economici nel segmento di mercato in questione». 
    1.6. - E'  anche  impugnato  l'art.  19,  comma  1,  della  legge
regionale in esame. 
    La norma impugnata stabilisce che  «nell'affidamento  di  servizi
attinenti all'architettura e all'ingegneria, al fine di promuovere la
qualita' dei progetti  e  dei  soggetti  partecipanti  alle  gare,  i
soggetti   aggiudicatori,   nella   scelta   dell'offerta   migliore,
utilizzano, di preferenza, il  criterio  dell'offerta  economicamente
piu' vantaggiosa». 
    Secondo il ricorrente tale norma violerebbe l'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., ponendosi in contrasto, in particolare, con
il precetto contenuto nell'art. 81, commi 1 e 2, del  d.lgs.  n.  163
del 2006, il quale prevede che il criterio di selezione delle offerte
negli appalti  pubblici  possa  essere  alternativamente  quello  del
prezzo  piu'  basso  o  quello   dell'offerta   economicamente   piu'
vantaggiosa. 
    1.7. - Il ricorrente ha censurato, altresi', l'art. 20, comma  3,
il  quale  prevede  che:  «il  responsabile  del  procedimento  o  il
dirigente competente  delle  amministrazioni  aggiudicatrici  possono
procedere   all'affidamento    diretto    dei    servizi    attinenti
all'architettura e all'ingegneria  di  importo  stimato  inferiore  a
ventimila euro indicati nei propri provvedimenti  per  l'acquisizione
in  economia,  a  soggetti  esterni  alle  amministrazioni,  con   le
procedure  e  le  modalita'  indicate  negli  stessi   provvedimenti,
scegliendoli anche negli eventuali elenchi di cui al comma 1. In  tal
caso il ribasso sull'importo  delle  prestazioni,  stimato  ai  sensi
delle tariffe professionali di cui al d.m. 4 aprile 2001 del Ministro
della giustizia (Corrispettivi delle  attivita'  di  progettazione  e
delle altre attivita', ai sensi dell'articolo 17, comma 14-bis, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche), e' negoziato
tra il responsabile del procedimento o il dirigente competente  e  il
professionista cui si intende affidare il servizio». 
    Secondo il ricorrente tale disposizione  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed l), Cost. In particolare, si deduce  che
la norma impugnata, demandando la  determinazione  dei  corrispettivi
alla negoziazione  tra  la  stazione  appaltante  ed  il  progettista
fiduciario, si porrebbe in contrasto con l'art. 92, commi 2 e 3,  del
d.lgs. n. 163 del 2006, che prescrive criteri rigidi ed uniformi  per
la fissazione di siffatti corrispettivi. 
    1.8. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato  i
commi 3 e  4  dell'art.  22  della  legge  regionale  in  esame,  che
prevedono quanto segue: 
    «3.  Le   amministrazioni   aggiudicatrici   possono   provvedere
all'espletamento dell'attivita' di manutenzione tramite la stipula di
contratti aperti della durata massima di quattro anni. Per  contratto
aperto si intende il contratto in cui la prestazione e' pattuita  con
riferimento ad un determinato  arco  di  tempo,  per  interventi  non
predeterminati nel numero, ma resi necessari  secondo  le  necessita'
delle amministrazioni aggiudicatrici. 
    4. Qualora, nel caso di contratti aperti, l'importo dei lavori da
eseguire ecceda l'importo contrattuale, il direttore dei  lavori  da'
comunicazione al  responsabile  del  procedimento  per  le  opportune
determinazioni. Il responsabile  del  procedimento  puo'  autorizzare
l'ulteriore spesa fino ad  un  totale  complessivo  pari  all'importo
originario  posto  a  base  di  gara,  e  comunque  non  superiore  a
duecentomila euro. In caso  di  contratto  pluriennale  la  ulteriore
spesa riferita alla singola annualita' puo' essere  autorizzata  fino
ad un totale complessivo pari all'importo originario posto a base  di
gara previsto per  il  singolo  anno,  e  comunque  non  puo'  essere
superiore a duecentomila euro». 
    Secondo il ricorrente  tale  disposizione  violerebbe  l'articolo
117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., in  quanto  prevede  una
particolare tipologia  di  contratti,  che  definisce  «aperti»,  non
contemplati dall'art. 3, commi 3 e 10, del d.lgs. n. 163 del 2006. 
    1.9. - Infine, oggetto di specifica censura e' l'art. 28 il quale
prevede che: 
    «1. Nel  caso  in  cui  il  criterio  utilizzato  per  la  scelta
dell'offerta migliore  e'  quello  dell'offerta  economicamente  piu'
vantaggiosa,    la    Commissione    giudicatrice     e'     nominata
dall'amministrazione aggiudicatrice ed e' composta fino ad un massimo
di cinque componenti esperti nello specifico settore  di  intervento,
scelti prioritariamente tra  il  personale  dipendente  della  stessa
amministrazione aggiudicatrice. 
    2. Le amministrazioni aggiudicatrici  individuano  il  Presidente
della Commissione secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
Per l'affidamento di lavori e di servizi attinenti all'architettura e
all'ingegneria di competenza della Regione la Commissione di  cui  al
comma 1 e' individuata  dal  responsabile  del  procedimento  di  cui
all'articolo 15, comma 1. 
    3.  In  caso  di  accertata  carenza  in  organico  di   adeguate
professionalita',  i   commissari   diversi   dal   Presidente   sono
individuati tra i dipendenti di altre amministrazioni  aggiudicatrici
in possesso di adeguate professionalita', ovvero, con un criterio  di
rotazione,  tra  gli  appartenenti  alle   seguenti   categorie:   a)
professionisti, con almeno dieci anni di  iscrizione  nei  rispettivi
albi professionali, nell'ambito di un elenco, formato sulla  base  di
rose di candidati fornito dagli ordini professionali;  b)  professori
universitari di ruolo, nell'ambito di un elenco, formato  sulla  base
di rose di candidati fornite dalle facolta' di appartenenza. 
    4.  La  Commissione  individua  l'offerta   economicamente   piu'
vantaggiosa  entro  il  termine  stabilito   dal   responsabile   del
procedimento di cui all'articolo  15,  comma  1.  Tale  termine  puo'
essere prorogato una sola volta. 
    5. Le spese relative alla Commissione sono  inserite  nel  quadro
economico   del   progetto    tra    le    somme    a    disposizione
dell'amministrazione. 
    6.  Per  gli  interventi  di  competenza  regionale,  la   Giunta
regionale, con regolamento, disciplina modalita', tempi  e  procedure
per la nomina della Commissione giudicatrice». 
    Secondo il  ricorrente  tale  norma  violerebbe  il  terzo  comma
dell'art. 117 Cost., in quanto avrebbe stato omesso di  richiamare  i
principi affermati dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 84 del d.lgs. n.  163
del 2006. In particolare, non sarebbero state recepite  le  cause  di
incompatibilita'  dei  commissari  che  compongono   la   commissione
rispetto:  «ad  altri  incarichi,  passati  e  futuri,  afferenti  il
medesimo  appalto;  ad  incarichi  pubblici   previamente   ricoperti
nell'amministrazione    aggiudicatrice;    all'accertata    pregressa
commissione di comportamenti illeciti  nell'ambito  di  procedure  di
gara». 
    2. - In data 10 maggio si e' costituita in  giudizio  la  Regione
chiedendo che le questioni proposte vengano dichiarate  inammissibile
o infondate. 
    2.1. - Con riferimento all'art. 1, comma 1, si deduce,  in  primo
luogo, l'inammissibilita' della questione perche' «la norma impugnata
non attribuisce alla Regione alcuna potesta'  legislativa»  e  dunque
«non regola affatto la materia». 
    Nel merito tale questione sarebbe non  fondata,  in  quanto  «con
essa non si intende dire che la legge regionale regola specificamente
la fase di esecuzione dei lavori pubblici, ma solo indicare che  essa
detta norme  che  attengono  genericamente  ai  lavori  pubblici,  in
relazione ai vari profili di essi  che  possono  essere  disciplinati
dalla Regione». 
    2.2. - In relazione all'impugnato art. 2, la resistente assume la
inammissibilita' della questione per genericita' delle censure. 
    Nel   merito,   la   infondatezza   della   predetta    questione
discenderebbe dal fatto che  la  norma  censurata  si  limiterebbe  a
stabilire  quali  sono  i  soggetti  destinatari  delle  disposizioni
regionali. 
    Inoltre, il riferimento «alle agenzie e agli enti istituiti dalla
Regione» coinciderebbe con le amministrazioni aggiudicatrici previste
dalla legge statale. 
    Infine, si deduce come la definizione di «soggetti aggiudicatori»
sarebbe piu' ampia di quella desumibile dall'art. 3 del d.lgs. n. 163
del 2006. 
    2.3. - Per quanto attiene alla censure  formulate  nei  confronti
del comma 3 dell'art. 13 si esclude che la norma  regionale  consenta
l'uso dei prezziari non aggiornati in relazione a progetti che  siano
approvati entro una non meglio precisata data  dell'anno  successivo;
per contro, dal raccordo tra il comma 1 ed il comma  3  dell'art.  13
risulterebbe che l'elenco regionale dei prezzi e  dei  costi  per  la
sicurezza non aggiornato puo' essere usato per i progetti di  livello
almeno preliminare approvati prima del 31 dicembre, dato che, in base
al  comma  1,  l'elenco  aggiornato  e'  pubblicato  nel   Bollettino
ufficiale della Regione entro il 31 dicembre. 
    Inoltre, si osserva che «la normativa regionale e' piu'  rigorosa
perche', mentre l'art. 133, comma 8, del d.lgs. n. 163  del  2006  si
limita a richiedere  che  entro  giugno  avvenga  l'approvazione  del
progetto, l'art. 13, comma 3, richiede  anche  che  entro  tale  data
siano pubblicati o inviati il bando o la lettera di invito». 
    «Quanto alla censura fondata  non  sul  contenuto  dell'art.  13,
comma  3,  ma  sull'oggetto  in  se'  (la   disciplina   dei   prezzi
contrattuali), essa e'  infondata  perche'  la  norma  impugnata  non
attiene affatto al "tema della esecuzione dei contratti pubblici"». 
    2.4. -  Per  quanto  attiene  al  censurato  art.  15  la  difesa
regionale rileva, innanzitutto, come sia stato lo stesso ricorrente a
riconoscere che  la  disciplina  del  responsabile  del  procedimento
attiene alla  materia  dell'organizzazione  amministrativa.  In  ogni
caso, la  disposizione  censurata  non  si  discosterebbe  da  quanto
prescritto a livello statale.  In  particolare,  la  norma  impugnata
ribadirebbe  il  principio   dell'unicita'   del   responsabile   del
procedimento. Si afferma che «il senso della disposizione  in  parola
e' (...) quello di  garantire  che  anche  nelle  amministrazioni  di
dimensioni medio-grandi - la  dove  l'amministrazione,  da  punto  di
vista organizzativo, sia articolata in  uffici  separati  rispetto  a
quello  del  responsabile  unico  del   procedimento   che   gestisce
l'intervento  -  tale  distinti   plessi   organizzativi   rispondono
comunque» a tale responsabile. 
    Per quanto attiene, poi, alla rimanente censura si  osserva  come
il riferimento a «dipendenti tecnici di pubbliche amministrazioni» e'
conforme a quanto stabilito dall'art. 10, comma 5, del d.lgs. n.  163
del  2005.   Per   quanto   attiene,   poi,   alle   «idonee   figure
professionali»,   essendo   assunte   presso    le    amministrazioni
aggiudicatrice, le stesse,  contrariamente  a  quanto  affermato  nel
ricorso, apparterrebbero alla struttura organizzativa. 
    2.5. - Con riferimento al censurato art. 16 si afferma, in  primo
luogo, come le parti della legge statale non richiamate  dalla  legge
regionale troverebbero ugualmente applicazione. 
    In secondo luogo, la norma rientrerebbe, per  il  suo  contenuto,
nella materia dell'organizzazione amministrativa. 
    Infine,  a  conferma  della  infondatezza  della  questione,   si
richiama quanto stabilito da questa Corte, con la sentenza n. 401 del
2007, la  quale  avrebbe  chiarito  che  attiene  alla  tutela  della
concorrenza soltanto la disciplina dei criteri di progettazione. 
    2.6. - In relazione all'impugnato art. 19, comma 1, si  argomenta
la non fondatezza della questione in ragione del fatto che  la  legge
regionale si sarebbe solo limitata ad indicare  una  mera  preferenza
per uno dei due criteri di aggiudicazione, il  che  non  escluderebbe
che le amministrazioni possano  anche  optare  per  l'altro  criterio
quello prezzo piu' basso. 
    2.7. - Con riguardo al censurato art. 20, comma 3, si deduce come
la questione non sia fondata, in quanto  il  decreto-legge  4  luglio
2006, n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico  e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione  fiscale),  convertito  in  legge,  con   modificazioni,
dall'art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248,  avrebbe  abrogato  il
parametro interposto. In particolare, l'art. 2, comma 1, lettera  a),
di tale decreto-legge stabilisce che: «sono abrogate le  disposizioni
legislative e  regolamentari  che  prevedono,  con  riferimento  alle
attivita' libero professionali e intellettuali (...) la fissazione di
tariffe obbligatorie fisse o minime». 
    2.8. - Le censure riferite all'art. 22, commi 3  e  4,  sarebbero
non fondate in quanto sarebbe erroneo il presupposto da cui muove  il
ricorrente secondo cui la norma impugnata avrebbe previsto una  nuova
tipologia contrattuale. Cio' in  quanto  l'art.  154  del  d.P.R.  21
dicembre 1999, n. 554  (Regolamento  di  attuazione  della  legge  11
febbraio 1994, n. 109 «Legge quadro in materia di lavori pubblici», e
successive modificazioni) disciplinerebbe tale forma contrattuale. 
    2.9.  -  La  infondatezza  della  censura  riferita  all'art.  28
deriverebbe dal fatto che  la  disciplina  della  composizione  della
commissione di gara rientrerebbe  nella  materia  dell'organizzazione
amministrativa di spettanza esclusiva regionale. 
    3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  depositato  una
memoria al fine di replicare alle deduzioni  contenute  nell'atto  di
costituzione della Regione. 
    In particolare, si deduce con riferimento agli artt. 1 e  2,  che
sarebbe proprio la «genericita' enunciativa delle norme in questione»
che  si   porrebbe   in   contrasto   con   gli   evocati   parametri
costituzionali. In relazione all'art. 2, l'Avvocatura sottolinea come
«l'ente regionale pretende di disciplinare l'integrale settore  della
"esecuzione" dei lavori pubblici (...) anche con riguardo a  soggetti
gia' contemplati dalla legislazione  statale  codicistica,  e  quindi
indebitamente   rimodulando   l'applicabilita'    soggettiva    della
inderogabile disciplina nazionale». 
    Per quanto attiene all'art.  13,  nella  memoria  si  espone  che
l'utilizzazione  dei  prezziari  non  puo'  che  afferire  alla  fase
progettuale di un intervento e non gia' al  momento  della  indizione
della relativa procedura di affidamento. In particolare, si evidenzia
come «il tema dell'aggiornamento dei  prezziari  riguardi  invero  il
tema dell'adeguamento dei prezzi (...) disciplinato dall'articolo 133
del Codice». 
    Con riferimento all'art. 15, la difesa statale ribadisce  che  la
norma impugnata e' chiara nel derogare al  principio  della  unicita'
del responsabile del procedimento. 
    In relazione all'art. 16, si osserva che  la  norma  statale  non
poteva comunque essere «trascritta» nella norma regionale. Ma proprio
«la  parzialita'  della  trascrizione  della   norma   statale»,   si
sottolinea, «denuncia che essa potrebbe trovare applicazione,  merce'
la contrattazione decentrata e l'assunzione delle relative risultanze
nel regolamento dell'amministrazione interessata, senza  il  rispetto
degli ulteriori stringenti  ed  inderogabili  criteri  fissati  dalla
norma». 
    Per quanto attiene alle altre disposizioni impugnate,  si  deduce
con riferimento: a) all'art. 19,  che  i  criteri  di  aggiudicazione
rientrerebbero nella  materia  della  tutela  della  concorrenza;  b)
all'art. 20, che  il  decreto-legge  n.  223  del  2006  non  avrebbe
abrogato l'art. 92 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto tale  ultima
norma e' stata modificata successivamente dal decreto legislativo  11
settembre  2008,  n.  152  (Ulteriori   disposizioni   correttive   e
integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163,  recante
il Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e
forniture, a norma dell'articolo 25, comma 3, della legge  18  aprile
2005, n. 62); g) all'art. 22, che l'art. 154 del d.P.R.  n.  554  del
1999 avrebbe recepito «solo incidentalmente» una prassi  contrattuale
disciplinandola unicamente a livello contabile e  che,  comunque,  il
codice degli appalti pubblici  non  avrebbe  fatto  riferimento  alla
tipologia dei contratti aperti. 
    4. - Anche la Regione ha depositato  una  memoria  nell'imminenza
dell'udienza pubblica. 
    In particolare si osserva con riferimento all'art.  1,  che  «la'
dove si parla di "esecuzione", la norma intende  riferirsi  non  alla
specifica fase dell'esecuzione ma  di  tutto  quello  che  serve  per
arrivare alla realizzazione dell'opera pubblica». 
    In relazione all'art. 2, si deduce che «l'Avvocatura cerca  (...)
di mutare la censura, lamentando  che  la  Regione  intenda  regolare
l'esecuzione dei lavori pubblici anche con riguardo a  soggetti  gia'
contemplati  dalla  legislazione   statale   codicistica   e   quindi
indebitamente   rimodulando   l'applicabilita'    soggettiva    della
inderogabile disciplina nazionale». 
    Per quanto attiene all'art. 13, comma 3, si osserva che anche  in
questo caso «l'Avvocatura rettifica la censura avanzata nel ricorso»,
sostenendo che la norma censurata «attiene al prezzo dell'appalto  e,
quindi, tocca "questione appartenente alla  disciplina  contrattuale,
ricadente nell'ambito dell'ordinamento civile"». La difesa  regionale
osserva comunque che la censura sarebbe infondata sotto tale  profilo
sia  perche'  la  norma  impugnata  non  disciplinerebbe  il   prezzo
dell'appalto ma l'operativita' temporale  degli  elenchi  prezzi  sia
perche', anche qualora fosse riconducibile all'ordinamento civile, la
diversita' rispetto alla legislazione statale sarebbe limitata. 
    Con riferimento all'art. 16  si  deduce  che  la  difesa  statale
avrebbe mutato prospettiva difensiva assumendo che «mentre il ricorso
evidenziava l'asserita difformita' tra l'art. 16 e l'art.  92,  comma
5, ora si lamenta la possibile difformita' nella fase  di  attuazione
dell'art.  16»;  tale  censura,  osserva  la  difesa  regionale,  «e'
inammissibile  (oltre  che  per  la  novita')  per  la  mancanza   di
attualita' della lesione, nel senso che le possibili  future  vicende
applicative  non  possono  condurre  a  dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale di una norma di legge». Sul punto,  si  ribadisce  che
l'unica competenza statale e' quella relativa alla individuazione dei
criteri che presiedono all'articolazione della progettazione in  piu'
livelli.  E,  si  aggiunge,  «non  e'  chiaro  come   la   previsione
dell'incentivo di cui all'art. 92, comma 5, del  d.lgs.  n.  163  del
2006 favorisca la concorrenza». Infine, si deduce  che  «l'Avvocatura
(...) cerca di estendere la censura alla parte della  norma  relativa
ad attivita' diverse dalla  progettazione:  ma  in  questa  parte  la
questione e' inammissibile perche' non contenuta nel ricorso». 
    Per quanto attiene alla censura riferita all'art. 19, comma 1, si
richiama quanto affermato dalla sentenza n. 221 del  2010.  Con  tale
decisione sarebbe stata gia' dichiarata non fondata una questione  di
legittimita' costituzionale avente ad oggetto una norma  analoga  che
prevedeva una preferenza per il criterio dell'offerta  economicamente
piu' vantaggiosa. Si sottolinea nella memoria  come  l'art.  266  del
d.P.R.  5  ottobre  2010,  n.  207  (Regolamento  di  esecuzione   ed
attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163,  recante
«Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE») stabilisca la
obbligatorieta' dell'utilizzo del predetto criterio. 
    In relazione all'art. 20, comma 3, si deduce che «tale norma  non
incide affatto sulla "materia  delle  gare  per  l'aggiudicazione  di
contratti pubblici", non riguardando ne' le procedure di  affidamento
ne'  i  criteri  di  aggiudicazione,  ma   solo   le   modalita'   di
determinazione del corrispettivo». Nella memoria  si  rileva  che  la
norma «non regola l'ordinamento civile,  ma  il  comportamento  della
Regione in una procedura negoziata». Inoltre, «ove  pure  si  volesse
vedere nella norma una  interferenza  con  l'ordinamento  civile,  si
dovrebbe rilevare che la  divergenza  della  norma  regionale  -  che
espressamente  richiama  il  decreto  ministeriale  in   materia   di
corrispettivi  delle  attivita'  di  progettazione  e   delle   altre
attivita', ai sensi della legge n. 109 del 1994 - dalla norma statale
e' modesta e, dunque, non  esorbita  dai  limiti  entro  i  quali  le
Regioni  possono  incidere  su  profili  privatistici».  Infine,  «in
estremo subordine (...) ove la norma regionale apparisse  eccedere  i
predetti limiti, dovrebbe essere considerato non corretto soltanto il
riferimento al d.m. 4 aprile 2001, anziche'  al  decreto  di  cui  al
comma 2 dell'art. 92 del decreto legislativo n. 163 del  2006,  quale
base di riferimento per l'affidamento negoziato». 
    Per quanto riguarda l'art. 22, commi 3 e 4, la  difesa  regionale
sottolinea come l'Avvocatura dello Stato non abbia riproposto piu' la
censura basata sulla  atipicita'  dei  contratti  aperti,  insistendo
sulla lesione della competenza statale in  materia  di  tutela  della
concorrenza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1,  comma  1,
2, 13, comma 3, 15, 16, 19, comma 1, 20, comma 3, 22, commi 3 e 4,  e
28 della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina
regionale dei lavori pubblici  e  norme  in  materia  di  regolarita'
contributiva  per  i  lavori  pubblici),  per   asserita   violazione
dell'articolo 117, commi secondo, lettere e) ed  l),  e  terzo  della
Costituzione. 
    2. - Prima di  esaminare  le  singole  censure  proposte  con  il
ricorso, e' opportuno richiamare gli orientamenti di questa Corte sul
riparto di competenza tra Stato e  regioni  a  statuto  ordinario  in
materia di appalti di lavori pubblici. 
    2.1. - La giurisprudenza costituzionale (tra le  altre,  sentenze
n. 45 del 2010, n. 160 del 2009 e n. 401 del 2007)  e'  costante  nel
ritenere che, in mancanza di una espressa indicazione nel nuovo  art.
117 Cost., i lavori  pubblici  «non  integrano  una  vera  e  propria
materia,  ma  si  qualificano  a  seconda   dell'oggetto   al   quale
afferiscono» e pertanto possono essere ascritti, di volta in volta, a
potesta' legislative statali  o  regionali.  Ne  deriva  che  non  e'
«configurabile ne' una materia relativa ai lavori pubblici nazionali,
ne' tantomeno un ambito materiale afferente  al  settore  dei  lavori
pubblici di interesse regionale» (sentenza n. 401 del 2007). 
    Ne consegue che le questioni di costituzionalita'  devono  essere
esaminate  in  rapporto  al  contenuto  delle  singole   disposizioni
impugnate, al fine di stabilire quali siano gli ambiti  materiali  in
cui esse trovano collocazione. 
    Avendo riguardo all'ordinaria articolazione  delle  procedure  di
gara e', pertanto, necessario distinguere  la  fase  che  precede  la
stipulazione del contratto da quella di conclusione ed esecuzione  di
esso. 
    Con riferimento  alla  fase  della  procedura  amministrativa  di
evidenza pubblica, l'ambito  materiale  prevalente  e'  quello  della
tutela della concorrenza. In  particolare,  nello  specifico  settore
degli appalti pubblici vengono in rilievo norme  che  si  qualificano
per la finalita' perseguita di assicurare  la  concorrenza  «per»  il
mercato (sentenze n. 186 del 2010; n. 283 e n. 160 del 2009;  n.  322
del 2008; n. 431 e n. 401 del 2007). 
    In  relazione  alla  fase  negoziale,  che  ha  inizio   con   la
stipulazione del contratto, questa Corte ha piu' volte precisato  (da
ultimo citata sentenza n. 160 del  2009)  come  l'amministrazione  si
ponga in una posizione di tendenziale parita' con la  controparte  ed
agisca nell'esercizio non  di  poteri  amministrativi,  bensi'  della
propria autonomia negoziale. Ne  consegue  che  la  disciplina  della
predetta  fase  deve  essere  ascritta   prevalentemente   all'ambito
materiale dell'ordinamento  civile.  Sussiste,  infatti,  l'esigenza,
sottesa al principio  costituzionale  di  eguaglianza,  di  garantire
l'uniformita' di trattamento, nell'intero territorio nazionale, della
disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti  di
appalto. Cio',  pero',  non  significa  -  si  e'  puntualizzato,  in
particolare, con la sentenza n. 401 del 2007 - che,  in  relazione  a
peculiari esigenze di interesse pubblico, non  possano  residuare  in
capo  all'autorita'  procedente  poteri  pubblici   riferibili,   tra
l'altro, a specifici aspetti organizzativi afferenti alla stessa fase
esecutiva. 
    2.2. - Cio' chiarito, deve, tuttavia, osservarsi che  le  singole
regioni a statuto ordinario  sono  legittimate  a  regolare  soltanto
quelle fasi procedimentali  che  afferiscono  a  materie  di  propria
competenza, nonche' gli oggetti della procedura rientranti  anch'essi
in ambiti materiali di pertinenza regionale (sentenze n. 45 del  2010
e n. 160 del 2009). 
    La Corte ha poi affermato che, «al  fine  di  evitare  che  siano
vanificate le competenze  delle  regioni»  a  statuto  ordinario,  e'
consentito  che  norme  regionali  riconducibili  a  tali  competenze
possano produrre «effetti proconcorrenziali»,  purche'  tali  effetti
«siano indiretti e marginali e non si pongano in  contrasto  con  gli
obiettivi posti dalle norme statali  che  tutelano  e  promuovono  la
concorrenza» (da ultimo, citate sentenze n. 45 del 2010 e n. 160  del
2009). 
    3. - Cio' chiarito, si puo'  passare  all'analisi  delle  singole
questioni di legittimita' costituzionale prospettate con il ricorso. 
    4. - Viene, al riguardo,  in  rilievo,  innanzitutto,  l'art.  1,
comma 1, della legge impugnata,  il  quale  cosi'  dispone:  «con  la
presente  legge  la  Regione  nei  limiti  e   nel   rispetto   della
Costituzione, dei vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
dagli obblighi internazionali, nonche' della normativa statale, detta
la disciplina per la  esecuzione  di  lavori  e  opere  pubbliche  da
eseguirsi sul territorio regionale, di  competenza  della  Regione  e
degli altri soggetti di cui all'articolo 2, nonche'  disposizioni  in
materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici». 
    Secondo  il  ricorrente,  tale  comma,  «pur  nella  sua  portata
meramente enunciativa e programmatica», si porrebbe in contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost. In particolare,  il
ricorrente deduce che la Regione non  avrebbe  alcuna  competenza  in
tema di esecuzione dei contratti pubblici. 
    La questione non e' fondata. 
    Deve, innanzitutto, osservarsi che l'espressione  «esecuzione  di
lavori  e  opere  pubbliche»,  adoperata  nel  comma  in  esame   dal
legislatore regionale, non puo' essere intesa  come  «fase  esecutiva
dei contratti di appalto», bensi' come equivalente  a  «realizzazione
delle opere pubbliche»; vale a dire in un senso piu' ampio rispetto a
quello desumibile dal solo dato letterale. 
    A cio' va aggiunto che la disposizione impugnata, come  riconosce
lo stesso ricorrente, ha una  valenza  meramente  programmatica,  dal
momento che essa non disciplina alcuno specifico istituto relativo ai
lavori pubblici. 
    Non puo', dunque, ritenersi che per il solo  fatto  che  in  tale
disposizione si faccia riferimento alla «disciplina per la esecuzione
di lavori e opere pubbliche da eseguirsi  sul  territorio  regionale»
sia stata violata la competenza statale  in  materia  di  ordinamento
civile. Analogamente e' a  dirsi  per  quanto  attiene  alla  dedotta
lesione della competenza esclusiva dello  Stato  in  tema  di  tutela
della concorrenza. 
    5.  -  In  ordine  all'impugnazione  dell'art.  2   della   legge
regionale, nel ricorso si deduce il  suo  contrasto  con  i  medesimi
parametri costituzionali sopra indicati. 
    L'articolo censurato prevede, al comma 1, che: 
    «1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano: 
    a) alla  Regione  Umbria,  alle  agenzie  e  agli  enti  da  essa
istituiti; 
    b) agli enti locali, alle loro associazioni, unioni  e  consorzi,
ai consorzi di bonifica; 
    c)  alle  aziende   unita'   sanitarie   locali,   alle   aziende
ospedaliere,  agli  enti  di  gestione  delle   residenze   sanitarie
assistenziali per anziani e disabili e alle Istituzioni pubbliche  di
assistenza e beneficienza (IPAB); 
    d) agli organismi di diritto pubblico; 
    e) ai soggetti, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti,
relativamente a lavori od opere pubbliche o di pubblica utilita'  che
beneficiano di finanziamenti pubblici in conto interesse o  in  conto
capitale, assegnati in attuazione  di  piani  e  programmi  approvati
dall'amministrazione  regionale,  di  importo  attualizzato  pari   o
superiore al cinquanta per cento dell'importo dei lavori». 
    Il successivo comma 2 aggiunge che «ai sensi della presente legge
si intendono: 
    a) per "amministrazioni aggiudicatrici"  i  soggetti  di  cui  al
comma 1, lettere a), b), c) e d); 
    b) per "soggetti aggiudicatori" i soggetti di cui al comma 1». 
    Secondo il ricorrente, le riportate disposizioni violerebbero  le
competenze legislative statali in materia di tutela della concorrenza
e   di   ordinamento   civile,   in   quanto    esse    invaderebbero
«inevitabilmente (...) anche  quegli  ambiti  relativi  agli  appalti
pubblici (ad esempio, le procedure  di  aggiudicazione,  l'esecuzione
dei contratti, ecc.) la cui disciplina e' per  l'appunto  oggetto  di
esclusiva competenza dello Stato». Inoltre, le «definizioni  fornite»
contrasterebbero  «sotto  svariati  profili   con   quelle   previste
dall'articolo 3 del d.lgs. n. 163  del  2006»;  in  particolare,  «la
generica previsione per cui la legge regionale si applica anche  alle
agenzie e agli enti istituti dalla Regione consentirebbe in  astratto
di applicare la norma locale anche a soggetti» non  «suscettibili  di
rientrare  nelle  piu'  precise  definizioni  di  cui  al  richiamato
articolo 3 del Codice dei contratti pubblici». Infine, la definizione
di «soggetti aggiudicatori» di  cui  al  comma  2,  lettera  b),  non
coinciderebbe, ed e' anzi sarebbe decisamente  piu'  restrittiva,  di
quella desumibile  dall'articolo  3  del  d.lgs.  n.  163  del  2006,
concernente gli altri soggetti aggiudicatori. 
    In definitiva, per le ragioni  esposte,  si  sarebbe  determinata
«una  sensibile  differenziazione  della  portata  applicativa  della
relativa norma rispetto ai non  derogabili  parametri  offerti  dalla
normativa statale». 
    La questione, che - contrariamente a quanto eccepito dalla difesa
regionale - deve  ritenersi  ammissibile,  in  quanto  suffragata  da
censure sufficientemente specifiche, non e' comunque fondata. 
    Le disposizioni impugnate, come emerge  dal  loro  stesso  tenore
letterale,  identificano,  sul  piano   soggettivo,   i   destinatari
dell'intera disciplina in materia di lavori pubblici regionali. 
    Questa Corte, con la sentenza n. 401 del 2007, ha avuto  modo  di
affermare  che  «non  e'  possibile  tracciare  una  netta  linea  di
demarcazione che faccia  unicamente  perno  sul  profilo  soggettivo,
distinguendo le procedure di gara indette da amministrazioni  statali
da  quelle  poste  in   essere   da   amministrazioni   regionali   o
sub-regionali, per inferirne che solo le prime sarebbero di spettanza
statale, mentre le seconde rientrerebbero nell'ambito della  potesta'
legislativa regionale. La perimetrazione  delle  sfere  materiali  di
competenza non puo',  infatti,  essere  determinata  avendo  riguardo
esclusivamente alla natura del soggetto che indice la gara o al quale
e' riferibile quel determinato bene o servizio, in quanto, come  gia'
sottolineato, occorre fare riferimento, invece,  al  contenuto  delle
norme  censurate  al  fine  di  inquadrarlo  negli  ambiti  materiali
indicati dall'art. 117 Cost.». 
    Cio' comporta che,  per  stabilire  se  siano  state  violate  le
competenze statali evocate, occorre avere riguardo a quanto  previsto
dalle  singole  disposizioni  della  legge  regionale  impugnata.  Il
legislatore  regionale  puo'  stabilire,  infatti,  quali   siano   i
destinatari dei propri precetti  nei  limiti  in  cui  l'adozione  di
questi ultimi rientri  nell'ambito  di  specifiche  competenze  della
Regione. In altri termini, non e' possibile effettuare un giudizio di
costituzionalita' che investa il  piano  soggettivo  senza  valutarne
anche l'ambito di rilevanza oggettivo  e  cioe'  l'attivita'  che  in
concreto i soggetti dovranno porre in essere,  alla  luce  di  quanto
previsto dal legislatore stesso. 
    Ma anche a volere prescindere da tale aspetto, non puo' ritenersi
che lo Stato, con il  ricorso  ora  in  esame,  abbia  specificamente
lamentato la  mancata  menzione  di  soggetti  che  sono  normalmente
destinatari delle disposizioni in materia di  procedure  di  evidenza
pubblica. Deve, anzi, osservarsi come il legislatore regionale, nella
specie,  abbia  effettuato  una  scelta  che,  avuto  riguardo   alle
espressioni  impiegate,  ricomprende  nell'ambito  applicativo  della
legge una serie ampia di destinatari delle disposizioni adottate.  Il
fatto poi che tra questi ultimi ve ne possano essere anche alcuni che
rivestono forma privatistica, non  reca  un  vulnus  alle  competenze
statali di cui si  assume  la  violazione.  Ne'  puo'  ritenersi  che
semplici differenziazioni terminologiche tra la  normativa  regionale
impugnata e quella statale,  contenuta  nel  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE), possano incidere sulla legittimita' costituzionale delle
disposizioni sulle quali si appuntano  le  censure  proposte  con  il
ricorso dello Stato. 
    In conclusione, il legislatore  regionale  ha  inteso  delimitare
l'area  dei  soggetti  che   partecipano,   in   vario   modo,   alla
realizzazione di opere pubbliche o di lavori pubblici, con  specifico
riferimento alla realta' regionale. E, a questo  riguardo,  non  puo'
essere negata la legittimazione della Regione a precisare l'ambito di
applicazione della propria normativa in materia. 
    6. - Quanto all'impugnazione dell'art. 13, comma 3,  della  legge
regionale in esame, la norma censurata  stabilisce  che  «i  soggetti
aggiudicatori possono utilizzare l'elenco regionale dei prezzi e  dei
costi per la sicurezza non  aggiornato  per  i  progetti  di  livello
almeno preliminare,  approvati  prima  della  data  di  pubblicazione
dell'aggiornamento a  condizione  che  i  relativi  bandi,  avvisi  o
lettere   di   invito   per   l'esecuzione   dei   lavori    vengano,
rispettivamente, pubblicati o trasmesse, entro il successivo mese  di
giugno». 
    Secondo il ricorrente, tale comma violerebbe l'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in quanto la disciplina statale,  stabilita
dal comma 8 dell'art. 133 del d.lgs. n. 163 del 2006,  «pone  termini
piu' stringenti e certi per l'utilizzazione dei prezziari  "scaduti",
prevedendo che essi possono essere applicati in relazione a  progetti
gia' approvati alla data del 30 giugno dell'anno  successivo,  e  che
comunque - in caso di mancato  aggiornamento  anche  per  l'ulteriore
periodo  -  l'aggiornamento  andra'   effettuato   ad   opera   delle
articolazioni  locali  dell'amministrazione  delle   infrastrutture».
Inoltre,  la  norma  disciplinerebbe  la  «esecuzione  dei  contratti
pubblici, incidendo sulla disciplina dei prezzi  contrattuali,  ossia
un elemento essenziale dei contratti  medesimi»;  con  cio'  violando
l'art. 4, comma 3, del Codice dei contratti pubblici e, con esso,  il
riparto delle competenze quale fissato dall'art. 117 Cost. 
    6.1. - La questione e' fondata. 
    Va,  innanzitutto,  osservato  che  la  norma   censurata,   come
sostenuto  dalla  difesa  dello  Stato,  effettivamente  e'  volta  a
disciplinare una  fase  afferente  all'esecuzione  del  contratto  di
appalto. Cio'  e'  desumibile  dallo  stesso  uso  della  espressione
(«soggetti aggiudicatori») che si legge nel comma 3 dell'art.  13  in
esame. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte (per tutte,  la  citata
sentenza n. 401 del 2007), la fase di esecuzione in senso stretto del
rapporto contrattuale rientra nella materia  dell'ordinamento  civile
ed e', pertanto, di esclusiva competenza legislativa dello  Stato  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Nella specie, premesso che si verte senza  dubbio  nella  materia
dell'ordinamento  civile,  e'  evidente   lo   scostamento   tra   la
disposizione  regionale  impugnata  e   quella   statale,   contenuta
nell'art. 133, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, in  ordine
all'aggiornamento periodico dei prezzi e dei costi,  con  particolare
riferimento all'utilizzazione dei prezziari «scaduti», per i quali la
citata normativa statale fissa termini certi e, come affermato  dalla
difesa  statale,  «piu'   stringenti»   per   quanto   attiene   alla
utilizzazione dei prezziari stessi. 
    Da cio' consegue  che  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale del comma 3 dell'art.  13  della  legge  regionale  in
esame per violazione del richiamato parametro costituzionale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    7. - E' stato impugnato, altresi', l'art. 15, il quale, nei sette
commi da cui e' composto, cosi' dispone: 
    «1. Le amministrazioni aggiudicatrici  nominano  un  responsabile
del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento, unico  per
tutte le fasi. 
    2.   Con   specifico   riferimento   alla    propria    struttura
organizzativa,   le   amministrazioni   aggiudicatrici    nell'ambito
dell'unitario procedimento  di  attuazione  dell'intervento,  possono
individuare sub procedimenti la cui responsabilita' puo' essere posta
in capo a soggetti diversi dal responsabile del procedimento  di  cui
al comma 1, al quale gli stessi rispondono direttamente. 
    3. Il responsabile del procedimento e' un tecnico in possesso  di
titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per  i
quali e' nominato. 
    4. In caso di  carenza  di  dipendenti  tecnici  in  servizio  in
possesso   di   professionalita'   adeguate,    le    amministrazioni
aggiudicatrici  possono:  a)  avvalersi,  nel  rispetto  delle  norme
vigenti in materia di pubblico  impiego,  di  dipendenti  tecnici  di
pubbliche  amministrazioni  in  possesso   di   adeguate   competenze
professionali; b) assumere idonee figure professionali,  in  possesso
di competenze, ai sensi delle vigenti norme in  materia  di  pubblico
impiego. 
    5. Il  responsabile  del  procedimento  individua  i  livelli  di
progettazione necessari e i contenuti  documentali  del  progetto  da
appaltare, in ragione delle disposizioni  stabilite  dalla  normativa
vigente per  la  specifica  tipologia  e  dimensione  dei  lavori  da
progettare e della documentazione richiesta  per  il  rilascio  degli
atti di autorizzazione, approvazione o pareri,  comunque  denominati,
necessari ai fini dell'approvazione dei lavori stessi. 
    6.  I  soggetti  aggiudicatori,  diversi  dalle   amministrazioni
aggiudicatrici, in conformita' ai principi della legge 7 agosto 1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), individuano, secondo
i propri ordinamenti, uno o piu'  soggetti  cui  affidare  i  compiti
propri del responsabile del procedimento. 
    7.  La  Giunta  regionale,  per  gli  interventi  di   competenza
regionale, disciplina con regolamento modalita',  tempi  e  procedure
per la nomina del responsabile del procedimento di  cui  al  presente
articolo». 
    Secondo  il  ricorrente,  le  riportate  disposizioni   sarebbero
costituzionalmente illegittime  per  contrasto  con  il  terzo  comma
dell'art. 117 Cost., atteso che inciderebbero su un ambito materiale,
quello dell'organizzazione amministrativa e dei compiti  e  requisiti
del procedimento, rientrante nell'ambito della competenza ripartita. 
    A  tale  proposito,  si  deduce   che   esse   violerebbero,   in
particolare, quanto prescritto dall'art. 10 del  d.lgs.  n.  163  del
2006 sotto due diversi profili. 
    In relazione ad un primo profilo, il ricorrente  sottolinea  come
le disposizioni in esame,  «dopo  aver  fissato  il  principio  della
unicita' del responsabile del procedimento relativamente a  tutte  le
fasi  di  attuazione  di  un   intervento»,   permetterebbero   «alle
amministrazioni aggiudicatrici di individuare sub-procedimenti la cui
responsabilita'  puo'  essere  assegnata  a  soggetti   diversi   dal
responsabile  "unico"  del   procedimento,   cosi'   consentendo   di
spezzettare   quel   fondamentale   principio   di   unicita'   della
responsabilita' amministrativa del procedimento, sottesa  (...)  alla
figura del "responsabile unico"». 
    Con riferimento ad un secondo aspetto, si assume l'illegittimita'
costituzionale  del  comma  4,  che  «consente  alle  amministrazioni
aggiudicatrici, in caso di carenza di dipendenti tecnici in  servizio
in possesso di professionalita'  adeguate,  di  rivolgersi  ad  altre
amministrazioni pubbliche in possesso  di  siffatte  professionalita'
ovvero di assumerne ai  sensi  delle  vigenti  norme  in  materia  di
pubblico  impiego,  anziche'  dotarsi   di   un   adeguato   supporto
all'attivita'   del   responsabile   del    procedimento,    mediante
espletamento di procedura di selezione prevista dal  Codice  medesimo
per  l'affidamento  di  incarichi   di   servizi,   come   prescritto
dall'articolo 10, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006». 
    7.1. - La questione e' in parte inammissibile e per il resto  non
fondata. 
    In  via  preliminare,  occorre  precisare  che,  per  quanto   il
ricorrente impugni l'intero  art.  15,  risultano  formulate  censure
specifiche soltanto con riferimento ai commi 2 e 4. Cio' comporta che
deve essere dichiarata la inammissibilita' della  questione  proposta
con riferimento ai commi 1, 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 15 della  legge
in esame. 
    Quanto al merito delle censure proposte nei confronti dei commi 2
e 4, va osservato che il responsabile del procedimento e' un soggetto
che si inserisce, per espletare i compiti che gli sono demandati,  in
una procedura di gara finalizzata a realizzare una determinata  opera
pubblica. 
    Nella specie,  la  legge  regionale  -  e'  bene  chiarire  -  ha
previsto,  al  comma  2,  la  regola  del  responsabile   unico   del
procedimento,  limitandosi  a  stabilire   che   le   amministrazioni
aggiudicatrici, «nell'ambito dell'unitario procedimento di attuazione
dell'intervento», possono individuare sub-procedimenti senza che cio'
incida sulla unicita' del centro di responsabilita'. 
    Avendo  riguardo  allo  specifico  contenuto   precettivo   delle
disposizioni impugnate, deve, pertanto, rilevarsi come la  disciplina
delle modalita' organizzative dell'attivita' del  responsabile  unico
del  procedimento  rientri   nella   materia   della   organizzazione
amministrativa, riservata alle regioni  ai  sensi  del  quarto  comma
dell'art. 117 Cost. Da  cio'  consegue  che  non  possono  venire  in
rilievo i principi fondamentali desumibili dalla  legislazione  dello
Stato, i quali limitano la potesta'  legislativa  regionale  soltanto
nelle materie di competenza concorrente ex  art.  117,  terzo  comma,
Cost. 
    Si tenga conto, inoltre, che il medesimo comma 4 della  norma  in
esame - stabilendo le modalita' da osservare in caso  di  carenza  di
dipendenti  tecnici  in  servizio  in  possesso  di  professionalita'
adeguate - ha  puntualizzato  che  le  determinazioni  assunte  dalle
amministrazioni aggiudicatrici devono comunque rispettare  le  «norme
vigenti in materia di pubblico impiego». 
    In  definitiva,  gli  scostamenti  tra  la  censurata  disciplina
regionale  e  quella  statale  contenuta  nel  Codice  dei  contratti
pubblici sono minimi e,  come  tali,  si  presentano  sostanzialmente
carenti di significativo rilievo. 
    La questione deve, pertanto, ritenersi priva di fondamento. 
    8. - Quanto all'impugnazione dell'art. 16 della  legge  regionale
in  esame,  la  norma  censurata  prevede  che  «le   amministrazioni
aggiudicatrici ripartiscono una somma non superiore al due per  cento
dell'importo posto a base  di  gara  di  un'opera  o  di  un  lavoro,
comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a  carico
dell'amministrazione,  per  ogni  singola  opera  o  lavoro,  con  le
modalita' e i criteri previsti in sede di  contrattazione  decentrata
ed assunti in un regolamento adottato  dall'amministrazione,  tra  il
responsabile del procedimento e gli incaricati  della  redazione  del
progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori,  del
collaudo, nonche' tra i loro collaboratori». 
    Secondo il ricorrente, tale norma violerebbe l'art. 117,  secondo
comma, lettere e) ed l), Cost.  In  particolare,  si  assume  che  la
disposizione impugnata contrasterebbe con l'art.  92,  comma  5,  del
d.lgs. n. 163 del 2006 perche', pur riproducendo la  prima  parte  di
tale comma, ometterebbe di «dettagliare,  come  fa  invece  la  norma
statale, i criteri per la determinazione della percentuale  effettiva
destinata ad  ogni  singola  attivita'  svolta».  Inoltre,  la  norma
censurata riguarderebbe la fase  della  progettazione  degli  appalti
pubblici, in quanto la disciplina dei relativi  incentivi  atterrebbe
ai «criteri in base ai quali tale attivita'  deve  essere  svolta  in
modo da assicurare in ogni caso la piu'  ampia  competitivita'  e  la
libera circolazione degli operatori economici nel segmento di mercato
in questione». 
    8.1. - La questione non e' fondata. 
    Innanzitutto, la circostanza che non sia richiamata  nella  norma
regionale la prima parte del comma 5  dell'art.  92  del  Codice  dei
contratti pubblici, non implica, contrariamente  a  quanto  sostenuto
dal ricorrente, la sua inapplicabilita' (sentenza n. 45 del 2010). 
    In ogni caso, la disciplina dei suddetti incentivi, ponendosi  al
di  fuori  dell'attivita'  di  progettazione  delle  opere  in  senso
stretto, non e' suscettibile  di  invadere  le  competenze  esclusive
dello  Stato  nelle  materie  della  tutela   della   concorrenza   e
dell'ordinamento civile. 
    Questa Corte ha  ribadito  che  deve  esser  ricondotta,  in  via
prevalente, all'ambito materiale della tutela  della  concorrenza  la
previsione di criteri uniformi della progettazione relativa a lavori,
servizi e forniture (sentenze n. 221 del 2010 e n. 401 del 2007). 
    Inoltre, la Corte, con la citata sentenza n.  401  del  2007,  ha
affermato che l'aspetto qualificante dell'attivita' di  progettazione
e' dato dal  fatto  che  essa  deve  svolgersi  secondo  una  precisa
articolazione, essendo questa  essenziale  «per  assicurare,  con  il
progetto esecutivo, l'eseguibilita' dell'opera» e «indispensabile per
rendere certi i tempi e i costi di realizzazione» dell'opera stessa. 
    Con la medesima sentenza si e', inoltre, chiarito che «nella fase
di attuazione  dell'attivita'  di  progettazione  (...)  sussiste  la
specifica competenza dell'amministrazione o del soggetto  cui  spetti
curare la realizzazione delle opere mediante le apposite procedure di
gara.  In  altri   termini,   la   riconduzione   dell'attivita'   di
progettazione   alla   competenza   esclusiva   dello   Stato   opera
esclusivamente per quanto attiene alla fissazione dei criteri in base
ai quali tale attivita' deve essere svolta in modo da  assicurare  in
ogni caso la piu' ampia competitivita' e la libera circolazione degli
operatori economici nel segmento di mercato in questione, ma  non  si
estende fino ad incidere sulla  spettanza  del  concreto  svolgimento
dell'attivita'    progettuale    alle     singole     amministrazioni
aggiudicatrici, la cui competenza non e' incisa  dalla  normativa  in
esame». 
    La  fattispecie  disciplinata  dalla  norma  regionale,   essendo
relativa agli emolumenti accessori  da  destinare  ai  soggetti  che,
all'interno     dell'amministrazione     appaltante,      collaborano
all'attivita'     di     progettazione     e      alle      attivita'
tecnico-amministrative connesse, deve essere ascritta  alle  potesta'
di organizzazione degli apparati regionali,  di  esclusiva  spettanza
della Regione, e non puo' ritenersi afferente alla determinazione dei
criteri di progettazione. 
    Ne' puo' pervenirsi ad una diversa conclusione richiamando,  come
fatto dalla difesa dello Stato nel corso della discussione in udienza
pubblica, la sentenza n. 283 del 2009. Con  tale  sentenza,  infatti,
questa Corte, scrutinando una norma dal contenuto diverso  da  quello
che  viene  oggi  in  esame,  ha  ritenuto  che  rientra  nell'ambito
materiale dell'ordinamento civile - in quanto pone  una  «limitazione
dell'autonomia privata» - la disposizione, all'epoca  impugnata,  che
«non  incentiva  ma  obbliga»  taluni  soggetti  privati  a   seguire
determinate procedure nell'ambito dei «concorsi di progettazione». 
    In definitiva, la questione sollevata non e' fondata,  in  quanto
la norma censurata non incide  sull'area  di  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato di cui agli evocati parametri costituzionali. 
    9. - E' anche impugnato l'art. 19, comma 1, della legge regionale
in esame. 
    Il suddetto comma stabilisce  che  «nell'affidamento  di  servizi
attinenti all'architettura e all'ingegneria, al fine di promuovere la
qualita' dei progetti  e  dei  soggetti  partecipanti  alle  gare,  i
soggetti   aggiudicatori,   nella   scelta   dell'offerta   migliore,
utilizzano, di preferenza, il  criterio  dell'offerta  economicamente
piu' vantaggiosa». 
    Secondo il ricorrente, tale norma violerebbe l'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost. In  particolare,  si  deduce  la  violazione
dell'art. 81, commi 1 e 2, del d.lgs.  n.  163  del  2006,  il  quale
prevede che il criterio di  selezione  delle  offerte  negli  appalti
pubblici  sia  alternativamente  quello  del  prezzo  piu'  basso   o
dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa. 
    9.1. - La questione non e' fondata. 
    Questa Corte, con la sentenza n. 221 del 2010, ha  affermato  che
la previsione regionale, la  quale  sancisca  la  preferenza  per  il
criterio  dell'offerta  economicamente  piu'  vantaggiosa,  «non   e'
suscettibile di alterare le regole di funzionamento  del  mercato  e,
pertanto, non e'  idonea  ad  alterare  i  livelli  di  tutela  della
concorrenza fissati dalla legislazione nazionale». 
    Inoltre, si e' anche affermato, con la stessa  sentenza,  che  le
norme, come quelle che vengono in rilievo anche in questa  sede,  non
escludono, «in via aprioristica e astratta,  uno  dei  due  possibili
criteri di aggiudicazione», ma si limitano ad indicare «un ordine  di
priorita' nella scelta, che non elimina il potere discrezionale della
stazione appaltante di ricorrere all'altro criterio, cioe'  a  quello
del prezzo piu' basso». 
    Applicando questi principi al caso in esame, ne discende  che  la
censura proposta con il ricorso non puo' trovare accoglimento. 
    10. - Il ricorrente ha impugnato, altresi', l'art. 20,  comma  3,
della medesima legge regionale, il quale prevede che «il responsabile
del procedimento o  il  dirigente  competente  delle  amministrazioni
aggiudicatrici possono procedere all'affidamento diretto dei  servizi
attinenti  all'architettura  e  all'ingegneria  di  importo   stimato
inferiore a ventimila euro  indicati  nei  propri  provvedimenti  per
l'acquisizione in economia, a soggetti esterni alle  amministrazioni,
con le procedure e le modalita' indicate negli stessi  provvedimenti,
scegliendoli anche negli eventuali elenchi di cui al comma 1. In  tal
caso il ribasso sull'importo  delle  prestazioni,  fissato  ai  sensi
delle tariffe professionali di cui al d.m. 4 aprile 2001 del Ministro
della giustizia (Corrispettivi delle  attivita'  di  progettazione  e
delle altre attivita', ai sensi dell'articolo 17, comma 14-bis, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche), e' negoziato
tra il responsabile del procedimento o il dirigente competente  e  il
professionista cui si intende affidare il servizio». 
    Secondo il ricorrente, tale disposizione violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed l), Cost. In particolare, si deduce  che
la norma impugnata, demandando la  determinazione  dei  corrispettivi
alla negoziazione  tra  la  stazione  appaltante  ed  il  progettista
fiduciario, si porrebbe in contrasto con l'art. 92, commi 2 e 3,  del
d.lgs. n. 163 del 2006, che prescrive criteri rigidi ed uniformi  per
la fissazione di siffatti corrispettivi. 
    10.1. - La questione e' fondata. 
    In via preliminare, deve rilevarsi come, contrariamente a  quanto
sostenuto dalla  difesa  regionale,  la  norma  statale  evocata  dal
ricorrente - in ragione del  suo  contenuto  specifico  e  articolato
relativo al settore degli appalti pubblici - sia ancora vigente,  non
essendo stata abrogata dall'articolo 2  del  decreto-legge  4  luglio
2006, n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico  e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella  legge  4
agosto 2006, n. 248. Detto articolo ha disposto, in generale, la  non
vincolativita' delle tariffe obbligatorie fisse o minime. 
    Cio' posto, nel merito, la  norma  censurata  -  prevedendo  che,
all'esito  della  procedure  di  affidamento  diretto   dei   servizi
attinenti  all'architettura  e  all'ingegneria,  sia   possibile   la
determinazione dei corrispettivi concordata tra il  responsabile  del
procedimento o il dirigente e il professionista incaricato  -  invade
la sfera di competenza statale in materia di ordinamento  civile.  La
disposizione in esame, infatti, disciplina un  aspetto  afferente  al
contenuto negoziale del contratto di appalto e dunque attiene a  quei
profili in cui  la  pubblica  amministrazione  agisce  nell'esercizio
della propria autonomia negoziale. In definitiva, venendo in  rilievo
la regolamentazione di un rapporto privatistico che,  per  assicurare
il principio di uguaglianza,  deve  essere  disciplinato  in  maniera
uniforme dalla normativa contenuta nel Codice dei contratti pubblici,
la disposizione  stessa  deve  essere  dichiarata  costituzionalmente
illegittima per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost. 
    Resta assorbita la censura di  violazione  dell'art.  117,  comma
secondo, lettera e), in materia di tutela della concorrenza. 
    11. - L'impugnazione statale ha investito anche i  commi  3  e  4
dell'art.  22  della  legge  regionale  in  esame,  i   quali   cosi'
dispongono: 
    «3.  Le   amministrazioni   aggiudicatrici   possono   provvedere
all'espletamento dell'attivita' di manutenzione tramite la stipula di
contratti aperti della durata massima di quattro anni. Per  contratto
aperto si intende il contratto in cui la prestazione e' pattuita  con
riferimento ad un determinato  arco  di  tempo,  per  interventi  non
predeterminati nel numero, ma resi necessari  secondo  le  necessita'
delle amministrazioni aggiudicatrici. 
    4. Qualora, nel caso di contratti aperti, l'importo dei lavori da
eseguire ecceda l'importo contrattuale, il direttore dei  lavori  da'
comunicazione al  responsabile  del  procedimento  per  le  opportune
determinazioni. Il responsabile  del  procedimento  puo'  autorizzare
l'ulteriore spesa fino ad  un  totale  complessivo  pari  all'importo
originario  posto  a  base  di  gara,  e  comunque  non  superiore  a
duecentomila euro. In caso  di  contratto  pluriennale  la  ulteriore
spesa riferita alla singola annualita' puo' essere  autorizzata  fino
ad un totale complessivo pari all'importo originario posto a base  di
gara previsto per  il  singolo  anno,  e  comunque  non  puo'  essere
superiore a duecentomila euro». 
    Secondo il ricorrente, tali disposizioni violerebbero l'art. 117,
secondo comma, lettere e) ed  l),  Cost.,  in  quanto  prevedono  una
particolare  tipologia   di   contratti,   definiti   «aperti»,   non
contemplata dai commi 3 e 10 dell'art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006. 
    11.1. - La questione e' fondata. 
    Le norme regionali censurate disciplinano, con  riferimento  agli
appalti relativi all'espletamento dell'attivita' di manutenzione,  un
particolare tipo di contratto che viene qualificato come «aperto», il
quale  si  caratterizza  per  il  suo  contenuto  «variabile»,  ossia
determinabile    in    ragione    delle    necessita'     manifestate
dall'amministrazione  nel  periodo  temporale   (quattro   anni)   di
efficacia dello stesso. 
    Il d.lgs. n. 163 del 2006 non contempla tale figura contrattuale,
che era invece disciplinata - peraltro, con una disposizione non  del
tutto coincidente  con  quella  regionale  -  dall'articolo  154  del
decreto del Presidente della Repubblica  21  dicembre  1999,  n.  554
(Regolamento di attuazione della  legge  11  febbraio  1994,  n.  109
«Legge  quadro  in  materia  di  lavori   pubblici»,   e   successive
modificazioni). La norma da ultimo citata e' stata,  pero',  abrogata
dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre  2010,  n.  207
(Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici  relativi
a  lavori,  servizi  e  forniture  in  attuazione   delle   direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE). Piu' precisamente, la  previsione  relativa
ai contratti aperti era stata inizialmente inserita nello  schema  di
regolamento ma,  su  indicazione  del  Consiglio  di  Stato,  sezione
consultiva per gli atti normativi,  parere  17  settembre  2007  (che
aveva rilevato l'opportunita' di  non  riprodurre  il  contenuto  del
citato art. 154, in quanto la tipologia di contratti da esso prevista
non e' contemplata dal d.lgs. n. 163 del 2006), la  stessa  e'  stata
eliminata  dal  testo.  Ne'  puo'  ritenersi,  come  anche  e'  stato
prospettato nel corso dell'udienza pubblica, che i  contratti  aperti
siano assimilabili agli «accordi quadro». Questi ultimi, infatti,  in
ragione del contenuto specifico della norma che li  disciplina  (art.
59 del d.lgs.  n.  163  del  2006),  integrano  gli  estremi  di  una
tipologia contrattuale diversa da quella che rileva in questa sede. 
    Cio' posto, deve ribadirsi che questa Corte ha gia' avuto modo di
chiarire, con la sentenza n. 401 del 2007, che spetta «al legislatore
statale  -  ferma  restando  l'autonomia  negoziale   delle   singole
amministrazioni   aggiudicatrici   -   individuare,   per   garantire
uniformita' di trattamento sull'intero territorio nazionale, il  tipo
contrattuale da utilizzare per la regolamentazione  dei  rapporti  di
lavori, servizi e forniture». Ne consegue che  il  prevalente  ambito
materiale che, nella  specie,  viene  in  rilievo,  e'  rappresentato
dall'ordinamento  civile.  Nella  citata  sentenza  si  e',  inoltre,
precisato che «tale uniformita', nella previsione della  tipologia  e
dell'oggetto dei contratti, e' funzionale ad assicurare  il  rispetto
dei principi sottesi alla competenza legislativa esclusiva in materia
di tutela della concorrenza». 
    Alla luce di quanto esposto, deve, pertanto, essere dichiarata la
illegittimita' costituzionale dei commi impugnati per violazione  dei
parametri costituzionali di cui all'art. 117, secondo comma,  lettere
e) ed l), Cost. 
    12. - Oggetto di specifica censura e', altresi', l'art. 28  della
legge regionale, il quale cosi' dispone: 
    «1. Nel  caso  in  cui  il  criterio  utilizzato  per  la  scelta
dell'offerta migliore  e'  quello  dell'offerta  economicamente  piu'
vantaggiosa,    la    Commissione    giudicatrice     e'     nominata
dall'amministrazione aggiudicatrice ed e' composta fino ad un massimo
di cinque componenti esperti nello specifico settore  di  intervento,
scelti prioritariamente tra  il  personale  dipendente  della  stessa
amministrazione aggiudicatrice. 
    2. Le amministrazioni aggiudicatrici  individuano  il  Presidente
della Commissione secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
Per l'affidamento di lavori e di servizi attinenti all'architettura e
all'ingegneria di competenza della Regione la Commissione di  cui  al
comma 1 e' individuata  dal  responsabile  del  procedimento  di  cui
all'articolo 15, comma 1. 
    3.  In  caso  di  accertata  carenza  in  organico  di   adeguate
professionalita',  i   commissari   diversi   dal   Presidente   sono
individuati tra i dipendenti di altre amministrazioni  aggiudicatrici
in possesso di adeguate professionalita', ovvero, con un criterio  di
rotazione,  tra  gli  appartenenti  alle   seguenti   categorie:   a)
professionisti, con almeno dieci anni di  iscrizione  nei  rispettivi
albi professionali, nell'ambito di un elenco, formato sulla  base  di
rose di candidati fornito dagli ordini professionali;  b)  professori
universitari di ruolo, nell'ambito di un elenco, formato  sulla  base
di rose di candidati fornite dalle facolta' di appartenenza. 
    4.  La  Commissione  individua  l'offerta   economicamente   piu'
vantaggiosa  entro  il  termine  stabilito   dal   responsabile   del
procedimento di cui all'articolo  15,  comma  1.  Tale  termine  puo'
essere prorogato una sola volta. 
    5. Le spese relative alla Commissione sono  inserite  nel  quadro
economico   del   progetto    tra    le    somme    a    disposizione
dell'amministrazione. 
    6.  Per  gli  interventi  di  competenza  regionale,  la   Giunta
regionale, con regolamento, disciplina modalita', tempi  e  procedure
per la nomina della Commissione giudicatrice». 
    Secondo il ricorrente, tale normativa violerebbe il  terzo  comma
dell'art. 117 Cost., in  quanto  non  sarebbero  stati  rispettati  i
principi espressi dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 84 del d.lgs.  n.  163
del 2006. In particolare, non sarebbero state recepite  le  cause  di
incompatibilita' dei commissari, previste dalla legislazione statale. 
    12.1. - La censura non e' fondata. 
    Innanzitutto, ribadendo quanto  gia'  osservato  con  riferimento
alla questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  deve
rilevarsi  che  la  circostanza  del  mancato  richiamo  nella  norma
regionale delle specifiche disposizioni statali sopra richiamate, non
implica la loro inapplicabilita' (sentenza n. 45 del 2010). 
    Ma anche a prescindere da questo  aspetto,  deve  rilevarsi  come
questa Corte, con la sentenza n. 401 del 2007, abbia gia'  scrutinato
i commi 2, 3, 8 e 9 dell'art. 84 del Codice dei  contratti  pubblici,
recanti norme sulle funzioni, sulla composizione e sulle modalita' di
nomina dei componenti della commissione  giudicatrice  incaricata  di
esprimersi   nell'ipotesi   di   aggiudicazione   con   il   criterio
dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa.  In  relazione  a  tale
normativa, la Corte ha  affermato  che  «gli  aspetti  connessi  alla
composizione della  commissione  giudicatrice  e  alle  modalita'  di
scelta dei  suoi  componenti  attengono,  piu'  specificamente,  alla
organizzazione amministrativa degli organismi  cui  sia  affidato  il
compito  di  procedere  alla  verifica  del  possesso  dei  necessari
requisiti, da parte della imprese concorrenti,  per  aggiudicarsi  la
gara. Da cio' deriva  che  non  puo'  essere  esclusa  la  competenza
legislativa regionale nella disciplina di tali  aspetti».  La  Corte,
pertanto, ha ritenuto «non  conforme  al  sistema  di  riparto  delle
competenze tra lo Stato e le regioni la normativa contenuta nei commi
in esame, la quale vale certamente nel suo  insieme  per  l'attivita'
contrattuale posta in essere in ambito statale, mentre per le regioni
deve necessariamente avere carattere recessivo nei confronti  di  una
diversa (ove esistente) disciplina specifica di matrice regionale». 
    Sono   state   conseguentemente   dichiarate   costituzionalmente
illegittime le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 8 e 9 dell'art.  84
del suddetto Codice. 
    Alla luce di quanto esposto, risulta evidente come  la  normativa
regionale ora censurata disciplini un settore che rientra nell'ambito
della competenza di  tipo  residuale  della  Regione  in  materia  di
organizzazione amministrativa,  con  la  conseguente  non  fondatezza
della questione proposta. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara la  illegittimita'  costituzionale  degli  articoli  13,
comma 3, 20, comma 3, e 22, commi 3 e 4, della  legge  della  Regione
Umbria 21  gennaio  2010,  n.  3  (Disciplina  regionale  dei  lavori
pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i  lavori
pubblici); 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 15, commi 1, 3, 5, 6 e 7, della stessa legge
della Regione Umbria n. 3 del  2010,  sollevata  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117,  commi  secondo,
lettere e) ed l), e terzo, della Costituzione; 
    Dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
degli articoli 1, comma 1, 2, 15, commi 2 e 4, 16, 19, comma 1, e 28,
della  medesima  legge  regionale,  sollevate  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettere e) ed l), e terzo comma, della Costituzione, con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria l'11 febbraio 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti