N. 50 ORDINANZA 7 - 11 febbraio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assegno bancario - Mancato  pagamento,  in  tutto  o  in  parte,  per
  carenza  di  provvista   -   Preavviso   di   revoca   al   traente
  dell'autorizzazione  ad  emettere  assegni  -  Necessita'  che   la
  relativa comunicazione sia effettuata  prima  del  procedimento  di
  applicazione delle sanzioni amministrative e sia estesa anche  alla
  persona fisica che, dopo  aver  emesso  l'assegno  in  qualita'  di
  legale rappresentante di una persona giuridica, abbia perduto  tale
  qualita' nel periodo tra la data di emissione  e  la  scadenza  del
  termine per il pagamento tardivo - Omessa  previsione  -  Lamentata
  violazione  del  principio  di  uguaglianza   per   disparita'   di
  trattamento a fronte di situazioni  identiche,  nonche'  violazione
  del diritto di difesa  -  Parziale  ed  erronea  ricostruzione  del
  quadro normativo di riferimento - Carenze nella  descrizione  della
  fattispecie  e  nella  motivazione  sulla  rilevanza  -   Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Legge 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 8-bis e 9-bis. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.8 del 16-2-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
 ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  articoli  8-bis  e
9-bis  della  legge  15  dicembre  1990,  n.  386  (Nuova  disciplina
sanzionatoria degli assegni bancari), promosso dal Giudice di pace di
Perugia nel procedimento vertente tra F.A. e  l'Ufficio  Territoriale
del Governo di Perugia con ordinanza dell'11 dicembre 2009,  iscritta
al n. 225 del registro ordinanze 2010  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 35,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio  2011  il  Giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto: 
        che, con ordinanza dell'11 dicembre 2009, il Giudice di  pace
di Perugia ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
degli articoli 8-bis e 9-bis della legge 15  dicembre  1990,  n.  386
(Nuova  disciplina  sanzionatoria   degli   assegni   bancari),   per
violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione  nella  parte  in
cui non prevedono che il procedimento amministrativo sanzionatorio di
cui allo stesso art. 8-bis,  nei  confronti  del  traente  che  abbia
emesso un assegno  senza  provvista,  debba  essere  preceduto  dalla
comunicazione al traente del preavviso di revoca  dell'autorizzazione
ad emettere assegni ex art. 9-bis citato anche  nell'ipotesi  in  cui
egli sia il rappresentante della persona giuridica venuto  a  cessare
dalle  sue  funzioni  nel  periodo  intercorrente   tra   l'emissione
dell'assegno e la scadenza per il pagamento, in modo da  consentirgli
di provvedere  ex  art.  8  al  pagamento  tardivo,  cosi'  impedendo
l'applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'art. 2  della
stessa legge; 
        che  il  rimettente  ha  riferito  che  F.A.  aveva  proposto
opposizione avverso un'ordinanza prefettizia con  la  quale  gli  era
stato ingiunto, in qualita' di traente, di pagare una somma a  titolo
di sanzione amministrativa pecuniaria oltre alla sanzione  accessoria
amministrativa del divieto di emettere assegni per la durata  di  tre
anni; 
        che   il   giudizio   aveva   ad    oggetto    l'accertamento
dell'illegittimita'   di   un'ordinanza   prefettizia    emessa    in
applicazione della disciplina sanzionatoria in materia di assegni  in
virtu' dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al
sistema penale); 
        che  con  la  medesima  ordinanza  si  ingiungeva,   in   via
principale all'amministratore ed in via solidale  alla  societa',  il
pagamento della sanzione pecuniaria,  mentre  si  applicava  al  solo
amministratore la sanzione accessoria dell'interdizione all'emissione
di assegni per un periodo di anni tre; 
        che, secondo il giudice a quo,  la  persona  fisica  cui  era
destinata l'ordinanza prefettizia, al  momento  dell'emissione  degli
assegni in questione ricopriva la qualifica di  amministratore  della
societa', mentre al momento della scadenza del termine  previsto  per
il pagamento  tardivo  dei  medesimi  assegni  non  aveva  piu'  tale
funzione; 
        che, medio tempore, infatti la societa' era  stata  posta  in
liquidazione ed era stata nominata, in qualita' di liquidatore, altra
persona fisica esercente i poteri di nuovo rappresentante; 
        che la comunicazione di preavviso di revoca contenente  tutti
i dati per conoscere i termini di scadenza del pagamento tardivo  era
stata notificata, da parte della banca trattaria,  alla  societa'  di
cui  si  discute,  mentre  una  pari  comunicazione  non  era   stata
indirizzata dalla medesima trattaria all'ex amministratore; 
        che vi sarebbe dunque un vuoto di tutela  in  quanto  non  vi
sarebbero le garanzie concesse al  traente  nell'ipotesi  in  cui  la
stessa persona fisica abbia  medio  tempore  cessato  dalle  relative
funzioni di rappresentante della persona giuridica e non  abbia  piu'
alcun relativo potere di disposizione del patrimonio di quest'ultima; 
        che  la  normativa  impugnata  quindi  sarebbe  illogica   ed
irrazionale e si porrebbe in insanabile contrasto  con  il  principio
fondamentale di uguaglianza di cui  all'art.  3  Cost.  -  stante  la
disparita' di trattamento fra  la  persona  fisica  che  abbia  medio
tempore cessato  dalle  relative  funzioni  di  rappresentante  della
persona giuridica e chi non abbia cessato tali funzioni -  e  con  il
diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.  per  l'impossibilita'  di
sanare  la  propria  inadempienza  per  impedire  la   configurazione
dell'illecito; 
        che con atto  del  21  settembre  2010,  e'  intervenuto  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione venga dichiarata manifestamente infondata,  per  essere  la
stessa fondata su  un'inesistente  disparita'  di  trattamento:  tale
disparita' deriverebbe, invero, soltanto da una mera  circostanza  di
fatto (la sopravvenuta cessazione dalla carica), e non da una diversa
disciplina giuridica delle due situazioni; 
        che in  entrambi  i  casi  posti  a  raffronto,  infatti,  il
soggetto qualificabile come traente e' sempre la  persona  giuridica,
che ovviamente agisce per il tramite della persona fisica  incaricata
della sua rappresentanza; 
        che,  conseguentemente,  il  solo  soggetto  legittimato   ad
eseguire il pagamento differito sarebbe in entrambi i casi la persona
giuridica; 
        che la persona  fisica,  quand'anche  informata  del  mancato
pagamento e del termine per  il  pagamento  differito,  non  potrebbe
invece  mai  personalmente  eseguirlo  con  gli  effetti   liberatori
previsti dalla legge; 
        che, d'altra parte, nell'ipotesi (peraltro non  riferita  dal
giudice a quo nel dare conto delle circostanze di fatto  della  causa
principale) in cui la provvista sia venuta meno dopo che  la  persona
fisica che aveva sottoscritto l'assegno quale  legale  rappresentante
della persona giuridica sia cessata dalla carica,  tale  circostanza,
se opportunamente dimostrata in giudizio,  varrebbe  a  favore  della
suddetta persona fisica come esimente da qualsiasi responsabilita'. 
    Considerato: 
        che il Giudice di pace di Perugia dubita  della  legittimita'
costituzionale degli articoli 8-bis e 9-bis della legge  15  dicembre
1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni  bancari),
nella parte in cui non prevedono che il  procedimento  amministrativo
sanzionatorio di cui all'art. 8-bis nei  confronti  del  traente  che
abbia emesso un assegno senza provvista debba essere preceduto  dalla
comunicazione al traente del preavviso di revoca  dell'autorizzazione
ad emettere assegni ex art. 9-bis, anche nell'ipotesi in cui egli sia
il rappresentante della persona giuridica venuto a cessare dalle  sue
funzioni nel periodo intercorrente tra l'emissione dell'assegno e  la
scadenza per il pagamento, in modo da consentirgli di  provvedere  ex
art. 8 della stessa  legge  al  pagamento  tardivo,  cosi'  impedendo
l'applicazione delle sanzioni amministrative  di  cui  agli  artt.  2
(sanzione pecuniaria) e 9  (revoca  dell'autorizzazione  ad  emettere
assegni) della stessa legge; 
        che sarebbero violati il  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di  trattamento  fra
la persona fisica che abbia  medio  tempore  cessato  dalle  relative
funzioni di rappresentante della persona giuridica e  chi  non  abbia
terminato tali funzioni; nonche' il diritto di difesa di cui all'art.
24 della Costituzione, per  l'impossibilita'  di  sanare  la  propria
inadempienza, cosi' impedendo la configurazione dell'illecito; 
        che il giudice  a  quo,  per  affermare  l'applicabilita'  al
traente - che abbia cessato dalle funzioni  di  rappresentante  della
persona  giuridica  nel   periodo   intercorrente   tra   l'emissione
dell'assegno  e  la  scadenza  per  il  pagamento  -  delle  sanzioni
prefettizie irrogate e, quindi, l'incostituzionalita' delle norme che
le prevedono, si limita ad enunciare  il  principio  secondo  cui  al
traente che si trovi nella anzidetta  situazione  non  e'  dovuta  la
comunicazione del preavviso di revoca dell'autorizzazione ad emettere
assegni; 
        che, invece, egli non tiene in alcun conto le condizioni  cui
la revoca e' subordinata, le quali da un lato prevedono che  all'atto
della  conclusione  di  convenzioni  di  assegno  il  cliente  elegge
domicilio ai fini delle comunicazioni previste dall'articolo 9-bis  -
ossia proprio quelle relative  all'avviso  per  evitare  le  sanzioni
(art.  9-ter  della  legge  n.  386  del  1990)  -  e  dall'altro  la
comunicazione del preavviso di revoca al domicilio eletto dal traente
e, quindi, anche al rappresentante della persona giuridica che  abbia
perso tale qualita' (art. 9-bis della legge n. 386 del 1990); 
        che   l'affermazione   del   remittente   secondo   cui   «la
comunicazione di c.d. preavviso di revoca contenente tutti i dati per
conoscere i termini  di  scadenza  del  pagamento  tardivo  e'  stata
notificata da parte della banca trattaria alla  societa'  di  cui  si
discute; una pari comunicazione non e' stata invece indirizzata dalla
medesima trattaria all'(ex) amministratore» non implica in alcun modo
che sulla base della normativa vigente tale comunicazione non dovesse
essere fatta o  che  tale  omissione  non  avesse  conseguenze  sulla
legittimita' del provvedimento impugnato; 
        che il rimettente, percio', basa le sue  affermazioni  su  di
una  parziale  ed  erronea  ricostruzione  del  quadro  normativo  di
riferimento,  che  determina   l'inammissibilita'   della   questione
(ordinanze nn. 251 e 242 del 2010); 
        che, in ogni caso, l'ordinanza di rimessione presenta carenze
in punto di descrizione della  fattispecie  e  di  motivazione  sulla
rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito della  questione
(ordinanza n. 343 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale; 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 8-bis e 9-bis della  legge
15 dicembre  1990,  n.  386  (Nuova  disciplina  sanzionatoria  degli
assegni bancari), sollevata, in riferimento  agli  articoli  3  e  24
della Costituzione, dal Giudice di pace di Perugia,  con  l'ordinanza
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                      Il redattore: Finocchiaro 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 9 febbraio 2011. 
 
                       Il cancelliere: Melatti