N. 38 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2010
Ordinanza del 18 dicembre 2010 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da Isiem contro Questura di Torino. Straniero e apolide - Stranieri minori "non accompagnati" - Inclusione tra gli stessi con disciplina innovativa dei minori affidati ai sensi dell'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 e di quelli sottoposti a tutela - Conseguente subordinazione della possibilita' per i medesimi di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno da "minore eta'" a "lavoro" al possesso dei requisiti che la previgente disciplina richiedeva unicamente per i minori non accompagnati - Violazione del principio di uguaglianza per l'eguale trattamento di situazioni non omogenee - Contrasto con la normativa comunitaria in materia - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 198 del 2003. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 32, commi 1 e 1-bis, come modificati dall'art. 1, comma 22, lett. v), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 3, 10, primo comma, e 117, primo comma.(GU n.11 del 9-3-2011 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 968 del 2010, proposto da Mtste, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Folco, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Torino, via Duchessa Jolanda, 34; Contro Questura di Torino; Per l'annullamento del provvedimento del Questore della Provincia di Torino, emesso in data 7 maggio 2010 e notificato al ricorrente in data 26 maggio 2010, con il quale veniva disposto il rigetta della domanda volta ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 32 d.lgs. n. 286/1998 gia' rilasciato per minore eta', ai sensi dell'art. 19 del medesimo testo normativo, e di ogni altro atto antecedente, successivo, dipendente, presupposto o comunque connesso; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Il ricorrente ha impugnato innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il decreto del Questore della Provincia di Torino in data 7 maggio 2010 - prot. n. 522/2010, con cui e' stata rigettata la sua istanza tesa ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno da «minore eta'» a «attesa occupazione» ai sensi dell'art. 32 del d.lgs. n. 286/1998; Ai fini che qui interessano, espone d'essere entrato clandestinamente in Italia in data 31 dicembre 2008, ancora minorenne, con il consenso dei propri genitori e d'aver ottenuto in data 27 aprile 2009 il rilascio di un permesso di soggiorno per minore eta', valido sino al compimento del 18° anno (30 luglio 2009); Dalla documentazione versata in atti si evince, inoltre, che il Giudice Tutelare del Tribunale di Torino, con provvedimento in data 10 giugno 2009, ha affidato l'allora minore Isiem allo zio paterno, consanguineo, Maahk, al quale, ancor prima della decisione giudiziale, la stessa madre, con dichiarazione resa in data 20 gennaio 2009 innanzi al notaio Sag dell'Ufficio Notarile di Ekek K. (Egitto) (N. Repertorio A 396 del 20 gennaio 2009), aveva formalmente affidato il proprio figliuolo; Risulta, altresi', che dopo il compimento della maggiore eta' il ricorrente abbia trovato una stabile occupazione lavorativa; All'udienza del 13 ottobre 2010 si e' costituito in giudizio il Ministero dell'interno con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, con dichiarazione resa a verbale, chiedendo il rigetto del ricorso; All'esito dell'udienza camerale del giorno 24 novembre 2010 il Collegio ha ritenuto di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale in relazione alla norma oggetto d'applicazione con l'atto impugnato e, con separata ordinanza n. 865/2010 ha disposto la sospensione cautelare dell'atto medesimo sino alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti relativi al giudizio da parte della Corte costituzionale. D i r i t t o Il Collegio ritiene sussistenti i presupposti per sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1, legge 15 luglio 2009, n. 94, limitatamente alla parte in cui annoverano tra i minori (stranieri) «non accompagnati» coloro che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero che sono stati sottoposti a tutela e, conseguentemente, subordinano la possibilita' per i medesimi di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno da «minore eta'» a «attesa occupazione» al possesso dei requisiti che la previgente disciplina richiedeva unicamente per i minori non accompagnati. Dispone, infatti, il primo comma della norma citata che «Al compimento della maggiore eta', allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, puo' essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23». Precisa, quindi, il comma 1-bis che «Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 puo' essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore eta', sempreche' non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394». Contrariamente a quanto ritenuto da parte ricorrente, la richiamata normativa non puo' ritenersi applicabile solo per il futuro ovvero solo nei confronti degli stranieri minorenni entrati in Italia, dotati di un permesso di soggiorno per minore eta' ed affidati ai sensi dell'art. 2 della legge n. 184/1983 dopo la sua entrata in vigore. In base al principio tempus regit actum devesi, invero, fare riferimento alla normativa vigente al momento in cui l'Amministrazione formalizza la propria decisione. Sicche', il ricorrente non puo' beneficiare della previgente (piu' favorevole) disciplina, in base alla quale era pacificamente riconosciuta la possibilita' ai minori «comunque» affidati di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno posseduto. E' evidente, quindi, l'inconsistenza della unica censura di gravame e la rilevanza ai fini della decisione della domanda cautelare e del merito della questione di costituzionalita' dei commi 1 e 1-bis dell'art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1, legge 15 luglio 2009, n. 94, per contrasto con gli artt. 3, 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione. Non potendosi condividere l'assunto del ricorrente, per cui devono ritenersi i commi 1 e 2 dell'art. 32 del d.lgs. n. 286/1998, per come modificati dalla legge n. 94/1999, applicabili (come ha ritenuto il Ministero resistente) anche nei confronti di coloro che sono entrati in Italia nel vigore della precedente disciplina, che li assoggettava, secondo la giurisprudenza, ad un trattamento piu' favorevole della nuova, le disposizioni potrebbero essere in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialita' ed uguaglianza riferibili all'art. 3 della Costituzione e, al contempo, con le disposizioni di cui all'art. 10, comma 1, e all'art. 117, comma 1, della Costituzione. Il precetto legislativo, oltre ad introdurre, immotivatamente, una nuova definizione di «minore non accompagnato», difforme da quella sino ad allora conosciuta dal diritto comunitario e dal diritto nazionale, appare irrazionale ed arbitraria e tale da frustrare l'affidamento dell'interessato nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello stato di diritto (Corte cost. n. 349 del 1985, n. 36 del 1985, n. 210 del 1971, n. 822 del 1988, n. 311 del 1995, n. 390 del 1995, n. 179 del 1996, n. 416 del 1999, n. 446 del 2002). Non va dimenticato, infatti, che sino all'entrata in vigore della novella legislativa lo status di «minore non accompagnato» veniva, in realta', riservato unicamente ai minori (presenti) non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovavano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili (e fino a quando non avesse assunto effettivamente il loro affidamento un adulto per essi responsabile) in base alle leggi vigenti (nell'ordinamento italiano). Chiarissime e pressoche' coincidenti appaiono, invero, le definizioni di «minore non accompagnato» ritraibili dalla lettura dell'art. 2, lett. h), della Direttiva del Consiglio dell'Unione europea del 27 gennaio 2003, n. 2003/9/CE (recepita in Italia con d.lgs. 30 maggio 2005, n. 140) recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, dell'art. 1, comma 1, della Risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, e dell'art. 1, comma 2, del D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535 recante il «Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Inoltre, in relazione all'ambito applicativo dell'art. 32 del d.lgs. n. 286/1998, nella previgente formulazione, la giurisprudenza aveva chiarito che le fattispecie disciplinate dalla norma riguardavano situazioni diverse: da un lato, i minori comunque affidati, che rientravano nel comma 1 della norma, dall'altro, i minori stranieri non accompagnati, per i quali erano dettate le disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter della medesima disposizione, con la conseguenza che i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno nei confronti dei minori non accompagnati erano diversi da quelli richiesti per attribuire il titolo di soggiorno ai «minori comunque affidati» (cfr. C.d.S., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1681; Tar Emilia Romagna - Bologna, sez I, 23 ottobre 2003, n. 2334; Tar Piemonte, sez. II, 12 luglio 2006, n. 3814). E tale interpretazione era stata avvalorata dalla Corte costituzionale, la quale nella sentenza 5 giugno 2003, n. 198, aveva confermato, per quanto di interesse, che la disposizione di cui al citato art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, laddove prevede la possibilita' di rilasciare il permesso di soggiorno agli stranieri che compiano la maggiore eta' e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell'art. 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, «viene pacificamente interpretata, secondo quanto riconosce anche l'organo remittente, come relativa ad ogni tipo di affidamento previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 e cioe' sia all'affidamento "amministrativo'' di cui al primo comma dell'art. 4, che all'affidamento "giudiziario'' di cui al secondo comma dello stesso articolo 4, sia anche all'affidamento di fatto di cui all'art. 9 della medesima legge». La Corte aveva poi affermato che «la disposizione del comma 1 dell'art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, va riferita anche ai minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensi del Titolo X del Libro primo del Codice civile, e che pertanto non si pone un problema di costituzionalita' di questa disposizione». Il diniego della conversione del titolo di soggiorno all'interessato e a coloro che si trovano nella sua stessa situazione ovvero agli stranieri - gia' entrati in Italia - che abbiano ottenuto il permesso di soggiorno per minore eta' e siano in grado di documentare la sussistenza di una condizione di affidamento in epoca antecedente alla data di entrata in vigore della citata legge n. 94, contrasta, in primo luogo, per le ragioni sopra esplicitate, con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Questo giudice non ignora che il divieto di irretroattivita' della legge non e' stato elevato a precetto costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione di cui all'art. 25 della Costituzione, cosi' come non ignora la ratio della modifica apportata alle disposizioni in questione dal cd. «pacchetto sicurezza». Pur tuttavia, ritiene che, nel caso di specie, l'irragionevolezza della disposizione sia da rinvenirsi - tra l'altro - nella circostanza che i su indicati soggetti, avendo legittimamente confidato nella possibilita' di ottenere la conversione del titolo in base alle disposizioni all'epoca vigenti, si sono trovati, senza colpa, nell'impossibilita' materiale e giuridica di partecipare e/o concludere prima della sua entrata in vigore (e del raggiungimento della maggiore eta') il progetto di integrazione previsto dalla nuova formulazione del citato art. 32: l'applicazione della nuova disciplina a questi soggetti, che non potevano avere il tempo minimo necessario per maturare i requisiti da essa stabiliti, implicherebbe, pertanto, un'efficacia retroattiva della disciplina stessa, la quale andrebbe ad incidere su posizioni preesistenti consolidate. Contrasta, inoltre, con il principio di eguaglianza riferibile sempre all'art. 3 Cost., in quanto verrebbe a comportare un uguale trattamento di situazioni non uguali, non potendosi, a rigore, annoverare tra i minori «non accompagnati» coloro che possono, invece, documentare l'esistenza di una situazione di affidamento e, quindi, non potendosi, di conseguenza, applicare la medesima disciplina a soggetti che si trovano in condizioni sostanzialmente difformi. Contrasta, infine, con gli artt. 10, comma 1, e 117, comma 1, della Cost., in quanto la (nuova) definizione di «minore non accompagnato», di fatto introdotta dalle disposizioni di cui si assume l'illegittimita', si pone in contrasto con quella chiaramente enunciata dall'art. 2, lett. h), della Direttiva del Consiglio dell'Unione europea del 27 gennaio 2003, n. 2003/9/CE (e non puntualmente recepita dal legislatore nazionale) e dall'art. 1, comma 1, della Risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997, di cui innanzi s'e' detto, nonche' con il principio di «sviluppo e consolidamento dello stato di diritto», ritraibile da numerose norme internazionali e comunitarie.
P. Q. M. Dichiara rilevante per la definizione del presente giudizio e non manifestamente infondata, nei termini di cui in motivazione, la questione di costituzionalita' delle norme di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 32 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cosi' come modificati dalla lettera v) del comma 22 dell'art. 1, legge 15 luglio 2009, n. 94, limitatamente alla parte in cui annoverano tra i minori (stranieri) «non accompagnati» coloro che sono stati affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero che sono stati sottoposti a tutela e, conseguentemente, subordinano la possibilita' per i medesimi di ottenere, al raggiungimento della maggiore eta', la conversione del titolo di soggiorno da «minore eta'» a «attesa occupazione» al possesso dei requisiti che la previgente disciplina richiedeva unicamente per i minori non accompagnati, per contrasto con gli artt. 3, 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione. Conseguentemente solleva la questione di legittimita' costituzionale delle norma citata per violazione degli artt. 3, 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione e ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Da atto che, con separata ordinanza n. 865/2010, e' stata disposta la sospensione del presente giudizio e rinviata la trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio utile. Rinvia la trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio utile successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Manda alla Segreteria di provvedere alla notificazione della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri ed alla comunicazione della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall'Autorita' Amministrativa. Cosi' deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010. Il Presidente: Salamone L'estensore: Sinigoi