N. 69 SENTENZA 23 febbraio - 3 marzo 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Costituzione e intervento in giudizio -  Costituzione  della  Regione
  Campania deliberata  dal  coordinatore  dell'Avvocatura  regionale,
  anziche' dalla Giunta regionale - Ratifica della Giunta intervenuta
  oltre i termini perentori di costituzione - Inammissibilita'. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 32, ultimo comma; legge statutaria
  28 maggio 2009, n. 6, art. 51. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Campania - Modifica dell'art. 81 della legge della Regione Campania
  n. 1/2008 - Estensione delle procedure di  stabilizzazione  di  cui
  all'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006 alla  "dirigenza
  di primo livello" che abbia prestato servizio a  tempo  determinato
  presso le aziende sanitarie,  al  personale  del  comparto  e  alla
  dirigenza delle aziende ospedaliere universitarie che svolge in via
  esclusiva attivita' di assistenza sanitaria in forza di contratti a
  tempo determinato stipulati con le medesime  aziende  -  Violazione
  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
  ordinamento  civile,  nonche'  dei  principi   fondamentali   della
  legislazione statale nella materia di legislazione concorrente  del
  coordinamento   della    finanza    pubblica    -    Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, art.  1,  commi
  55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62  e  63  (modificativo  dell'art.  81
  della legge della Regione Campania 30 gennaio 2008, n. 1). 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. l), e terzo; legge  23
  dicembre 2009, n. 191, art. 2, commi 71,  72,  73  e  74;  d.l.  1°
  luglio 2009, n. 78 (convertito nella legge 3 agosto  2009,  n.102),
  art. 17, commi 10, 11, 12 e 13. 
Ambiente - Norme della Regione Campania - Modifica  dell'art.  32-bis
  della legge della  Regione  Campania  n.  4  del  2007  -  Consorzi
  obbligatori  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti  -   Cessazione   e
  trasferimento delle funzioni alle province, che subentrano in tutti
  i rapporti attivi  e  passivi  con  decorrenza  solo  "dal  momento
  dell'avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto  gestore"
  - Contrasto con  la  vigente  disciplina  statale  con  conseguente
  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di tutela dell'ambiente - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, art.  1,  comma
  69, che modifica l'art. 32-bis della legge della  Regione  Campania
  28 marzo 2007, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); d.l.  30  dicembre
  2009, n. 195 (convertito, con modificazioni dalla legge 26 febbraio
  2010, n. 26), art. 11. 
Impiego pubblico - Norme della Regione  Campania  -  Disposizioni  in
  materia di trattamento  indennitario  spettante  agli  eletti  alla
  carica di consigliere regionale della Campania - Previsione che  al
  termine  della  legislatura  la  Giunta  regionale  provvede   alla
  remissione al Consiglio delle quote necessarie alla copertura delle
  spese di liquidazione accertate ad avvenuta elezione  relativamente
  ai Consiglieri non rieletti -  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata
  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di ordinamento civile - Esclusione - Non  fondatezza  della
  questione. 
- Legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, art.  1,  comma
  83, che modifica l'art. 3 della legge regionale 5 giugno  1996,  n.
  13. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l). 
Impiego pubblico - Norme della  Regione  Campania  -  Dipendenti  del
  Consiglio  regionale,  della  Giunta   regionale   e   degli   enti
  strumentali della regione - Possibilita', con almeno otto  anni  di
  anzianita' lavorativa, di presentare domanda per la risoluzione del
  rapporto di lavoro per gli anni 2010-2012, dietro corresponsione di
  incentivi economici fino ad un massimo di trentasei mensilita'  per
  il  personale  non  dirigente  e  fino  ad  un  massimo  di  trenta
  mensilita'  per  il  personale  dirigenziale  -  Contrasto  con  le
  disposizioni statali che riservano alla  contrattazione  collettiva
  la  determinazione  delle  regole  del  rapporto  di   lavoro   con
  conseguente  violazione  della  competenza  legislativa   esclusiva
  statale  in  materia  di  ordinamento   civile   -   Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, art.  1,  commi
  84, 85, 86, 87, 88, 89, 90 e 91. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l);  d.lgs.  30  marzo
  2001, n. 165, artt. 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49 e 50. 
(GU n.11 del 9-3-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO. 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da  55
a 63, comma 69 e commi da 84 a 91 della legge della Regione  Campania
21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria anno
2010), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 22-24 marzo 2010, depositato in cancelleria il 30 marzo
2010 ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2010. 
    Visti l'atto di  costituzione  della  Regione  Campania,  nonche'
l'atto di intervento della Federazione Precari della Sanita' Campana,
FP - CGIL Medici Campania e CIMO-ASMD (Coordinamento italiano  medici
ospedalieri  -  Associazione  sindacale  medici  dirigenti)   Regione
Campania; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  25  gennaio  2011  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi gli avvocati Antonio Nardone  per  la  Federazione  Precari
della  Sanita'  Campana,  FP  -  CGIL  Medici  Campania  e  CIMO-ASMD
(Coordinamento italiano medici ospedalieri -  Associazione  sindacale
medici dirigenti) Regione Campania,Vincenzo Cocozza  per  la  Regione
Campania  e  l'avvocato  dello  Stato  Antonio  Palatiello   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato in cancelleria il 30 marzo  2010,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  -  unitamente  alle  censure
relative ad altre disposizioni del medesimo testo  normativo,  decise
separatamente  -  ha  promosso,  in  via  principale,  questione   di
legittimita' costituzionale, con riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, della  Costituzione,  dell'art.  1,
commi da 55 a 63, comma 69 e commi da  83  a  91  della  legge  della
Regione  Campania  21  gennaio  2010,  n.  2  (Disposizioni  per   la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione  Campania
- Legge finanziaria anno 2010). 
    2. - Espone il  Presidente  del  Consiglio  che  le  disposizioni
contenute nei commi da 55 a 60 dell'art. 1 della legge  regionale  in
esame sono dirette a modificare l'art. 81 della  legge  regionale  30
gennaio 2008, n. 1,  recante  «Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  della  Regione   Campania   (Legge
finanziaria  2008)»,  nel  senso  di  estendere   le   procedure   di
stabilizzazione previste dal medesimo articolo nell'ambito di  quanto
previsto dall'art. 1, comma 565, della legge  27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», alla «dirigenza di
primo livello» (con esclusione dei dirigenti di strutture semplici  e
complesse) che abbia prestato servizio a tempo determinato presso  le
aziende sanitarie, al personale del comparto ed alla dirigenza  delle
aziende  ospedaliere  universitarie  che  svolge  in  via   esclusiva
attivita' di assistenza sanitaria  in  forza  di  contratti  a  tempo
determinato stipulati con le medesime aziende. 
    Secondo  il  ricorrente,  le  predette  previsioni   ripropongono
sostanzialmente i contenuti delle disposizioni  recate  dall'art.  1,
commi 1 e 4, della precedente legge della Regione Campania 14  aprile
2008, n. 5 (Modifiche dell'art. 81 della legge regionale  30  gennaio
2008, n. 1, concernenti norme per la  stabilizzazione  del  personale
precario del servizio sanitario regionale), che questa Corte, con  la
sentenza n. 215 del 2009, aveva dichiarato illegittime. I  commi  56,
57 e 58 della legge regionale oggi censurata, per ovviare alle lacune
che avevano condotto alla precedente declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale,  avrebbero  integrato  le  predette  previsioni   con
apposite norme volte a disporre che la stabilizzazione del  personale
dirigenziale avvenga previo accertamento delle specifiche  necessita'
funzionali dell'amministrazione procedente, a seguito di verifica  in
termini positivi dell'attivita' svolta come dirigente nell'ambito del
rapporto a tempo determinato. Inoltre, nei  confronti  del  personale
dirigenziale  assunto  ab  origine  mediante  procedure   concorsuali
preordinate al conferimento di incarichi dirigenziali, il legislatore
ha altresi' previsto che, in caso contrario, gli interessati  debbano
comunque essere preventivamente sottoposti a selezioni  basate  sulle
norme statali vigenti in materia di accesso alla dirigenza. 
    Nonostante le modifiche apportate, secondo il ricorrente anche la
nuova normativa  regionale  sarebbe  costituzionalmente  illegittima,
essendo profondamente mutato il quadro normativo statale  in  materia
di  assunzioni  di  personale  precario,  sia  con  riferimento  alla
generalita' delle amministrazioni pubbliche,  sia  relativamente,  in
particolare,  agli  enti  del  Servizio   sanitario   nazionale.   In
particolare, l'art. 1, comma 565, della legge n.  296  del  2006,  in
quanto riferito al triennio 2007-2009, dovrebbe intendersi  superato:
invero, secondo il ricorrente, per l'anno in corso  e  per  gli  anni
2011-2012  occorrerebbe  far  riferimento,  per  quanto  concerne  il
contenimento delle spese di personale degli  enti  del  S.S.N.,  alle
norme contenute nell'art. 2,  commi  da  71  a  74,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»,
che, a suo avviso, si configurano quali norme di coordinamento  della
finanza pubblica e non recano alcuna disposizione volta a  consentire
l'attuazione di procedure di stabilizzazione di personale  anche  non
dirigenziale. Le predette procedure  di  stabilizzazione  dovrebbero,
inoltre, ritenersi superate anche per effetto delle previsioni recate
dall'art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.
78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini), convertito,
con modificazioni, nella  legge  3  agosto  2009,  n.  102  che,  con
riferimento  alla  generalita'   delle   amministrazioni   pubbliche,
stabiliscono nuove modalita' di assunzione a tempo indeterminato  del
personale non  dirigenziale  che  abbia  prestato  servizio  a  tempo
determinato. 
    2.1 - Le predette norme, richiamate dallo stesso  art.  2,  comma
74, della  n.  191  del  2009,  farebbero  esclusivo  riferimento  al
personale precario non  dirigenziale  delle  amministrazioni  di  cui
all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche) e successive modificazioni, tra cui sono ricompresi  anche
gli enti del S.S.N. Alla luce di quanto precede,  i  commi  in  esame
della legge regionale campana violerebbero sia l'art. 117,  comma  2,
lettera 1), Cost., il quale riserva alla competenza  esclusiva  dello
Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di  diritto  privato
regolabili dal codice civile (contratti collettivi), sia l'art.  117,
comma terzo,  Cost.,  essendo  adottate  in  violazione  delle  norme
statali di coordinamento della finanza pubblica sopra richiamate. 
    Secondo  il  ricorrente,  infine,  risulterebbe  illegittimo   il
riferimento alla dirigenza di  primo  livello  recato  dai  commi  in
esame, tenuto conto che il d.lgs. del 19 giugno 1999, n.  229  (Norme
per la razionalizzazione del Servizio sanitario  regionale,  a  norma
dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419),  nel  dettare  una
nuova disciplina della dirigenza  sanitaria  del  servizio  sanitario
nazionale, ha stabilito che la stessa e' articolata in un unico ruolo
ed in un unico livello. Tale modifica ordinamentale  sarebbe  infatti
stata recepita dal C.C.N.L. dell'8 giugno 2000 e non  avrebbe  subito
variazioni per effetto  dei  successivi  C.C.N.L.  Anche  sotto  tale
profilo, pertanto, le disposizioni censurate dovrebbero ritenersi  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost. 
    3. - Riferisce, inoltre, il  Presidente  del  Consiglio,  che  il
predetto art. 1 della legge regionale impugnata, al comma 69, apporta
talune modifiche all'art. 32-bis della legge regionale 28 marzo 2007,
n.  4,  recante  «Norme  in  materia  di  gestione,   trasformazione,
riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati», prevedendo che
i consorzi obbligatori per lo  smaltimento  dei  rifiuti  cessino  di
svolgere  le  proprie  funzioni,  trasferite   alle   Province,   che
subentrano  in  tutti  i  rapporti  attivi  e   passivi,   non   piu'
immediatamente, come disposto dal previgente  art.  32-bis,  inserito
dalla  legge  regionale  n.  4  del  2007,  ma   solo   dal   momento
dell'avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore. 
    Il ricorrente  evidenzia  che  la  disciplina  dei  rifiuti,  per
consolidato orientamento di questa Corte, viene  concordemente  fatta
rientrare, nell'ambito della legislazione esclusiva statale ai  sensi
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,   collocandosi
nell'ambito della  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  mentre
resta in capo alle Regioni la possibilita' di intervenire, ovviamente
nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato; e
che la competenza statale nella materia ambientale si  intreccia  con
altri interessi e competenze, di modo che deve  intendersi  riservato
allo  Stato  il  potere  di  fissare  standard  di  tutela   uniforme
sull'intero territorio nazionale. Proprio nel legittimo esercizio  di
siffatta potesta' il Governo  avrebbe  emanato  il  decreto-legge  30
dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la  cessazione  dello
stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania,  per
l'avvio della fase post emergenziale  nel  territorio  della  Regione
Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative  alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri ed  alla  protezione  civile),  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  legge  26  febbraio
2010, n. 26, recante, tra l'altro, norme specifiche  per  l'emergenza
rifiuti  proprio  nella  Regione  Campania  e  in  armonia   con   la
disposizione regionale dell'originale art. 32-bis della l.r. n. 4 del
2007, per un definitivo trasferimento di funzioni alle province,  con
il conseguente venir meno della figura consortile. 
    Secondo il ricorrente, dunque,  il  disegno  regionale  originale
coinciderebbe  con  quello  espresso  nell'art.  11,  comma  2,   del
decreto-legge n. 195 del 2009, il quale prevede talune  misure  volte
ad accelerare la costituzione e l'avvio delle  societa'  provinciali.
Con l'attuale versione dell'art. 32-bis della citata legge  regionale
del 2007,  viceversa,  l'impianto  strategico  previsto  dallo  Stato
verrebbe posto nel nulla, atteso  che  l'ultrattivita'  della  figura
consortile  impedirebbe  alle  Province  di  intraprendere  le  sopra
menzionate attivita' di gestione del ciclo dei rifiuti e farebbe  si'
che  le  societa'  provinciali  non  si  trovino  attualmente   nelle
condizioni, previste per legge, di  assumere  la  veste  di  soggetti
esattori, con la determinazione,  di  fatto,  dell'inefficacia  delle
disposizioni di cui all'art. 11, comma 3, del  decreto-legge  n.  195
del 2009. 
    4. - Il Presidente del Consiglio censura, poi, i successivi commi
da 83 a 91 della legge regionale campana,  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera 1), Cost., in materia di retribuzione  ed
anzianita' di servizio. Le disposizioni in esame  consentirebbero  ai
dipendenti del Consiglio regionale, della Giunta  regionale  e  degli
enti strumentali della  Regione  Campania,  con  solo  otto  anni  di
anzianita' lavorativa, di presentare domanda per la  risoluzione  del
rapporto di lavoro per gli anni 2010-2011-2012, dietro corresponsione
a detto personale, da parte della  Regione,  di  incentivi  economici
fino ad un massimo di  trentasei  mensilita'  per  il  personale  non
dirigente e fino ad massimo di trenta  mensilita'  per  il  personale
dirigenziale. Cosi' disponendo, le norme inciderebbero sulla  materia
del trattamento economico riservate alla  contrattazione  collettiva.
Ne  conseguirebbe,  pertanto,  un  contrasto  con   le   disposizioni
contenute   nel   Titolo    III    (Contrattazione    collettiva    e
rappresentativita' sindacale), artt. da 40 a 50, del  d.lgs.  n.  165
del 2001, che obbliga al  rispetto  della  normativa  contrattuale  e
delle procedure da seguire in sede di contrattazione, violando l'art.
117, lettera l) Cost., il quale  riserva  alla  competenza  esclusiva
dello Stato l'ordinamento civile e,  quindi  i  rapporti  di  diritto
privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi). 
    5. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania  e,  quanto
alle censure relative ai commi da 55 a 63, ha dedotto  che  anche  la
normativa  statale  vigente  che,  a  dire  dell'Avvocatura,  avrebbe
superato  quella  di  cui  aveva  tenuto  conto  la  legge  regionale
censurata,  esplicitamente  fa  salve  le  disposizioni  della  legge
finanziaria del 2007, dal momento che l'art. 2, comma 71, della legge
predetta  afferma  testualmente  «Fermo  restando   quanto   previsto
dall'art. 1, comma 565, della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296  e
successive  modificazioni...».  In  ogni  caso,  secondo  la   difesa
regionale la  disciplina  relativa  alle  assunzioni  dei  dipendenti
regionali rientrerebbe nella competenza residuale  delle  Regioni  in
materia  di  organizzazione  degli  uffici  regionali,  purche'   sia
rispettato l'unico limite della  diminuzione  dell'1,4%  della  spesa
stabilito   dalla   normativa   statale,    a    prescindere    dalla
stabilizzazione di personale precario. Sarebbe  pertanto  irrilevante
che l'intervento regionale di stabilizzazione sia intervenuto  in  un
altro periodo storico rispetto a  quello  originariamente  dichiarato
illegittimo,  dato  resterebbero  immutati  i  termini  soggettivi  e
oggettivi e non avendo i dipendenti  della  Regione  Campania  potuto
beneficiarne negli anni precedenti. 
    Quanto al comma 69, la difesa della Regione afferma che la  nuova
formulazione  della  norma  non  impedisce  il  trasferimento   delle
funzioni dai Consorzi  alle  Province,  e  che,  trattandosi  di  una
materia  complessa,  con  intersezione  di   competenze   statali   e
regionali, tra le quali quelle relative al governo del  territorio  e
all'organizzazione  amministrativa  regionale,  la  competenza  dello
Stato non escluderebbe la concomitante  competenza  delle  Regioni  a
intervenire su aspetti meramente organizzativi, come  dimostrato  dal
fatto che, anche in  caso  di  esigenze  unitarie  che  giustifichino
l'attrazione in sussidiarieta', residuerebbe pur sempre la necessita'
quanto  meno  di  meccanismi  concertativi,  che  nella  specie   non
sarebbero stati previsti. 
    D'altra parte, prosegue  la  Regione,  la  normativa  statale  di
riferimento in materia di gestione dei rifiuti urbani d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), la  cui  applicazione  in
Campania e' stata  procrastinata  per  effetto  della  situazione  di
emergenza,  sarebbe  incentrata  sulla  previsione  di   cd.   ambiti
territoriali ottimali (A.t.o.), ma consentirebbe alle Regioni,  nella
gestione dei rifiuti, di adottare modelli organizzativi  alternativi,
che accentuino il coinvolgimento  dei  Comuni.  Ne  consegue  che  la
normativa regionale "a regime" varata  nel  periodo  di  emergenza  e
destinata  a  valere  al  suo  scadere,  nell'introdurre,  con  legge
regionale n. 2 del 2010 un nuovo comma all'art. 10  della  precedente
legge regionale n. 4 del 2007, comma mai impugnato, prevedendo  anche
in ambito regionale la stessa possibilita' di prevedere  dei  modelli
alternativi agli A.t.o., sarebbe in linea con la normativa statale. 
    Quanto alla censura sui commi da 83  a  91,  secondo  la  Regione
l'impugnazione della norma sulla indennita' dei consiglieri regionali
sarebbe il frutto di una svista, dal momento che tale materia rientra
nella esclusiva sfera di attribuzione dell'ente territoriale.  Quanto
alle  altre  disposizioni,  la  Regione  osserva   che   l'incentivo,
accedendo ad una facolta' di risoluzione anticipata che  si  pone  in
linea con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, sarebbe
da un lato misura attinente all'organizzazione interna  degli  uffici
della  Regione,   e   dall'altro   rispettosa   della   materia   del
coordinamento della finanza pubblica, esulando invece  dalla  materia
dell'ordinamento civile. 
    6.  -  Sono   intervenuti   ad   opponendum   nel   giudizio   di
costituzionalita' la Federazione Precari della Sanita' Campana, la FP
-  CGIL  -  Medici  Campania  e  il  Coordinamento  Italiano   Medici
Ospedalieri - Associazione sindacale Medici Dirigenti,  chiedendo  il
rigetto del ricorso statale, in particolare con riferimento ai  commi
da 55 a 63 della disposizione censurata. 
    7. - Con memoria depositata il 21 settembre 2010,  il  Presidente
del Consiglio ha eccepito l'inammissibilita'  dei  tre  interventi  e
della costituzione in giudizio della Regione  Campania,  quest'ultima
in  quanto  deliberata  "su  proposta"  del  dirigente  del   settore
contenzioso amministrativo  e  tributario  con  decreto  dirigenziale
dell'avvocato coordinatore, ossia da un organo che  non  e'  titolare
del relativo potere. 
    Con memoria depositata in  data  23  dicembre  2010,  la  Regione
Campania ha svolto  ulteriori  deduzioni  a  sostegno  delle  proprie
conclusioni. 
    Con memoria depositata in data 4 gennaio 2011, il Presidente  del
Consiglio  ha  ribadito   l'eccezione   di   inammissibilita'   degli
interventi e della costituzione in giudizio della  Regione  Campania.
Nel merito,  l'Avvocatura  ha  illustrato  ulteriormente  le  proprie
deduzioni, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
    8. - Successivamente la Regione Campania ha depositato, in data 5
gennaio 2011, delibera di ratifica  della  costituzione  in  giudizio
adottata in data 30 dicembre 2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  con
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), e  terzo  comma,
della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale, in  via
principale, dell'art. 1, commi da 55 a 63, comma 69 e commi da  83  a
91  della  legge  della  Regione  Campania  21  gennaio  2010,  n.  2
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della regione Campania - Legge finanziaria anno 2010). 
    2. - Preliminarmente, deve essere  dichiarata  l'inammissibilita'
della costituzione in giudizio della Regione Campania e dei  proposti
interventi, come dalle separate ordinanze, lette in udienza. 
    3.1. - Nel merito, le disposizioni contenute nell'art.  1,  commi
da 55 a 63 della legge regionale  censurata  dettano  una  disciplina
analoga ad altra gia' dichiarata illegittima  da  questa  Corte,  con
sentenza  n.  215  del  2009,  autorizzando  la  stabilizzazione  del
personale precario anche con  riferimento  alla  dirigenza  di  primo
livello (con esclusione solo dei dirigenti delle strutture semplici e
complesse).   Esse,   al   fine   di   superare    i    profili    di
incostituzionalita' della disposizione  gia'  dichiarata  illegittima
per violazione del principio del pubblico concorso, di  cui  all'art.
97 Cost., richiamano alcune diposizioni di legge statale  in  materia
di pubblici concorsi, contenute nel d.P.R. 10 dicembre 1997,  n.  483
(Regolamento  recante  la  disciplina   concorsuale   del   personale
dirigenziale sanitario nazionale), nel d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 e
successive modifiche (Regolamento  recante  norme  sull'accesso  agli
impieghi  nelle  pubbliche  amministrazioni   e   le   modalita'   di
svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre  forme  di
assunzione nei pubblici impieghi), nel decreto legislativo  30  marzo
2001, n. 165 e successive modifiche (Norme generali  sull'ordinamento
del  lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche)  e,
infine, nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modifiche (Riordino della disciplina in materia  sanitaria,  a  norma
dell'art. 1  della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421),  oltre  alle
disposizioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per
il personale  della  Dirigenza  Medica  e  Sanitaria,  professionale,
tecnica e amministrativa (SPTA) del servizio sanitario nazionale. 
    Le predette norme statali, in sostanza, limitano la  possibilita'
di trasformazione del rapporto di lavoro precario in lavoro  a  tempo
indeterminato, per i dirigenti di primo  livello,  ai  soli  soggetti
che,  in  conformita'  alle  norme  statali  predette,  siano   stati
selezionati dall'inizio mediante procedure concorsuali preordinate al
conferimento  di  funzioni  dirigenziali  di  primo  livello,   e   a
condizione  che  siano  stati  utilmente  inseriti   in   graduatorie
concorsuali pubbliche. 
    Il Presidente del Consiglio,  tuttavia,  reputa  la  nuova  norma
ugualmente illegittima sotto  diversi  profili,  concernenti,  questa
volta, la lesione della competenza legislativa statale  esclusiva  in
materia di ordinamento civile, di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  l),  Cost.,  e  di  quella   concorrente   in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica,  di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    Il ricorrente sostiene che la norma censurata contrasterebbe  con
il quadro  normativo  statale  di  riferimento  che,  nel  frattempo,
sarebbe mutato in senso ancor piu' restrittivo. L'art. 2, commi da 71
a 74, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)», non prevedendo alcuna forma di stabilizzazione  e
responsabilizzando gli enti del SSN con l'invito a ridurre  la  spesa
pubblica  in  misura  pari  a  1,4%  rispetto  a  quella  del   2004,
escluderebbe la legittimita' di ogni forma  di  stabilizzazione.  Per
altro verso, l'art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'  proroga  di  termini),
convertito, con modificazioni, nella legge 3  agosto  2009,  n.  102,
stabilendo nuove modalita' di assunzione a  tempo  indeterminato  del
personale precario, farebbe esclusivo riferimento  al  personale  non
dirigenziale,   escludendo   dunque   esplicitamente   il   personale
dirigenziale. 
    Peraltro, la normativa  regionale  determinerebbe  la  violazione
della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento  civile,
anche in considerazione del fatto  che  il  sistema  delineato  nella
legislazione statale sarebbe stato  cristallizzato  nel  CCNL  dell'8
giugno  2000,  senza  subire  variazioni  nei  successivi   contratti
collettivi. 
    Inoltre, il descritto contrasto con norme statali in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, delle quali  implicitamente  si
assume il  carattere  di  principio  fondamentale,  comporterebbe  la
lesione della competenza statale concorrente prevista dall'art.  117,
comma 3, Cost. 
    3.2. - Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  censura  poi
l'art. 1, comma 69, della legge regionale n. 2 del 2010,  in  materia
di gestione e  smaltimento  dei  rifiuti.  Tale  norma,  intervenendo
sull'art. 32-bis della legge  regionale  del  28  marzo  2007,  n.  4
recante «Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei
rifiuti e bonifica dei siti inquinati», che disponeva in Campania  il
trasferimento delle funzioni  precedentemente  affidate  ai  consorzi
obbligatori  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti  alle  province,  con
conseguente  subentro  delle  stesse  in  tutti  rapporti,  attivi  e
passivi, prescrive che tale trasferimento operi  non  immediatamente,
ma solo al momento dell'avvenuto trasferimento dei servizi  al  nuovo
soggetto gestore. Lo Stato lamenta che tale spostamento  del  dies  a
quo del  trasferimento,  determinando  l'ultrattivita'  della  figura
consortile, contrasterebbe con il  quadro  strategico  delineato  nel
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti  per  la
cessazione dello stato di  emergenza  in  materia  di  rifiuti  nella
Regione Campania,  per  l'avvio  della  fase  post  emergenziale  nel
territorio  della  Regione  Abruzzo  ed  altre  disposizioni  urgenti
relative  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   ed   alla
protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, legge 26 febbraio 2010, n. 26, a sua volta in  linea  con
la disposizione regionale dell'originale art. 32-bis della l.r. n.  4
del 2007, per un definitivo trasferimento di funzioni  alle  Province
e, in tal modo, violerebbe l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in  materia
di tutela dell'ambiente. 
    La Regione, dal canto suo,  afferma  che  la  nuova  formulazione
della  norma  non  impedisce  il  trasferimento  delle  funzioni  dai
Consorzi alle Province, e che, trattandosi di una materia  complessa,
con intersezione di competenze statali  e  regionali,  tra  le  quali
quelle  relative  al  governo  del  territorio  e  all'organizzazione
amministrativa regionale, la competenza dello Stato non  escluderebbe
la concomitante competenza delle Regioni  a  intervenire  su  aspetti
meramente organizzativi.  D'altra  parte,  prosegue  la  Regione,  la
stessa normativa statale di riferimento in materia  di  gestione  dei
rifiuti urbani, il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la cui  applicazione
in Campania e' stata procrastinata per effetto  della  situazione  di
emergenza, prevederebbe che le Regioni possano,  nella  gestione  dei
rifiuti, adottare modelli organizzativi alternativi a quelli disposti
dalla predetta norma statale, che accentuino  il  coinvolgimento  dei
Comuni. 
    3.3. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  censura  infine
l'art. 1, commi da 83 a 91 della legge regionale n. 2  del  2010,  in
materia di retribuzione ed anzianita' di servizio. Le disposizioni in
esame consentirebbero ai dipendenti del  Consiglio  regionale,  della
Giunta regionale e degli enti strumentali della Regione Campania, con
solo otto anni di anzianita' lavorativa, di presentare domanda per la
risoluzione del rapporto  di  lavoro  per  gli  anni  2010-2011-2012,
dietro corresponsione a detto personale, da parte della  Regione,  di
incentivi economici fino ad un massimo di trentasei mensilita' per il
personale non dirigente e fino ad massimo di trenta mensilita' per il
personale dirigenziale.  Cosi'  disponendo,  le  norme  inciderebbero
sulla materia del trattamento  economico  e  dunque  dell'ordinamento
civile, oggetto della cd. riserva di  contrattazione  collettiva.  Ne
conseguirebbe, pertanto, un contrasto con le  disposizioni  contenute
nel  Titolo  III  (Contrattazione  collettiva  e   rappresentativita'
sindacale), artt. da 40 a 50, del d.lgs. n. 165 del 2001 che  obbliga
al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire
in sede di contrattazione. L'art. 1, commi da 83 a  91,  della  legge
regionale impugnata, quindi, violerebbe l'art.  117,  secondo  comma,
lettera  l),  Cost.,  il  quale  riserva  allo  Stato  la  competenza
esclusiva nella materia dell'ordinamento civile e, quindi, i rapporti
di diritto privato (contratti collettivi). 
    Secondo la Regione,  invece,  il  beneficio  previsto  esulerebbe
dalla  materia  dell'ordinamento  civile  in  quanto,  da  un   lato,
atterrebbe all'organizzazione interna degli uffici della  Regione  e,
dall'altro, incentivando una facolta' di risoluzione  anticipata  che
si pone in linea  con  gli  obiettivi  di  contenimento  della  spesa
pubblica, atterrebbe alla materia  del  coordinamento  della  finanza
pubblica, armonizzandosi con i principi  fondamentali  dettati  dalla
legislazione statale in materia. 
    4.1. - La questione relativa all'art. 1, commi da 55 a 63,  della
legge regionale censurata e' fondata  sia  con  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. (ordinamento civile),  sia  con
riferimento alla dedotta violazione di  principi  fondamentali  della
legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    4.1.1. -  Quanto  al  primo  parametro,  come  si  e'  visto,  la
disciplina  regionale  censurata  autorizza  gli  enti  del  servizio
sanitario regionale a trasformare  contratti  di  lavoro  precario  o
flessibile, attualmente in corso o comunque gia' stipulati, in veri e
propri contratti di lavoro a  tempo  indeterminato.  Essa,  pertanto,
incide sulla regolamentazione del rapporto precario gia' in atto  (e,
in particolare, sugli aspetti connessi alla durata  del  rapporto)  e
determina, al contempo, la costituzione di altro  rapporto  giuridico
(il rapporto di lavoro a tempo  indeterminato,  destinato  a  sorgere
proprio per effetto della stabilizzazione). 
    Una simile disposizione e' inquadrabile,  quindi,  nella  materia
disciplinata dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  di
competenza esclusiva del legislatore statale. Come questa Corte ha di
recente avuto modo di chiarire (sentenza n. 324 del  2010),  infatti,
la disciplina della fase costitutiva del contratto di  lavoro,  cosi'
come  quella  del  rapporto  sorto  per  effetto  dello  stesso,   si
realizzano mediante  la  stipulazione  di  un  contratto  di  diritto
privato  e,  pertanto,  appartengono  alla  materia  dell'ordinamento
civile. 
    4.1.2. - Le norme regionali censurate sono, inoltre,  illegittime
anche con riferimento alla lesione dei  principi  fondamentali  della
legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n.
78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini), convertito,
con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, con riferimento
alla generalita' delle  amministrazioni  pubbliche,  nello  stabilire
nuove modalita' di assunzione a tempo indeterminato del personale che
abbia  prestato  servizio  a  tempo  determinato   e,   dunque,   nel
consentire, a certe  condizioni,  la  stabilizzazione  del  personale
precario, limita tale possibilita' al solo personale non dirigenziale
delle amministrazioni di cui all'art. 1, comma  2,  d.lgs.  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze   delle   amministrazioni    pubbliche)    e    successive
modificazioni. Tra esse sono compresi anche  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale. La legittimita'  della  stabilizzazione  per  il
personale dirigenziale e', quindi, esclusa.  Tale  implicito  divieto
trova una conferma nell'art. 2, commi da 71  a  74,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010),  che,  a
sua  volta,  non  reca  alcuna  disposizione  diretta  a   consentire
l'attuazione di procedure di stabilizzazione di personale  anche  non
dirigenziale. 
    Tali norme si ispirano  alla  finalita'  del  contenimento  della
spesa pubblica in uno specifico settore - quello del  personale  -  e
costituiscono principi fondamentali nella materia  del  coordinamento
della finanza pubblica, che e' di competenza concorrente,  in  quanto
si limitano a porre obiettivi di riequilibrio  della  finanza,  senza
prevedere strumenti e modalita' per il  perseguimento  dei  medesimi.
Orbene, come ha chiarito questa Corte, la spesa per il personale, per
la sua importanza strategica ai fini  dell'attuazione  del  patto  di
stabilita' interna (data la sua rilevante entita'),  costituisce  non
gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante  aggregato  della
spesa di parte corrente,  con  la  conseguenza  che  le  disposizioni
relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della
legislazione statale (sentenza n. 169 del 2007). 
    Le disposizioni regionali censurate, pertanto, sono lesive  della
competenza   legislativa   statale   concorrente   in   materia    di
coordinamento della finanza pubblica,  di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    4.2. - La questione relativa all'art. 1, comma 69, e' fondata. 
    Tale norma abroga  la  disposizione  contenuta  nell'art.  32-bis
della legge della Regione Campania  n.  4  del  2007,  che  disponeva
l'immediata cessazione dell'attivita' dei consorzi obbligatori per lo
smaltimento dei rifiuti e il trasferimento  delle  relative  funzioni
alle Province,  precisando  che  il  subentro  di  queste  ultime  in
rapporti attivi e  passivi  avvenga  fin  dal  momento  dell'avvenuto
trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore. 
    La norma regionale censurata,  incidendo  sul  descritto  sistema
transitorio,  modifica   la   competenza   relativa   alla   gestione
dell'attivita' di smaltimento dei rifiuti, stabilendo che i  relativi
consorzi  obbligatori  cessino  di  svolgere  le  proprie   funzioni,
trasferite   alle   Province,   solo   dal   momento    dell'avvenuto
trasferimento dei servizi al soggetto gestore. 
    In tal modo, essa si pone in contrasto con la disciplina statale,
dettata dall'art. 11 del citato decreto-legge 30  dicembre  2009,  n.
195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di  emergenza
in materia di rifiuti nella Regione Campania, per l'avvio della  fase
post emergenziale nel  territorio  della  Regione  Abruzzo  ed  altre
disposizioni urgenti  relative  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri  ed  alla  protezione  civile),  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 26 febbraio 2010,  n.  26,
che, recependo e presupponendo la  disposizione  regionale  abrogata,
statuisce l'immediato trasferimento delle  funzioni  e  dei  rapporti
alle Province ed alle societa' da loro partecipate,  autorizzando  la
protrazione della  gestione  consortile  per  le  sole  attivita'  di
raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti, e, quanto a quelle  di
smaltimento o recupero, esclusivamente per la raccolta differenziata;
e comunque, limita la possibile protrazione della gestione consortile
solo fino al 31 dicembre 2010. 
    La norma regionale censurata determina uno slittamento  temporale
dell'effettivo passaggio delle funzioni  amministrative  in  tema  di
raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania ed, in ultima analisi,
individua, in modo eccentrico rispetto  alla  legge  statale,  l'ente
pubblico responsabile dell'intera attivita' di raccolta e smaltimento
dei rifiuti. Una simile disciplina non puo' essere  inquadrata,  come
proposto dalla Regione, nella materia del governo del territorio, ma,
in linea con i precedenti della Corte (sentenze n. 314 del  2009,  n.
62 del  2008  e  n.  380  del  2007),  deve  ritenersi  lesiva  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela
dell'ambiente. 
    4.3.  -  La  questione  dall'art.  1,  comma  83,   promossa   in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  non  e'
fondata. La disposizione censurata, invero, dispone che,  al  termine
della legislatura, la Giunta regionale provveda  alla  remissione  al
Consiglio delle  quote  necessarie  alla  copertura  delle  spese  di
liquidazione  accertate  ad  avvenuta   elezione   relativamente   ai
Consiglieri non eletti. La norma censurata,  pertanto,  si  limita  a
disporre il trasferimento della provvista necessaria  all'adempimento
di un preesistente obbligo di pagamento. 
    4.4.  -  La  questione  relativa  alle   disposizioni   regionali
contenute nell'art. 1, commi da 84 a 91, della legge regionale  n.  2
del 2010 e' fondata. 
    Le  norme  censurate   introducono   incentivi   economici   alla
risoluzione anticipata del  rapporto,  stabilendone  l'importo  nella
misura massima di trentasei mensilita' per il personale non dirigente
e di trenta mensilita' per il personale dirigenziale. 
    La difesa regionale  ha  sostenuto  che  la  normativa  censurata
sarebbe finalizzata a realizzare risparmi  di  spesa  e  inciderebbe,
quindi, nella  materia  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,
armonizzandosi con i principi fondamentali della stessa. In  realta',
come  questa  Corte  ha  da  tempo  avuto  occasione   di   chiarire,
l'individuazione della materia deve essere effettuata  tenendo  conto
dell'oggetto della norma e della disciplina in essa  stabilita,  alla
luce della ratio dell'intervento legislativo nel suo complesso e  nei
suoi punti fondamentali, cosi' da  identificare  correttamente  anche
l'interesse tutelato (sentenze n. 368 del 2008, n. 165 del  2007,  n.
422 e n. 81 del 2006). 
    L'applicazione dei principi suesposti rende chiaro che  le  norme
regionali  censurate,  al  di  la'  delle  possibili  intenzioni   di
contenimento della spesa pubblica, introducono un istituto economico,
quale l'indennita' suddetta; determinano i criteri per il suo calcolo
e, quindi, la sua entita'; disciplinano la sua revocabilita' ed hanno
una  chiara  natura  contrattuale,   incidendo   direttamente   sulla
regolamentazione  del  rapporto  di  lavoro  con  i  dipendenti   del
Consiglio regionale, della Giunta  e  degli  enti  strumentali  della
Regione Campania. 
    Pertanto,  esse,  in  contrasto  con  le   disposizioni   statali
contenute negli artt. da 40 a 50 del d.lgs.  n.  165  del  2001,  che
riservano alla  contrattazione  collettiva  la  determinazione  delle
norme  regolatrici  del  rapporto  di  lavoro  privatizzato  con   le
pubbliche  amministrazioni,  invadono   la   competenza   legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (sentenze n. 7
del 2011, n. 332 del 2010 e n. 189 del 2007). 
 
                          Per questi motivi 
                       la corte costituzionale 
 
    Dichiara l'inammissibilita' della costituzione in giudizio  della
Regione  Campania  e  degli  interventi  proposti  dalla  Federazione
Precari della Sanita' Campana, la FP - CGIL - Medici  Campania  e  il
Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri  -  Associazione  sindacale
Medici Dirigenti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 55
a 63, comma 69 e commi da 84 a 91 della legge della Regione  Campania
21 gennaio 2010, n. 2, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  della  Regione  Campania  -  Legge
finanziaria anno 2010)»; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 83, della legge della Regione Campania  n.  2  del
2010, promossa con riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Mazzella 
 
 
                      Il cancelliere: Fruscella 
 
    Depositata in cancelleria il 3 marzo 2011 
 
                      Il cancelliere: Fruscella 
 
 
                                                             Allegato 
 
           Ordinanza letta all'udienza del 25 gennaio 2011 
 
    Rilevato  che  la  nel   giudizio   di   costituzionalita'   sono
intervenuti  la  Federazione  Precari  della  Sanita'   Campana,   la
FP-CGIL-Medici  Campania   e   il   Coordinamento   Italiano   Medici
Ospedalieri - Associazione sindacale Medici Dirigenti; 
        che tali  interventi,  nei  giudizi  costituzionali,  in  via
principale, sono da considerare inammissibili, in  quanto  promananti
da soggetti privi di potesta' legislativa, dal momento che, come piu'
volte affermato da questa Corte (v. sentenze n. 278 del 2010 e n. 250
del 2009), «il giudizio  di  costituzionalita'  delle  leggi  in  via
d'azione si svolge esclusivamente tra soggetti titolari  di  potesta'
legislativa, fermi restando, per i soggetti privi di tale potesta', i
mezzi  di  tutela  delle  rispettive  posizioni   soggettive,   anche
costituzionali,  di  fronte  ad  altre  istanze  giurisdizionali   ed
eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale»; 
        che, in ogni caso, le norme impugnate, di carattere  generale
ed astratto, non hanno per oggetto, in modo immediato e diretto,  una
posizione giuridica  differenziata  delle  parti  intervenienti,  che
possa venire irrimediabilmente pregiudicata dall'esito  dei  presenti
giudizi (v. sentenza n. 278 del 2010). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara inammissibili gli interventi di cui in parte motiva. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                                                            Allegato: 
 
           Ordinanza letta all'udienza del 25 gennaio 2011 
 
    Rilevato che la Regione Campania risulta essersi  costituita  nel
presente giudizio sulla base di decreto dirigenziale del Coordinatore
dell'Avvocatura della Regione  Campania  e,  dunque,  in  assenza  di
delibera di Giunta; 
        che tale costituzione in giudizio e'  stata  gia'  dichiarata
inammissibile in relazione ad altri capi del ricorso decisi da questa
Corte con separata sentenza (n. 331 del 2010); 
        che  nella  pronuncia  citata  da  ultimo  questa  Corte   ha
affermato   il   principio   che,   nei   giudizi   di   legittimita'
costituzionale in via principale, anche la costituzione in  giudizio,
oltre che la proposizione del ricorso, deve essere  deliberata  dalla
Giunta regionale, secondo quanto  previsto  dall'art.  32,  comma  2,
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale), cui si e' adeguato  l'art.
51 dello statuto (legge statutaria della Regione Campania  28  maggio
2009, n. 6); 
        che, nelle more, la Regione Campania ha fatto  pervenire  una
delibera di Giunta, datata 30 dicembre 2010, con la quale si ratifica
la delibera del predetto responsabile e  in  udienza  ha  chiesto  di
essere ammessa alla discussione; 
        che, a norma dell'art. 32, u.c., legge 11 marzo 1953, n.  87,
i termini per la  costituzione  nel  giudizio  di  costituzionalita',
tanto in via incidentale  tanto  in  via  principale,  devono  essere
considerati perentori (v. sentenze n. 364 del 2010; n. 160 del  2006;
n. 397 del 2005); 
        che, invero, la delibera  adottata  da  un  organo  meramente
amministrativo deve considerarsi radicalmente  nulla  in  quanto  non
idonea a  produrre  qualsivoglia  effetto,  ivi  compreso  quello  di
interrompere il termine perentorio per la costituzione in giudizio; 
        che, a causa di tale perentorieta', l'adozione da parte della
Giunta di una delibera di cosiddetta "ratifica" della costituzione in
giudizio  deliberata  dall'organo  incompetente   potrebbe   produrre
effetti solo a condizione che intervenga entro i termini perentori di
costituzione in giudizio. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara inammissibile la costituzione in giudizio della  Regione
Campania. 
 
                      Il Presidente: De Siervo