N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 2010

Ordinanza del 15 dicembre 2010 emessa dal Tribunale  di  Trieste  nel
procedimento penale a carico di Gregorio Stefano ed altri. 
 
Reati e pene - Attivita' di incenerimento di rifiuti in  mancanza  di
  autorizzazione integrata ambientale - Trattamento  sanzionatorio  -
  Arresto e ammenda anziche' arresto o  ammenda,  come  previsto,  in
  relazione a condotte omogenee, dall'art. 16 del d.lgs.  n.  59  del
  2005  -  Conseguente  preclusione  dell'oblazione  -  Irragionevole
  disparita' di  trattamento  -  Lesione  del  diritto  di  difesa  -
  Violazione del principio della finalita' rieducativa della pena. 
- Decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, art. 19. 
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 27. 
(GU n.13 del 23-3-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Nel procedimento  n.  5408\06  rg  PM  n.  637\10  rg.  Trib.  il
Tribunale in composizione monocratica nella  persona  del  Dr.  Paolo
Vascotto ha pronunciato la seguente ordinanzadi rimessione degli atti
alla Corte costituzionale; 
 
                               Osserva 
 
    Gli imputati venivano tratti a giudizio con decreto di  citazione
diretta a giudizio dd. 18 febbraio 2010 per rispondere  dei  seguenti
reati contravvenzionali: 
        A) 81 c.p, 19 commi 1 e 2 d.lgs. n. 133/05 perche',  XXXX  in
qualita' di  amministratore  delegato  di  Acegas  APS,  Giacomin  in
qualita' di  direttore  generale  dal  10  giugno  2006,  Monassi  in
qualita' di responsabile dell'impianto Acegas  di  incenerimento  con
recupero di calore di via Errera n.  11,  Dal  Maso  in  qualita'  di
responsabile tecnico e direttore tecnico  della  societa',  dirigente
responsabile  della  divisione  ambiente  e  con   procura   speciale
conferita dall'amministratore  delegato  e  dal  direttore  generale,
effettuavano presso detto impianto: 
          a) l'incenerimento di rifiuti in mancanza della  prescritta
autorizzazione, trattandosi di impianto che per la sua  potenzialita'
era soggetto alla valutazione di impatto ambientale; 
          b) comunque l'incenerimento dei seguenti rifiuti in assenza
della  necessaria  autorizzazione  all'esercizio  (in  quanto  quelle
rilasciate dal Ministero dell'industria in data 4 febbraio 1998 e  30
marzo 2000 prevedono, quali rifiuti da  destinare  alla  combustione,
unicamente quelli urbani e quelli assimilati): 
rifiuti assimilabili agli urbani ai sensi dell'art. 198 comma 2 lett.
g) d.lgs. n. 152/06; altri rifiuti speciali di cui ai  seguenti  CER:
020100, 020102,  020103,  020104,  020200,  020202,  020203,  020300,
020304, 020500,  020501,  020600,  020601,  030100,  030101,  030105,
030300, 030307,  040100,  040109,  040200,  040209,  040210,  040215,
040221, 040222,  070200,  070299,  070600,  070699,  080400,  080410,
150100, 150101,  150102,  150103,  150105,  150106,  150109,  150203,
160500, 160505,  160509,  170200,  170201,  170203,  180100,  180101,
180102, 180104, 180:107,  180109,  180200,  180201,  180203,  190500,
190501, 190900,  1909'04  191200,  191201,  191204,  191207,  191208,
191210, 191212,  200100,  200101,  200108,  200110,  200111,  200125,
200130, 200132,  200136,  200138,  200139,  200141,  200200,  200201,
200203, 200300, 200301, 200302, 200303, 200306; rifiuti pericolosi di
cui ai CER 180103*, 180108*, 180202*; rifiuti di cui ai seguenti CER:
030105, 080410,  150203,  160509,  180101,  180102,  180107,  180109,
180201, 191207, 191212,  200136,  da  ritenersi  in  effetti  rifiuti
pericolosi  in  quanto  privi  della   necessaria   caratterizzazione
finalizzata ad escludere le caratteristiche di pericolo. 
          c) comunque  lo  smaltimento  indifferenziato  di  tutti  i
rifiuti nelle tre linee a fronte di autorizzazioni  all'esercizio  da
parte della Provincia che  prevedevano  solo  per  la  III  linea  lo
smaltimento di rifiuti di cui alle sezioni 02, 03, 04,  07,  08,  15,
16, 17, 18, 19 e 20. 
    In  Trieste,  dal  23  dicembre  2003  (data  di   autorizzazione
all'esercizio provvisorio della terza  linea)  al  14  febbraio  2007
(data del sequestro) per  le  violazioni  sub  b),  in  atto  per  le
violazioni sub a) e c). 
        B) 81 c.p., 19 comma 8 d.lgs. n. 133/05 perche', Giacomin  in
qualita'  di  amministratore  delegato  di  Acegas  APS,  Monassi  in
qualita' di direttore generale  dal  10  ottobre  2006,  Gregorio  in
qualita' di responsabile dell'impianto Acegas  di  incenerimento  con
recupero di calore di via Errera n.  11,  Dal  Maso  in  qualita'  di
responsabile tecnico e direttore tecnico  della  societa',  dirigente
responsabile  della  divisione  ambiente  e  con   procura   speciale
conferita dall'amministratore  delegato  e  dal  direttore  generale,
nell'esercizio dell'attivita' di incenerimento  superavano  i  valori
limite di  emissione  di  cui  all'art.  9  in  relazione  ai  PCDD/F
(policlorodibenzo-p-diossine o PCDD  e  policlorodi-benzo-p-furani  o
PCDF), per i quali venivano riscontati i valori di 1,1463  ng  TE/Nmc
(22 luglio 2006), 0,970 ng TE/Nmc (20 dicembre 2006), 0,189 ng TE/Nmc
(21 dicembre 2006), 0,300 ng  TE/Nmc  (11  gennaio  2007),  0,293  ng
TE/Nmc (12 gennaio 2007), 1,742 ng TE/Nmc (25 gennaio 2007)  e  0,115
ng TE/Nmc (25 gennaio 2007) a  fronte  di  un  limite  normativamente
fissato di 0,100 ng TE/Nmc. 
    In Trieste il 22 luglio 2006, 20 dicembre 2006, 21 dicembre 2006,
11 gennaio 2007, 12 gennaio 2007, 25 gennaio 2007. 
        C) 81 c.p., 19 comma 5 d.lgs. n. 133/05 perche', Gregorio  in
qualita' di Responsabile dell'impianto Acegas  APS  di  incenerimento
con recupero di calore di via Errera n. 11, Dal Maso in  qualita'  di
responsabile tecnico e direttore tecnico  della  societa',  dirigente
responsabile  della  divisione  ambiente  e  con   procura   speciale
conferita dall'amministratore  delegato  e  dal  direttore  generale,
effettuavano attivita' di incenerimento di rifiuti  nelle  condizioni
di cui all'art. 16 comma 3 superando i limiti temporali previsti,  in
particolare dopo aver avuto notizia del superamento dei valori limite
di emissione in  relazione  ai  PCDD/F,  continuavano  ad  incenerire
rifiuti per piu' di quattro ore consecutive. 
    In Trieste il 22 luglio 2006 (relazione di analisi del 24  agosto
2006), 20 dicembre 2006,  21  dicembre  2006,  11  gennaio  2007,  12
gennaio 2007, 25 gennaio 2007. 
        D) 19 comma 15 d.lgs. n. 133/05 perche', Gregorio in qualita'
di  Responsabile  dell'impianto  Acegas  APS  di  incenerimento   con
recupero di calore di via Errera n.  11,  Dal  Maso  in  qualita'  di
responsabile tecnico e direttore tecnico  della  societa',  dirigente
responsabile  della  divisione  ambiente  e  con   procura   speciale
conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale,  non
rispettavano le prescrizioni del decreto, in  particolare  quella  di
cui all'art. 11 comma 10  in  quanto,  rilevato  il  superamento  dei
limiti di emissione in atmosfera in relazione  ai  parametri  PCCD/F,
ometteva  di  informare  tempestivamente  l'autorita'  competente   e
l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. 
    In Trieste il 22 luglio 2006 - relazione di analisi trasmessa  il
24 agosto 2006. 
    (sanzione amministrativa connessa). 
        E) 19,  comma  15  d.lgs.  n.  133/05  perche',  Gregorio  in
qualita' di responsabile dell'impianto Acegas  di  incenerimento  con
recupero di calore di via  Errera  n.11,  Dal  Maso  in  qualita'  di
responsabile tecnico e direttore tecnico  della  societa',  dirigente
responsabile  della  divisione  ambiente  e  con   procura   speciale
conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale,  non
rispettavano le prescrizioni del  d.lgs.  n.  133/05  effettuando  la
sospensione della registrazione dei valori degli inquinanti durante i
periodi di interruzione dell'alimentazione,  a  fronte  del  previsto
monitoraggio in continuo. 
    In Trieste, nel corso del 2006 e 2007. 
    (sanzione amministrativa connessa). 
    All'udienza  del  29  settembre  2010  avanti  il  Tribunale   in
composizione monocratica la difesa  depositava  memoria,  mettendo  a
raffronto la norma dell'art. 19 del decreto  legislativo  n.  133/05,
riferita nel decreto di citazione ai capi a) b) c) d) e), con  quella
dell'art. 279 del d.lgs. n. 152/06 e  dell'art.  16  del  decreto  n.
59/05 (ora confluito nel decreto legislativo n.  128/10)  ed  instava
affinche' fosse applicata al caso di specie  quest'ultima  disciplina
normativa, il cui impianto sanzionatorio, a differenza di quello  del
decreto 133/05, rendeva in astratto ammissibile l'oblazione  ex  art.
162-bis c.p., poiche' sanzionava la condotta con le pene  alternative
dell'arresto o dell'ammenda. 
    In caso di mancato accoglimento della richiesta di  oblazione  la
difesa chiedeva la proposizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    Il rigetto dell'istanza difensiva di applicare la norma dell'art.
16 del decreto legislativo n. 59/05 veniva formalizzato con ordinanza
di  questo  giudice  all'udienza   del   15   dicembre   2010   sulla
considerazione che l'accusa, cosi' come formulata, non permetteva una
diversa qualificazione giuridica del fatto, ai  fini  dell'oblazione,
in presenza di condotte indifferenziate. 
    Tuttavia residuava la questione di costituzionalita' della  norma
dell'art. 19 del decreto legislativo n.  133/05,  la  cui  violazione
forma oggetto delle imputazioni nel decreto di  citazione  diretta  a
giudizio. 
    A  parere  del  rimettente  la  questione  e'  rilevante  e   non
manifestamente infondata per i seguenti motivi: 
sulla rilevanza: 
    Agli imputati viene ascritto il reato di esercizio di impianto di
incenerimento di rifiuti senza  la  prescritta  autorizzazione  e  il
reato di sforamento dei  valori  limite  nell'ambito  della  medesima
attivita'. 
    La norma contestata nei capi d'accusa  e  considerata  nelle  sue
varie articolazioni (art. 19 d.lgs. n. 133/05), per individuare  tale
autorizzazione, rinvia alla disposizione  dell'art.  4  dello  stesso
decreto. 
    L'art. 4, senza possibilita' di  equivoco,  fa  riferimento  alla
autorizzazione integrata ambientale. 
    L'art. 19 del d.lgs. n. 133/05  configura  l'autorizzazione  come
precondizione per l'esercizio  dell'attivita'  di  incenerimento  dei
rifiuti e detta norme sanzionatorie nell'ipotesi di  esercizio  senza
autorizzazione. 
    Ad identica ratio normativa soggiace la  norma  di  cui  all'art.
59/05 (ora decreto legislativo n. 128/10  entrato  in  vigore  in  26
agosto 2010): quella di vagliare preventivamente la sussistenza delle
condizioni di operativita' in sicurezza di un  impianto  industriale,
nel rispetto ed  a  tutela  dell'ambiente,  subordinando  a  cio'  il
rilascio  da  parte  dell'autorita'  competente   dell'autorizzazione
integrata ambientale all'esercizio dell'impianto. 
    Identica  e'  anche  la  condotta  descritta  dalle   due   norme
sanzionatorie gia' indicate, ovvero l'esercizio  di  un  impianto  di
incenerimento di rifiuti senza autorizzazione. In  altri  termini  il
decreto legislativo n. 133/05 contempla pene congiunte dell'arresto e
dell'ammenda,   per   un   evento   qualificabile   come    esercizio
dell'impianto  industriale  senza  autorizzazione,  tranne  che   per
l'ipotesi di sforamento dei valori limite che  ex  art.  19  comma  8
d.lgs. n. 133/05, punita  con  la  pena  alternativa  dell'arresto  o
dell'ammenda (capo b) dell'imputazione). 
    Cosi' pure la normativa separata del decreto legislativo n. 59/05
(ora sostituito  dal  decreto  legislativo  n.  128/10)  con  l'unica
differenza  costituita  dalla  previsione  delle   pene,   non   gia'
congiunte, bensi' alternative dell'arresto e dell'ammenda. La  scelta
legislativa di assegnare alla violazione dell'art. 19 del decreto  n.
133/05 un trattamento piu' severo di quello previsto dall'art. 16 del
decreto legislativo n. 59/05 appare  irrazionale  in  quanto  le  due
norme a confronto descrivono condotte omogenee e indifferenziate, che
ad un esame strutturale non denotano elementi  di  specialita'  o  di
specialita' reciproca, sicche' l'unico elemento  di  diversita'  pare
essere quello della pena piu' severa  contemplata  nell'art.  19  del
decreto n. 133/05. 
    Peraltro   tale   architettura   normativa   riverbera    effetti
pregiudizievoli a carico  degli  imputati  dell'odierno  procedimento
intaccando  principi  costituzionali  poiche'   le   pene   congiunte
dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05  (arresto  e  ammenda)
inibiscono la possibilita' di ottenere l'oblazione comprimendo  cosi'
il diritto di difesa costituzionalmente garantito. 
    Le condotte incriminate, nella formulazione dei capi d'accusa del
presente  procedimento,  sono  sussunte   dunque   nell'alveo   della
disciplina del  decreto  legislativo  n.  133/05,  ancorche'  possano
definirsi omogenee a  quelle  prese  in  considerazione  dal  decreto
legislativo  n.  59/05  e  sebbene  quest'ultimo  decreto   contempli
sanzioni diverse con pene che consentirebbero l'oblazione. 
    L'oblazione pare impraticabile anche in  via  interpretativa  non
vertendosi in tema  di  qualificazione  giuridica  del  fatto  ma  di
identita' dei fatti, lesivi di un identico bene  giuridico,  tuttavia
puniti con pene irragionevolmente differenziate e nel caso  dell'art.
19   del   decreto   legislativo    n.    133/05    irragionevolmente
discriminatrici (salva l'ipotesi del comma 8 dell'art. 19 del decreto
citato). 
    In ultima analisi la questione appare rilevante perche' la  norma
dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05, di  cui  si  denuncia
l'incostituzionalita', priva l'imputato della  facolta'  di  accedere
alla procedura di oblazione, precludendo l'esercizio di una  facolta'
che conduce immediatamente all'estinzione del reato. 
sulla non manifesta infondatezza 
    Le  plurime  contestazioni  dei  capi   d'accusa   si   collocano
temporalmente tra l'anno 2003 ed il 2007, periodo questo  di  vigenza
dei  decreti  legislativi  n.  133/05,  pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale n. 163  del  15  luglio  2005  e  59/05,  pubblicato  sulla
Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2005 n. 93. 
    Il reato poi ha  natura  permanente  poiche'  la  consumazione  e
quindi la condotta antigiuridica - in tesi d'accusa - si e' protratta
fino al momento in cui e' stata ottenuta  l'autorizzazione  integrata
ambientale. 
    Tale autorizzazione e' sopravvenuta in data 13 luglio 2009  e  28
gennaio 2010. 
    Si osserva ancora che soltanto dal 26 agosto 2010 la materia  del
decreto legislativo n. 59/05 e' regolata dal nuovo d.lgs. n. 128/10. 
    L'assetto normativo ante richiamato postula quindi la  necessita'
di dotarsi di autorizzazione integrata ambientale e  vincola  a  tale
precondizione  l'esercizio  degli  impianti  di   incenerimento   dei
rifiuti. 
    Si rileva pure che il decreto  legislativo  n.  133/05  entra  in
vigore dopo il decreto legislativo n. 59/05  e  con  la  disposizione
dell'art. 4 richiama la  disciplina  della  autorizzazione  integrata
ambientale, contemplata dal decreto n. 59/05 (ora n. 128/10)  il  che
non fa che  confermare  che  tale  decreto  riveste  i  connotati  di
normativa separata e coesistente al decreto legislativo n. 133/05. 
    I decreti citati condizionano entrambi l'esercizio di un impianto
industriale di  incenerimento  rifiuti  all'autorizzazione  integrata
ambientale, ma divergono nel trattamento sanzionatorio, prevedendo il
primo,  salva  l'ipotesi  del  comma  8  citato,  la  pena  congiunta
dell'arresto e dell'ammenda preclusiva  dell'oblazione,  il  secondo,
che e' sopravvissuto ad  un'abrogazione  integrale  per  effetto  del
decreto successivo n. 128/10, la pena dell'arresto, o in  alternativa
quella dell'ammenda. 
    Emergono  cosi'  profili  di  irragionevole   disuguaglianza   in
presenza di situazioni omogenee e cio' tanto in relazione all'entita'
della pena che e' piu' elevata  nel  decreto  n.  133/05,  quanto  in
relazione al cumulo della sanzioni presente di regola nel decreto  n.
133/05. 
    Invero identica e'  la  ratio  della  autorizzazione  contemplata
dalle norme di riferimento di entrambi i decreti legislativi:  quella
di instaurare un  procedimento  di  verifica  di  una  pluralita'  di
condizioni di idoneita' cui concorrono piu' soggetti qualificati. 
    L'autorizzazione integrata  ambientale  risponde  ad  una  logica
sostitutiva o di assorbimento delle varie autorizzazioni  in  materia
di  ambiente  inteso  quest'ultimo  in  un'accezione  ampia  di  area
protetta da  tutte  le  possibili  evenienze  inquinanti  e  risponde
altresi' ad un'esigenza di unificazione che ha radice nelle direttive
comunitarie. 
    Entrambe le norme alludono poi  ad  un  impianto  industriale  di
incenerimento rifiuti: il decreto legislativo n. 133/05, sub  art.  1
recita: il presente decreto si applica agli impianti di incenerimento
e di coincenerimento di rifiuti ...(omissis..) e contempla  nell'art.
19 la necessita' di una autorizzazione. 
    Solo  in  apparenza  tale  ultima  disposizione  allude  in  modo
generico alla necessita' di un'autorizzazione,  poiche'  subito  dopo
essa  rinvia  all'art.  4,  norma  che  chiarisce  la  necessita'  di
un'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti  industriali.
A sua volta l'art. 4 citato (in  particolare  il  comma  1  lett.  b)
rinvia alle norme del decreto legislativo n. 59/05  che  disciplinano
l'autorizzazione integrata ambientale, norme queste entrate in vigore
prima del decreto legislativo n.  133/05  e  che  sono  sopravvissute
all'abrogazione del decreto legislativo n. 59/05 disposta con decreto
legislativo n. 128/10  (GU  n.  186  del  11  agosto  2010  -  Suppl.
Ordinario n.184 - entrato in vigore il 26 agosto 2010). 
    Quest'ultimo  decreto,  disponendo  l'abrogazione  espressa   del
decreto  legislativo  n.  59/05,  ha  lasciato  immutata  la  portata
sanzionatoria  delle  norme  incriminatrici  del   medesimo   decreto
legislativo n. 59/05 che ora  sono  state  riprodotte,  senza  alcuna
modifica, nell'art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 128/10. 
    Allo stesso modo l'art.  16  del  decreto  legislativo  n.  59/05
prevede la necessita' di un'autorizzazione integrata come  condizione
di operativita' di un impianto industriale e come gia' osservato,  la
norma sanzionatoria  e'  stata  riprodotta  tout  court  nel  recente
decreto n. 128/10 sub art. 29-quattuordecies. 
    Il  riferimento  ad  un  impianto  industriale  di  incenerimento
rifiuti in queste ultime disposizioni normative si trae dall'allegato
I, richiamato dall'art. 16 comma 1 del decreto legislativo n.  59/05,
sebbene ora divenuto allegato VIII del decreto legislativo n. 133/05,
ma senza mutamento di disciplina. 
    La comparazione tra la  disposizione  dell'art.  19  del  decreto
legislativo n. 133/05 e quella dell'art. 16 del  decreto  legislativo
n. 59/05  (ora  art.  29-quattuordecies  del  decreto  n.  128/10  fa
affiorare dunque profili di identita'  strutturale  tra  le  norme  e
malgrado cio' la risposta sanzionatoria risulta differenziata. 
    Non viene in rilievo, a parere di questo giudice,  una  questione
di successione di norme per vari ordini di ragioni. 
    In primo luogo la successione di norme  presuppone  l'abrogazione
espressa  o  tacita  ex  art.  15  delle  preleggi,  di   una   delle
disposizione incriminatrici che regolano il caso concreto ma cio' non
si  evince  a  proposito  della  norma  dell'art.  19   del   decreto
legislativo  n.  133/05  e  di  quella  dell'art.  16   del   decreto
legislativo n. 59/05. 
    Queste due norme, nella parte sanzionatoria, coesistono  immutate
nel sistema normativo ambientale, portando con se' la  contraddizione
di prevedere pene diverse in fattispecie identiche. 
    Emergono  poi  argomenti  interpretativi   sistematici   contrari
all'inquadramento  del  caso  nel  fenomeno  successorio   di   norme
incriminatrici,  atteso  che  la  recente  riproduzione  della  norma
sanzionatoria  dell'art.  16  del  decreto   legislativo   n.   59/05
(pubblicato nella G.U. n. 163 del 15 luglio 2005 suppl. n.  122)  nel
decreto legislativo n. 128/10 che lo ha sostituito, mantenendo  pero'
intatta la parte sanzionatoria di cui all'art. 16, sta a  significare
come  il  legislatore,  nell'adeguare  la  normativa  nazionale  alle
direttive  europee,  non  abbia  voluto  incidere  sulla   disciplina
dell'art. 133/05 (pubblicato nella G.U. n.  93  del  22  aprile  2005
supp. ord. n.  72),  ma  si  sia  limitato  a  confermare  l'impianto
sanzionatorio del decreto n. 59/05, accanto, e non in alternativa  al
decreto legislativo n. 133/05, incidendo sulle  vecchie  disposizioni
del decreto n. 59/05 solo attraverso alcune variazioni  di  procedura
che attengono  esclusivamente  alla  concessione  dell'autorizzazione
integrata ambientale. 
    Tali modifiche non hanno alterato  la  struttura  essenziale  del
reato, ne' inciso sul  disvalore  sociale  della  condotta,  o  sulla
natura della autorizzazione poiche' anche secondo la norma  dell'art.
29-quattuordecies del decreto legislativo n. 128/10 la sanzione resta
ancorata alla mancanza di quell'autorizzazione  integrata  ambientale
che risulta attualmente regolata da una procedura piu' articolata  di
quanto  non  lo  fosse  in  passato,  ma  non  per  questo  attinente
all'illiceita' oggettiva della condotta. 
    A  cio'  si  aggiunge  il  rilievo  che  le  norme  che  regolano
l'autorizzazione  integrata  ambientale   hanno   natura   di   norme
extrapenali integratrici del precetto penale, e come  tali  non  sono
suscettibili di applicazione retroattiva (vd. Cass. 18068 del 2002  ,
n. 5497 del 1999 rv 213465, 4904 del 19999 rv 213533). 
    Anche a voler ritenere in via ipotetica che la materia de quo sia
regolata da una successione di leggi tra la norma  dell'art.  16  del
decreto legislativo n.  59/05  entrata  in  vigore  prima  di  quella
dell'art. 19 del decreto  legislativo  n.  133/05,  il  principio  di
irretroattivita' della legge sfavorevole  che  andrebbe  riferito  al
decreto legislativo n. 133/05, consentendo cosi' l'applicazione della
norma sanzionatoria del  decreto  n.  59/05,  non  potrebbe  produrre
effetto in ordine ai fatti avvenuti in epoca  successiva  all'entrata
in vigore del decreto n. 133/05  che  ugualmente  fanno  parte  della
contestazione d'accusa. 
    Tali fatti, nell'economia del reato permanente  oggi  contestato,
in cui l'offesa al bene giuridico si protrae  nel  tempo  e  persiste
anche in epoca  successiva  all'entrata  in  vigore  del  decreto  n.
133/05, gravitano inevitabilmente nel  campo  di  applicazione  della
legge n. 133/05, valutata anche  la  circostanza  che  la  disciplina
successiva a tale ultimo decreto , ovvero il decreto  legislativo  n.
128/10 non ha apportato elementi innovativi in ordine al  trattamento
punitivo ma ha semplicemente riprodotto le  norme  sanzionatorie  del
decreto  legislativo  n.  59/05,  per  di  piu'  senza   toccare   le
disposizioni incriminatrici del decreto legislativo n. 133/05. 
    Infine sembra potersi escludere una  valutazione  di  specialita'
tra  le  norme  richiamate  per  le  identita'  strutturali   e   per
l'identita' del bene giuridico  tutelato,  comune  tanto  alla  norma
dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 (ora n. 128/10), quanto
alla norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05. 
    In ogni  caso  l'applicazione  del  criterio  di  specialita'  in
concreto, ravvisando l'unico elemento distintivo tra fattispecie  nel
diverso  profilo  sanzionatorio,  finirebbe  per   contribuire   alla
disuguaglianza  di  trattamento  perche'  in   tali   casi,   secondo
l'orientamento  giurisprudenziale  delle  Sezioni   Unite,   dovrebbe
trovare applicazione la  norma  caratterizzata  dalla  sanzione  piu'
grave , vale a dire quella dell'art. 19 del  decreto  legislativo  n.
133/05 (vd. Cass. S.U. 7 giugno 2001 n. 22902). 
    Ne consegue un rilevante vulnus ai principi costituzionali di cui
all'art. 3, 24 comma 2, 27, della Costituzione in quanto a situazioni
di illiceita' penale omogenee, disciplinate dall'art. 19  del  d.lgs.
n. 113/05 e dall'art. 16 d.lgs. n. 59/05 (ora d.lgs. n.  128/10),  si
contrappone una risposta normativa differenziata e irragionevole, che
preclude  agli  imputati  l'esercizio   del   diritto   di   accedere
all'oblazione e  quindi  il  diritto  di  esercitare  la  correlativa
facolta' processuale che e' parte integrante del diritto  di  difesa,
compromettendo altresi' la finalita' rieducativa della pena di fronte
alla permanenza di un trattamento  sanzionatorio  ingiustamente  piu'
afflittivo  e  contrastante  con  il   principio   della   necessaria
proporzionalita' della sanzione penale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  relativa  all'art.   19   del   decreto
legislativo n. 113/05  nella  parte  in  cui  contempla  la  sanzione
congiunta dell'arresto e dell'ammenda e non invece  le  pene  di  cui
all'art.  16  del  decreto  legislativo  n.  59/05   dell'arresto   o
dell'ammenda. 
    dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  per
la risoluzione della questione; 
    sospende il giudizio nei confronti di tutti gli imputati; 
    dispone la  notifica  della  presente  ordinanza,  a  cura  della
cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri; 
    dispone la comunicazione della presente ordinanza, a  cura  della
cancelleria, ai Presidenti delle Camere; 
    manda alla cancelleria per gli altri adempimenti di competenza. 
        Trieste, addi' 15 dicembre 2010 
 
                        Il giudice: Vascotto