N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2010

Ordinanza del 3 dicembre 2010 emessa dalla Corte d'appello di  Genova
nel procedimento civile promosso da M.A.S.M.  n.q.  di  genitore  del
minore L.M.A. contro I.N.P.S.. 
 
Straniero - Indennita' di frequenza - Condizione - Titolarita'  della
  carta di soggiorno  -  Violazione  di  diritto  fondamentale  della
  persona - Violazione del principio di  uguaglianza  -  Lesione  del
  diritto  alla  salute  -  Lesione  del  diritto  all'istruzione   -
  Violazione della  garanzia  assistenziale  -  Lesione  di  obblighi
  internazionali derivanti dalla CEDU. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, artt. 1 e 80, comma 19. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 34, 38 e 117. 
(GU n.14 del 30-3-2011 )
 
                         LA CORTE D'APPELLO 
 
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 24  novembre
2010 ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Letti gli atti e sentite le parti nella causa in grado di appello
iscritta al n. 822/2009 promossa da M.A.S.M., in qualita' di genitore
esercente la potesta' genitoriale sul minore L.M.A. O. nato il ... in
E.... e residente in G.... via  ...  rappresentate  difesa  dall'avv.
Gloria Pieri ed elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  della
predetta  in  Genova,  via  Dante,  2/41  come  da  mandato  in  atti
appellante; 
    Contro Istituto Nazionale  della  Previdenza  Sociale  (INPS)  in
persona  del   legale   rappresentante   pro-tempore,   elettivamente
domiciliato in Genova, via G. D'Annunzio, 80 presso l'Ufficio  Legale
distrettuale della  sua  sede  provinciale,  rappresentato  e  difeso
dall'avv. Pietro Capurso per procura generale alle liti del 7 ottobre
1993, appellato. 
1. I termini della controversia: 
    Con sentenza n. 1041/2009 il Tribunale di Genova, in funzione  di
giudice del lavoro, rigettava la domanda proposta da M.A.S.M.  avente
ad oggetto  la  declaratoria  del  diritto  della  ricorrente,  nella
qualita' di genitore esercente la  potesta'  genitoriale  sul  minore
L.M.A. O., a percepire l'indennita' di frequenza di cui alla legge n.
289/1990, con condanna dell'INPS  al  pagamento  dei  ratei  maturati
dalla data della domanda amministrativa (13  marzo  2007)  al  saldo,
oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali. 
    Osservava il giudicante  che  la  competente  Commissione  medica
aveva riconosciuto la sussistenza, in capo al minore  L.M.A.  O.  dei
requisiti sanitari richiesti per la concessione della provvidenza  de
qua ma che questa era stata negata per la  mancanza  della  carta  di
soggiorno richiesta dall'art. 80, comma 19, della legge  23  dicembre
2000,  n.  388.  Affermava  il  Tribunale  che  la  ricorrente  aveva
richiesto il primo permesso di soggiorno nel 2006 e non era,  dunque,
soggiornante  sul  territorio  nazionale  da   almeno   cinque   anni
(condizione richiesta per il  rilascio  della  carta  di  soggiorno);
aggiungeva  che   non   era   ravvisabile   un'illegittimita'   della
disposizione  di  cui  all'art.  80  citato  per  contrasto  con   il
Regolamento CE n. 859/2003, ne' erano invocabili nella fattispecie le
pronunce della Corte costituzionale n. 306/2008 e n. 11/2009. 
    Avverso la sentenza proponeva appello M.A.S.M. la quale  ribadiva
che il proprio figlio minore era iscritto alla seconda  classe  della
Scuola Media Statale  ed  era  stato  riconosciuto  in  possesso  dei
requisiti   sanitari   richiesti   dalla   legge   per   l'erogazione
dell'indennita' di frequenza; ricordava che l'indennita' di frequenza
e' concessa, a norma dell'art. 3 della legge n. 289/1990,  ai  minori
che frequentano  scuole  di  ogni  ordine  e  grado  ed  invocava  la
giurisprudenza che aveva ritenuto l'art.  1  del  Regolamento  CE  n.
859/2003 applicabile anche ai cittadini dei paesi terzi  ed  ai  loro
familiari purche' in situazioni di soggiorno legale nel territorio di
uno stato membro. Censurava,  dunque,  l'impugnata  sentenza  laddove
aveva escluso il diritto di essa appellante a percepire  l'indennita'
di frequenza a causa della  mancanza  della  carta  di  soggiorno  ed
affermava che tale orientamento si poneva in  contrasto  con  l'ormai
recepita - anche a livello comunitario -  estensione  dei  regimi  di
sicurezza sociale a tutti  i  soggetti  legalmente  residenti  in  un
territorio. Sosteneva peraltro che fosse compito  del  giudice  dello
Stato italiano, nel caso di contrasto tra una norma  interna  con  le
norme di fonte comunitaria, disapplicare la norma  nazionale,  stante
la diretta applicabilita' del Regolamento. 
    L'INPS resisteva. 
    2. La normativa applicabile ed il  giudizio  di  rilevanza  della
legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,  della  legge  23
dicembre 2000 n. 388. 
    La provvidenza richiesta dall'odierna appellante e'  disciplinata
dalla legge n. 289/1990. Beneficiari  di  essa  sono  i  mutilati  ed
invalidi civili, minori di anni  18,  cui  siano  state  riconosciute
(dalle commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e di
invalidita' civile) difficolta' persistenti a svolgere i compiti e le
funzioni  della  propria  eta',  nonche'  i  minori  ipoacusici   che
presentino una perdita uditiva superiore ai 60 decibel  nell'orecchio
migliore nelle frequenze di 500, 1.000, 2.000 Hertz; tale provvidenza
e' condizionata al «ricorso continuo o anche periodico a  trattamenti
riabilitativi o terapeutici» connessi con la minorazione ovvero «alla
frequenza continua o anche periodica di  centri  ambulatoriali  o  di
centri diurni, anche di tipo semiresidenziale,  pubblici  o  privati,
purche'  operanti  in   regime   convenzionale,   specializzati   nel
trattamento terapeutico o nella  riabilitazione  e  nel  recupero  di
persone portatrici di handicap»,  ovvero  ancora  alla  frequenza  di
«scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, a partire dalla
scuola materna, nonche'  centri  di  formazione  o  di  addestramento
professionale  finalizzati  al  reinserimento  sociale  dei  soggetti
stessi», dovendosi peraltro ricordare che con sentenza 20-22 novembre
2002, n. 467 la Corte costituzionale ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma  3,  nella  parte  in  cui  non
prevede che l'indennita' mensile di frequenza sia concessa  anche  ai
minori che frequentano l'asilo  nido.  L'importo  dell'indennita'  e'
pari all'assegno ordinario di invalidita' di cui  all'art.  13  della
legge n. 118/1971 ed e' richiesto, per la sua erogazione, il medesimo
requisito  reddituale  di  cui  al  suddetto  assegno.  Costituiscono
situazioni  ostative  all'erogazione  qualsiasi  forma  di   ricovero
nonche'  la  concessione,  o   concedibilita',   dell'indennita'   di
accompagnamento di cui alle leggi 28 marzo 1968, n. 406, 11  febbraio
1980, n. 18, e 21  novembre  1988,  n.  508  e  la  percezione  della
speciale  indennita'  in  favore  dei  ciechi   civili   parziali   o
dell'indennita' di comunicazione in favore dei sordi prelinguali,  di
cui agli articoli 3 e 4 della legge 21 novembre 1988, n.  508,  salva
la facolta'  dell'interessato  di  optare  per  il  trattamento  piu'
favorevole. 
    Cio'  Premesso,  si  ricorda  che  a  fondamento  della   domanda
l'odierna appellante afferma che  il  proprio  figlio  minore  e'  in
possesso dei requisiti sanitari previsti  dalla  succitata  legge  n.
289/1990, essendo  stato  riconosciuto  dalla  Commissione  di  Prima
Istanza della Regione Liguria affetto da patologie - «ritardo mentale
medio-lieve. Deficit visivo in OD (ODV 1/10)» - che hanno determinato
difficolta' persistenti a svolgere i compiti e  le  funzioni  proprie
della sua eta'. Tale circostanza e' documentalmente provata e non  e'
stata posta in discussione dall'Istituto resistente. E' stata inoltre
versata in atti la documentazione  attestante  la  sussistenza  delle
ulteriori condizioni poste dal legislatore all'art. 1, comma 3 (nella
fattispecie: frequenza della scuola pubblica) e 1, comma 5 (requisito
reddituale); ne'  risulta  sussistente  alcuna  delle  situazioni  di
incompatibilita' con la fruizione del beneficio. 
    La  mancata  concessione  della  provvidenza  e'   riconducibile,
secondo quanto comunicato dall'INPS nella  missiva  del  20  novembre
2007,  unicamente  al  seguente  motivo:  «Mancanza  della  carta  di
soggiorno (tutte le fasce)». 
    Anche se  la  missiva  suddetta  non  richiama  la  normativa  di
riferimento, questa e' costituita dall'art. 80, comma 19, della legge
n. 388/2000, che cosi' recita: «Ai sensi dell'articolo 41 del decreto
legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  l'assegno  sociale   e   le
provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi  in  base
alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse
alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli  stranieri
che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni  e
servizi  sociali  l'equiparazione  con  i   cittadini   italiani   e'
consentita a favore degli stranieri  che  siano  almeno  titolari  di
permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono  fatte
salve le disposizioni previste  dal  decreto  legislativo  18  giugno
1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre  1998,
n. 448, e successive modificazioni». 
    Orbene, dalla lettura degli atti emerge che nel momento in cui ha
proposto  la   domanda   amministrativa   l'appellante   si   trovava
legittimamente sul territorio italiano in forza di un primo  permesso
di soggiorno indicante quale motivo del soggiorno «lavoro subordinato
anche stagionale»  rilasciatole  il  27  giugno  2003  (non,  quindi,
nell'anno 2006, come affermato nella sentenza impugnata), piu'  volte
prorogato e sostituito, da ultimo, da un permesso  di  soggiorno  con
scadenza 9 ottobre 2011 rilasciato per «motivi familiari». Non  aveva
invece, ne' ha ottenuto in seguito, la carta di soggiorno e per  tale
ragione - solo per tale ragione - il procedimento  amministrativo  si
e' concluso con il rigetto della domanda. 
    Rilevato dunque  che  l'indennita'  di  frequenza  non  e'  stata
erogata esclusivamente a causa del mancato possesso  della  carta  di
soggiorno (costituente requisito aggiuntivo, in forza  dell'art.  80,
comma 19, della legge n. 388/2000, per l'erogazione della prestazione
in favore di cittadini stranieri), deve ritenersi  nella  fattispecie
sussistente la rilevanza  del  vaglio  costituzionale  dell'art.  80,
comma 19, della legge n. 388/2000. 
3. La  non  manifesta  infondatezza  dell'eccezione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Come gia' ricordato, l'indennita' di frequenza si  configura  tra
le provvidenze  economiche,  che  costituiscono  diritti  soggettivi,
condizionate, alla luce  dell'art.  80,  comma  19,  della  legge  n.
388/2000, alla titolarita'  della  carta  di  soggiorno  (ovvero  del
sopravvenuto permesso di soggiorno CE per  i  soggiornanti  di  lungo
periodo); occorre  quindi  valutare  se  risultino  condivisibili  le
censure di costituzionalita'  formulate  dall'appellante  alla  norma
suddetta. Tali censure si fondano sull'asserita  discriminazione  dei
cittadini stranieri,  rispetto  ai  cittadini  italiani,  laddove  la
normativa sopra richiamata condiziona la concessione  dell'indennita'
di frequenza a requisiti ulteriori rispetto  a  quelli  richiesti  ai
cittadini italiani, escludendone l'erogazione per coloro che, pure in
possesso di un titolo per soggiornare legittimamente  sul  territorio
italiano, non siano titolari della carta di soggiorno. 
    Soccorrono, nella formulazione di tale  valutazione,  i  seguenti
principi enunciati dalla Corte costituzionale. 
    Con le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 la Corte  costituzionale
ha affermato  che  qualora  il  giudice  ravvisi  un  contrasto  (non
risolvibile in chiave  interpretativa)  tra  norma  interna  e  norma
derivante dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ratificata
e resa vigente dall'Italia con legge ordinaria, non  puo'  far  luogo
alla disapplicazione della norma interna ma e' tenuto a sollevare una
questione di legittimita' costituzionale per violazione  della  norma
interna con l'art. 117 della Costituzione, che impone al  legislatore
il rispetto dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
dagli obblighi internazionali. 
    Con la sentenza n. 306/2008 la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,  della  legge
388/2000 ritenendola norma discriminatoria (e, quindi,  contraria  al
principio costituzionale di cui all'art. 3 della Costituzione)  nella
parte in cui esclude che l'indennita' di accompagnamento possa essere
riconosciuta agli stranieri extracomunitari soltanto perche'  non  in
possesso dei requisiti di reddito stabiliti per ottenere la carta  di
soggiorno (e successivamente per il  permesso  di  soggiorno  CE  per
soggiornanti di lungo periodo). 
    Con la  sentenza  n.  11/2009,  sulla  base  di  un  ragionamento
analogo, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  80,
comma 19, della legge n. 388/2000 ritenendola  norma  discriminatoria
nella parte  in  cui  esclude  che  possa  essere  riconosciuta  agli
stranieri extracomunitari non in possesso dei  requisiti  di  reddito
stabiliti per  la  carta  di  soggiorno  (e  successivamente  per  il
permesso di soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo  periodo)  la
pensione di inabilita', sottolineando, in questo  secondo  caso,  una
contraddizione logica  ancora  piu'  grave  giacche'  la  provvidenza
suddetta  viene  erogata  solo  al  di  sotto  di  un  certo   limite
reddituale, tutelando proprio le situazioni in cui  l'invalidita'  si
accompagna al bisogno economico.  Va  rilevato  che  in  entrambe  le
sentenze da ultimo citate (n. 306/2008 e n. 11/2009)  le  fattispecie
in esame riguardavano soggetti presenti sul  territorio  italiano  da
oltre cinque anni e l'unico aspetto ostativo  al  riconoscimento,  in
loro favore, della carta di soggiorno era  costituito  dalla  carenza
del requisito reddituale. 
    Con la sentenza n.  187/2010,  infine,  la  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,  della  legge
n.  388/2000  nella  parte  in  cui  subordina  al  requisito   della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente  soggiornanti  nel  territorio  dello  Stato  dell'assegno
mensile di invalidita' di cui all'art. 13 della  legge  n.  118/1971.
Trattasi di una pronuncia di particolare importanza,  ai  fini  della
presente decisione, giacche' dalla prospettazione della questione  di
legittimita' si desume che non viene in rilievo la carenza,  in  capo
allo straniero cui e' stata rifiutata la  prestazione  assistenziale,
del requisito reddituale per ottenere la carta di soggiorno bensi' la
carenza del requisito della permanenza sul territorio italiano con un
valido titolo di soggiorno  per  la  durata  di  almeno  cinque  anni
(richiesto,  del  pari,  per  ottenere  la   carta   di   soggiorno).
Importante, altresi', e' la formulazione del dispositivo,  ove  viene
dichiarata l'illegittimita' dell'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000
«nella parte in cui subordina al requisito  della  titolarita'  della
carta  di  soggiorno  la  concessione   agli   stranieri   legalmente
soggiornanti nel  territorio  dello  Stato  dell'assegno  mensile  di
invalidita' ....» potendo ritenersi, dal suo tenore letterale, che ai
fini della concessione dell'assegno mensile  di  invalidita'  non  si
richieda allo straniero, in  termini  di  permanenza  sul  territorio
italiano, alcun requisito diverso ed  ulteriore  rispetto  alla  mera
titolarita' di un titolo di  soggiorno.  Nella  motivazione  di  tale
sentenza la Corte ha affermato che richiedendo,  implicitamente,  per
gli stranieri il requisito della presenza nel territorio dello  Stato
da almeno cinque anni, la norma censurata introdurrebbe un  requisito
ulteriore atto a generare una  discriminazione  dello  straniero  nei
confronti del  cittadino,  in  contrasto  con  i  principi  enunciati
dall'art. 14  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dall'art. 1 del  Protocollo
addizionale alla Convenzione stessa, adottato a Parigi  il  20  marzo
1952, secondo l'interpretazione che di essi e'  stata  offerta  dalla
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,  con  conseguente  violazione
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione. 
    Richiamati quindi i principi enunciati dalla Corte costituzionale
con  le  pronunce  sopra  ricordate,  si  rileva  quanto  segue   con
particolare riferimento alla fattispecie in esame. 
    L'indennita' di frequenza e'  un  istituto  volto  a  promuovere,
attraverso l'erogazione di un importo mensile, l'inserimento  sociale
e la formazione scolastica dei minori cui siano  state  riconosciute,
dalle  competenti  commissioni  mediche,  difficolta'  persistenti  a
svolgere i compiti e le funzioni dell'eta' ovvero che siano portatori
di patologie cagionanti uno stato di disabilita';  presupposto  della
sua concessione e', altresi', una situazione reddituale svantaggiata,
essendo previsto lo stesso requisito reddituale di cui all'assegno di
invalidita' mensile. Trattasi di una  misura  di  sostegno  economico
volta ad incentivare sia la partecipazione del minore con disabilita'
a  programmi  di  trattamento  terapeutico  che  la   sua   frequenza
scolastica  allorche'  la  situazione  familiare   del   minore   sia
caratterizzata  da  limitate  risorse   economiche   che   potrebbero
costituire un ulteriore ostacolo  al  superamento  delle  difficolta'
legate alle sue condizioni di salute. 
    Puo' ravvisarsi un'analogia tra la provvidenza  in  esame  e  gli
istituti gia' interessati dalle sentenze della  Corte  costituzionale
sopra richiamate che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 80, comma 19, della legge n. 388/2000; cio' con particolare
riferimento alla pensione di inabilita' ed all'assegno  ordinario  di
invalidita' che, analogamente, prevedono per la loro  erogazione  sia
un requisito sanitario che un requisito economico. Da cio' il  dubbio
di questo giudice remittente circa la legittimita' costituzionale del
predetto art. 80, comma 19, L. cit. laddove,  anche  con  riferimento
all'indennita'  di  frequenza,  pone  a  carico  degli  stranieri  il
requisito del possesso della carta di soggiorno. 
    Per quanto riguarda il  requisito  reddituale  richiesto  per  il
riconoscimento della carta di soggiorno e' sufficiente richiamare  la
sentenza n. 11/2009, che ribadisce i principi di cui alla sentenza n.
306/2008 evidenziando, vieppiu', che richiedere il raggiungimento  di
un minimo reddituale si pone in evidente contrasto con la ratio della
provvidenza  qualora  quest'ultima  presupponga,  a  contrario,   una
condizione di disagio economico. 
    Per quanto riguarda il requisito della permanenza in  Italia  per
oltre cinque anni, si ricorda innanzitutto che la legge 6 marzo 1998,
n. 40 (Disciplina dell'immigrazione e norme  sulla  condizione  dello
straniero) prevedeva, all'articolo 39, una sostanziale  equiparazione
degli stranieri con permesso di soggiorno superiore a un anno (e  dei
minori iscritti nella  loro  carta  di  soggiorno)  con  i  cittadini
italiani, per quanto riguarda la fruizione  delle  prestazioni  anche
economiche e che solo con la legge n. 388/2000  e'  stata  introdotta
una  notevole  restrizione   alla   concessione   delle   provvidenze
economiche agli invalidi civili extracomunitari. E' ben vero  che  il
legislatore puo' limitare e disciplinare  l'accesso  degli  stranieri
alle provvidenze de quibus anche  sotto  il  profilo  suddetto.  Tale
discrezionalita' va pero' esercitata nei limiti  posti  dai  principi
costituzionali, primi tra tutti il  principio  di  uguaglianza  e  di
tutela della salute. Si ricordi, a  questo  riguardo,  che  la  Corte
costituzionale (con la sentenza n. 306/2008) ha affermato che  quando
la permanenza legale dello straniero in Italia non sia episodica  ne'
di  breve  durata  «non  si  possono  discriminare   gli   stranieri,
stabilendo,  nei  loro  confronti,  particolari  limitazioni  per  il
godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece
ai cittadini». Nel caso in esame, l'odierna appellante ha  presentato
domanda amministrativa volta ad ottenere  l'indennita'  di  frequenza
nell'anno 2007; la sua presenza sul  territorio  italiano  (risalente
all'anno 2003) appare dunque difficilmente definibile come  episodica
o di breve durata, cosicche' la negazione della provvidenza richiesta
appare collidere con i  principi  posti  dalla  giurisprudenza  della
Corte  costituzionale,  potendosi   ravvisare   una   disparita'   di
trattamento irragionevole rispetto ai cittadini  italiani.  Ne'  puo'
sottacersi  che  per  un  minore  bisognevole  di  seguire  programmi
terapeutici, nonche' di frequentare la scuola, l'attesa di un termine
quinquennale di stabilita' sul territorio italiano appare  fortemente
penalizzante, venendo a comprimere sensibilmente le esigenze di  cura
ed assistenza di soggetti che l'ordinamento dovrebbe invece tutelare.
A tale riguardo si richiamano le  considerazioni  gia'  svolte  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 467/2002,  che  ha  esteso  il
riconoscimento  dell'indennita'  di  frequenza   per   garantire   la
frequenza dell'asilo nido  nel  periodo  da  tre  mesi  a  tre  anni,
rilevando l'importanza che la provvidenza de qua venga erogata  anche
nei primi anni di vita del bambino. 
    Alla luce delle considerazioni che precedono, molteplici appaiono
i  profili  di  illegittimita'  dell'art.  80,  comma  19,  legge  n.
388/2000: da un lato la violazione del principio di  uguaglianza  (ex
art. 3 Cost.) e delle norme che assicurano la protezione dei  diritti
primari dell'individuo (ex artt. 34 Cost., sull'istruzione,  art.  32
Cost., sulla salute e 38 Cost., sull'assistenza sociale), nonche' del
dovere di  solidarieta'  economica  e  sociale  (ex  art.  2  Cost.);
dall'altro, la  violazione  del  dovere  di  esercitare  la  potesta'
legislativa nel rispetto, oltre che della Costituzione,  dei  vincoli
derivanti   dall'ordinamento    comunitario    e    degli    obblighi
internazionali (ex art. 117 Cost.). 
    Circa il rispetto dei vincoli di cui all'ordinamento comunitario,
non possono che richiamarsi le valutazioni espresse con  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 187/2010, i cui passi  fondamentali  si
trascrivono testualmente: «La giurisprudenza della Corte Europea  dei
diritti dell'uomo ha, in varie occasioni, avuto modo di  sottolineare
come la Convenzione non sancisca un obbligo per gli Stati  membri  di
realizzare un sistema  di  protezione  sociale  o  di  assicurare  un
determinato livello delle prestazioni  assistenziali;  tuttavia,  una
volta che tali prestazioni  siano  state  istituite  e  concesse,  la
relativa   disciplina   non   potra'   sottrarsi   al   giudizio   di
compatibilita' con le norme della Convenzione e, in particolare,  con
l'art. 14 che vieta la previsione di trattamenti discriminatori  ....
Al tempo stesso, la Corte di Strasburgo ha anche sottolineato l'ampio
margine di apprezzamento di cui i singoli Stati godono in materia  di
prestazioni  sociali,  in  particolare  rilevando  come  le   singole
autorita'  nazionali,  in  ragione  della  conoscenza  diretta  delle
peculiarita'  che  caratterizzano  le  rispettive   societa'   ed   i
correlativi bisogni, si  trovino,  in  linea  di  principio,  in  una
posizione privilegiata rispetto a quella del  giudice  internazionale
per determinare  quanto  risulti  di  pubblica  utilita'  in  materia
economica e sociale. Da qui  l'assunto  secondo  il  quale  la  Corte
rispetta, in linea di massima, le scelte a tal proposito operate  dal
legislatore nazionale, salvo che la relativa  valutazione  si  riveli
manifestamente irragionevole ... A proposito, poi, dei limiti entro i
quali  opera  il  divieto  di  trattamenti  discriminatori  stabilito
dall'art. 14 della Convenzione, la stessa Corte  non  ha  mancato  di
segnalare il carattere relazionale che contraddistingue il principio,
nel senso che lo stesso non assume un risalto autonomo, «ma gioca  un
importante ruolo di  complemento  rispetto  alle  altre  disposizioni
della Convenzione e dei suoi protocolli, perche' protegge coloro  che
si trovano in situazioni analoghe da  discriminazioni  nel  godimento
dei diritti garantiti  da  altre  disposizioni»  ...  Il  trattamento
diviene dunque discriminatorio - ha puntualizzato  la  giurisprudenza
della Corte - ove esso non  trovi  una  giustificazione  oggettiva  e
ragionevole; non realizzi, cioe', un rapporto di proporzionalita' tra
i mezzi impiegati e l'obbiettivo perseguito ... Non senza l'ulteriore
puntualizzazione secondo  la  quale  soltanto  «considerazioni  molto
forti potranno indurre a far ritenere compatibile con la  Convenzione
una  differenza   di   trattamento   fondata   esclusivamente   sulla
nazionalita'». Lo scrutinio  di  legittimita'  costituzionale  andra'
dunque condotto alla luce dei segnalati approdi ermeneutici,  cui  la
Corte di Strasburgo e'  pervenuta  nel  ricostruire  la  portata  del
principio  di  non  discriminazione  sancito   dall'art.   14   della
Convenzione  ...,  unitamente  all'art.  1   del   Primo   Protocollo
addizionale,  che  la  stessa  giurisprudenza  europea  ha   ritenuto
raccordato,  in  tema  di  prestazioni  previdenziali,  al  principio
innanzi indicato ...». 
    Sulla  falsariga  delle  argomentazioni  sviluppate  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza sopra citata (in  materia  di  assegno
ordinario di invalidita'), puo' ritenersi che anche nel caso in esame
la disposizione normativa censurata abbia  perseguito  una  finalita'
restrittiva in tema di prestazioni sociali da riconoscere  in  favore
dei cittadini extracomunitari, essendo intervenuta sui presupposti di
legittimazione  al   conseguimento   dell'indennita'   di   frequenza
circoscrivendo la platea dei fruitori a coloro che siano in  possesso
della carta di soggiorno (il cui rilascio presuppone, tra l'altro, il
regolare soggiorno nel territorio dello Stato da almeno cinque  anni,
secondo  la  previsione  dell'art.  9  del  decreto  legislativo   n.
286/1998, periodo elevato  a  sei  anni  a  seguito  delle  modifiche
apportate con la legge n. 189/2002 e nuovamente determinato in cinque
anni con il decreto legislativo n. 3/2007). Con  tale  disciplina  e'
venuta  meno  la  equiparazione,   precedentemente   esistente,   fra
cittadini  italiani  e  stranieri  extracomunitari  in  possesso,  di
regolare permesso di soggiorno; di  qui  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale della norma  censurata,  laddove  si  ritenga  che  il
termine  quinquennale  imposto  dal  legislatore   (unitamente   alla
sussistenza del requisito reddituale per l'ottenimento della carta di
soggiorno) configuri una  disciplina  discriminatoria  nei  confronti
degli stranieri, in considerazione del fatto che  la  prestazione  de
qua e' volta ad evitare che situazioni di bisogno economico siano  di
ostacolo all'inserimento sociale ed al  trattamento  terapeutico  dei
minori disabili. 
    Circa l'ipotizzata violazione degli obblighi  internazionali,  si
richiama la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone
con disabilita', siglata a New York il 13 dicembre 2006 e  ratificata
con legge n. 18/2009, ricordando che la stessa Corte  costituzionale,
con    l'ordinanza    n.    285/2009,    ha    ritenuto    rilevanti,
nell'interpretazione  della  disciplina  in  tema  di  indennita'  di
frequenza, i principi e le disposizioni dettati da tale  Convenzione.
Invero, questa obbliga lo Stato a riconoscere le  stesse  prestazioni
in favore di qualsiasi  «persona  disabile»  in  quanto  tale,  senza
distinzione tra cittadini e stranieri. Assai estesa e precisa e'  poi
la protezione riservata dalla Convenzione  ai  minori,  prevedendosi,
all'art. 7, l'obbligo dello Stato di adottare «ogni misura necessaria
a garantire il pieno godimento di  tutti  i  diritti  umani  e  delle
liberta' fondamentali da parte dei minori con disabilita', su base di
uguaglianza con gli altri minori» e specificandosi che «in  tutte  le
azioni concernenti i minori con disabilita', il  superiore  interesse
del minore costituisce la considerazione preminente».  Appare  quindi
dubbia,  a  fronte  di  una  disciplina  incentrata  sul   «superiore
interesse del minore», una normativa interna che richiede  ai  minori
stranieri, quale condizione di accesso agli  istituti  di  protezione
connessi allo stato  di  disabilita',  il  possesso  della  carta  di
soggiorno, con quanto cio' implica in termini di requisiti reddituali
e di radicamento protratto sul territorio. Si ricorda inoltre che  la
Convenzione di New York non soltanto ha ad  oggetto  il  diritto  dei
minori disabili all'educazione ed istruzione (art. 24),  alla  salute
(art. 25), all'abilitazione e riabilitazione (art. 26), al  lavoro  e
occupazione (art. 27) e ad adeguati  livelli  di  vita  e  protezione
(art. 28) ma sancisce inoltre (all'art. 5) che gli Stati «riconoscono
che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge ed hanno diritto,
senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale  beneficio
dalla legge ... devono vietare ogni forma di discriminazione  fondata
sulla disabilita' e garantire alle persone con disabilita' uguale  ed
effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione  qualunque
ne sia il fondamento». Anche sotto tale aspetto, dunque, si configura
un dubbio di legittimita' costituzionale della normativa  oggetto  di
esame. 
    Va  conclusivamente  rilevato  che,  a  fronte  del   chiaro   ed
inequivocabile  tenore  dell'art.  80,  comma  19,  della  legge   n.
388/2000,   non   appare   possibile   pervenire   ad   una   lettura
costituzionalmente orientata della norma. Ne' puo' farsi  luogo  alla
sua disapplicazione (come invocato dall'odierna  appellante)  dandosi
diretta applicazione del Reg. CE n. 859/2003. E' ben vero che  l'art.
1 del Reg. CE suddetto condiziona l'estensione delle  previsioni  dei
regolamenti CE n. 1408/71 e n. 574/72  in  favore  dei  cittadini  di
paesi terzi (e ai loro familiari e superstiti)  al  soggiorno  legale
nel territorio di uno  Stato  membro,  senza  ulteriori  limitazioni.
Occorre pero' interpretare tale  disposizione  alla  luce  di  quanto
chiarito nel 12°  considerandum,  ove  si  afferma  che  l'estensione
suddetta non opera laddove la situazione di un cittadino di un  paese
terzo presenti unicamente legami con un  paese  terzo  ed  uno  Stato
membro - situazione, questa, che ricorre nella fattispecie in esame. 
    Alla luce delle suesposte considerazioni,  questa  Corte  ritiene
non   manifestamente   infondata    l'eccezione    di    legittimita'
costituzionale del coordinato disposto degli articoli 1  della  legge
n. 289/1990 ed 80, comma 19, della legge n. 388/2000 nella  parte  in
cui l'erogazione dell'indennita' di frequenza viene subordinata,  per
il cittadino straniero, alla titolarita' della carta di soggiorno. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale del coordinato disposto degli articoli  1
della legge n. 289/1990 ed 80, comma 19, della legge n.  388/2000  in
relazione agli articoli 2, 3, 32, 34, 38 e 117 della Costituzione; 
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata  alle  parti  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento. 
    Sospende il giudizio in corso. 
      Cosi' deciso in Genova, addi' 24 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: de Angelis 
 
 
                                    Il consigliere estensore: Ponassi