N. 96 SENTENZA 21 - 24 marzo 2011

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  penale  per  il
  reato di diffamazione aggravata a  mezzo  stampa  a  carico  di  un
  senatore - Deliberazione di  insindacabilita'  delle  opinioni  del
  parlamentare adottata dal Senato della  Repubblica  -  Ricorso  per
  conflitto di attribuzione promosso dal Tribunale di Monza,  sezione
  distaccata di Desio - Insussistenza del  nesso  funzionale  tra  le
  affermazioni formulate dal parlamentare nell'articolo di  stampa  e
  l'atto compiuto in  sede  parlamentare  -  Insufficienza  del  mero
  riferimento all'attivita' parlamentare - Non  spettanza  al  Senato
  della Repubblica del potere esercitato -  Conseguente  annullamento
  della delibera di insindacabilita'. 
- Deliberazione del Senato della Repubblica 19  febbraio  2009  (Doc.
  IV-quater, n. 10). 
- Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11 maggio  1953,  n.  87,
  art. 37. 
(GU n.14 del 30-3-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
19 febbraio 2009, relativa alla insindacabilita', ai sensi  dell'art.
68, primo comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  da
Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti,  nei  confronti
del dott. Giancarlo Caselli,  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di
Monza, sezione distaccata di Desio,  con  ricorso  notificato  il  23
novembre 2009, depositato in  cancelleria  il  10  dicembre  2009  ed
iscritto al n. 9 del registro conflitti tra poteri dello Stato  2009,
fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  30  novembre  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Udito  l'avvocato  Giovanni  Pitruzzella  per  il  Senato   della
Repubblica. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato  il  1°  giugno  2009,  il  Tribunale
ordinario  di  Monza,  sezione  distaccata  di  Desio,  ha  sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del
Senato della Repubblica per sentir dichiarare da questa Corte che non
spetta al Senato medesimo affermare che i fatti per cui e'  in  corso
procedimento penale, pendente dinanzi ad esso Tribunale, a carico  di
Raffaele Lino Iannuzzi,  senatore  all'epoca  dei  fatti,  concernono
opinioni  espresse  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai   sensi
dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,  con  conseguente
annullamento della relativa deliberazione  adottata  il  19  febbraio
2009 (doc. IV-ter, n. 10). 
    Il ricorrente premette che lo Iannuzzi e' imputato del  reato  di
diffamazione aggravata, punito dagli artt. 595, 61, n. 10, cod. pen.,
nonche' 13 e 21 della legge 8  febbraio  1948,  n.  47  (Disposizioni
sulla stampa), giacche', alla stregua di  quanto  contestato  con  il
capo di imputazione (integralmente riportato  nell'atto  introduttivo
del presente giudizio), quale autore  dell'articolo  dal  titolo  «Il
boss e la verita' che nessuno volle sapere. La storia di Badalamenti,
il "nemico" di Buscetta», apparso sul quotidiano "Il Giornale" del  3
maggio 2004, avrebbe offeso la reputazione di Gian Carlo Caselli,  in
qualita', all'epoca dei fatti, di  Procuratore  della  Repubblica  di
Palermo. 
    In   sintesi,   lo   Iannuzzi,   tramite   l'anzidetto   articolo
giornalistico, avrebbe  indotto  i  lettori  a  giungere  ad  erronee
conclusioni  intorno  alle   vicende   del   mancato   interrogatorio
dibattimentale di «Gaetano Badalamenti nel  processo  che  lo  vedeva
coimputato con il senatore Giulio Andreotti per  l'omicidio  di  Nino
Pecorelli» e del «suicidio del maresciallo  dei  carabinieri  Antonio
Lombardo». 
    Ad avviso del Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di
Desio, non sussisterebbe, nella specie, il "nesso funzionale" che, in
base  all'elaborazione  della  giurisprudenza  costituzionale,   deve
necessariamente individuarsi tra le dichiarazioni rese  extra  moenia
da  un  membro  del   Parlamento   e   l'esercizio   delle   funzioni
parlamentari. 
    A tale riguardo, il ricorrente rileva che  le  conclusioni  della
Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari - che provvedeva
all'audizione del senatore Iannuzzi in data 16 dicembre 2008 -  erano
state  «nel  senso   che   mancassero   tutti   i   presupposti   per
l'applicazione dell'art. 68 Cost.». 
    Inoltre, soggiunge  il  giudice  confliggente,  andrebbe  esclusa
qualsiasi  connessione  tra   l'articolo   giornalistico   e   l'atto
parlamentare costituito dal disegno di legge n. 2292 (Istituzione  di
una Commissione parlamentare di inchiesta sulla  gestione  di  coloro
che collaborano con la giustizia), il quale risulta presentato il  29
maggio 2003 ed assegnato alla  Commissione  giustizia  il  25  giugno
2003, mentre l'articolo dello Iannuzzi  «e'  stato  pubblicato  il  3
maggio 2004, cioe' esattamente un anno dopo», con conseguente carenza
del "legame temporale" che deve «essere tale da  far  considerare  la
manifestazione di opinione resa extra moenia come  mera  divulgazione
di quanto svolto nella sede  propria  nell'esercizio  della  funzione
parlamentare». 
    Peraltro, prosegue il ricorrente,  non  vi  sarebbe  neppure  una
generica comunanza di contenuti, poiche' «l'articolo di stampa  [...]
e' tutto dedicato al processo Andreotti, al suicidio del  maresciallo
dei carabinieri Lombardo, alle dichiarazioni che  avrebbe  reso  Tano
Badalamenti in USA e che avrebbe potuto rendere in Italia  -  secondo
l'Autore - se il comportamento di alcuni politici (Leoluca Orlando) e
soprattutto di alcuni magistrati della Procura di Palermo (Caselli ed
altri) non avessero fatto di tutto per impedire che  fosse  sentito»;
mentre la richiesta di una commissione  d'inchiesta  «avrebbe  dovuto
riguardare soprattutto la gestione (amministrativa) dei collaboratori
di giustizia». 
    Quanto all'argomento  rappresentato  dalla  «anomala  figura  del
giornalista-parlamentare a cui tutto sarebbe permesso e i cui scritti
sarebbero  sempre  insindacabili»,   si   tratterebbe,   secondo   il
Tribunale,   di   assunto   gia'   smentito   dalla    giurisprudenza
costituzionale in altri conflitti, nel senso che «se lo si accettasse
si violerebbe l'art. 68 della Costituzione e  si  trasformerebbe  una
garanzia in un inammissibile  privilegio,  anche  in  violazione  del
principio di uguaglianza». 
    Il ricorrente sostiene, dunque, che «le  dichiarazioni  contenute
nello scritto di Iannuzzi siano del tutto  svincolate  dall'attivita'
funzionale dello stesso e che pertanto la decisione del Senato  della
Repubblica che ha ritenuto le stesse coperte dall'insindacabilita' ex
art.  68  Cost.  sia  venuta  a  ledere  le  prerogative  dell'ordine
giurisdizionale». 
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con ordinanza n. 289 del 6 novembre 2009. 
    A seguito di essa, il Tribunale di Monza, sezione  distaccata  di
Desio, ha  notificato  il  ricorso  e  l'ordinanza  al  Senato  della
Repubblica in data 23 novembre 2009 ed il successivo 10 dicembre 2009
ha depositato tali atti, con la prova dell'avvenuta notificazione. 
    3. - Si e' costituito in giudizio  il  Senato  della  Repubblica,
chiedendo la reiezione del ricorso, con conseguente dichiarazione  di
spettanza allo stesso Senato di dichiarare insindacabili le  opinioni
espresse dal senatore Iannuzzi, ai sensi dell'art. 68,  primo  comma,
Cost. 
    Si sostiene che legittimamente  il  Senato  ha  ritenuto  che  la
vicenda e le opinioni espresse  dall'allora  senatore  Iannuzzi  sono
riconducibili alla situazione di non sindacabilita' di  cui  all'art.
68, primo comma, Cost., in quanto l'intervento che lo stesso fece con
gli  articoli  di  denunzia  politica  pubblicati  da  "Il  Giornale"
presentava quel  nesso  funzionale  con  le  attivita'  svolte  nella
qualita' di senatore, presupposto dell'insindacabilita'. 
    Il collegamento alla attivita' di parlamentare sarebbe dimostrato
dalla circostanza che il senatore Iannuzzi  fu  il  primo  firmatario
della proposta di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta
sulla gestione di coloro  che  collaborano  con  la  giustizia,  atto
comunicato alla Presidenza del Senato il 19  febbraio  2004,  la  cui
relazione di accompagnamento recava la menzione di vari episodi di un
uso se non distorto quanto meno dubbio del ruolo dei collaboratori di
giustizia. 
    Ad  avviso  del  Senato  della  Repubblica,   il   conflitto   di
attribuzione fra i poteri dello Stato che si  articoli  intorno  alla
previsione di cui all'art. 68, primo  comma,  Cost.  postula  che  il
confine tra i due distinti valori confliggenti  -  l'autonomia  delle
Camere e la legalita'  della  giurisdizione  -  sia  posto  sotto  il
controllo della Corte costituzionale, la quale puo' essere adita  dal
potere che si ritenga leso o menomato dall'attivita'  dell'altro,  in
quanto garante di un equilibrio razionale e misurato tra  le  istanze
dello Stato di diritto, che tendono ad  esaltare  i  valori  connessi
all'esercizio della giurisdizione, e la  salvaguardia  di  ambiti  di
autonomia parlamentare sottratti al  diritto  comune  che  valgono  a
conservare alla rappresentanza politica un suo  indefettibile  spazio
di liberta' (sono citate le sentenze di questa Corte n. 379 del  1996
e n. 329 del 1999). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale  ordinario  di  Monza,  sezione  distaccata  di
Desio, contesta che spettasse al Senato della Repubblica  deliberare,
nella seduta del 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 10), che  i  fatti
per i quali e' in corso il processo penale nei confronti di  Raffaele
Lino Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti, imputato  del  reato  di
diffamazione  aggravata  a  mezzo  stampa  in  danno  del  magistrato
Giancarlo Caselli, riguardavano opinioni espresse da  un  membro  del
Parlamento  nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  ed   erano
pertanto insindacabili ai sensi del primo comma  dell'art.  68  della
Costituzione. 
    2. - Deve, preliminarmente, essere ribadita l'ammissibilita'  del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi,  come
gia' deciso da questa Corte con l'ordinanza n. 289 del 2009. 
    Sempre in via preliminare, questa Corte riconosce  che  l'odierno
ricorrente ha assolto all'onere di una enunciazione  esaustiva  della
condotta  contestata  all'imputato,  consentendo  in  tal   modo   la
valutazione  circa  la  sussistenza,  nel  caso  di   specie,   delle
condizioni per l'operativita' della prerogativa di cui  all'art.  68,
primo comma, Cost. 
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato. 
    Secondo  la  costante  giurisprudenza  di   questa   Corte,   per
l'esistenza di un nesso funzionale tra le  dichiarazioni  rese  extra
moenia da un parlamentare e  l'espletamento  delle  sue  funzioni  di
membro del Parlamento  -  al  quale  e'  subordinata  la  prerogativa
dell'insindacabilita' di cui all'art. 68, primo  comma,  Cost.  -  e'
necessario che tali dichiarazioni possano  essere  identificate  come
espressione dell'esercizio di attivita' parlamentare (tra  le  molte,
sentenze n. 301 del 2010, n. 420, n. 410, n. 134 e n. 171  del  2008,
n. 11 e n. 10 del 2000). 
    Nel caso in  esame,  il  solo  atto  parlamentare  riferibile  al
senatore, e richiamato dalla difesa del Senato della  Repubblica,  e'
la  proposta  di  istituzione  di  una  Commissione  parlamentare  di
inchiesta sulla gestione dei collaboratori di  giustizia,  comunicata
alla Presidenza del Senato il 19 febbraio 2004. 
    Occorre, tuttavia, rilevare l'assoluta mancanza di corrispondenza
di significato tra le dichiarazioni esterne e  le  opinioni  espresse
nella  sede  parlamentare  -  in  specie,  nella  relazione  all'atto
richiamato - ove si consideri che  in  quest'ultima  i  parlamentari,
primo firmatario lo Iannuzzi, nell'esporre le ragioni della proposta,
non menzionano in alcun modo  ne'  la  vicenda  relativa  al  mancato
interrogatorio dibattimentale di Gaetano  Badalamenti,  nel  processo
che lo vedeva  coimputato  con  il  senatore  Giulio  Andreotti,  ne'
l'episodio del  suicidio  del  maresciallo  dei  carabinieri  Antonio
Lombardo. Piu' precisamente, nella relazione  che  accompagna  l'atto
parlamentare manca  qualsiasi  riferimento  all'accusa,  rivolta  con
l'articolo di stampa alla Procura di Palermo e a chi la dirigeva,  di
avere, «con una serie di cavilli, impedito a Gaetano  Badalamenti  di
essere sottoposto ad interrogatorio dibattimentale», ne' vi e'  alcun
interrogativo  «intorno  alla  tragica  vicenda  del   suicidio   del
maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo». 
    In definitiva, fa difetto, nella presente fattispecie,  il  nesso
funzionale   tra   le   affermazioni   formulate   dal   parlamentare
nell'articolo di stampa e l'atto, compiuto nella  sede  parlamentare,
richiamato dalla difesa del  Senato  a  sostegno  della  legittimita'
della impugnata deliberazione di insindacabilita'. 
    Il  mero  riferimento  all'attivita'  parlamentare   o   comunque
all'inerenza a temi di  rilievo  generale  (pur  anche  dibattuti  in
Parlamento), entro cui le dichiarazioni  si  possano  collocare,  non
vale in se'  a  connotarle  quali  espressive  della  funzione.  Esse
infatti, non costituendo la sostanziale  riproduzione  di  specifiche
opinioni manifestate dal parlamentare  nell'esercizio  delle  proprie
attribuzioni, sono non gia' il riflesso del peculiare contributo  che
ciascun deputato e ciascun senatore apportano alla vita  parlamentare
mediante le proprie opinioni e  i  propri  voti  (come  tale  coperto
dall'insindacabilita', a garanzia delle prerogative  delle  Camere  e
non  di  un  «privilegio  personale  [...]  conseguente   alla   mera
"qualita'" di  parlamentare»:  sentenza  n.  120  del  2004),  bensi'
un'ulteriore  e  diversa  articolazione   di   siffatto   contributo,
elaborata ed offerta  alla  pubblica  opinione  nell'esercizio  della
libera manifestazione del pensiero assicurata a  tutti  dall'art.  21
Cost. (sentenze n. 301 del 2010, n. 330 e n. 135 del 2008, n. 302, n.
166 e n. 152 del 2007). 
    Conclusivamente, la  delibera  del  Senato  della  Repubblica  ha
violato l'art.  68,  primo  comma,  Cost.,  ledendo  le  attribuzioni
dell'autorita'  giudiziaria  ricorrente,  e  deve   essere   pertanto
annullata. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara che non spettava al Senato  della  Repubblica  affermare
che  le  dichiarazioni  rese  da  Raffaele  Lino  Iannuzzi,  senatore
all'epoca dei fatti, per le quali pende un processo penale dinanzi al
Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, di cui  al
ricorso in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art.  68,
primo comma, della Costituzione; 
    Annulla, per l'effetto, la delibera di insindacabilita'  adottata
dal Senato della Repubblica nella seduta del 19 febbraio  2009  (doc.
IV-ter, n. 10). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2011. 
 
                       Il cancelliere: Melatti