N. 101 ORDINANZA 21 - 24 marzo 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza e assistenza sociale -  Invalidi  civili  con  invalidita'
  pari o superiore al 74%  e  con  redditi  assoggettabili  ad  IRPEF
  inferiori  ai  limiti  legalmente  predeterminati   -   Concessione
  dell'assegno  mensile  condizionato  al  mancato   svolgimento   di
  attivita'  lavorativa   -   Denunciata   irragionevolezza   nonche'
  ingiustificata disparita' di trattamento, a parita'  di  condizioni
  reddituali, tra invalidi lavoratori ed invalidi privi di un  lavoro
  -  Asserita  incidenza  sulla  garanzia  assistenziale  -   Carente
  motivazione  sulla  rilevanza  della  questione  ed   insufficiente
  descrizione della fattispecie  concreta  -  Omessa  sperimentazione
  della   possibilita'   di   pervenire   ad   una    interpretazione
  costituzionalmente  conforme  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 30 marzo 1971, n. 118, art.  13,  comma  1,  come  modificato
  dall'art. 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2007, n. 247. 
- Costituzione, artt. 3 e 38. 
(GU n.14 del 30-3-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma  1,
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del  d.l.  30
gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati  ed  invalidi
civili), promosso dal Tribunale ordinario di Napoli nel  procedimento
vertente tra K. N. A. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) con ordinanza del 1° dicembre 2009, iscritta  al  n.  213  del
registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato Clementina Pulli per l'INPS e  l'avvocato  dello
Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che il Giudice unico del Tribunale ordinario di  Napoli,
in funzione di giudice del lavoro - chiamato a  pronunciarsi  su  una
domanda (proposta con ricorso depositato  il  30  novembre  2007)  di
riconoscimento dell'assegno di invalidita' civile  -,  con  ordinanza
emessa il  1°  dicembre  2009,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
articoli  3  e  38  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 13, comma 1, della legge 30 marzo  1971,
n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5  e  nuove
norme in favore dei mutilati ed  invalidi  civili),  come  modificato
dall'articolo 1, comma 35, della  legge  24  dicembre  2007,  n.  247
(Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,
lavoro  e  competitivita'  per  favorire  l'equita'  e  la   crescita
sostenibili,  nonche'  ulteriori  norme  in  materia  di   lavoro   e
previdenza sociale), «nella parte in cui  condiziona  la  concessione
dell'assegno mensile al mancato svolgimento di  attivita'  lavorativa
da parte dell'invalido»; 
    che, in punto di rilevanza,  il  rimettente  -  premesso  che  la
concessione della provvidenza economica in oggetto  (spettante  anche
allo straniero extracomunitario titolare, come nella specie, di carta
di soggiorno) e' altresi' subordinata alla disponibilita' di  redditi
personali assoggettabili  ad  Irpef  inferiori  a  limiti  legalmente
predeterminati (ex art.  14-septies  del  decreto-legge  30  dicembre
1979, n. 663, recante «Finanziamento del Servizio sanitario nazionale
nonche'   proroga   dei   contratti   stipulati    dalle    pubbliche
amministrazioni in base alla legge 1°  giugno  1977,  n.  285,  sulla
occupazione giovanile») - osserva che la ricorrente  nel  giudizio  a
quo, pur in possesso del requisito sanitario di legge  («determinando
le patologie certificate una  riduzione  della  capacita'  lavorativa
generica pari almeno al  74%»),  e  dei  prescritti  requisiti  socio
economici (in quanto titolare per l'anno 2007 di reddito  annuo  pari
ad euro 2.000,00), risulta  svolgere  attivita'  lavorativa,  secondo
quanto dalla stessa dichiarato in sede di  libero  interrogatorio;  e
ritiene altresi' che la rilevanza della questione  non  possa  essere
esclusa da  eventuali  diverse  prassi  amministrative,  tendenti  ad
attribuire l'assegno di  invalidita'  civile  in  presenza  dei  soli
requisiti sanitario ed economico, non assumendo  le  predette  prassi
valore vincolante per esso giudicante; 
    che, nel  merito,  il  rimettente  osserva  che,  in  materia  di
prestazioni assistenziali, le  scelte  connesse  alla  individuazione
della  categoria  dei  beneficiari,   pur   se   necessariamente   da
circoscrivere in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie,
devono essere operate sempre e comunque in ossequio al  principio  di
ragionevolezza; viceversa, nello specifico, non parrebbe  ragionevole
diversificare, a parita' di riduzione della capacita' lavorativa ed a
parita' di capacita' reddituale, la posizione dell'invalido a seconda
che egli svolga o meno attivita' lavorativa. Infatti, per  l'invalido
che svolga  attivita'  lavorativa,  e  dalla  stessa  tragga  redditi
inferiori al limite  legale,  si  pongono  le  stesse  necessita'  di
assistenza e mantenimento, positivamente considerate dal  legislatore
(ex art. 38  Cost.)  per  l'invalido  il  quale,  pur  non  prestando
attivita' lavorativa, sia titolare di redditi uguali  (o  in  ipotesi
anche superiori a quelli dell'invalido occupato); 
    che, quindi, la norma censurata finirebbe con l'assumere  portata
"premiante" nei confronti dell'invalido che,  pur  avendo  conservato
residua capacita' lavorativa, non si attivi per la ricerca  di  altra
occupazione, mentre  avrebbe  portata  "penalizzante"  nei  confronti
dell'invalido che abbia reperito altra  occupazione,  senza  tuttavia
trarre dalla stessa redditi adeguati al proprio mantenimento; 
    che  si  e'  costituito  l'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale (INPS), chiedendo la declaratoria di  inammissibilita'  o  di
non fondatezza della sollevata questione deducendo, da  un  lato,  la
carenza di esposizione completa dei  fatti  di  causa,  e  rilevando,
dall'altro lato, che il dubbio di legittimita' non  tiene  conto  del
fatto che l'Istituto gia'  opera  nel  senso  di  ritenere  privo  di
rilievo lo svolgimento di attivita' lavorativa del richiedente quando
il reddito annuale dello stesso non superi  quello  minimo  personale
escluso da imposizione fiscale; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
concludendo  per  l'infondatezza  della  questione,  in   quanto   il
requisito  dello   svolgimento   dell'attivita'   lavorativa   assume
giuridica rilevanza ai fini della concessione dell'assegno solo nella
misura in cui da' luogo ad un reddito superiore al limite  reddituale
sancito dall'art. 14-septies  del  decreto-legge  n.  663  del  1979;
sicche', deve ritenersi  che  hanno  diritto  all'assegno  mensile  i
percettori di un reddito annuo inferiore al predetto importo, sia nel
caso in cui prestino attivita' lavorativa, sempre entro i limiti  che
non rilevano ai fini fiscali, sia nel caso in cui non lavorino; 
    che, in una memoria depositata  nell'imminenza  dell'udienza,  la
difesa dello Stato deduce anche  l'inammissibilita'  della  sollevata
questione in ragione  della  mancata  sperimentazione  da  parte  del
rimettente di una interpretazione costituzionalmente orientata  della
norma censurata, coerente con  quella  posta  a  base  delle  evocate
prassi applicative seguite dall'INPS. 
    Considerato che il rimettente censura  l'articolo  13,  comma  1,
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del  d.l.  30
gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati  ed  invalidi
civili), come modificato dall'articolo 1, comma 35,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 247 (Norme di  attuazione  del  Protocollo  del  23
luglio 2007 su  previdenza,  lavoro  e  competitivita'  per  favorire
l'equita' e la  crescita  sostenibili,  nonche'  ulteriori  norme  in
materia di lavoro e previdenza sociale), secondo cui  «Agli  invalidi
civili di eta' compresa fra il diciottesimo e il  sessantaquattresimo
anno nei cui confronti sia accertata una  riduzione  della  capacita'
lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per  cento,  che  non
svolgono attivita' lavorativa e per il tempo in cui  tale  condizione
sussiste, e' concesso, a carico dello Stato ed erogato dall'INPS,  un
assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilita', con le  stesse
condizioni e modalita' previste per l'assegnazione della pensione  di
cui all'articolo 12»; 
        che, per il giudice a quo, la norma -  «nella  parte  in  cui
condiziona la concessione dell'assegno mensile al mancato svolgimento
di attivita' lavorativa da parte  dell'invalido»  -  si  porrebbe  in
contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, in quanto, in  materia
di prestazioni assistenziali, non appare ragionevole diversificare, a
parita' di riduzione della  capacita'  lavorativa  ed  a  parita'  di
capacita' reddituale, la posizione dell'invalido a seconda  che  egli
svolga o meno attivita' lavorativa; e con l'art. 38  Cost.,  giacche'
per l'invalido che svolga attivita' lavorativa, e dalla stessa tragga
redditi inferiori al limite legale, si pongono le  stesse  necessita'
di  assistenza  e   mantenimento,   positivamente   considerate   dal
legislatore per l'invalido il  quale,  pur  non  prestando  attivita'
lavorativa, sia titolare  di  redditi  uguali  (o  in  ipotesi  anche
superiori a quelli dell'invalido occupato); 
    che l'ordinanza di rimessione e' affetta da  diversi  profili  di
inammissibilita'; 
    che, in primo luogo, il rimettente -  nel  censurare  l'art.  13,
comma 1, della legge n. 118 del 1971, «come modificato» dall'art.  1,
comma 35,  della  legge  n.  247  del  2007  -  non  fornisce  alcuna
spiegazione sulle ragioni della applicabilita',  per  la  definizione
della  controversia,  della  norma  censurata,  che  e'  sopravvenuta
rispetto alla instaurazione del giudizio a quo,  la  cui  domanda  e'
stata proposta con ricorso depositato il 30 novembre 2007,  e  quindi
prima dell'entrata in vigore della norma medesima (ex art.  94  della
medesima legge n. 247 del 2007), che ha sostituito il requisito della
«incollocazione al lavoro» del richiedente, previsto  dall'originario
testo dell'art. 13, primo comma, con quello  sottoposto  al  presente
vaglio di costituzionalita'; 
    che alla mancata argomentazione sul punto si aggiunge  anche  una
carente  descrizione  della   fattispecie   concreta,   giacche'   il
rimettente non solo non esplicita -  come  eccepito  dall'INPS  -  il
motivo del mancato riconoscimento, nella fase  amministrativa,  della
prestazione richiesta dalla ricorrente, ma,  quanto  al  possesso  da
parte della ricorrente medesima del requisito sanitario di legge,  si
limita  genericamente  a  dedurre  che  «le  patologie   certificate»
determinerebbero «una riduzione della capacita'  lavorativa  generica
pari almeno al 74%», senza tuttavia specificare se la sua conclusione
circa la concreta sussistenza di detto requisito sia  derivata  dalla
rituale acquisizione e valutazione di  prove  avvenuta  in  corso  di
causa (eventualmente all'esito di consulenza tecnica  medico-legale),
ovvero  si  basi  esclusivamente  su  una  acritica   adesione   alle
affermazioni di parte contenute nel ricorso introduttivo; 
    che tali carenze argomentative  e  descrittive  si  traducono  in
altrettanti  vizi  di  carente  motivazione  sulla  rilevanza   della
questione (sentenza n. 360 del 2010 ed ordinanza n. 306 del  2009)  e
di insufficiente descrizione della fattispecie concreta (ordinanze n.
363 e n. 338 del 2010), che impediscono a questa  Corte  di  vagliare
l'effettiva applicabilita' della norma denunciata al caso dedotto  in
giudizio; 
    che, infine, sotto altro profilo, va  anche  rilevato  che  (come
ulteriormente eccepito dall'INPS  e  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato) il giudice a  quo  -  il  quale  pure  fa  mostra  d'essere  a
conoscenza dell'esistenza di «diverse prassi amministrative  tendenti
ad attribuire l'assegno di invalidita' civile in  presenza  dei  soli
requisiti sanitario ed economico»  -  si  limita  apoditticamente  ad
affermare l'assenza di valore vincolante di  dette  prassi  per  esso
giudice, chiamato a verificare l'«effettiva ricorrenza della (intera)
fattispecie costitutiva del diritto delineata dal legislatore»; 
    che, cosi' argomentando, il rimettente si sottrae  al  dovere  di
sperimentare la praticabilita' di diverse  interpretazioni  idonee  a
sottrarre   la   norma   censurata    dai    sollevati    dubbi    di
costituzionalita', omettendo altresi' di  motivare  adeguatamente  in
ordine al motivo della ritenuta impossibilita' di  dare  della  norma
medesima una lettura idonea a superare tali dubbi, pur in presenza di
altra opzione ermeneutica su cui viene fondata l'applicabilita' della
disposizione stessa nel senso da lui auspicato (ordinanze n. 322  del
2010 e n. 257 del 2009); 
    che,  pertanto,  la   sollevata   questione   e'   manifestamente
inammissibile. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 13, comma 1, della legge 30
marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n.
5 e nuove norme in favore dei  mutilati  ed  invalidi  civili),  come
modificato dall'articolo 1, comma 35, della legge 24  dicembre  2007,
n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo  del  23  luglio  2007  su
previdenza, lavoro e  competitivita'  per  favorire  l'equita'  e  la
crescita sostenibili, nonche' ulteriori norme in materia di lavoro  e
previdenza sociale), sollevata - in riferimento agli articoli 3 e  38
della Costituzione - dal Giudice unico  del  Tribunale  ordinario  di
Napoli, in funzione di giudice del lavoro, con  l'ordinanza  indicata
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2011. 
 
                       Il cancelliere: Melatti