N. 169 ORDINANZA 11 - 13 maggio 2011

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Referendum - Referendum per l'acqua pubblica ammessi con le  sentenze
  della Corte costituzionale nn. 24 e  26  del  2011  -  Decreti  del
  Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011 di  fissazione  delle
  consultazioni referendarie per una data (12-13 giugno 2011) diversa
  da quella stabilita per le elezioni amministrative (15-16 maggio) -
  Conflitto di attribuzione tra  poteri  dello  Stato  sollevato  dal
  Comitato promotore per  il  Si  nei  confronti  del  Consiglio  dei
  ministri - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza, di
  imparzialita' nell'esercizio dei pubblici poteri, di buon andamento
  dell'azione amministrativa e di leale  collaborazione  tra  poteri,
  nonche' asserita  lesione  delle  attribuzioni  costituzionali  dei
  ricorrenti  in  quanto  rappresentanti   del   popolo   sovrano   -
  Estraneita' alla sfera delle attribuzioni  del  comitato  promotore
  della pretesa alla scelta della data del referendum,  spettante  al
  Governo nell'ambito della cornice temporale definita dalla legge  -
  Mancanza del requisito oggettivo del conflitto  -  Inammissibilita'
  del ricorso. 
- Deliberazione del Consiglio dei ministri 23  marzo  2011,  n.  133;
  decreti del Presidente della Repubblica 23 marzo 2011. 
- Costituzione, artt. 3, 75 e 97; legge 11 marzo 1953,  n.  87,  art.
  37, terzo e quarto comma. 
(GU n.21 del 18-5-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Paolo MADDALENA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito dei decreti del Presidente della  Repubblica  del  23
marzo 2011, con i quali, viste le sentenze  di  ammissibilita'  della
Corte costituzionale nn. 24 e 26 del 2011, e vista  la  deliberazione
del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011, sono  stati  indetti  i
due referendum, e sono stati  convocati  i  relativi  comizi  per  il
giorno di domenica 12 giugno 2011, con prosecuzione delle  operazioni
di votazione nel giorno successivo,  giudizio  promosso  da  Carsetti
Paolo, nella qualita'  di  presidente  e  legale  rappresentante  del
Comitato promotore per il Si' ai referendum per l'Acqua Pubblica, con
ricorso depositato in cancelleria l'8 aprile 2011 ed iscritto al n. 1
del  registro  conflitti  tra  poteri  dello  Stato  2011,  fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio dell'11 maggio  2011  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  l'8  aprile  2011,  Paolo
Carsetti, nella qualita' di presidente e  legale  rappresentante  del
Comitato promotore per il Si' ai referendum per  l'Acqua  Pubblica  -
referendum ammessi da questa Corte con sentenze n. 24  e  n.  26  del
2011 e riguardanti, il primo,  l'art.  23-bis  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133,  come  modificato
dall'art.  30,  comma  26,  della  legge  23  luglio  2009,   n.   99
(Disposizioni  per  lo  sviluppo  e  l'internazionalizzazione   delle
imprese,  nonche'  in  materia  di  energia),  e  dall'art.  15   del
decreto-legge 25 settembre 2009, n.  135  (Disposizioni  urgenti  per
l'attuazione di obblighi comunitari e per  l'esecuzione  di  sentenze
della Corte di giustizia della Comunita'  europea),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 20 novembre  2009,  n.  166;  il  secondo,
l'art. 154, comma 1, del decreto legislativo del 3  aprile  2006,  n.
152 (Norme  in  materia  ambientale)  -  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento ai decreti del Presidente  della  Repubblica
del 23 marzo 2011 che hanno indetto i referendum, in una data  (12-13
giugno  2011)  diversa  da   quella   stabilita   per   le   elezioni
amministrative (15-16 maggio); 
        che, con riguardo alla ammissibilita' del ricorso,  sotto  il
profilo soggettivo, i ricorrenti ritengono pacifica la qualificazione
del  comitato  promotore  come  potere   dello   Stato,   richiamando
l'orientamento costante di questa Corte, che risale all'ordinanza  n.
17 del 1978, in base al quale il comitato promotore di un referendum,
pur essendo figura soggettiva esterna rispetto  allo  Stato-apparato,
e'  titolare  di  funzioni  pubbliche  tutelate  dall'art.  75  della
Costituzione; 
        che, sotto il profilo oggettivo, i ricorrenti sostengono  che
il Governo abbia fatto cattivo uso del potere attribuitogli dall'art.
34 della legge 25 maggio 1970, n. 325 (Norme sui referendum  previsti
dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa  del  popolo),  non
avendo accorpato  lo  svolgimento  dei  referendum  con  le  elezioni
amministrative indette il 15-16 maggio 2011; 
        che in tal modo, secondo i ricorrenti, il  Governo  -  «lungi
dall'implementare il mandato dell'art. 3 Cost.», nella parte  in  cui
richiede la rimozione  degli  ostacoli  che  impediscono  l'effettiva
partecipazione  all'organizzazione  politica  del  paese  -   avrebbe
compiuto  una  scelta  irragionevole,  «invasiv[a]  e   lesiv[a]   di
attribuzioni di  rilievo  costituzionale  dei  ricorrenti  in  quanto
rappresentanti del popolo sovrano», perche' il  mancato  accorpamento
rivelerebbe un tentativo di elusione  della  richiesta  referendaria,
che contrasta con il  principio  d'imparzialita'  nell'esercizio  dei
pubblici poteri e con il favor che  assiste  l'istituto  referendario
(art. 75 Cost.); 
        che la decisione del Governo sarebbe  altresi'  contraria  al
principio di buon andamento sancito dall'art. 97 Cost., in quanto  il
mancato accorpamento del referendum con  le  elezioni  amministrative
arrecherebbe un notevole danno  alle  finanze  pubbliche,  oltre  che
all'economia nazionale, e percio' violerebbe i criteri di efficienza,
efficacia   ed   economicita'   che   connotano   la   buona   azione
amministrativa; 
        che i ricorrenti richiamano le pronunce con le  quali  questa
Corte ha chiarito che la discrezionalita'  di  cui  gode  il  Governo
nello scegliere la data delle consultazioni incontra il limite  delle
ipotesi  in  cui  «sussistano  oggettive  situazioni   di   carattere
eccezionale [...] idonee a determinare un'effettiva  menomazione  del
diritto di voto referendario» (ordinanze n. 38 del 2008, n.  198  del
2005 e n. 131 del 1997) e affermano che, nel caso specifico, siffatte
situazioni oggettive di carattere eccezionale sarebbero rappresentate
dalla duplice circostanza che «i comizi elettorali  per  le  elezioni
amministrative  sono  gia'  stati  convocati  in  date  interne  alla
finestra referendaria» e che il Paese  sta  attraversando  una  crisi
economica di gravita' eccezionale, tale da rendere la scelta compiuta
dal Governo irragionevole e lesiva dell'esercizio del diritto di voto
referendario; 
        che la determinazione da parte del  Governo  della  data  dei
referendum sarebbe lesiva della sfera di attribuzioni dei  ricorrenti
perche'  avvenuta   in   violazione   del   principio   -   immanente
nell'ordinamento costituzionale - di leale collaborazione tra poteri,
in base al quale tale data dovrebbe essere stabilita in concertazione
con il comitato promotore e previa audizione dello stesso; 
        che, poi, sorgerebbero dubbi di  legittimita'  costituzionale
in relazione all'art. 34 della legge n. 352 del 1970, nella parte  in
cui non  prevede  il  coinvolgimento  del  comitato  promotore  nella
determinazione della data d'indizione dei referendum, «unica fase  di
tutto il procedimento in cui esso non e' chiamato in causa»; 
        che,  in  ogni  caso,  anche  se  la  legge  non  prevede  la
consultazione del comitato, «cio' non significa che  il  Governo  non
debba attenersi al principio di leale collaborazione tra poteri dello
Stato, che trova applicazione ogni qual volta diversi poteri  abbiano
in cura il medesimo interesse (che in questo caso non puo' che essere
l'esercizio della sovranita' popolare)»; 
        che  i  ricorrenti  chiedono,  pertanto,  che  questa   Corte
pronunci  un'ordinanza  di  sospensione  ex  art.  26   delle   Norme
integrative per i giudizi davanti alla  Corte  costituzionale  del  7
ottobre 2008, in considerazione «della durata  minima  necessaria  di
tale procedimento e dell'urgenza di  una  decisione  che  risolva  il
conflitto sollevato»; che «sollev[i] davanti a se'  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge n. 352 del  1970
nella parte  in  cui  non  prevede  che  il  comitato  promotore  del
referendum partecipi con il Governo alla  determinazione  della  data
del referendum»;  che  «annull[i]  i  decreti  del  Presidente  della
Repubblica del 23 marzo 2011 pubblicati nella Gazzetta  Ufficiale  n.
77 del 4 aprile 2011 e indic[hi] la fissazione  di  una  nuova  data,
coincidente con la data del primo turno delle elezioni amministrative
(15-16 maggio) o con quella del secondo turno (29 maggio)»; che,  «in
subordine, qualora  i  tempi  non  consentano  l'anticipazione  delle
consultazioni  referendarie,  posticip[i]  la  data  delle   elezioni
amministrative  al  12-13  giugno,  massimizzando  in  tal  modo   il
risparmio di denaro pubblico secondo  quanto  disposto  dall'art.  97
Costituzione»; 
        che, con memoria integrativa depositata il 19 aprile 2011, il
comitato  promotore  lamenta  che  il  mancato   accorpamento   della
consultazione referendaria con le elezioni amministrative produrrebbe
un ulteriore  effetto  negativo,  consistente  nella  disinformazione
degli elettori circa il suo  svolgimento,  ulteriormente  acuito  sia
dalla mancata regolamentazione delle tribune  referendarie  da  parte
della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi, sia dall'introduzione - a norma dell'art.  13  della
legge 30 aprile 1999, n. 120 (Disposizioni  in  materia  di  elezione
degli  organi  degli  enti   locali,   nonche'   disposizioni   sugli
adempimenti in materia elettorale) - della tessera  elettorale,  che,
dato  il  suo  carattere  permanente,  non  ha,  a   differenza   del
preesistente certificato elettorale, funzione  di  notifica  rispetto
alle consultazioni referendarie; 
        che, infine, i ricorrenti formulano due richieste aggiuntive,
invitando questa Corte a sollevare davanti  a  se'  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 13 della legge n. 120 del 1999,
«nella parte in cui istituisce la tessera  elettorale  per  tutte  le
consultazioni referendarie, senza considerare la particolarita' delle
consultazioni  referendari[e]  data  dall'elemento   costitutivo   di
validita' del quorum», e a «disporre  che,  anche  nelle  more  della
fissazione dell'udienza di merito,  sia  data  agli  elettori  debita
comunicazione,   notificata   personalmente,   delle    consultazioni
referendarie del 12 e 13 giugno». 
    Considerato che, ai sensi dell'art. 37,  terzo  e  quarto  comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte  costituzionale),  in  questa  fase  questa
Corte e'  chiamata  a  delibare  esclusivamente  se  il  ricorso  sia
ammissibile,  valutando,  senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se
sussistano i requisiti soggettivi e  oggettivi  di  un  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato; 
        che, sotto il profilo soggettivo, la giurisprudenza di questa
Corte e' costante nel ritenere che va riconosciuto agli elettori,  in
numero non inferiore a 500.000,  sottoscrittori  della  richiesta  di
referendum - dei quali i promotori sono competenti  a  dichiarare  la
volonta' in sede di conflitto -  la  titolarita',  nell'ambito  della
procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente  rilevante
e  garantita,  in  quanto  essi  attivano  la   sovranita'   popolare
nell'esercizio dei poteri referendari (ex multis,  ordinanze  n.  172
del 2009, n. 38 del 2008 e n. 17 del 1978); 
        che, ancora sotto il  profilo  soggettivo,  il  conflitto  e'
proponibile nei confronti del Governo; 
        che, in relazione al requisito oggettivo, occorre  verificare
se gli atti impugnati possano dar luogo a una lesione della sfera  di
attribuzioni  che  le  norme  costituzionali  assegnano  al  comitato
promotore; 
        che, a questo  proposito,  i  ricorrenti  sostengono  che  il
Governo abbia fatto cattivo uso del potere di fissazione  della  data
del referendum, non avendone accorpato lo svolgimento con le elezioni
amministrative  e  compiendo  cosi'  una  scelta  irragionevole   che
rivelerebbe un tentativo di elusione della richiesta  referendaria  e
che  contrasterebbe  con  il  principio  di  buon  andamento  sancito
dall'art. 97 Cost., in quanto arrecherebbe  un  notevole  danno  alle
finanze pubbliche; 
        che questa Corte ha gia' chiarito che  «rientra  nella  sfera
delle attribuzioni del comitato la  pretesa  allo  svolgimento  delle
operazioni di voto referendario, una volta compiuta la  procedura  di
verifica della legittimita' e della costituzionalita' delle  relative
domande, ma non anche la pretesa  alla  scelta,  tra  le  molteplici,
legittime opzioni, della data entro  l'arco  temporale  prestabilito»
(ordinanza n. 131 del 1997; ordinanze n. 38 del 2008  e  n.  198  del
2005); 
        che, inoltre, questa Corte ha affermato che «l'individuazione
di un rigido e ristretto arco temporale, entro il quale  deve  essere
tenuta  la  votazione,  rivela  che  la  valutazione  dei   possibili
interessi coinvolti e' stata effettuata dal legislatore,  secondo  la
disciplina, di per se' non irragionevole, dettata dalla legge n.  352
del  1970  in  un  contesto  procedimentale  con  puntuali  scansioni
temporali, che rende, nella fisiologia del  sistema,  non  altrimenti
vincolata  la  scelta  della  data  all'interno  del  predetto   arco
temporale, salvo che sussistano  oggettive  situazioni  di  carattere
eccezionale - [...] idonee  a  determinare  un'effettiva  menomazione
dell'esercizio del diritto di voto referendario»  (ordinanza  n.  131
del 1997); 
        che le  situazioni  considerate  «eccezionali»  dal  comitato
promotore sono in realta' circostanze  ordinarie  e,  in  ogni  caso,
riferibili a situazioni «esterne» o di contesto:  esse  non  incidono
direttamente sul diritto di voto referendario  e  non  ne  precludono
l'esercizio; 
        che, pertanto, in assenza di  tali  oggettive  situazioni  di
carattere eccezionale, il mancato accorpamento dei referendum con  le
elezioni amministrative di per se' non agevola, ma neppure  ostacola,
lo svolgimento  delle  operazioni  di  voto  referendario  e  non  e'
suscettibile  di  incidere  sulle   attribuzioni   costituzionalmente
garantite del comitato promotore; 
        che, non essendo configurabile, in ordine alla  scelta  della
data,  una  specifica  potesta'  costituzionalmente   garantita   del
comitato promotore, risulta inconferente il richiamo al principio  di
leale collaborazione: esso in  tanto  puo'  trovare  applicazione  in
quanto vi sia l'esigenza di  coordinare  l'esercizio  di  prerogative
analoghe spettanti a poteri diversi che concorrono alla  cura  di  un
medesimo interesse costituzionalmente  rilevante,  ne'  sussistono  i
presupposti affinche' questa Corte sollevi dinanzi a se' la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge  n.  352  del
1970, secondo quanto richiesto dai ricorrenti; 
        che, quanto al presunto contrasto  della  scelta  governativa
con il principio di buon andamento, occorre osservare che, in assenza
di situazioni oggettive di carattere  eccezionale,  nella  fissazione
della data  del  referendum  spetta  al  Governo,  nell'ambito  della
cornice temporale definita dalla legge, «la valutazione dei possibili
interessi coinvolti» (ordinanza n. 131 del 1997), tra i quali rientra
anche quello al contenimento della spesa; 
        che anche le circostanze menzionate nella censura secondo cui
il  mancato  accorpamento  avrebbe  l'effetto  di  disinformare   gli
elettori circa lo svolgimento della consultazione referendaria e  che
tale  effetto  di  disinformazione   sarebbe   ulteriormente   acuito
dall'introduzione, a norma dell'art. 13 della legge 30  aprile  1999,
n. 120, della tessera elettorale - a prescindere dalla ammissibilita'
di tale censura, perche' avanzata solo nella  memoria  integrativa  -
non  introducono  ostacoli  che  impediscono  lo  svolgimento   delle
operazioni di voto referendario e, quindi, non ledono le attribuzioni
del comitato  promotore  costituzionalmente  garantite  dall'art.  75
Cost.; 
        che, in  conclusione,  assorbita  ogni  altra  questione,  il
ricorso per conflitto di attribuzione e' inammissibile  per  mancanza
del requisito oggettivo. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara inammissibile il ricorso per conflitto  di  attribuzione
tra poteri dello Stato proposto dal Comitato promotore per il Si'  ai
referendum per l'Acqua  Pubblica  nei  confronti  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 maggio 2011. 
 
                      Il Presidente: Maddalena 
 
 
                        Il redattore: Cassese 
 
 
                       Il cancelliere: Milana 
 
    Depositata in cancelleria il 13 maggio 2011. 
 
                       Il cancelliere: Milana