N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 maggio 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 maggio 2011 (della Regione Puglia). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Calamita' pubbliche  e  protezione
  civile - Finanza regionale - Sistema di protezione civile -  Regime
  finanziario delle spese relative agli eventi di  maggiore  gravita'
  che debbono essere affrontati «con mezzi e poteri  straordinari»  -
  Previsione che,  a  seguito  della  dichiarazione  dello  stato  di
  emergenza, il Presidente della Regione  possa  deliberare  aumenti,
  sino al limite massimo consentito dalla vigente  legislazione,  dei
  tributi,   delle   addizionali,   delle   aliquote   ovvero   delle
  maggiorazioni di aliquote attribuite alla Regione, nonche'  elevare
  ulteriormente la misura dell'imposta regionale  sulla  benzina  per
  autotrazione, fino a un massimo  di  cinque  centesimi  per  litro,
  ulteriori  rispetto  alla  misura  massima  consentita  -  Prevista
  attivazione  del  Fondo  nazionale  di   protezione   civile   solo
  nell'ipotesi di insufficienza delle risorse  regionali  come  sopra
  incrementate, ovvero per effetto  della  discrezionale  valutazione
  del Governo sulla «rilevanza  nazionale»  -  Lamentata  imposizione
  alle Regioni dell'onere di finanziare  funzioni  amministrative  di
  pertinenza dello Stato o di altri enti, lamentata abdicazione dello
  Stato dai  propri  doveri  a  garanzia  di  valori  imprescindibili
  dell'ordinamento, lamentata imposizione dell'obbligo di  esercitare
  la potesta' tributaria regionale e vincolo  di  destinazione  delle
  relative  entrate,  compressione  dell'autonomia  finanziaria,   in
  subordine lamentato accesso al Fondo nazionale meramente  possibile
  anziche' obbligatorio e automatico o almeno  concertato  -  Ricorso
  della  Regione  Puglia  -  Denunciata   violazione   dell'autonomia
  finanziaria della Regione e  dei  principi  di  corrispondenza  tra
  funzioni e risorse, e di autonomia di  entrata  e  di  spesa  della
  Regione, violazione delle attribuzioni legislative regionali  nella
  materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e  del
  sistema tributario, violazione dei principi  di  eguaglianza  e  di
  ragionevolezza,  di   capacita'   contributiva,   di   solidarieta'
  politica, economica e  sociale,  nonche'  del  principio  di  leale
  collaborazione. 
- Decreto-legge  29  dicembre   2010,   n.   225,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 26 febbraio 2011, n. 10, art.  2,  comma
  2-quater, che inserisce i commi 5-quater e 5-quinquies nell'art.  5
  della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 117, comma terzo,  118,  primo  comma,  e
  119, commi primo, secondo, quarto e quinto; d.lgs. 31  marzo  1998,
  n. 112, artt. 107, 108 e 109; decreto-legge 7  settembre  2001,  n.
  343, convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 2001, n.
  401. 
(GU n.25 del 8-6-2011 )
    Ricorso della Regione Puglia, in  persona  del  Presidente  della
Giunta  regionale  dott.  Nicola  Vendola,  a  cio'  autorizzato  con
deliberazione della Giunta regionale  n.  730  del  19  aprile  2011,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.  Marcello   Cecchetti   ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
Via Antonio Mordini n. 14, come da mandato  a  margine  del  presente
atto; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri  pro  tempore,  er  la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 2,  comma  2-quater,  del  decreto-legge  29
dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative e di  interventi  urgenti  in  materia  tributaria  e  di
sostegno alle imprese e alle famiglie), come convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2011, n. 47 S.O., nella parte  in  cui
ha introdotto i nuovi commi 5-quater e 5-quinquies nell'art. 5  della
legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione  del  Servigio  nazionale
della protezione civile). 
 
                              Premessa 
 
    1. - La legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha convertito in legge  il
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in  materia
tributaria e di sostegno  alle  imprese  e  alle  famiglie).  Tra  le
modifiche apportate in sede di conversione in legge, per quel che qui
interessa, e' stato aggiunto il comma 2-quater all'art. 2 del d.l. n.
225 del 2010, il quale dispone l'inserimento nell'art. 5 della  legge
24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del  Servizio  nazionale  della
protezione civile), dopo il comma  5-ter,  di  due  nuovi  commi:  il
5-quater e il 5-quinquies. 
    Le nuove disposizioni cosi' stabiliscono: 
        5-quater. «A  seguito  della  dichiarazione  dello  stato  di
emergenza, il Presidente della regione interessata  dagli  eventi  di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), qualora  il  bilancio  della
regione non  rechi  le  disponibilita'  finanziarie  sufficienti  per
effettuare le spese conseguenti all'emergenza ovvero per la copertura
degli oneri conseguenti alla  stessa,  e'  autorizzato  a  deliberare
aumenti,  sino   al   limite   massimo   consentito   dalla   vigente
legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle  aliquote  ovvero
delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione,  nonche'  ad
elevare  ulteriormente  la  misura  dell'imposta  regionale  di   cui
all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21  dicembre  1990,
n. 398, fino a un massimo di cinque centesimi  per  litro,  ulteriori
rispetto alla misura massima consentita»; 
        5-quinquies: «Qualora le misure adottate ai sensi  del  comma
5-quater non siano sufficienti, ovvero in tutti  gli  altri  casi  di
eventi di cui al comma 5-quater di rilevanza nazionale,  puo'  essere
disposto l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale  di  protezione
civile. Qualora sia utilizzato il fondo di cui all'articolo 28  della
legge 31 dicembre 2009, n. 196, il  fondo  e'  corrispondentemente  e
obbligatoriamente reintegrato in pari misura con le maggiori  entrate
derivanti dall'aumento  dell'aliquota  dell'accisa  sulla  benzina  e
sulla benzina senza piombo,  nonche'  dell'aliquota  dell'uccisa  sul
gasolio usato come carburante di cui all'allegato I del  testo  unico
delle  disposizioni  legislative   concernenti   le   imposte   sulla
produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative,
di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,  e  successive
modificazioni. La  misura  dell'aumento,  comunque  non  superiore  a
cinque  centesimi  al  litro,  e'  stabilita  con  provvedimento  del
direttore dell'Agenzia delle dogane in  misura  tale  da  determinare
maggiori entrate corrispondenti all'importo prelevato  dal  fondo  di
riserva. La disposizione del terzo  periodo  del  presente  comma  si
applica anche per la copertura degli oneri derivanti dal differimento
dei termini per i versamenti tributari e contributivi  ai  sensi  del
comma 5-ter». 
    E' opportuno notare sin da subito che - come si mostrera' -  tali
disposizioni hanno come effetto normativo piu'  immediato  quello  di
far gravare sul bilancio  regionale  il  finanziamento  di  tutte  le
funzioni di protezione civile connesse alla gestione delle situazioni
di  emergenza  conseguenti  ad  eventi  straordinari,  a  prescindere
dall'ente competente ad esercitare tali funzioni e ad effettuare  gli
interventi  concreti  per  fronteggiare  le  suddette  situazioni  di
emergenza. In sintesi, il legislatore statale ha posto a carico della
Regione direttamente interessata dall'evento straordinario  non  solo
il peso economico delle funzioni di competenza  regionale,  ma  anche
quello delle funzioni spettanti a  tutti  gli  altri  enti  coinvolti
dalla situazione di  emergenza  e,  in  particolare,  delle  funzioni
esercitate o facenti capo ad organi o servizi dello Stato. 
    2. - Le norme citate si inseriscono  nel  sistema  di  protezione
civile disciplinato dalla legge n. 225 del 1992, dagli artt.  107-109
del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e  compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonche'  dal
d.l. 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il
coordinamento operativo delle strutture preposte  alle  attivita'  di
protezione civile  e  per  migliorare  le  strutture  logistiche  nel
settore della difesa civile), convertito in legge, con modificazioni,
dalla legge n. 401 del 2001. 
    Per quanto di piu' prossimo interesse in questa sede, deve essere
preso in considerazione, innanzi tutto,  l'art.  2,  comma  1,  della
citata  legge  n.  225  del  1992,  ai  sensi  del  quale  «ai   fini
dell'attivita' di protezione civile gli eventi si distinguono in:  a)
eventi naturali o connessi  con  l'attivita'  dell'uomo  che  possono
essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti  e
amministrazioni competenti in via ordinaria;  b)  eventi  naturali  o
connessi con l'attivita' dell'uomo che per loro natura ed  estensione
comportano l'intervento coordinato di  piu'  enti  o  amministrazioni
competenti in via ordinaria;  c)  calamita'  naturali,  catastrofi  o
altri eventi  che,  per  intensita'  ed  estensione,  debbono  essere
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari». 
    L'art. 5, comma 1, della medesima legge dispone inoltre che,  «al
verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera  c),
il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1 , comma
2,  del  Ministro  per  il  coordinamento  della  protezione  civile,
delibera lo stato di emergenza, determinandone durata  ed  estensione
territoriale in stretto riferimento  alla  qualita'  ed  alla  natura
degli eventi», aggiungendo che «con le medesime modalita' si  procede
alla eventuale revoca dello stato di  emergenza  al  venir  meno  dei
relativi presupposti». Il successivo  comma  2  stabilisce  che  «per
l'attuazione  degli  interventi   di   emergenza   conseguenti   alla
dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel  quadro  di  quanto
previsto dagli articoli 12, 13,  14,  15  e  16,  anche  a  mezzo  di
ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto  dei
principi generali dell'ordinamento  giuridico»,  prevedendo  altresi'
che «le  ordinanze  sono  emanate  di  concerto,  relativamente  agli
aspetti di carattere finanziario, con  il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze» (tale periodo e' stato  aggiunto  dall'art.  2,  comma
2-quinquies, dell'impugnato d.l. n. 225 del 2010, come convertito  in
legge). Ai sensi del comma 3 del medesimo art. 5 della legge  n.  225
del 1992, «il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per  sua
delega ai  sensi  dell'articolo  1,  comma  2,  il  Ministro  per  il
coordinamento  della  protezione  civile,   puo'   emanare   altresi'
ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di  pericolo  o  maggiori
danni a persone o a cose (...)». Infine, in  base  al  comma  4,  «il
Presidente del Consiglio dei Ministri,  ovvero,  per  sua  delega  ai
sensi dell'articolo 1, comma 2,  il  Ministro  per  il  coordinamento
della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui  ai
commi 2 e 3 del  presente  articolo,  puo'  avvalersi  di  commissari
delegati ( ..)». Ai sensi dell'art. 107 del d.lgs. n. 112  del  1998,
allo Stato spetta la «predisposizione, d'intesa con le regioni e  gli
enfi locali interessati, dei piani di emergenza  in  caso  di  eventi
calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24
febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione», nonche'  il  compito  di
provvedere al «soccorso tecnico  urgente,  (alla)  prevenzione  e  lo
spegnimento degli incendi e (allo) spegnimento con mezzi aerei  degli
incendi boschivi». 
    L'art. 11 della legge n. 225 del 1992 individua le  strutture  di
livello  nazionale  alle  quali  e'  necessario  affidarsi  per   gli
interventi operativi. Si tratta: del Corpo nazionale dei  vigili  del
fuoco,  delle  Forze  armate,  delle  forze  di  polizia,  del  Corpo
forestale dello Stato, dei  Servizi  tecnici  nazionali,  dei  gruppi
nazionali  di   ricerca   scientifica   di   cui   all'articolo   17,
dell'Istituto nazionale di  geofisica  (e  di  altre  istituzioni  di
ricerca), della Croce rossa italiana, delle  strutture  del  Servizio
sanitario nazionale, delle organizzazioni di volontariato e,  infine,
del Corpo nazionale soccorso alpino-CNSA (CAI). 
    Altri  elementi  determinanti  per  comprendere  il  ruolo  degli
apparati amministrativi  dello  Stato  in  materia  sono  rinvenibili
nell'art. 5 del d.l. n. 343 del 2001, che individua le  strutture  di
cui si avvale direttamente il Presidente del Consiglio  dei  ministri
nello    svolgimento    dei    compiti    attribuiti    al    livello
dell'Amministrazione statale. Tra queste strutture, al comma  3  sono
menzionati il Servizio sismico nazionale,  la  Commissione  nazionale
per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi  e  il  Comitato
operativo della protezione  civile,  quest'ultimo  con  la  specifica
funzione di «assicurare» «la direzione unitaria  e  il  coordinamento
delle attivita' di emergenza, stabilendo gli interventi di  tutte  le
amministrazioni e enti interessati al  soccorso»  (comma  3-ter).  Al
Dipartimento della protezione civile,  inoltre,  sono  attribuite  le
principali funzioni operative: solo per richiamare  qualche  esempio,
la funzione di «promuovere» «l'attivita' tecnico-operativa, volta  ad
assicurare i primi interventi, effettuati in concorso con le  regioni
e da queste in raccordo con i prefetti e con i  Comitati  provinciali
di protezione civile» (comma 4); la funzione di «definire»,  d'intesa
con le regioni, «in sede locale e sulla base dei piani di  emergenza,
gli  interventi  e   la   struttura   organizzativa   necessari   per
fronteggiare gli eventi calamitosi  da  coordinare  con  il  prefetto
anche per gli aspetti dell'ordine e della sicurezza pubblica»  (comma
4-bis); tutti i compiti  precedentemente  attribuiti  all'Agenzia  di
protezione civile dall'art. 81 del d.lgs. n. 300 del 1999 (comma 6) e
tra questi, in particolare, quelli concernenti proprio  le  attivita'
connesse con gli eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1,  lett.
c),  della  legge  n.  225  del  1992  (fra  le  quali  spiccano  «la
rilevazione dei danni e l'approvazione di piani di  interventi  volti
al  superamento  delle  emergenze  ed  alla  ripresa  delle   normali
condizioni di vita, da attuarsi di intesa con le regioni e  gli  enti
locali interessati»), nonche' «l'attivita' tecnico-operativa volta ad
assicurare i primi interventi nell'ambito dei compiti di soccorso  di
cui all'articolo 14» della legge n. 225 del 1992 (cfr., in proposito,
l'art. 81, comma 1, lettere c) e d) del d.lgs. n. 300 del 1999). 
    All'attivita' di protezione civile, tuttavia, sono  chiamati,  in
collaborazione  tra  loro,  diversi  enti  e  soggetti,   individuati
nell'art.  6  della  legge  n.  225  del  1992.  Per  quel  che   qui
specificamente interessa, la disposizione citata, al comma 1, prevede
che «all'attuazione delle attivita' di protezione civile  provvedono,
secondo i rispettivi  ordinamenti  e  le  rispettive  competenze,  le
amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni  e  le
comunita' montane, e vi concorrono gli enti pubblici, gli istituti ed
i gruppi di ricerca scientifica con finalita' di  protezione  civile,
nonche' ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata». 
    L'ultima norma citata riguarda  evidentemente,  in  generale,  il
concorso dei diversi enti che compongono il «Servizio nazionale della
protezione civile» a tutte le varie e  molteplici  attivita'  che  al
medesimo devono essere ricondotte. In questa sede, pero',  interessa,
in particolare, l'assetto delle competenze  concernenti  la  gestione
degli eventi straordinari di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della
legge n. 225 del 1992. Per comprendere appieno il ruolo giocato dalla
Regione (e dagli altri enti sub-statali) in  tale  ambito  e'  dunque
necessario rivolgersi altrove. 
    Al riguardo si deve notare quanto segue. 
    Nell'ambito  suddetto,  agli  enti  locali   sub-regionali   sono
affidate  dalla  legge  importanti  (seppur  circoscritte)  funzioni.
L'art. 108, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998,  alloca  al  livello
comunale la competenza  a  provvedere  alla  «attivazione  dei  primi
soccorsi alla popolazione e  degli  interventi  urgenti  necessari  a
fronteggiare l'emergenza»; «alla vigilanza sull'attuazione, da  parte
delle strutture locali di protezione civile,  dei  servizi  urgenti»;
infine, «all'utilizzo del volontariato di protezione civile a livello
comunale e/o intercomunale, sulla base degli  indirizzi  nazionali  e
regionali». 
    Viceversa, alle Regioni spettano competenze che  -  nel  contesto
accennato - assumono caratteri decisamente  marginali.  Si  veda,  al
riguardo, quanto previsto dall'art. 107, comma 1, lett. a), nn.  4  e
7, laddove si affida  alla  Regione  l'«attuazione  degli  interventi
necessari per favorire il ritorno alle  normali  condizioni  di  vita
nelle aree colpite da eventi  calamitosi»,  e  le  funzioni  relative
«agli interventi per l'organizzazione e l'utilizzo del volontariato».
Si veda, inoltre, il disposto dell'art. 12 della  legge  n.  225  del
1992, che si limita ad affidare alle Regioni il generico  compito  di
«partecipa(re) all'organizzazione e all'attuazione delle attivita' di
protezione civile indicate nell'articolo  3»  della  medesima  legge,
ossia (per quel che qui rileva in particolare),  «al  soccorso  delle
popolazioni  sinistrate  ed  ogni  altra  attivita'   necessaria   ed
indifferibile diretta a superare l'emergenza connessa agli eventi  di
cui all'articolo 2». 
    A queste competenze delle  Regioni  devono  aggiungersi,  infine,
quelle eventualmente affidate alle medesime dalle  singole  ordinanze
governative di protezione  civile,  che  provvedano  in  deroga  alle
disposizioni vigenti. 
    Da ultimo, a completamento del disegno  legislativo  sul  riparto
delle  competenze,   deve   essere   considerata   una   disposizione
particolarmente importante nel sistema della protezione civile, ossia
l'art. 5, comma 1, del d.l. n. 343 del 2001, il quale cosi'  dispone:
«Il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  ovvero  il  Ministro
dell'interno da lui delegato, determina le  politiche  di  protezione
civile, detiene i  poteri  di  ordinanza  in  materia  di  protezione
civile,  promuove  e  coordina  le  attivita'  delle  amministrazioni
centrali e periferiche dello Stato, delle  regioni,  delle  province,
dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali  e  di  ogni
altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata  presente  sul
territorio nazionale, finalizzate alla tutela  dell'integrita'  della
vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai  danni  o  dal
pericolo di danni derivanti da calamita' naturali, da catastrofi e da
altri grandi eventi, che determinino  situazioni  di  grave  rischio,
salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  112
(...)». Come si vede, la competenza del Presidente del Consiglio  dei
ministri in materia  di  protezione  civile  e'  disegnata  come  una
competenza generale e residuale: tutto cio' che non e' specificamente
attribuito ad altri enti (e si tratta, come si e' visto,  di  compiti
limitati e comunque di piccolo cabotaggio,  almeno  in  relazione  al
settore di cui  qui  in  particolare  e'  necessario  occuparsi),  e'
infatti attribuito a tale istituzione.  Le  stesse  competenze  degli
altri  enti  territoriali,  peraltro,  sono  derogabili  mediante  le
ordinanze contingibili e urgenti di protezione  civile,  che  possono
disporre anche in difformita' dalle disposizioni legislative vigenti. 
    Come si puo' agevolmente constatare alla luce di  quanto  esposto
sino  ad  ora,  quelle  volte  a   fronteggiare   eventi   calamitosi
straordinari  sono  senz'altro,  nel  loro  complesso,  politiche   e
funzioni  governative  ed  in  particolare   politiche   e   funzioni
direttamente intestate al Presidente del Consiglio dei ministri.  Gli
enti  territoriali  sub-statali  hanno  una  funzione  esclusivamente
ancillare rispetto a tali politiche. 
    3.  -  Cio'  premesso,  e'  agevole  mostrare  che  dalle   nuove
previsioni contenute nei commi 5-quater  e  5-quinquies  dell'art.  5
della legge n. 225 del 1992 si ricavano  alcune  norme  che  limitano
fortemente l'autonomia costituzionale  delle  Regioni.  Quanto  detto
soprattutto  perche',  come  gia'  accennato,  esse   fanno   gravare
interamente sul  bilancio  regionale  anche  il  finanziamento  delle
funzioni e degli interventi volti a fronteggiare l'emergenza connessa
ad eventi straordinari che non  sono  riconducibili  alla  competenza
delle Regioni e, in particolare, le  funzioni  e  gli  interventi  di
competenza dello Stato o degli altri enti territoriali. 
    A seguito della dichiarazione dello stato di  emergenza  per  gli
eventi di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della legge n.  225  del
1992  («calamita'  naturali,  catastrofi  o  altri  eventi  che,  per
intensita' ed estensione, debbono essere  fronteggiati  con  mezzi  e
poteri straordinari»), si instaura un regime giuridico  straordinario
volto a fronteggiare questi ultimi. Tale regime giuridico impone - ai
sensi degli artt. 6 e da 11 a 15 della legge n. 225 del  1992,  degli
artt. 107 e seguenti del d.lgs. n. 112 del 1992, nonche' dell'art.  5
del  d.l.  n.  343  del  2001  -  la  collaborazione  e  l'intervento
coordinato di tutti i  diversi  enti  territoriali  interessati  agli
eventi,  oltre  che  di  un'ampia  serie  di   «strutture   operative
nazionali» facenti  capo  ad  organi  degli  apparati  amministrativi
centrali e periferici dello Stato.  A  tale  riguardo,  e'  difficile
negare  che  un  ruolo  di  primo  piano,  non   soltanto   di   mero
coordinamento di altri soggetti ma anche propriamente operativo,  sia
attribuito proprio allo Stato (e alle strutture  o  servizi  da  esso
dipendenti), il quale - per mezzo del Governo - delibera lo Stato  di
emergenza e adotta le ordinanze, anche in  deroga  alle  disposizioni
legislative vigenti,  volte  a  definire  e  attuare  gli  interventi
necessari affidati alla cura concreta  di  tutte  le  componenti  del
«Servizio nazionale della protezione civile» di cui al citato art.  6
della legge n. 225 del 1992. 
    Nonostante  la  pluralita'  di  enti  chiamati   a   fronteggiare
l'emergenza, e nonostante il ruolo di  primo  piano  che  ricopre  lo
Stato  nelle  vicende  in  questione,  i  nuovi  commi   5-quater   e
5-quinquies, primo periodo, dell'art. 5 della legge n. 225  del  1992
pongono interamente a carico del bilancio della Regione  interessata,
o delle Regioni territorialmente interessate da una dichiarazione  di
stato di emergenza per gli eventi di cui all'art. 2, comma  1,  lett.
c),   tutti   gli   oneri   finanziari   conseguenti   all'emergenza,
indipendentemente dagli organi e dall'ente (Stato, Regione,  Province
e Comuni) chiamati ad intervenire in concreto sulla base del  riparto
di competenze stabilito  nei  richiamati  artt.  5-6  e  11-15  della
medesima legge n. 225 del 1992 e nell'art. 5  del  d.l.  n.  343  del
2001, nonche' nelle ordinanze contingibili  e  urgenti  eventualmente
derogatorie rispetto alla normativa legislativa vigente  sul  riparto
delle  competenze  e,  dunque,  indipendentemente  dalla  titolarita'
statale, regionale o locale delle funzioni amministrative in concreto
esercitate o da esercitare. 
    Il bilancio regionale si trova dunque a dover fronteggiare  spese
connesse a funzioni che la Regione non e' chiamata  ad  esercitare  e
che, viceversa,  fanno  capo  agli  altri  enti  territoriali  e,  in
particolare, allo Stato. 
    Sempre nel nuovo comma 5-quater e' contenuta una  previsione  che
solo all'apparenza determina un ampliamento dei poteri spettanti alle
Regioni.  Ai  sensi  di  questa  disposizione,  infatti,  qualora  il
bilancio regionale non risulti capiente per la copertura delle  spese
citate, il Presidente della Regione  «e'  autorizzato»  a  deliberare
aumenti - nella misura massima consentita dalla legislazione  vigente
- dei tributi, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di  aliquote
attribuite alla Regione, nonche', all'occorrenza, anche un  ulteriore
aumento dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione fino ad
un massimo di 5  cent.  per  litro.  A  dispetto  della  formulazione
testuale che «formalmente» si limita a riconoscere  un  «potere»,  si
tratta a tutti  gli  effetti  dell'imposizione  al  Presidente  della
Regione  di  un  «obbligo»  di  esercitare  la  potesta'   tributaria
riconosciuta alla Regione dalla legislazione vigente fino  ai  limiti
massimi  consentiti  da   questa   o   fino   all'ulteriore   aumento
straordinario  dell'imposta  sulla  benzina  per  autotrazione,   con
l'ulteriore (e connesso) «obbligo»  di  destinare  i  proventi  delle
entrate tributarie cosi' raccolte al finanziamento  degli  interventi
necessari a fronteggiare l'emergenza. Da simili «obblighi» la Regione
potrebbe «liberarsi» solo ed esclusivamente mediante  una  variazione
di bilancio,  ad  esempio  disponendo  la  riduzione  di  spese  gia'
previste in relazione ad altre funzioni. 
    Tale conclusione e' supportata  espressamente  dal  disposto  del
comma 5-quinquies, primo periodo, laddove si stabilisce che la previa
adozione  delle  misure  di  cui  al  comma  5-quater  e  l'eventuale
«certificazione» della loro insufficienza a coprire  tutte  le  spese
dell'emergenza costituiscono presupposto indispensabile  per  rendere
«possibile»  l'accesso  al  Fondo  nazionale  di  protezione  civile,
possibilita' quest'ultima interamente rimessa -  peraltro  -  ad  una
decisione politica ed  unilaterale  del  Governo  nazionale.  L'unica
alternativa  espressamente  contemplata  affinche'   «possa»   essere
disposto l'utilizzo del predetto  Fondo  nazionale  e'  quella  della
«qualificazione» dell'evento in questione come  evento  di  rilevanza
nazionale, ma anche in questo caso la decisione - nonche'  la  stessa
«qualificazione» dell'evento - rimane affidata ad una scelta politica
e unilaterale del Governo nazionale. 
    4. - Che  questa  sia  l'interpretazione  delle  disposizioni  in
questione dalla quale e' necessario prendere le  mosse  ai  fini  del
presente giudizio e' mostrato con chiarezza  dal  dibattito  avvenuto
nelle aule parlamentari in occasione della conversione in  legge  del
d.l. n. 225 del 2010. 
    Al riguardo, si possono  richiamare  i  numerosi  interventi  che
hanno caratterizzato i lavori svoltisi in  sede  di  Assemblea  della
Camera dei deputati durante la seduta di martedi' 22 febbraio 2011. A
piu' riprese, infatti, in quella occasione e' stata posta in evidenza
la irragionevolezza - ed anzi, la profonda ingiustizia, a  causa  del
disinteresse per qualunque meccanismo solidaristico - delle norme qui
in discussione, a causa del fatto che  esse  gravano  le  popolazioni
colpite  dalle  calamita'  naturali  dell'ulteriore  peso  di   dover
sostenere la spesa (per il  tramite  di  una  imposizione  tributaria
aggiuntiva) degli interventi necessari a fronteggiare l'emergenza. 
    In questo senso, ad esempio, si e'  espresso  tra  gli  altri  il
deputato Vannucci, secondo il quale, con le norme de quibus, «in caso
di calamita'  le  regioni  sono  autorizzate  ad  aumentare  la  loro
imposizione fiscale sui cittadini, che tradotto vuol dire che  ognuno
si paga le proprie calamita'». E ancora: «Ma che messaggio e' questo?
Un Paese dovra' pur essere solidale, anche perche', l'Italia, proprio
in questi momenti, da' le prove  piu'  alte  della  sua  generosita'.
Infatti, abbiamo visto, con il  terremoto  in  Abruzzo  e  con  altri
eventi, come il nostro popolo  risponda,  si  mobiliti  e  partecipi;
mentre  ora  si  dice  «no»,  vogliamo   mortificare   anche   questa
peculiarita' nazionale,  il  principio  di  solidarieta'  nemmeno  di
fronte alle calamita' deve esserci!> (par. 12 del Resoconto  sommario
e stenografico). 
    Non e' il caso di proseguire nella citazione testuale  dei  molti
passi  del  Resoconto  del  dibattito  parlamentare  ove  i  medesimi
argomenti sono stati  proposti  all'attenzione  dell'Assemblea  della
Camera dei deputati. Al di la' della gravita' di  una  normativa  che
elimina del tutto i meccanismi solidaristici tra territori proprio in
occasione dei momenti in cui  alcuni  di  essi  sono  particolarmente
colpiti da eventi straordinari e imprevedibili - tema sul quale ci si
soffermera' piu'  avanti  -  qui  interessa  soprattutto  mettere  in
evidenza che, oltre  ogni  ragionevole  dubbio,  le  disposizioni  in
questione sono state intese, da  parte  degli  organi  che  le  hanno
deliberate, come volte a far gravare integralmente sul bilancio della
Regione interessata (o  delle  Regioni  interessate)  e  sul  sistema
tributario regionale il carico finanziario necessario agli interventi
posti  in  essere  per  fronteggiare  la  calamita',  salva  la  mera
«possibilita'» di utilizzare, ove le risorse  reperite  nel  bilancio
regionale non fossero sufficienti, e ove in  tal  senso  deliberi  il
Governo, il Fondo nazionale di protezione civile. 
    5.  -  Ad  ulteriore  conferma  della  rilevanza,  nel   presente
giudizio, dell'interpretazione che qui si assume  delle  disposizioni
di  cui  ai  nuovi  commi  5-quater  e  5-quinquies,  primo  periodo,
dell'art. 5 della legge n. 225 del  1992  e'  di  estremo  interesse,
inoltre, quanto affermato nella direttiva adottata dal Presidente del
Consiglio dei ministri in data 14 marzo 2011 e contenente  «Indirizzi
per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche  alle  deliberazioni
del Consiglio dei ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225  e  per  la  predisposizione  ed
attuazione delle ordinane di cui all'art. 5, commi 2 e 3, della legge
24 febbraio 1992, n. 225, nonche' per l'attuazione del  decreto-legge
29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla  legge
26 febbraio 2011, n. 10». 
    Si  consideri,  innanzi  tutto,   l'affermazione   contenuta   in
premessa, secondo la quale la  normativa  vigente  (come  qui  si  e'
evidenziato) attribuisce «al Presidente del Consiglio dei ministri la
titolarita' delle politiche di protezione civile», consentendogli  di
«emanare speciali  ordinane  derogatorie  dell'ordinamento  giuridico
vigente ed istituire  altrettanto  eccezionali  e  peculiari  assetti
organizzativi anche facenti capo a  specifici  Commissari  delegati».
Ebbene, secondo la direttiva  in  questione,  ai  sensi  delle  nuove
disposizioni  introdotte  dal  d.l.  n.  225  del  2010,  le   citate
«politiche» del Presidente del Consiglio  devono  essere  finanziate,
innanzi tutto, a carico del bilancio della Regione  o  delle  Regioni
interessate. Cio' risulta con chiarezza dal paragrafo  dedicato  alle
«risorse necessarie per fronteggiare l'emergenza» ove si afferma che,
«per il combinato disposto dei citati commi 5-quater  e  5-quinquies»
della  legge  n.  225  del  1992,  «e'  la   Regione   esclusivamente
interessata,  ovvero  sono  le  Regioni  interessate  (in  tal   caso
pro-quota) a doversi fare carico in primo luogo del reperimento delle
risorse  finanziarie  necessarie   a   far   fronte   ai   fabbisogni
occorrenti». A questo fine - secondo la direttiva - la Regione (o  le
Regioni  interessate),  dovra':  «a)  innanzi  tutto  (...)  reperire
all'interno  del  proprio  bilancio  le  disponibilita'   finanziarie
sufficienti  per   effettuare   le   spese   conseguenti   all'evento
emergenziale ovvero per la copertura  degli  oneri  conseguenti  allo
stesso; b) poi, qualora il bilancio non  rechi  tale  disponibilita',
(...)  deliberare  aumenti  dei  tributi,  delle  addizionali,  delle
aliquote ovvero  delle  maggiorazioni  di  aliquote  attribuite  alla
Regione,  sino  al  limite  massimo  consentito  dalla   legislazione
vigente; c) nonche' (...) - sia nel caso che gli  aumenti  deliberati
ai sensi della lettera b) non assicurino comunque il  reperimento  di
tutte le disponibilita' occorrenti sia in quello della impossibilita'
di  deliberare  aumenti  giacche'  gli   stessi   sono   stati   gia'
precedentemente  operati  nei   limiti   massimi   consentiti   dalla
legislazione  vigente  -  (...)  elevare  ulteriormente   la   misura
dell'imposta regionale di cui  all'art.  17,  comma  1,  del  decreto
legislativo n. 398 del 1990, fino a un massimo  di  cinque  centesimi
per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita». 
    La  direttiva,  inoltre,  ritiene  di  dover  precisare  che   le
iniziative  appena  evocate  non  rappresentano  affatto  «una   mera
facolta'  lasciata  alla  libera  iniziativa   discrezionale»   della
Regione; cio' sulla base dell'incipit del comma 5-quinquies, «laddove
esso prevede che (solo) "qualora le  misure  adottate  ai  sensi  del
comma 5-quater  non  siano  sufficienti  (..)  puo'  essere  disposto
l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione  civile"».
Come si puo' osservare, la direttiva si rivela ancora piu' severa con
le Regioni di quanto non risulti dalla stessa disposizione normativa:
essa, infatti, con una omissione (che si  deve  supporre)  deliberata
nella citazione del primo periodo del  comma  5-quinquies,  evita  di
considerare l'alternativa della «rilevanza  nazionale»  degli  eventi
che pure, in base al disposto testuale, dovrebbe consentire l'accesso
al  Fondo  nazionale.  Con  queste  premesse,  la  conclusione  della
direttiva sul punto non puo' che essere drastica: «In altri  termini,
perche' si possa utilizzare il predetto Fondo occorre pur sempre che,
prima, risultino effettivamente assunte ed applicate le iniziative di
competenza regionale sopra descritte». E a tale riguardo, si  precisa
che le  Regioni  potranno  accedere  alle  misure  di  cui  al  comma
5-quinquies soltanto «attestando di aver  concretamente  esperito  le
iniziative  di  propria  competenza  di  cui   al   comma   5-quater,
evidentemente per la differenza di  fabbisogno  fra  quanto  reperito
attraverso le proprie iniziative e quanto  necessario  per  le  spese
conseguenti all'evento emergenziale ovvero  per  la  copertura  degli
oneri dallo stesso derivanti». 
    L'interpretazione  delle  due  nuove  disposizioni  fornita   dal
Presidente del Consiglio dei ministri  si  rivela  dunque  di  tenore
inequivoco: da esse discende l'effetto di porre a carico del bilancio
delle Regioni e dei loro sistemi di imposizione fiscale - almeno fino
alla loro «certificata insufficienza» - tutti  gli  oneri  finanziari
derivanti  dalla  gestione  degli   interventi   di   emergenza   per
fronteggiare gli eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1,  lett.
c), della legge n. 225 del 1992, indipendentemente dagli enti,  dagli
organi e dalle strutture  competenti  ad  effettuare  gli  interventi
suddetti. E a sgombrare il campo  da  ogni  dubbio  residuo  vale  la
seguente affermazione  finale  contenuta  nel  par.  della  direttiva
intitolato alle «risorse necessarie  per  fronteggiare  l'emergenza»:
«Da ultimo, va ribadito che le risorse  complessivamente  individuate
per far fronte  all'emergenza  dovranno  essere  destinate  anche  al
ristoro degli oneri derivanti dall'attivazione o  dall'impiego  delle
componenti e delle strutture  operative  del  Servizio  nazionale  di
protezione civile». 
    6. -  La  Regione  Puglia,  con  la  deliberazione  della  Giunta
indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti  a
questa Corte le disposizioni contenute nell'art. 2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, come convertito in legge dalla legge n.  10
del   2011,   perche'   costituzionalmente   illegittime   e   lesive
dell'autonomia  che  la  Costituzione  riconosce  e  garantisce  alle
Regioni, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119  Cost.  Ad
avviso della Regione Puglia, inoltre,  risulta  gravemente  vulnerato
anche il principio costituzionale di leale collaborazione. 
    L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con  il  presente
ricorso si fonda, in particolare, sulle seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi 5- quater  e
5-quinquies - quest'ultimo limitatamente al primo periodo - nell'art.
5 della legge n. 225 del 1992, per violazione dell'art. 119 Cost.  e,
in particolare, del principio, in esso contenuto,  di  corrispondenza
tra le risorse finanziarie ordinariamente disponibili da parte  degli
enti territoriali che costituiscono la Repubblica e l'esercizio delle
funzioni attribuite alla titolarita' di ciascuno di essi. 
    7.1. - Il comma 2-quater dell'art. 2 del d.l. n.  225  del  2010,
come convertito in legge dalla legge n. 10 del 2011,  ha  aggiunto  i
commi 5-quater e 5-quinquies all'art. 5 della legge n. 225 del  1992.
Per  semplificare  l'esposizione,  da  qui   in   avanti   si   fara'
riferimento, piuttosto che alle disposizioni dell'impugnato  d.l.  n.
225 del 2010, direttamente alle nuove norme  introdotte  nell'art.  5
della legge n. 225 del 1992. 
    Tali norme, come si e' detto, pongono a carico dei bilanci  delle
Regioni colpite da calamita' naturali o altri eventi in relazione  ai
quali si decida  di  deliberare  lo  stato  di  emergenza,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 1, lett. c), e dell'art. 5, comma 1,  della  legge
n. 225 del 1992, il peso economico di tutti gli interventi  necessari
per fronteggiare  l'emergenza,  a  prescindere  dall'ente  cui  debba
essere riferita la competenza e la  responsabilita'  in  ordine  alla
loro effettiva realizzazione in concreto. 
    Le previsioni contenute nei commi 5-quater e  5-quinquies,  primo
periodo,  dell'art.  5  della  legge  n.   225   del   1992   violano
evidentemente l'art. 119, quarto comma,  Cost.,  poiche'  contrastano
con  il  principio  da  esso  desumibile  della  piena  ed  integrale
corrispondenza tra le risorse finanziarie ordinariamente  disponibili
da parte degli enti territoriali che costituiscono  la  Repubblica  e
l'esercizio delle funzioni attribuite alla titolarita' di ciascuno di
essi. 
    7.2. - Dall'analisi del quadro normativo gia' svolta in  premessa
(cfr. par. 2) in ordine al riparto delle  competenze  in  materia  di
protezione civile, emerge chiaramente che, soprattutto  in  relazione
agli eventi straordinari cui si collega la dichiarazione dello  stato
di emergenza di cui all'art. 5 della legge n. 225  del  1992,  tra  i
vari enti  territoriali  necessariamente  coinvolti  e'  lo  Stato  a
ricoprire una posizione del tutto preminente, quale soggetto  cui  e'
attribuita, addirittura, una competenza generale e residuale rispetto
a quelle specificamente riconosciute alle autonomie territoriali. 
    Il  sistema  della  disposizioni  legislative  vigenti  fornisce,
pertanto, una conferma inequivoca di quanto affermato  con  chiarezza
dalla direttiva del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  del  14
marzo 2011 gia' ampiamente  richiamata:  ossia  che  quelle  volte  a
fronteggiare eventi calamitosi straordinari sono senz'altro, nel loro
complesso, «politiche governative», di livello  nazionale,  affidate,
in particolare, alla responsabilita' del Presidente del Consiglio dei
ministri, e che gli enti territoriali sub-statali hanno una  funzione
esclusivamente ancillare rispetto a tali politiche.  Cio'  nondimeno,
come si e' gia' posto in rilievo, le disposizioni impugnate in questa
sede stabiliscono che il peso economico  di  queste  politiche  debba
gravare non sul bilancio statale - come sarebbe  del  tutto  normale,
essendo le medesime «politiche statali» - bensi' sui  bilanci  e  sui
sistemi tributari delle Regioni. 
    7.3. - Tale previsione contrasta con l'importante principio posto
dall'art. 119 Cost. che si e' piu' sopra richiamato. Cio'  in  quanto
non e'  costituzionalmente  consentito  che  una  legge  dello  Stato
imponga  alle  Regioni  di  finanziare  funzioni  amministrative   di
esclusiva pertinenza del primo. 
    Come  e'  noto,  la  disposizione  costituzionale  sopra   citata
stabilisce,  ai  commi  secondo  e  terzo,  le  fonti  ordinarie   di
approvvigionamento dei bilanci degli enti  territoriali  sub-statali,
individuandole  nei  tributi   e   nelle   entrate   proprie,   nella
compartecipazione al gettito dei tributi erariali e  nella  quota  di
spettanza del fondo perequativo. Il successivo comma quarto, inoltre,
prevede che «le  risorse  derivanti  dalle  fonti  di  cui  ai  commi
precedenti  consentono  ai  Comuni,  alle   Province,   alle   Citta'
metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le  funzioni
pubbliche loro attribuite». Alle risorse previste dai commi secondo e
terzo dell'art. 119, inoltre, il successivo comma quinto  aggiunge  -
con norma evidentemente di «chiusura»  -  la  previsione  secondo  la
quale «lo Stato destina risorse  aggiuntive  ed  effettua  interventi
speciali  in  favore  di   determinati   Comuni,   Province,   Citta'
metropolitane e Regioni»,  allo  scopo  di  «promuovere  lo  sviluppo
economico, la coesione e la solidarieta' sociale, per  rimuovere  gli
squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei
diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi  dal  normale
esercizio delle loro funzioni». 
    Dall'insieme delle disposizioni appena menzionate si  ricava  con
chiarezza  il  principio  generale  di  corrispondenza  tra  funzioni
esercitate  ed  entrate   ordinarie   spettanti   ai   diversi   enti
territoriali della Repubblica. L'unica eccezione a  questo  principio
generale  di  corrispondenza  tra  funzioni  e  risorse   e'   quella
espressamente prevista dal comma quinto dell'art. 119: gli interventi
speciali e le risorse  aggiuntive  che  lo  Stato  deve  destinare  a
singoli enti territoriali al fine di garantire  la  realizzazione  di
alcuni   fondamentali    valori    costituzionali    e    l'effettivo
esercizio/godimento dei diritti della persona, nonche' - non a caso -
per provvedere  a  tutti  gli  scopi  che  fuoriescano  dal  «normale
esercizio» delle funzioni ordinariamente spettanti agli enti autonomi
territoriali. 
    Il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse rileva  qui
da due differenti (ma concorrenti) punti di vista. 
    a) In primo luogo, esso mostra chiaramente che, oltre all'ipotesi
da ultimo citata, di cui all'art. 119, quinto comma, Cost., il nostro
diritto costituzionale  non  ammette  che  le  funzioni  di  un  ente
territoriale possano essere finanziate mediante il ricorso ad entrate
diverse da quelle che, in via ordinaria, competono al  suo  bilancio.
Di conseguenza non puo' che ritenersi costituzionalmente  illegittima
la previsione secondo la quale la  funzioni  statali  in  materia  di
protezione  civile,  connesse  alla  declaratoria  dello   stato   di
emergenza di cui all'art. 2, lett. c), e all'art. 5, comma  1,  della
legge n. 225 del 1992, sono finanziate a gravare  sui  bilanci  delle
Regioni interessate. Con evidenza, le risorse provenienti  da  questi
bilanci non fanno parte, infatti, delle  risorse  che  ordinariamente
competono allo Stato. 
    b) Il principio costituzionale di corrispondenza tra  funzioni  e
risorse, come desumibile dall'art. 119, Cost., rileva in questa  sede
anche sotto un secondo profilo. 
    Il quarto comma di  tale  disposizione  costituzionale,  infatti,
nell'affermare che le risorse dei  precedenti  commi  «consentono  ai
Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e  alle  Regioni  di
finanziare integralmente le funzioni loro attribuite»,  evidentemente
presuppone che le risorse in questione siano stabilmente destinate al
finanziamento di tali funzioni, e non al  finanziamento  di  funzioni
svolte   da   altri   soggetti.   La   medesima   conclusione    deve
necessariamente trarsi anche dal testo del  successivo  quinto  comma
dell'art. 119 Cost.: se lo  Stato  e'  chiamato  a  porre  in  essere
«interventi speciali» e a destinare  «risorse  aggiuntive»  a  favore
degli enti autonomi territoriali sub-statali, anche - tra  l'altro  -
al fine di «provvedere a  scopi  diversi  dall'esercizio  delle  loro
funzioni», a maggior ragione si deve ritenere che non possa imprimere
alle  risorse  «ordinarie»  delle  Regioni  (e  degli  enti   locali)
destinazione diversa da quella del finanziamento di queste funzioni. 
    8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies - quest'ultimo limitatamente al primo periodo - nell'art.
5 della legge n. 225 del 1992, per violazione dell'art.  119,  quinto
comma, Cost., anche in relazione ai  principi  di  eguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  nonche'  al  principio  di
solidarieta' politica, economica e sociale di cui all'art. 2 Cost. 
    8.1. - Le norme contenute nei commi 5-quater e 5-quinquies, primo
periodo,  dell'art.  5  della  legge  n.  225  del  1992  contrastano
palesemente e in termini specifici con quanto disposto dall'art. 119,
quinto comma, Cost. 
    In base a quanto prevede tale disposizione,  come  si  e'  appena
posto in rilievo, la Costituzione affida espressamente allo Stato  il
compito di «destinare» «risorse aggiuntivi,» rispetto a quelle di cui
ai commi secondo e terzo del medesimo  art.  119  e  di  «effettuare»
«interventi speciali  in  favore  di  determinati  Comuni,  Province,
Citta' metropolitane e Regioni». La norma costituzionale  stabilisce,
altresi',  le  finalita'  cui  tali  «risorse  aggiuntive»   e   tali
«interventi speciali» di competenza statale debbono  essere  rivolti:
la promozione  dello  sviluppo  economico,  della  coesione  e  della
solidarieta'  sociale;  la  rimozione  degli  squilibri  economici  e
sociali; la migliore garanzia dell'effettivo  esercizio  dei  diritti
della persona; la  necessita'  di  provvedere  a  scopi  diversi  dal
normale esercizio delle funzioni affidate alla competenza degli  enti
autonomi territoriali. In sintesi, e' evidente che l'art. 119, quinto
comma, Cost. attribuisce  specificamente  allo  Stato  una  peculiare
funzione  «sussidiaria»  a   garanzia   ultima   di   alcuni   valori
imprescindibili   dell'ordinamento,   intestando   proprio   all'ente
esponenziale  dell'unita'  e  indivisibilita'  della  Repubblica   il
compito  di  assicurare  la  disponibilita'  delle  risorse   e   gli
interventi necessari allorquando i suddetti valori non possano essere
adeguatamente  garantiti  dal  normale   esercizio   delle   funzioni
spettanti alle autonomie territoriali. 
    Se si considera la tipologia di eventi contemplati  dall'art.  2,
comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 1992  cui  fanno  esplicito
riferimento  le  norme  impugnate  nel   presente   giudizio   (ossia
«calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed
estensione,  debbono  essere  fronteggiati   con   mezzi   e   poteri
straordinari»), e' del tutto agevole dedurne che proprio in  presenza
di simili circostanze di fatto  ci  si  trova  a  dover  fronteggiare
situazioni  che  determinano  un  sicuro  pregiudizio  per  i  valori
contemplati nel quinto comma  dell'art.  119  Cost.,  che  certamente
fuoriescono dal campo del «normale esercizio»  delle  funzioni  delle
autonomie territoriali e che, pertanto, costituiscono senz'altro  uno
dei campi privilegiati di quella responsabilita' «sussidiaria» che la
citata norma costituzionale intesta allo Stato. In altre parole,  non
puo' seriamente dubitarsi che tra gli «interventi speciali» di cui al
quinto comma dell'art. 119, debbano  essere  collocati  anche  quelli
svolti in risposta ad «emergenze» rientranti nell'ambito del disposto
dell'art. 2, comma 1, lett. c), e dell'art. 5, comma 1,  della  legge
n. 225 del 1992. E non puo' dubitarsi che con le disposizioni che qui
si contestano lo Stato intende invece sottrarsi alla  responsabilita'
di finanziare lo svolgimento di specifici compiti che la Costituzione
gli assegna, mettendo peraltro seriamente a rischio la loro  concreta
realizzazione. 
    Da  cio'  discende,   in   termini   evidenti,   l'illegittimita'
costituzionale di norme legislative quali quelle impugnate in  questa
sede, in quanto volte a porre a  carico  delle  Regioni  direttamente
interessate dagli eventi catastrofici di cui  all'art.  2,  comma  1,
lett. c), della legge n. 225 del 1992 gli oneri  finanziari  connessi
con la gestione dell'emergenza e,  dunque,  volte  a  determinare  la
sostanziale «abdicazione» da parte dello  Stato  dai  propri  compiti
espressamente contemplati nell'art. 119, quinto comma, Cost. 
    8.2. - Proprio la  considerazione  dei  valori  costituzionali  a
garanzia  dei  quali  gli  interventi  «straordinari»   dello   Stato
dovrebbero rivolgersi consente, d'altra parte,  di  ritenere  che  la
violazione diretta dell'art. 119, quinto  comma,  Cost.  si  colleghi
strettamente con la violazione di numerosi altri  principi  contenuti
nella  Carta  costituzionale.  E  la  legittimazione  della   Regione
ricorrente a denunciare nel presente giudizio anche simili profili di
illegittimita'  costituzionale  trova  sicuro   fondamento   in   due
concorrenti ragioni: a) perche' trattasi  di  corollari  direttamente
connessi alla affermata violazione di una  norma  costituzionale  sul
riparto delle competenze quale quella contenuta nell'art. 119, quinto
comma, Cost.; b) perche', in ogni caso, le norme  impugnate  incidono
direttamente  sulle   attribuzioni   costituzionali   delle   Regioni
limitandone  e  vincolandone  le  sfere  di  autonomia  normativa   e
finanziaria, con la  conseguenza  per  cui  la  violazione  di  norme
costituzionali extracompetenziali e' in grado di produrre,  nel  caso
di specie, quella «lesione indiretta» delle competenze costituzionali
delle Regioni cui la consolidata giurisprudenza di  questa  Corte  e'
ancora l'ammissibilita' nel giudizio  in  via  principale  di  simili
censure. 
    8.2.1. - In primo luogo,  e'  palese  il  contrasto  delle  norme
impugnate con i principi di eguaglianza e di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost., dal momento  che  -  a  dispetto  della  menzionata
«responsabilita'»  dello  Stato  per  la  rimozione  degli  squilibri
economici  e  sociali  e  per  la  migliore  garanzia  dell'effettivo
esercizio dei diritti della persona - viene posto  a  carico  proprio
delle  collettivita'  colpite  dalle  calamita'  naturali   o   dalle
catastrofi il peso economico degli interventi volti a fronteggiarle. 
    Tale profilo  illegittimita'  costituzionale  risulta  ampiamente
evocato nell'ambito del dibattito parlamentare svoltosi in  occasione
della conversione in legge del d.l. n. 225 del 2010. Al riguardo,  si
rinvia al gia' menzionato resoconto  sommario  e  stenografico  della
seduta alla Camera dei deputati del giorno martedi' 22 febbraio 2011.
Puo' essere citato, ad esempio, l'intervento del deputato  Cambursano
(in  part.  a  pag.  9  del  Resoconto):  «Nel  territorio  dove   si
abbatteranno calamita' naturali,  le  regioni  potranno  aumentare  i
tributi,  le  addizionali,  l'imposta  regionale  sulla  benzina  per
autotrazione e quella, se necessario, anche sulle accise sul gasolio.
In un colpo solo, signor  Presidente,  due  sacri  principi  si  sono
abbattuti: il principio della solidarieta' di un territorio verso  un
altro, ossia verso il territorio colpito, e  quello  della  capacita'
contributiva. Da quello che ricordo aver studiato a suo tempo,  credo
che per attivare una nuova  imposta  o  una  nuova  tassa,  ai  sensi
dell'articolo  53  della   Costituzione,   occorra   individuare   un
presupposto  patrimoniale  e  reddituale.  Qual  e'  il   presupposto
patrimoniale o reddituale di questo maggiore  appesantimento  fiscale
dei cittadini gia' colpiti dalla calamita?  La  catastrofe  naturale.
Non mi pare che nella Carta costituzionale si facesse cenno a  questi
presupposti, ma li avete inventati voi». Nello stesso senso, tra  gli
altri, anche il deputato Occhiuto (pag. 17 del Resoconto): «In questo
provvedimento, pero', avete fatto anche di  peggio.  Avete  fatto  di
piu' e di peggio, come hanno gia' ricordato altri colleghi. Vi  siete
persino inventati la tassa sulle disgrazie. Avete previsto,  infatti,
di tassare i cittadini anche per  le  calamita'  naturali,  imponendo
alle regioni terremotate, per esempio, o alle regioni alluvionate  di
aumentare le tasse e le addizionali e, qualora l'aumento delle  tasse
regionali non sia sufficiente a fronteggiare la calamita' e si debba,
quindi, utilizzare il Fondo di riserva per le spese  impreviste,  che
e' istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avete
disposto  che  questo  Fondo  possa  essere  reintegrato  in   misura
corrispondente mediante l'aumento dell'accisa  sulla  benzina  e  sul
gasolio. L'aumento che  avete  previsto  sara'  deliberato,  come  e'
scritto nel provvedimento,  dall'Agenzia  delle  dogane.  Insomma,  i
cittadini che subiranno sul loro territorio  una  calamita'  naturale
dovranno subire prima i danni della  catastrofe  e  poi  le  stangate
fiscali della regione prima e del Governo dopo». 
    Alla luce di queste parole, non ci  vuol  molto  per  argomentare
l'evidente  violazione  del  principio  di  eguaglianza,  laddove  si
configura  un  trattamento  deteriore  proprio  per  le   popolazioni
residenti nelle aree colpite da un evento catastrofico straordinario,
nonche' la palese irragionevolezza di una simile disciplina. 
    Il principio di ragionevolezza, in particolare,  e'  violato  per
due differenti ma concorrenti ragioni: 
        a) innanzi tutto,  per  la  evidente  irrazionalita'  di  una
misura che  realizza  l'effetto  di  gravare  le  collettivita'  gia'
colpite dalla calamita' naturale da un ulteriore peso, senza che cio'
trovi fondamento in alcuna ragione  costituzionalmente  apprezzabile,
ed in particolare in una manifestazione di capacita' contributiva, ed
anzi a fronte  di  una  diminuzione,  estremamente  probabile,  della
capacita' contributiva di molti  dei  soggetti  facenti  parte  delle
collettivita' in questione, proprio a causa delle  calamita'  che  li
hanno colpiti; 
        b)  in  secondo  luogo,  a  causa  della  incoerenza  che  le
disposizioni impugnate determinano  nella  legislazione  vigente;  il
comma 5-ter del medesimo art. 5 della legge n. 225 del 1992, infatti,
si fa carico delle particolari situazioni di difficolta'  in  cui  si
possono trovare  le  collettivita'  colpite  dalle  calamita'  e,  in
considerazione  di  cio',  prevede   che   «in   relazione   ad   una
dichiarazione dello stato di emergenza,  i  soggetti  interessati  da
eventi eccezionali e imprevedibili che subiscono danni  riconducibili
all'evento, compresi quelli relativi alle abitazioni e agli  immobili
sedi di attivita' produttive, possono fruire della sospensione o  del
differimento, per un periodo fino a sei mesi,  dei  termini  per  gli
adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali
e assistenziali e dei premi per l'assicurazione  obbligatoria  contro
gli infortuni e le malattie professionali». A fronte di questa  norma
di agevolazione fiscale per i soggetti colpiti,  i  successivi  commi
5-quater  e  5-quinquies,  primo  periodo,  pongono  a  carico  delle
collettivita' colpite il peso  economico  degli  interventi  volti  a
fronteggiare l'emergenza. Non  vi  e'  chi  non  veda  la  intrinseca
contraddittorieta' di queste previsioni normative. 
    8.2.2. - Le disposizioni impugnate, sempre in connessione con  la
violazione dell'art. 119, quinto comma, Cost.,  contrastano  altresi'
con l'art. 2 Cost. ed il principio di solidarieta' in  esso  sancito.
Come e' noto, infatti, in base a tale disposizione costituzionale «la
Repubblica (...) richiede l'adempimento dei  doveri  inderogabili  di
solidarieta'  politica,  economica  e  sociale».   Tale   dovere   di
solidarieta' - che proprio l'art. 119, quinto comma,  Cost.  richiama
espressamente  tra  le  finalita'  cui  dovrebbero  indirizzarsi   le
«risorse aggiuntive» e gli «interventi speciali» posti a carico dello
Stato - trova applicazione  anche  tra  le  comunita'  stanziate  sui
diversi territori regionali. Come hanno  evidenziato  gli  interventi
occorsi in sede di dibattito parlamentare sopra riportati, l'art.  5,
commi 5-quater e  5-quinquies,  primo  periodo,  viola  tale  dovere,
facendo venir meno - proprio nel momento di massimo  bisogno  di  una
collettivita' regionale, dovuto a eventi straordinari e quasi  sempre
imprevedibili - il sostegno delle altre collettivita'. 
    9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per violazione dell'art. 119, primo comma, Cost. e,  in  particolare,
del principio di autonomia di entrata e di spesa della Regione. 
    9.1. - L'art. 119 Cost. risulta  violato  anche  per  un  diverso
profilo. Tale disposizione costituzionale - in particolare, al  primo
comma - stabilisce che la Regione goda di autonomia di entrata  e  di
spesa. Tale autonomia e' evidentemente vulnerata e compressa in  modo
grave dalle disposizioni che si contestano in questa sede. 
    9.2. -  L'autonomia  finanziaria  regionale,  innanzi  tutto,  e'
vulnerata dalla circostanza secondo  la  quale  la  Regione  si  vede
imporre, mediante una legge dello Stato, l'obbligo  di  finanziare  a
carico del proprio bilancio funzioni esercitate da quest'ultimo. 
    L'autodeterminazione circa l'utilizzazione delle proprie  risorse
e la  connessa  responsabilita'  -  sia  generalmente  politica,  che
specificamente fiscale - nei confronti del corpo elettorale regionale
vengono evidentemente messe in crisi da tale previsione. 
    9.3.  -  La  violazione  dell'autonomia   finanziaria   regionale
garantita dal primo comma dell'art. 119 Cost. e'  apprezzabile  anche
da un altro punto di vista. 
    I commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, dell'art. 5  della
legge n. 225 del 1992, infatti, nel prevedere che qualora il bilancio
regionale non risulti capiente  per  la  copertura  delle  spese,  il
Presidente della Regione  debba  esercitare  la  potesta'  tributaria
riconosciuta  alla  Regione  dalla  legislazione  nazionale  vigente,
deliberando aumenti - nella misura massima consentita da quest'ultima
- dei tributi, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di  aliquote
attribuite alla Regione, nonche' deliberando - all'occorrenza - anche
un  ulteriore  aumento  dell'imposta  regionale  sulla  benzina   per
autotrazione fino ad un massimo di 5 cent. per litro, determinano  un
vincolo  particolarmente  stringente  all'esercizio  della   potesta'
tributaria della Regione, azzerando i margini di scelta  relativi  ad
una propria e responsabile «politica di imposizione fiscale». In  tal
modo viene dunque fortemente compressa l'autonomia di  entrata  della
Regione. 
    A sostegno del presente motivo di censura, inoltre,  puo'  essere
sottolineato quanto segue. 
    La Regione Puglia non ignora che  le  Regioni,  ove  proprio  non
intendano aumentare le entrate tributarie gravanti sulle  popolazioni
residenti  sul  territorio  regionale,  possono   «liberarsi»   dalla
necessita' di procedere in  tal  senso  mediante  una  variazione  di
bilancio, ad  esempio  disponendo  la  riduzione  di  spese  in  esso
previste.   Tale   rilievo,   tuttavia,    evidenzia    ulteriormente
l'incostituzionalita' delle  disposizioni  impugnate,  poiche'  rende
evidente  che  l'unico  modo  che  la  Regione  ha  per  evitare   la
compressione  della  propria  autonomia  di  entrata,  e'  quello  di
accettare una corrispondente compressione della propria autonomia  di
spesa, ossia di deliberare una variazione di bilancio che  elimini  o
riduca spese  gia'  precedentemente  stabilite  nell'esercizio  della
propria autonomia. La lesione delle prerogative costituzionali  della
Regione, peraltro, risulta ancor  piu'  evidente  ove  si  consideri,
sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla  sent.  n.  320  del
2004  di  questa  Corte,  che  «in  numerose  materie  di  competenza
regionale le politiche pubbliche consistono appunto  nella  determina
ione di incentivi economici ai diversi  soggetti  che  vi  operano  e
nella disciplina delle modalita' per la loro erogazione» (par. 7  del
Considerato in diritto). Tale rilievo rende del tutto palese  che  la
costrizione -  per  il  tramite  della  «minaccia»  costituita  dalla
possibile compressione della autonomia di  entrata  -  a  ridurre  le
politiche di spesa di una Regione comporta la  incisione  del  «cuore
pulsante» dell'autonomia di quest'ultima  in  parecchi  degli  ambiti
materiali che il Titolo V  della  Parte  seconda  della  Costituzione
attribuisce alla competenza della medesima. 
    9.4.  -  Tali  ultime  considerazioni,  inoltre,  consentono   di
apprezzare un ulteriore punto di vista dal  quale  risultano  violati
tanto il principio di autonomia finanziaria delle Regioni, quanto  il
principio di corrispondenza tra entrate ordinarie di queste ultime  e
le funzioni dalle medesime esercitate. In  base  alla  giurisprudenza
costituzionale, infatti, le risorse di cui ai commi secondo  e  terzo
dell'art. 119 Cost. «consentono - vale a  dire  devono  consentire  -
agli enti di "finanziare integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro
attribuite" (quarto comma), salva la possibilita'  per  lo  Stato  di
destinare risorse aggiuntive ed  effettuare  interventi  speciali  in
favore  di  determinati  Comuni,  Province,  Citta'  metropolitane  e
Regioni, per gli scopi di sviluppo  e  di  garanzia  enunciati  dalla
stessa norma o "per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio"
delle funzioni degli enti autonomi (quinto comma)» (sent. n.  37  del
2004, par. 5 del Considerato in diritto; analogamente la sent. n. 370
del 2003, par. 7 del Considerato in diritto).  Ora,  nell'ipotesi  in
cui la Regione voglia evitare la compressione della propria autonomia
di entrata e, dunque, non intenda  aumentare  le  entrate  tributarie
indicate dal comma 5-quater dell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
si trova  a  dover  ridurre  lo  stanziamento  di  bilancio  volto  a
finanziare  proprie   funzioni   amministrative,   potendo   giungere
addirittura a dover contemplare la possibilita' di azzerare il  primo
ed eliminare le seconde. Con il risultato - evidentemente  gravissimo
per l'autonomia regionale - di veder vulnerato proprio quel principio
di corrispondenza, il quale richiede che  le  risorse  ordinariamente
afferenti al bilancio regionale siano  sufficienti  a  finanziare  le
funzioni regionali. 
    La conseguenza e' di palmare evidenza:  le  disposizioni  oggetto
del  presente  giudizio  mettono  «nell'angolo»  la  Regione.   Essa,
infatti, si trova costretta o  ad  accettare  la  compressione  della
propria  autonomia  di  entrata  (ed  in  particolare  della  propria
autonomia  impositiva),  ovvero  ad  accettare  la   violazione   del
principio di corrispondenza  sancito  dall'art.  119,  quarto  comma,
Cost., con  il  risultato  di  dover  necessariamente  rinunziare  ad
esercitare alcune delle proprie  funzioni  istituite  e/o  finanziate
nell'ambito dell'esercizio della propria autonomia. 
    E' evidente che - anche in questo caso - determinante al fine del
prodursi della violazione qui denunciata e' la circostanza secondo la
quale le risorse reperite a carico del bilancio della Regione  o  del
sistema tributario regionale ai sensi dell'art.  5,  comma  5-quater,
della legge n. 225 del 1992 sono volte a finanziare funzioni (e, piu'
in generale, politiche) svolte da altri enti,  in  particolare  dallo
Stato. Se, infatti, le funzioni volte a  fronteggiare  gli  stati  di
emergenza di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della  legge  n.  225
del 1992 fossero  affidate  alla  competenza  delle  Regioni,  queste
ultime certo si vedrebbero gravare di una  notevole  responsabilita',
in vista della quale dovrebbero comunque essere dotate delle  risorse
necessarie in base ai commi secondo, terzo  e  quarto  dell'art.  119
Cost.,  ma  senza  dubbio   le   disposizioni   qui   impugnate   non
determinerebbero la violazione del principio  di  corrispondenza  tra
funzioni e risorse, ne' dell'autonomia finanziaria regionale. 
    9.5. - Infine, in relazione al presente  motivo  di  ricorso,  si
deve osservare quanto segue. 
    La Regione Puglia non ignora  che  la  giurisprudenza  di  questa
Corte concernente  il  sistema  diseg-nato  dall'art.  119  Cost.  ha
affermato che quest'ultimo non e' in grado di dispiegare pienamente i
propri effetti sino al momento in cui non  sara'  operante  la  legge
statale espressamente prevista per  il  coordinamento  della  finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario.  In  questa  sede,  e'   pero'
necessario evidenziare che la medesima giurisprudenza ha chiarito che
cio' non comporta la conseguenza secondo la quale, anche prima  della
sua attuazione legislativa, l'art. 119 Cost.  non  sia  in  grado  di
imporre alcuni precetti direttamente operanti. Tra questi - oltre  al
«principio di corrispondenza», sul quale ci  si  e'  gia'  ampiamente
soffermati -  e'  stato  individuato  anche  quello  consistente  nel
«divieto  imposto  di  procedere  in  senso  inverso  a  quanto  oggi
prescritto dall'art. 119 della Costituzione, e  cosi'  di  sopprimere
semplicemente,  senza  sostituirli,  gli  spazi  di  autonomia   gia'
riconosciuti dalle leggi statali in vigore, alle Regioni e agli  enti
locali,  o  di  procedere  a  configurare  un   sistema   finanziario
complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119»  (cosi'
la sent. n. 423 del 2004, par. 3.3 del Considerato  in  diritto,  che
richiama le sentt. nn. 320, 241 e 37  del  2004).  E'  evidente  che,
invece, tale «procedere in senso inverso» e'  precisamente  l'effetto
delle  disposizioni  impugnate:  esse  infatti  -  per   le   ragioni
illustrate  -  sopprimono  spazi  di   autonomia   finanziaria   gia'
riconosciuti  alle  Regioni  e  pongono  delle   norme   direttamente
contrastanti con i principi desumibili dall'art. 119 Cost. 
    10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per  violazione  dell'art.  119  Cost.,  sotto   il   profilo   della
imposizione di vincoli di  destinazione  a  risparmi  di  spesa  e  a
entrate regionali. 
    10.1. - Oltre al «principio di corrispondenza», e al precetto del
«divieto  di  procedere  in   senso   inverso»,   la   giurisprudenza
costituzionale ha ritenuto che dall'art. 119 Cost. debba ricavarsi un
altro  principio,   direttamente   e   immediatamente   operante,   e
particolarmente rilevante in questa sede. Si tratta  del  divieto  di
istituire  fondi  vincolati  nella  destinazione,   con   particolare
riguardo alle materie affidate alla competenza legislativa  residuale
regionale o concorrente di Stato e Regioni (tra le molte,  si  vedano
le sentt. nn. 370 del 2003, 320 del 2004, 137 e 201 del 2007). 
    A tutta evidenza, il caso di specie non e'  certo  quello  di  un
fondo, previsto nel bilancio statale, che sia finalizzato  ad  essere
trasferito alle Regioni con vincolo di destinazione. Con  altrettanta
evidenza,  tuttavia,  il  principio  del  divieto  dei   vincoli   di
destinazione  desumibile  dall'art.  119  Cost.  si  configura   come
principio  generale  concernente  tutte  le  risorse  garantite  alle
autonomie  territoriali  dai  commi  secondo  e  terzo  della   norma
costituzionale citata. In dottrina e' stato affermato,  al  riguardo,
che «non puo' essere messo in  dubbio»  che  l'autonomia  finanziaria
degli enti territoriali «comprenda la possibilita'  di  stabilire  la
tipologia e  l'entita'  delle  spese  proprie  di  tali  enti».  Piu'
specificamente, si e' evidenziato che il divieto di imprimere vincoli
di destinazione al fondo  perequativo  di  cui  all'art.  119,  terzo
comma, Cost., produce, in generale, «un effetto  di  tipo  proibitivo
nei confronti della normazione primaria e secondaria  che  stabilisca
vincoli specifici di destinazione» (G. Fransoni,  G.  Della  Cananea,
Art. 119, in R.  Bifulco,  A.  Celotto,  M.  Olivetti  (a  cura  di),
Commentario alla  Costituzione,  III,  Utet  giuridica-Wolter  Kluwer
Italia Giuridica, Milano, 2006, pagg. 2368 e 2373). 
    Tale principio generale e' senz'altro applicabile  anche  a  casi
come quello che viene sottoposto al giudizio di  questa  Corte  nella
sede odierna. 
    E' indubbio, infatti, che  le  norme  qui  censurate  pongono  un
vincolo di destinazione.  Tale  vincolo  grava,  alternativamente,  o
sulle  somme   derivanti   dall'aumento   del   prelievo   tributario
eventualmente stabilito dal Presidente  della  Regione  ai  sensi  di
questa disposizione, o sulle somme derivanti dai  risparmi  di  spesa
che la Regione deliberi  mediante  una  variazione  di  bilancio  per
evitare  di  dover  ricorrere  ai  suddetti  aumenti  tributari.   E'
altrettanto indubbio, peraltro,  che  il  divieto  di  vincoli  nella
destinazione che grava sui trasferimenti di origine statale non  puo'
che  valere,  a  maggior   ragione,   in   relazione   alle   risorse
autonomamente  reperite  dalla  Regione  (come  lo  sono  sia  quelle
derivanti  dall'incremento  del  prelievo   tributario   che   quelle
conseguenti. a risparmi di spesa). In relazione a casi similari, fino
ad oggi, la  giurisprudenza  costituzionale  non  ha  avuto  modo  di
soffermarsi, forse perche' mai la legislazione statale si era,  prima
d'ora,  spinta  cosi'  in  la'  nella   compressione   dell'autonomia
finanziaria regionale: e' infatti molto piu' grave  per  quest'ultima
un vincolo di destinazione imposto su risorse autonomamente  reperite
che il medesimo vincolo gravante su risorse trasferite  dallo  Stato.
Per questa ragione, non vi e' chi  non  veda  che  le  norme  statali
impugnate  violano  palesemente  il  principio  costituzionale  della
autonomia finanziaria, con particolare riguardo al divieto di imporre
vincoli nella destinazione delle risorse. 
    11. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art.  119,  secondo
comma, Cost., in relazione alla  competenza  legislativa  concorrente
nella materia «coordinamento della finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario». 
    11.1. - I commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo,  dell'art.
5 della legge n. 225 del 1992 violano anche l'art. 117, terzo  comma,
e 119, secondo comma, Cost., in quanto si pongono in contrasto con il
riparto  di  competenze  legislative  concernente  la   materia   del
«coordinamento della  finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario»
stabilito dalle norme costituzionali citate, cosi'  come  ricostruito
dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Al riguardo, e' possibile evidenziare quanto segue. 
    Che la disciplina oggetto di censura debba essere ricondotta alla
materia del «coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario»  non  e'  ragionevolmente  discutibile.   Le   norme   in
questione, infatti, dettano una disciplina  appositamente  rivolta  a
coordinare la «ripartizione» degli oneri finanziari connessi  con  la
gestione degli stati di emergenza derivanti da calamita'  naturali  o
eventi catastrofici, attribuendone il  peso  interamente  ai  bilanci
delle Regioni,  ponendo  limiti  alla  loro  potesta'  di  spesa  (in
relazione  a  somme  ottenute  mediante  l'esercizio  della  potesta'
tributaria regionale ovvero mediante risparmi di  spesa)  e,  infine,
prevedendo la mera «eventualita'» del ricorso alle risorse del  Fondo
nazionale di protezione civile. 
    La  materia  de  qua  e'  affidata,  dalla   Costituzione,   alla
competenza legislativa concorrente di Stato e' Regioni. E' noto  che,
secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  non   e'   possibile
stabilire, in generale e a valere per tutte  le  materie  di  cui  al
terzo comma dell'art. 117 Cost., cosa sia  principio  fondamentale  e
cosa  non  lo  sia.  E'  viceversa  necessario  che  i  criteri   per
discriminare le norme di principio da  quelle  di  dettaglio  tengano
conto delle peculiarita' delle singole materie. E', per  questo  che,
nel  caso  di  specie,  e'  necessario  (ancor  piu'  che  in   altre
situazioni) fare riferimento alle pronunce di questa Corte. 
    Sul punto, rilevano tutte le decisioni che hanno evidenziato come
le norme statali che impongono  vincoli  alle  spese  possano  essere
ritenute espressive di principi fondamentali soltanto (per  quel  che
qui specificamente interessa) se tali vincoli sono volti a perseguire
l'obiettivo  del  riequilibrio  della  finanza  pubblica.   Si   puo'
richiamare, solo per citare un esempio tra le pronunce piu'  recenti,
la sent. n. 326 del 2010: «Nella giurisprudenza di  questa  Corte  e'
ormai  consolidato  l'orientamento  secondo  cui  norme  statali  che
fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti  locali  possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla seguente duplice condizione: in  primo  luogo,  che  si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che  non  prevedano
in modo esaustivo strumenti o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi» (par.  8.5  del  Considerato  in  diritto;  nello
stesso senso questa Corte si e' espressa, inoltre, nella sent. n.  52
del 2010, al par. 12.3 del Considerato in diritto). 
    Ora, e' noto che, nella maggior parte dei casi,  affermazioni  di
tale tenore hanno avuto ad oggetto norme statali che ponevano divieti
di spesa, mentre in questo caso le norme impugnate pongono un  limite
differente, consistente - come gia' messo in evidenza - in un vincolo
nella  destinazione  di  risorse   indiscutibilmente   di   spettanza
regionale in quanto riconducibili alle fonti di  entrata  di  cui  ai
commi  secondo  e  terzo  dell'art.  119  Cost.  La  Regione  Puglia,
tuttavia,  ritiene  che   l'orientamento   giurisprudenziale   appena
richiamato non possa non valere anche per questo diverso  limite,  il
quale, come si e' mostrato piu' sopra, e' particolarmente  grave  per
l'autonomia regionale proprio perche' destinato ad investire  risorse
non trasferite dallo Stato ma autonomamente reperite  dalla  Regione.
Cio',  nel  caso  di  specie,  conduce  senz'altro  ad  escludere  la
qualifica di «principio fondamentale» ai precetti di cui all'art.  5,
commi  5-quater  e  5-quinquies,   primo   periodo,   in   quanto   -
evidentemente - i limiti che essi impongono non sono  in  alcun  modo
finalizzati al perseguimento dell'obiettivo  del  riequilibrio  della
finanza pubblica, ne' un simile obiettivo e' in alcun modo desumibile
dal tenore testuale delle disposizioni in questione. 
    Per questi motivi, si deve ritenere che le norme impugnate, nella
parte in cui impongono limiti  e  vincoli  puntuali  all'utilizzo  di
risorse finanziarie regionali,  siano  contrastanti  con  il  riparto
delle competenze  legislative  in  materia  di  «coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario», non essendo in alcun modo
qualificabili come principi fondamentali di tale materia. 
    12. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n.  10  del  2011,  limitatamente   alla   introduzione   del   comma
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  de11992,
per violazione dell'art. 119, quinto comma, Cost., anche in relazione
ai principi di eguaglianza e di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3
Cost., nonche' al principio di  solidarieta'  politica,  economica  e
sociale di cui all'art. 2 Cost.,  nella  parte  in  cui  prevede  che
l'accesso al Fondo nazionale di protezione  civile  e'  semplicemente
«possibile» e  subordinato  a  valutazioni  «politiche»  del  Governo
anziche' essere obbligatorio e automatico. 
    12.1. - La  presente  censura  e'  proposta  in  via  subordinata
rispetto a tutte quelle  fin  qui  prospettate.  La  Regione  Puglia,
infatti, sostiene che - anche nella denegata ipotesi  in  cui  questa
Corte ritenesse di respingere  tutte  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale  concernenti  il  comma   5-quater,   considerato   in
combinato disposto con il comma 5-quinquies, primo periodo, dell'art.
5 della legge n. 225 del 1992 - esisterebbero comunque buone  ragioni
per  ritenere  costituzionalmente  illegittima,  in   via   autonoma,
quest'ultima disposizione. 
    Essa - lo si ricorda - prevede quanto segue: «Qualora  le  misure
adottate ai sensi del comma 5-quater non siano sufficienti, ovvero in
tutti gli altri casi di eventi di cui al comma 5-quater di  rilevanza
nazionale, puo' essere disposto l'utilizzo delle  risorse  del  Fondo
nazionale di protezione civile». In  base  a  questa  norma,  dunque,
l'accesso al Fondo nazionale di protezione civile, anche nel caso  in
cui ricorrano gli eventi straordinari di cui  all'art.  2,  comma  1,
lett. c), e 5,  comma  1,  della  legge  n.  225  del  1992,  non  e'
«obbligatorio» e «automatico». Viceversa,  tale  accesso  e'  innanzi
tutto subordinato, alternativamente, al ricorrere di due  condizioni:
a) che siano state percorse le strade indicate dal comma 5-quater  (o
che non possano essere  percorse,  come  correttamente  evidenzia  la
direttiva del Presidente del Consiglio piu' sopra citata); b) che sia
stata data la qualificazione degli  eventi  calamitosi  in  questione
come di «rilevanza nazionale». 
    In presenza di queste condizioni, l'accesso al Fondo nazionale e'
consentito soltanto  a  seguito  di  una  valutazione  «unilaterale»,
«politica» ed «insindacabile» dello Stato. 
    E'  dunque  possibile,  ad  esempio,  il  verificarsi  di  simili
occorrenze: la Regione colpita dalla calamita' o evento straordinario
delibera gli aumenti tributari ai sensi dell'art. 5, comma  5-quater,
della legge n. 225 del 1992, e tuttavia cio' non e'  sufficiente  per
coprire  le  spese  degli   interventi   necessari   a   fronteggiare
l'emergenza. Cio' nonostante, lo Stato nega  -  al  fine  di  coprire
queste spese - l'accesso al Fondo nazionale di protezione civile,  in
base ad una propria unilaterale valutazione. 
    12.2. - Nel precedente motivo di censura illustrato al par. 8  si
e' messo in luce come il combinato  disposto  dei  commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, dell'art. 5 della legge n. 225  del  1992
abbia come effetto quello di vulnerare gravemente l'art. 119,  quinto
comma, Cost., in connessione con il principio  solidaristico  di  cui
all'art. 2 Cost. e con i principi di eguaglianza e di  ragionevolezza
di cui all'art. 3 Cost. 
    In base a quanto prevede la prima di tali disposizioni,  infatti,
la Costituzione affida allo Stato il compito di «destinare»  «risorse
aggiuntive» rispetto a quelle di cui ai commi  secondo  e  terzo  del
medesimo art. 119 e di «effettuare» «interventi speciali in favore di
determinati Comuni, Province, Citta'  metropolitane  e  Regioni».  La
norma costituzionale stabilisce,  altresi',  le  finalita'  cui  tali
«risorse aggiuntive»  e  tali  «interventi  speciali»  di  competenza
statale  debbono  essere  rivolti:  la  promozione   dello   sviluppo
economico, della coesione e della solidarieta' sociale; la  rimozione
degli  squilibri  economici   e   sociali;   la   migliore   garanzia
dell'effettivo esercizio dei diritti della persona; la necessita'  di
provvedere a scopi  diversi  dal  normale  esercizio  delle  funzioni
affidate  alla  competenza  degli  enti  autonomi  territoriali.   In
sintesi, come si e' gia' argomentato, e'  evidente  che  l'art.  119,
quinto  comma,  Cost.  attribuisce  specificamente  allo  Stato   una
peculiare funzione «sussidiaria» a garanzia ultima di  alcuni  valori
imprescindibili   dell'ordinamento,   intestando   proprio   all'ente
esponenziale  dell'unita'  e  indivisibilita'  della  Repubblica   il
compito  di  assicurare  la  disponibilita'  delle  risorse   e   gli
interventi necessari allorquando i suddetti valori non possano essere
adeguatamente  garantiti  dal  normale   esercizio   delle   funzioni
spettanti alle  autonomie  territoriali.  Si  tratta,  dunque,  della
specifica declinazione che assumono, in relazione al rapporto  tra  i
diversi enti che compongono la Repubblica, il principio solidaristico
di cui all'art. 2  Cost.  ed  il  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    Nel precedente par. 8 si  e'  evidenziato,  altresi',  come  tali
principi costituzionali siano violati da un sistema che  affidi  alle
Regioni il compito di finanziare, eventualmente innalzando la propria
pressione  tributaria,  gli  interventi  volti  a   fronteggiare   le
emergenze. Qui deve invece essere messo in luce che - anche ove fosse
ritenuto conforme a Costituzione il comma 5-quater dell'art. 5  della
legge n. 225 del  1992  -  analoghe  ragioni  di  incostituzionalita'
permarrebbero  in  relazione  allo  specifico  disposto   del   comma
5-quinquies, primo periodo, del citato art. 5. 
    I principi di solidarieta' ed eguaglianza di cui agli artt. 2 e 3
della Costituzione, che la medesima  affida  alla  garanzia  «ultima»
dello Stato e  che,  sotto  tale  profilo,  trovano  concretizzazione
soprattutto nell'art. 119, quinto comma, Cost.,  infatti,  verrebbero
senza dubbio compromessi ove - pur avendo la Regione  colpita  da  un
evento straordinario rientrante tra quelli disciplinati dall'art.  2,
comma 1, lett. c), e 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 adottato
tutte le misure previste dal comma 5-quater  del  medesimo  articolo,
senza  pero'  giungere  a  coprire  integralmente  le   spese   degli
interventi necessari -  lo  Stato,  in  base  al  primo  periodo  del
successivo comma 5-quinquies,  potesse  determinarsi  a  negare,  del
tutto irrazionalmente, l'accesso al  Fondo  nazionale  di  protezione
civile per gli importi che residuano. Anche in questo caso,  infatti,
risulterebbe compromessa,  per  di  piu'  in  termini  manifestamente
irragionevoli, quella funzione  «solidaristica»  e  «sussidiaria»,  a
tutela di alcuni beni giuridici fondamentali, che l'art. 119,  quinto
comma, Cost., affida allo Stato. 
    Tale  incostituzionalita',   invece,   non   sussisterebbe,   ove
l'accesso al  Fondo  suddetto  -  una  volta  che  la  Regione  abbia
dimostrato l'avvenuta adozione delle misure di cui al comma  5-quater
o l'impossibilita' di adottarle e,  comunque,  l'insufficienza  delle
risorse reperite - fosse «obbligatorio» ed  «automatico»,  ossia  non
subordinato a valutazioni discrezionali  da  parte  del  Governo.  Il
comma 5-quinquies dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 deve dunque
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in  cui,
pure in presenza delle due condizioni sopra accennate (impossibilita'
di coprire il fabbisogno finanziario con le misure di  cui  al  comma
5-quater,  qualificazione  delle   emergenze   come   «di   rilevanza
nazionale») subordina l'accesso  al  Fondo  nazionale  di  protezione
civile ad  una  valutazione  «politica»  dello  Stato  che  lo  rende
meramente possibile  anziche'  obbligatorio  ed  automatico  come  la
Costituzione richiederebbe. 
    13. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n.  10  del  2011,  limitatamente   alla   introduzione   del   comma
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  de11992,
per violazione degli artt. 117, terzo  comma,  e  118,  primo  comma,
Cost.  (in  relazione  alla  materia  «coordinamento  della   finanza
pubblica  e  del  sistema   tributario»),   nonche'   del   principio
costituzionale di leale collaborazione, nella parte in cui  la  norma
censurata  rende  «possibile»  il  ricorso  al  Fondo  nazionale   di
protezione civile solo a seguito di decisioni unilaterali affidate al
libero  apprezzamento  politico  del  Governo   nazionale,   anziche'
prevedere  che  tali  decisioni  siano  adottate  a  seguito  di   un
procedimento concertato al quale prendano  parte  pariteticamente  lo
Stato e la Regione interessata. 
    13.1.  -  In  subordine  rispetto  alle  censure  illustrate   ai
precedenti parr. 7-11, nonche' in ulteriore subordine  rispetto  alla
censura illustrata al  precedente  par.  12,  la  Regione  ricorrente
ritiene che l'art. 5, comma 5-quinquies, primo periodo,  della  legge
n. 225 del 1992, sia costituzionalmente  illegittimo  per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche'  del
principio di leale collaborazione tra gli enti che  costituiscono  la
Repubblica. 
    Quanto esposto  nei  paragrafi  precedenti  dovrebbe  condurre  a
ritenere la normativa impugnata  costituzionalmente  illegittima  nel
suo complesso, dal momento che pone interamente a carico del bilancio
regionale le spese volte a sostenere gli  interventi  realizzati  per
fronteggiare le situazioni di emergenza derivanti dagli eventi di cui
all'art. 2, comma 1, lett. c),  della  legge  n.  225  del  1992.  Le
argomentazioni gia' spese, inoltre, dovrebbero (in  via  subordinata)
condurre  a  ritenere  incostituzionale,  comunque,   il   meccanismo
previsto dall'art. 5, comma 5-quinquies, primo periodo, che non rende
«automatica»  la  possibilita'  di  fruire  del  Fondo  nazionale  di
protezione civile ove le risorse di cui al precedente comma  5-quater
siano state reperite e non  siano  sufficienti,  ovvero  non  possano
essere reperite.  Tuttavia,  nella  denegata  ipotesi  in  cui  anche
quest'ultimo profilo di censura non fosse ritenuto fondato, il  primo
periodo del citato comma 5-quinqiues deve  comunque  essere  ritenuto
costituzionalmente illegittimo perche' subordina la  decisione  circa
l'utilizzo del Fondo nazionale di protezione civile ad una  decisione
unilaterale della Stato, senza alcun coinvolgimento della Regione. 
    Tale  disciplina  viola  evidentemente  il  principio  di   leale
collaborazione  e  lo  statuto  costituzionale  della  «chiamata   in
sussidiarieta'» nelle materie di  potesta'  legislativa  concorrente,
cosi' come ricostruito dalla giurisprudenza di questa Corte. 
    13.2.  -  Come   gia'   illustrato   al   paragrafo   precedente,
l'utilizzazione  del  Fondo  nazionale  di  protezione  civile  viene
subordinata,   innanzi   tutto,   disgiuntivamente   alle    seguenti
condizioni: a) che siano state percorse le strade indicate dal  comma
5-quater (o che esse non possano essere percorse, come  correttamente
evidenzia la  direttiva  del  Presidente  del  Consiglio  piu'  sopra
citata); b) che sia  intervenuta  la  qualificazione,  da  parte  del
Governo, degli eventi calamitosi  in  questione  come  di  «rilevanza
nazionale». In presenza di  queste  condizioni,  l'accesso  al  Fondo
nazionale  e'  consentito  soltanto  a  seguito  di  una  valutazione
«unilaterale», «politica» ed «insindacabile» dello Stato. 
    Per apprezzare l'illegittimita' costituzionale della normativa in
esame da questo specifico punto di vista,  e'  necessario  procedere,
innanzi tutto, alla  sua  collocazione  nell'ambito  del  riparto  di
competenze di cui all'art. 117, commi secondo, terzo e quarto,  Cost.
In base a quanto si e'  gia'  sostenuto  al  par.  11.1,  la  materia
interessata dalla specifica disposizione di  cui  all'art.  5,  comma
5-quinquies, primo periodo - trattandosi di disciplina  che  coordina
la  ripartizione  degli  oneri   finanziari   derivanti   da   eventi
catastrofici e regola le modalita' di accesso alle risorse del  Fondo
nazionale  di  protezione  civile  -  e'  evidentemente  quella   del
«coordinamento della finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario»,
affidata,  ai  sensi  del  terzo  comma  dell'art.  117  Cost.,  alla
competenza  concorrente  di  Stato  e  Regioni.   L'art.   5,   comma
5-quinquies, primo periodo, istituisce - come piu' sopra  evidenziato
- una funzione amministrativa nella quale ha modo  di  esplicarsi  la
discrezionalita' delle scelte statali.  Si  tratta  della  decisione,
concernente la concessione o meno dell'accesso al Fondo nazionale  di
protezione civile, ove sussistano le condizioni indicate sub a) e b). 
    Come e' noto, a partire dalle sentt. nn. 303 del  2003  e  6  del
2004,   la   giurisprudenza   di    questa    Corte    ha    ritenuto
costituzionalmente legittimo che la legge statale avochi  al  livello
centrale funzioni amministrative in materie differenti da  quelle  di
cui all'art. 117, secondo comma, Cost., soltanto ove venga rispettato
uno  specifico  «statuto»  costituzionale,  caratterizzato   sia   da
presupposti sostanziali (la sussistenza di esigenze unitarie) che  da
obblighi procedurali (la necessita' di prevedere forme  di  esercizio
della  funzione  che  contemplino  una  «intesa»   con   la   Regione
interessata).  La  Regione  Puglia  ritiene  che  l'art.   5,   comma
5-quinquies,  primo  periodo,  della  legge  n.  225  del  1992   sia
incostituzionale, in quanto  individua  una  funzione  amministrativa
discrezionale ove invece avrebbe dovuto configurare  un  automatismo:
questo punto e' stato illustrato nel precedente par. 12. Ove pero' si
considerasse costituzionalmente legittima la configurazione di questa
funzione amministrativa discrezionale,  la  ricorrente  non  nega  la
sussistenza  delle  esigenze  unitarie  in   grado   di   legittimare
l'allocazione al livello statale della funzione. Ritiene, pero',  che
il modo in cui l'esercizio  della  medesima  sia  stato  disciplinato
dalla legge statale non rispetti lo «statuto» elaborato  al  riguardo
dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Tra le altre, infatti, la sent. n. 6 del 2004 e la sent.  n.  383
del 2005 hanno evidenziato, al di la' di ogni possibile dubbio,  come
le funzioni amministrative  avocate  dallo  Stato  in  sussidiarieta'
nelle materie di competenza concorrente ovvero  residuale  regionale,
devono essere esercitate mediante un procedimento che  contempli  una
«intesa forte» con la singola Regione interessata. Il punto e'  stato
efficacemente approfondito dalla recentissima sent. n. 33  del  2011,
che offre elementi di  sicuro  rilievo  in  relazione  alla  presente
questione di legittimita' costituzionale. 
    In questa decisione,  infatti,  e'  stata  ribadita  l'esclusione
della «legittimita' di una disciplina che ai fini del perfezionamento
dell'intesa contenga la "drastica previsione" della decisivita' della
volonta' di una sola parte, affermandosi,  viceversa,  la  necessita'
che il contenuto dell'atto sia frutto di una codecisione paritaria  e
indicando, altresi', la necessita' di prevedere - in caso di dissenso
-  idonee  procedure  per  consentire  lo  svolgimento  di  reiterate
trattative volte a superare le divergenze (sentenze n. 121 del  2010,
n. 24 del 2007, n. 383 e n. 339 del 2005)». Inoltre, alla stregua  di
queste indicazioni, e' stata ritenuta  conforme  a  Costituzione  una
disciplina  caratterizzata  da  «un  procedimento  che  si   articola
dapprima,  attraverso  la  nomina  di  un  comitato  a   composizione
paritaria il cui scopo e' appunto quello di addivenire all'accordo, e
quindi, in caso di esito  negativo,  attraverso  l'emanazione  di  un
decreto del Presidente della Repubblica adottato previa deliberazione
del Consiglio dei ministri  cui  prende  parte  il  Presidente  della
Regione interessata». Cio' in virtu' delle  seguenti  considerazioni:
i)  «in  mancanza  dell'accordo  regionale,  si  determina  non  gia'
l'automatico trasferimento del potere decisorio in capo  allo  Stato,
bensi'  l'attivazione  di  un  procedimento  volto  a  consentire  lo
svolgimento di ulteriori trattative attraverso la costituzione di  un
soggetto terzo nominato dalle parti in  modo  paritario»;  ii)  «solo
laddove neppure in tale sede sia possibile addivenire  ad  un'intesa,
allora la decisione viene rimessa al Governo con  il  coinvolgimento,
peraltro,  anche  del  Presidente  della  Regione»;  iii)  su  questa
decisione, che «assume la forma  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica si esercita, inoltre,  la  funzione  di  controllo  tipica
dell'emanazione di tali atti, avverso i  quali  ben  potranno  essere
esperiti gli ordinari rimedi giurisdizionali,  nonche'  eventualmente
il  ricorso  avanti  a  questa  Corte  in  sede   di   conflitto   di
attribuzione» (cfr. in  part.  il  par.  7.1.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Queste considerazioni sono estremamente pertinenti  in  relazione
al caso di specie, perche' mostrano come le decisioni concernenti  le
funzioni amministrative esercitate al livello statale  nelle  materie
diverse da quelle di  competenza  esclusiva  di  quest'ultimo  devono
essere adottate mediante un procedimento  concertato,  caratterizzato
da una posizione paritaria di  Stato  e  Regione  interessata.  Nella
vicenda che qui specificamente interessa cio' comporta che -  ove  la
Regione  faccia  richiesta  di  utilizzare  il  Fondo  nazionale   di
protezione civile per gli interventi realizzati o da  realizzare  nel
proprio territorio in conseguenza di un evento straordinario ai sensi
dell'art. 2, comma 1, lett. c), e dell'art. 5, comma 1,  della  legge
n. 225 del 1992, in presenza delle condizioni suddette,  e  lo  Stato
invece intenda negare tale richiesta - la decisione finale  (negativa
o positiva  che  sia)  non  possa  essere  presa  unilateralmente  da
quest'ultimo. Viceversa, per il caso in cui le parti non  riescano  a
trovare  un  accordo  al  riguardo,  la  legge   dovrebbe   prevedere
«l'attivazione di un procedimento volto a consentire  lo  svolgimento
di ulteriori trattative attraverso la  costituzione  di  un  soggetto
terzo nominato dalle parti in  modo  paritario»,  nonche'  meccanismi
decisori «finali» che conservino la  «equiordinazione»  delle  parti,
similmente a quella disciplina  -  scrutinata  con  esito  favorevole
dalla sent. n. 33 del 2011 - che prevede lo svolgersi della «funzione
di controllo tipica dell'emanazione» degli atti del Presidente  della
Repubblica, nei confronti dei quali, peraltro, «ben  potranno  essere
esperiti gli ordinari rimedi giurisdizionali,  nonche'  eventualmente
il  ricorso  avanti  a  questa  Corte  in  sede   di   conflitto   di
attribuzione» (cfr. in  part.  il  par.  7.1.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Ora, la Regione Puglia non intende sostenere che quello accennato
sia l'unico procedimento costituzionalmente legittimo per  conseguire
lo scopo di superare le eventuali situazioni di stallo derivanti  dal
mancato raggiungimento dell'intesa circa la concessione o meno  della
possibilita' di utilizzare il Fondo nazionale di  protezione  civile.
Cio' che pero' si ricava in termini evidenti dalla  decisione  appena
menzionata  e'  che  il  procedimento  che  il  legislatore   statale
predisponga a questo specifico scopo deve necessariamente uniformarsi
ai principi che caratterizzano la  disciplina  brevemente  richiamata
piu' sopra e che, come si e' visto, hanno consentito alla medesima di
passare indenne il vaglio di costituzionalita'.  Il  procedimento  in
questione,  dunque,   una   volta   acclarata   l'impossibilita'   di
raggiungere l'intesa nel confronto diretto tra le parti  interessate,
deve individuare una  ulteriore  sede  decisionale  (ad  esempio,  un
comitato paritetico) rispettando il principio di parita' delle  parti
(statale e regionale) e, ove ritenga di affidare ulteriormente ad una
sola di esse (ossia al Governo)  il  potere  di  superare  lo  stallo
eventualmente prodottosi  anche  in  questa  sede,  deve  predisporre
strumenti di controllo della correttezza (e del rispetto della  leale
collaborazione) della  decisione  finale  adottata  che,  ancora  una
volta, si caratterizzino per la loro terzieta'. 
    Come e' agevole constatare, nulla di tutto cio' e' previsto dalla
disciplina impugnata in questa sede, che si limita ad  attribuire  la
decisione circa la  utilizzazione  del  Fondo  al  solo  Governo.  Si
tratta, dunque, della «secca» devoluzione ad una  delle  parti  della
decisione. Nulla di piu' lontano da quella garanzia di «paritarieta'»
e  di  leale  collaborazione  (effettiva)   che   la   giurisprudenza
costituzionale ha  sempre  tenuto  a  ribadire.  Da  cio'  l'evidente
incostituzionalita' della disciplina  in  questione  anche  sotto  il
profilo appena considerato. 
    14. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, limitatamente all'introduzione del comma 5-quinquies,
primo  periodo,  nell'art.  5  della  legge  n,  225  del  1992,  per
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118,  primo  comma,  Cost.
(in relazione alla materia «coordinamento della  finanza  pubblica  e
del sistema tributario»), nonche'  del  principio  costituzionale  di
leale collaborazione, nella parte in  cui  affida  la  qualificazione
degli eventi calamitosi  come  di  «rilevanza  nazionale»  al  libero
apprezzamento politico del Governo nazionale, anziche' prevedere  che
tali decisioni siano adottate a seguito di un procedimento concertato
al quale  prendano  parte  pariteticamente  lo  Stato  e  la  Regione
interessata. 
    14.1.  -  In  subordine  rispetto  alle  censure  illustrate   ai
precedenti parr. 7-11, la Regione  ricorrente  ritiene,  infine,  che
l'art. 5, comma 5-quinquies, primo periodo, della legge  n.  225  del
1992, sia costituzionalmente illegittimo per violazione  degli  artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche' del principio di
leale collaborazione tra gli enti che  costituiscono  la  Repubblica,
sotto un ulteriore profilo. 
    La   disposizione   in   questione   istituisce   una    funzione
amministrativa in una materia di competenza concorrente (quella, gia'
piu' volte evocata, del «coordinamento della finanza pubblica  e  del
sistema tributario»). Si tratta della qualificazione degli eventi  di
cui all'art. 2, comma 1, lett. c), e all'art. 5, comma 1, della legge
n. 225 del 1992, come di «rilevanza nazionale»: qualificazione  dalla
quale viene fatta dipendere la possibilita' di accedere alle  risorse
del Fondo nazionale di protezione civile. Anche  in  questo  caso  la
norma  che  affida  al  solo  Stato  lo  svolgimento  della  funzione
amministrativa in questione  e'  incostituzionale,  per  le  medesime
ragioni illustrate nel par. 13. La giurisprudenza  costituzionale  ha
infatti chiarito che, nelle materie  di  competenza  concorrente,  la
avocazione da parte dello Stato di una funzione  amministrativa  puo'
essere ritenuta costituzionalmente corretta  solo  quando  sussistano
alcuni presupposti. Per quel che qui interessa, lo svolgimento  della
funzione deve  essere  disciplinato  in  modo  tale  da  affidare  la
decisione ad una «intesa» con la Regione interessata. 
    Al riguardo - come gia' messo in luce nel paragrafo precedente  -
rileva inoltre cio' che e' stato affermato  dalla  sent.  n.  33  del
2011, ossia che, quando vi sia dissenso tra le parti, il procedimento
predisposto dalla legge in questione deve individuare  una  ulteriore
sede decisionale (ad esempio, un comitato paritetico) rispettando  il
principio di parita' delle parti (statale e regionale) e, ove ritenga
di affidare ulteriormente ad una sola di esse (ossia al  Governo)  il
potere di superare lo stallo eventualmente prodottosi anche in questa
sede, deve  predisporre  strumenti  di  controllo  della  correttezza
politica (e del rispetto della leale collaborazione) della  decisione
finale adottata che, ancora una volta, si caratterizzino per la  loro
terzieta'. 
    E' agevole constatare che nulla di tutto cio' e'  previsto  dalla
disciplina impugnata, la quale si limita ad attribuire  la  decisione
circa la qualificazione dell'evento straordinario da cui e' scaturita
l'emergenza al solo Governo, in  tal  modo  determinando  la  «secca»
devoluzione ad una delle parti della decisione. Nulla di piu' lontano
da quella  garanzia  di  «paritarieta'»  e  di  leale  collaborazione
(effettiva)  che   la   giurisprudenza   costituzionale   ha   sempre
considerato imprescindibile e dalla cui mancanza discende  l'evidente
illegittimita' costituzionale della  disciplina  in  questione  anche
sotto il profilo appena considerato. 
    15. - Sintesi delle questioni proposte. 
    In chiusura del  presente  ricorso,  la  Regione  Puglia  ritiene
opportuno offrire una sintetica ricapitolazione  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sottoposte al giudizio di questa Corte. 
    I) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-quater, del
d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge  n.
10 del 2011, nella parte in cui ha  introdotto  i  commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
in quanto tali norme pongono  a  carico  dei  bilanci  delle  Regioni
colpite  da  calamita'  naturali  o  altri  eventi  catastrofici   in
relazione ai quali si decida di deliberare lo stato di emergenza,  ai
sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c), e dell'art. 5, comma  1,  della
legge n. 225 del 1992, il peso  economico  di  tutti  gli  interventi
necessari per fronteggiare l'emergenza (a prescindere  dall'ente  cui
debba essere riferita la competenza e la  responsabilita'  in  ordine
alla loro realizzazione) ed in particolare il  peso  economico  delle
funzioni affidate alla competenza dello Stato, per violazione: 
        dell'art. 119 Cost. e, in particolare, del principio generale
di corrispondenza tra funzioni esercitate  ed  entrate  ordinarie  da
esso desumibile, poiche'  tale  principio:  a)  non  ammette  che  le
funzioni di un ente territoriale possano essere  finanziate  mediante
il ricorso ad entrate  diverse  da  quelle  che,  in  via  ordinaria,
competono al suo bilancio; b) richiede che le entrate ordinarie degli
enti  territoriali  sub-statali  siano   stabilmente   destinate   al
finanziamento delle funzioni di questi ultimi e non al  finanziamento
di funzioni svolte da altri soggetti, ed in particolare dallo Stato. 
    II) Illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo nell'art. 5 della legge n. 225  del  1992,
per violazione: 
        dell'art. 119, quinto comma, Cost.,  anche  in  relazione  ai
principi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,
nonche' al principio di solidarieta' politica, economica e sociale di
cui all'art. 2 Cost., in quanto le norme impugnate: a) determinano la
violazione del dovere solidaristico imposto allo Stato di  assicurare
la  disponibilita'  di  «risorse  aggiuntive»   e   gli   «interventi
necessari» a  garantire  i  valori  imprescindibili  dell'ordinamento
indicati dalle disposizioni costituzionali sopra citate,  allorquando
i suddetti valori non  possano  essere  adeguatamente  garantiti  dal
«normale  esercizio  delle   funzioni»   spettanti   alle   autonomie
territoriali; b) pongono irrazionalmente, in violazione dei doveri di
solidarieta' di cui all'art. 2 Cost. e dei principi di eguaglianza  e
ragionevolezza di cui  all'art.  3  Cost.,  a  carico  proprio  delle
collettivita' colpite dalle calamita' naturali o dalle catastrofi  il
peso economico degli interventi volti  a  fronteggiarle,  a  dispetto
della «responsabilita'» dello Stato per la rimozione degli  squilibri
economici  e  sociali  e  per  la  migliore  garanzia  dell'effettivo
esercizio dei diritti della persona; c)  introducono  una  disciplina
incoerente e contraddittoria, la quale, a fronte  delle  agevolazioni
fiscali previste dal comma 5-ter del medesimo art. 5 della  legge  n.
225 del 1992, pone a  carico  delle  collettivita'  colpite  il  peso
economico degli interventi volti a fronteggiare l'emergenza. 
    III) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per violazione: 
        dell'art. 119, primo comma,  Cost.  e,  in  particolare,  del
principio di autonomia di entrata e di spesa della Regione, in quanto
le norme impugnate: a) impongono l'obbligo di finanziare a carico del
bilancio regionale funzioni esercitate dallo Stato, impedendo  dunque
la possibilita', per la collettivita' regionale, di  autodeterminarsi
circa l'utilizzazione delle  proprie  risorse,  nonche'  l'esplicarsi
della  connessa  responsabilita'  politica  e  fiscale  degli  organi
regionali dinnanzi al corpo elettorale della Regione; b)  determinano
un vincolo particolarmente stringente  all'esercizio  della  potesta'
tributaria regionale, azzerando i margini di scelta relativi  ad  una
propria  e  responsabile  «politica   di   imposizione   fiscale»   e
comprimendo  cosi'  l'autonomia  di   entrata   della   Regione;   c)
costringono la Regione o ad accettare la compressione  della  propria
autonomia di entrata  (ed  in  particolare  della  propria  autonomia
impositiva),  ovvero  ad  accettare  la  violazione   della   propria
autonomia di spesa,  nonche'  del  principio  di  corrispondenza  tra
entrate e funzioni sancito dall'art. 119, quarto comma, Cost., con il
risultato di dover necessariamente rinunziare  ad  esercitare  alcune
delle  proprie  funzioni   istituite   e/o   finanziate   nell'ambito
dell'esercizio  della  propria  autonomia,  per   finanziare   invece
funzioni di altri enti territoriali ed in particolare dello Stato; d)
determinano la violazione del «divieto imposto di procedere in  senso
inverso a quanto oggi prescritto dall'art. 119 della Costituzione,  e
cosi' di sopprimere semplicemente, senza sostituirli,  gli  spazi  di
autonomia gia' riconosciuti  dalle  leggi  statali  in  vigore,  alle
Regioni e agli enti locali» (sent. n. 423 del 2004). 
    IV) Illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  2-quater,
del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge
n. 10 del 2011, nella parte in cui ha introdotto i commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per violazione: 
        dell'art. 119 Cost., in quanto le norme  impugnate  impongono
vincoli  di  destinazione  a  risorse  reperite  autonomamente  dalle
Regioni  (maggiori  entrate  tributarie  o  risparmi  di  spesa),  in
contrasto con il  principio  dell'autonomia  finanziaria  degli  enti
territoriali, che comprende anche, per questi ultimi, la possibilita'
di stabilire autonomamente la tipologia  e  l'entita'  delle  proprie
spese. 
    V) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-quater, del
d.l. n. 225 del 2010, cosi' come convertito in legge dalla  legge  n.
10 del 2011, nella parte in cui ha  introdotto  i  commi  5-quater  e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
per violazione: 
        dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 119,  secondo  comma,
Cost., poiche',  con  disposizioni  riconducibili  alla  materia  del
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario»,  il
legislatore statale ha imposto  limiti  alle  spese  e  alle  entrate
spettanti alle Regioni non qualificabili come «principi fondamentali»
della suddetta materia. 
    In via subordinata rispetto a tutte le censure precedenti: 
        VI)  Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   2,   comma
2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come  convertito  in  legge
dalla legge n. 10 del 2011, limitatamente alla introduzione del comma
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
nella parte in  cui,  pure  in  presenza  delle  due  condizioni  ivi
contemplate (impossibilita' di coprire il fabbisogno finanziario  con
le misure di cui al comma 5-quater,  qualificazione  delle  emergenze
come  «di  rilevanza  nazionale»),  subordina  l'accesso   al   Fondo
nazionale di protezione civile ad una  valutazione  «politica»  dello
Stato che lo  rende  meramente  possibile  anziche'  prevederlo  come
conseguenza obbligatoria ed automatica, per violazione: 
          dell'art. 119, quinto comma, Cost., anche in  relazione  ai
principi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,
nonche' al principio di solidarieta' politica, economica e sociale di
cui all'art. 2 Cost., in quanto la  norma  impugnata  contrasta,  del
tutto irrazionalmente, con il dovere solidaristico imposto allo Stato
di  assicurare  la  disponibilita'  di  «risorse  aggiuntive»  e  gli
«interventi  necessari»  a   garantire   i   valori   imprescindibili
dell'ordinamento indicati  dalle  disposizioni  costituzionali  sopra
citate,  allorquando   i   suddetti   valori   non   possano   essere
adeguatamente  garantiti  dal  «normale  esercizio  delle   funzioni»
spettanti alle autonomie territoriali. 
    In via subordinata  rispetto  alla  censura  VI,  dunque  in  via
ulteriormente subordinata rispetto alle censure I-V: 
        VII)  Illegittimita'  costituzionale   dell'art.   2,   comma
2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, cosi' come  convertito  in  legge
dalla legge n. 10 del 2011, limitatamente alla introduzione del comma
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
nella parte in cui rende «possibile» il ricorso al Fondo nazionale di
protezione civile solo a seguito di decisioni unilaterali affidate al
libero  apprezzamento  politico  del  Governo   nazionale,   anziche'
prevedere  che  tali  decisioni  siano  adottate  a  seguito  di   un
procedimento concertato al quale prendano  parte  pariteticamente  lo
Stato e la Regione interessata, per violazione: 
          degli artt. 117, terzo comma, 118, primo  comma,  Cost.,  e
del principio di leale collaborazione, poiche',  in  una  materia  di
competenza concorrente tra  Stato  e  Regioni  («coordinamento  della
finanza pubblica e  del  sistema  tributario»),  la  norma  impugnata
attribuisce una funzione amministrativa allo  Stato,  prevedendo  che
quest'ultimo la possa  esercitare  in  modo  totalmente  unilaterale,
dovendo invece il legislatore statale - in base  allo  statuto  della
c.d. «chiamata in sussidiarieta'» - disporre che  tale  funzione  sia
esercitata mediante  modalita'  procedimentali  che  garantiscano  la
paritarieta' tra lo Stato e la Regione interessata,  in  particolare,
prevedendo  la  necessita'  dell'intesa  e   (una   volta   acclarata
l'impossibilita'  di  raggiungere  l'accordo   sulla   decisione   da
prendere) individuando una ulteriore sede decisionale che rispetti il
principio di parita' delle parti, nonche',  infine,  ove  ritenga  di
affidare ulteriormente ad una sola di  esse  (ossia  al  Governo)  il
potere di superare lo stallo eventualmente prodottosi anche in questa
sede, predisponendo strumenti di controllo della correttezza  (e  del
rispetto della leale collaborazione) della decisione finale  adottata
che si caratterizzino per la loro terzieta'. 
    In via subordinata rispetto alle questioni I-V: 
        VIII)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.   2,   comma
2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, cosi  come  convertito  in  legge
dalla legge n. 10 del 2011, limitatamente all'introduzione del  comma
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge n. 225 del  1992,
nella parte in cui affida la qualificazione degli  eventi  calamitosi
come di «rilevanza nazionale» al libero  apprezzamento  politico  del
Governo, anziche' prevedere  che  tali  decisioni  siano  adottate  a
seguito  di  un  procedimento  concertato  al  quale  prendano  parte
pariteticamente lo Stato e la Regione interessata, per violazione: 
          degli artt. 117, terzo comma, 118, primo  comma,  Cost.,  e
del principio di leale collaborazione, poiche',  in  una  materia  di
competenza concorrente tra  Stato  e  Regioni  («coordinamento  della
finanza pubblica e  del  sistema  tributario»),  la  norma  impugnata
attribuisce una funzione amministrativa allo  Stato,  prevedendo  che
quest'ultimo la possa  esercitare  in  modo  totalmente  unilaterale,
dovendo invece il legislatore statale - in base  allo  statuto  della
c.d. «chiamata in sussidiarieta'» - disporre che  tale  funzione  sia
esercitata mediante  modalita'  procedimentali  che  garantiscano  la
paritarieta' tra lo Stato e la Regione interessata,  in  particolare,
prevedendo  la  necessita'  dell'intesa  e   (una   volta   acclarata
l'impossibilita'  di  raggiungere  l'accordo   sulla   decisione   da
prendere) individuando una ulteriore sede decisionale che rispetti il
principio di parita' delle parti, nonche',  infine,  ove  ritenga  di
affidare ulteriormente ad una sola di  esse  (ossia  al  Governo)  il
potere di superare lo stallo eventualmente prodottosi anche in questa
sede, predisponendo strumenti di controllo della correttezza  (e  del
rispetto della leale collaborazione) della decisione finale  adottata
che si caratterizzino per la loro terzieta'. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento
del  presente  ricorso,  dichiari   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre  2010,  n.
225 (Proroga di termini previsti da  disposizioni  legislative  e  di
interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e
alle famiglie), come convertito in legge,  con  modificazioni,  dalla
legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in  cui  ha  introdotto  i
nuovi commi  5-quater  e  5-quinquies  nell'art.  5  della  legge  24
febbraio 1992, n. 225, nei termini sopra esposti. 
    Con ossequio. 
        Roma, addi' 20 aprile 2011 
 
                           Avv. Cecchetti