N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 2010

Ordinanza del 15 dicembre 2010 emessa dal  Tribunale  di  Alessandria
nel procedimento civile  promosso  da  L.G.  contro  Ministero  della
salute ed altra. 
 
Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati  da
  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di   vaccinazioni
  obbligatorie, trasfusioni  e  somministrazioni  -  Previsione,  con
  norma   autoqualificata   di   interpretazione    autentica,    che
  l'indennita' integrativa speciale  relativa  all'indennizzo  stesso
  non e' soggetta a rivalutazione secondo il tasso  di  inflazione  -
  Violazione del principio di uguaglianza -  Lesione  della  garanzia
  previdenziale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 11, comma 13, convertito,
  con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122. 
- Costituzione, artt. 3 e 38. 
(GU n.25 del 8-6-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il giudice Marco Viani nella causa iscritta al n.  718/2010  r.g.
promossa da L.G.,  ricorrente  con  l'avv.  Nadia  Tecchiati,  contro
Ministero della  salute,  convenuto  con  l'Avvocatura  dello  Stato,
Regione Piemonte, convenuta con l'avv. Alessandra  Rava,  sciogliendo
la riserva che  precede  ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di
rimessione; 
    Osservato quanto segue: 
        1) L.G., titolare di  indennizzo  ai  sensi  della  legge  n.
210/1992, ha convenuto in giudizio il Ministero  della  salute  e  la
Regione Piemonte, chiedendone la condanna al  pagamento  delle  somme
dovute  a  titolo  di  rivalutazione   monetaria   della   indennita'
integrativa speciale ai sensi dell'art. 2 della legge n. 210/1992. 
    Il L. espone che in data 13 marzo 2006 la  ASL  di  C.M.  gli  ha
comunicato il riconoscimento del diritto all'indennizzo nella  misura
prevista in relazione alla VIII categoria della tabella A allegata al
d.P.R. n. 834/1981 con decorrenza maggio 2001, e  che  tuttavia  tale
indennizzo  gli  e'  sempre  stato  corrisposto   con   rivalutazione
unicamente della prima delle due voci di cui si compone (e  cioe'  di
quella determinata nella misura prevista  dalla  tabella  B  allegata
alla legge n. 177/1996) e non anche di quella costituita dalla [recte
da una somma pari alla] indennita' integrativa di cui alla  legge  n.
324/1959. 
    Il Ministero e la regione resistono alla  domanda:  ciascuno  dei
due  enti  contesta  la  propria  legittimazione  passiva   invocando
precedenti giurisprudenziali che  la  attribuiscono  all'altro  ente;
entrambi  eccepiscono  la  infondatezza  nel  merito  della  domanda,
sostenendo che la rivalutazione e' dovuta soltanto  sulla  componente
dell'indennizzo costituita dall'assegno determinato nella  misura  di
cui alla tabella B; 
        2) ai sensi  dell'art.  2,  commi  1  e  2,  della  legge  n.
210/1992, come modificato dalla legge n. 238/1997:  «L'indennizzo  di
cui all'articolo 1, comma 1, consiste in un assegno, reversibile  per
quindici anni,  determinato  nella  misura  di  cui  alla  tabella  B
allegata  alla  legge  29  aprile  1976,  n.  177,  come   modificata
dall'articolo 8 della legge 2 maggio 1984, n.  111.  L'indennizzo  e'
cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito  ed
e'  rivalutato  annualmente  sulla  base  del  tasso  di   inflazione
programmato. 
    L'indennizzo di  cui  al  comma  1  e'  integrato  da  una  somma
corrispondente all'importo dell'indennita'  integrativa  speciale  di
cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324,  e  successive  modificazioni,
prevista per la prima qualifica  funzionale  degli  impiegati  civili
dello Stato, ed ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo  a
quello  della  presentazione  della  domanda.   La   predetta   somma
integrativa e' cumulabile con  l'indennita'  integrativa  speciale  o
altra analoga indennita' collegata alla variazione  del  costo  della
vita. Ai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 1  della  legge  25
febbraio 1992, n. 210, anche nel caso in cui l'indennizzo  sia  stato
gia' concesso, e' corrisposto, a domanda, per il  periodo  ricompreso
tra   il   manifestarsi   dell'evento   dannoso    e    l'ottenimento
dell'indennizzo, un assegno una tantum nella misura pari, per ciascun
anno, al 30 per cento dell'indennizzo dovuto ai sensi del comma 1 del
presente articolo  e  del  primo  periodo  del  presente  comma,  con
esclusione di interessi legali e rivalutazione monetaria»; 
        3) in giurisprudenza di legittimita' si  e'  interpretata  la
disposizione, a partire da Cass., n. 15894/05, nel senso che anche la
somma integrativa di cui alla prima parte del comma  2,  dell'art.  2
fosse rivalutabile: 
«L'indennizzo in questione  consta,  come  risulta  dalla  richiamata
disposizione normativa,  di  un  importo  fisso  ex  lege  -  assegno
reversibile per quindici anni - (art. 1, comma 1 e all'art. 2,  comma
secondo  della  legge  n.  210/1992)  e  dell'indennita'  integrativa
speciale, di cui alla legge n. 324 del 1959 (art. 2, comma  2,  della
legge n. 210/1992);  Cio'  precisato,  non  sarebbe  logico  ritenere
rivalutabile solo la prima componente del  complessivo  indennizzo  e
non la seconda componente - indennita' integrativa speciale -, atteso
peraltro che quest'ultima, anche se nella  sua  originaria  struttura
portava in se il meccanismo di adeguamento  richiamato  dalla  difesa
dell'amministrazione ricorrente, non lo ha conservato a  seguito  del
c.d.  taglio  della  scala   mobile   riguardante   l'indennita'   di
contingenza in generale e la stessa indennita'  integrativa  speciale
(si richiama al  riguardo  l'art.  3  del  d.l.  n.  70  del  1984  -
convertito dalla legge n. 219 del 1984  -  che  dal  1°  maggio  1984
fisso' in non piu' di due i punti di variazione della misura di  tali
indennita': si richiama altresi' il protocollo d'intesa del 31 luglio
1992,  con  cui  il  Governo  e  le  parti   sociali   presero   atto
dell'intervenuta  cessazione  del  sistema  di   indicizzazione   dei
salari); Orbene l'indennita' integrativa  speciale,  entrando  a  far
parte dell'indennizzo inteso nella sua globalita', ne  ha  acquistato
tutte le caratteristiche, ivi compresa quella  della  rivalutabilita'
secondo il tasso annuale di inflazione programmata, previsto all'art.
2, primo comma, della legge n. 210/1992; D'altro canto  l'assunto  di
parte ricorrente non e' in linea con un'interpretazione  conforme  ai
principi  costituzionali,  giacche  la  misura  dell'indennizzo,   se
ritenuta non  rivalutabile  per  intero  nelle  sue  componenti,  non
sarebbe equa rispetto al danno subito, da rapportare  al  pregiudizio
alla salute (in questo senso Corte costituzionale sentenze n. 307 del
1990 e sentenza n. 118 del 1996), tanto piu' che nel caso  di  specie
gli aumenti ISTAT dal 1995 al 2000 dell'indennizzo  (al  netto  della
voce indennita' integrativa speciale, come risultanti  dalle  tabelle
ministeriali: doc. 10  del  fascicolo  per  il  ricorso  per  decreto
ingiuntivo, trascritto nel controricorso) sono modesti e l'indennita'
integrativa speciale e' rimasta ferma a L. 1.991.765 (euro  1.028,66)
nel periodo in questione» (Cass., 28 luglio 2005, n. 15894). 
    Tale principio e' stato seguito dalla  giurisprudenza  di  merito
assolutamente prevalente. 
    Verso la fine del 2009, la Corte di cassazione si  e'  discostata
da tale orientamento, statuendo che la rivalutazione  non  e'  dovuta
sulla integrazione, cosi' argomentando in  critica  alla  motivazione
della sentenza n. 15894: 
        «a) il primo  canone  di  interpretazione  legale  e'  quello
letterale, imposto dall'art. 12 preleggi, comma 1, e la legge n.  210
del 1992, art. 2 non disciplina l'indennizzo in questione "nella  sua
globalita'' ma lo divide in  due  parti,  regolate  in  due  distinti
commi, prevedendo letteralmente la rivalutazione annuale soltanto per
la prima parte; 
        b) l'indennita' integrativa  speciale  serve  ad  impedire  o
attenuare  gli  effetti  della   svalutazione   monetaria   onde   e'
ragionevole  che  il   legislatore   non   ne   abbia   previsto   la
rivalutazione. Le ragioni che poi hanno indotto lo stesso legislatore
a bloccarla valgono anche per l'integrazione di cui qui si tratta; 
        c) l'art. 32 Cost. garantisce la tutela della salute  ma  non
impone scelte quantitative al  legislatore,  salvo  il  principio  di
equita' ossia ragionevolezza degli  indennizzi»  (Cass.,  13  ottobre
2009, n. 21703). 
    Il principio e' stato ribadito dalla successiva Cass., 19 ottobre
2009, n. 22212. 
    A quanto consta, i giudici di merito, in massima parte, non hanno
condiviso la nuova giurisprudenza, continuando  a  fare  applicazione
del principio affermato da Cass. n. 15894/05. 
    Il successivo art. 11, comma 13 del d.l. 31 maggio 2010,  n.  78,
convertito in legge 30 luglio 2010,  n.  122,  recita:  «Il  comma  2
dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992,  n.  210  e  successive
modificazioni si interpreta nel senso  che  la  somma  corrispondente
all'importo dell'indennita' integrativa speciale  non  e'  rivalutata
secondo il tasso d'inflazione». 
    Alla luce di tale disposizione, pertanto, che vincola il  giudice
a interpretare la disposizione dell'art. 2, comma 2  della  legge  n.
210  nel   senso   contrario   alla   rivalutabilita'   della   somma
corrispondente all'importo della indennita' integrativa speciale,  la
domanda del L. non sarebbe fondata; 
        4)  giova  premettere  che  la  disposizione  in   esame   ha
effettivamente natura interpretativa e non innovativa. 
    Infatti, la interpretazione che essa  da  dell'art.  2,  comma  2
della legge n. 210 non soltanto e'  effettivamente  desumibile  dalla
formulazione della disposizione interpretata  (ed  e'  apparentemente
piu' aderente alla sua lettera: l'art. 2, comma 2 della legge n.  210
non menziona la rivalutabilita' della integrazione, diversamente  dal
comma 1 che afferma la rivalutabilita' dell'indennizzo, il quale,  ai
sensi del comma 1, «consiste» nell'assegno, ancorche' integrato dalla
somma di cui al comma 2), ma anzi e' l'interpretazione fatta  propria
dal giudice  delta  nomofilassi  nelle  sue  piu'  recenti  prese  di
posizione sul punto. 
    Cio'  premesso,  sorge  dubbio  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 11, comma 13 del d.l. n. 78/2010  convertito  in  legge  n.
122/2010 in relazione agli artt. 3 e 38, comma 1 Cost. 
    Deve osservarsi che - diversamente da quanto sostenuto  in  causa
dalla difesa della regione - gli indennizzi ai  soggetti  affetti  da
epatite post-trasfusionale hanno natura assistenziale e non  di  equo
ristoro della salute lesa: «La menomazione della salute conseguente a
trattamenti sanitari puo'  determinare,  oltre  al  risarcimento  del
danno secondo la previsione dell'art.  2043  del  codice  civile,  il
diritto ad un equo indennizzo, in forza dell'art. 32 in  collegamento
con l'art. 2 della Costituzione, ove il danno, non derivante da fatto
illecito, sia conseguenza  dell'adempimento  di  un  obbligo  legale;
nonche' il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli
artt. 38 e 2 della Costituzione, a misure di  sostegno  assistenziale
disposte dal legislatore nell'ambito della  propria  discrezionalita'
(sentenze n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996). La situazione giuridica
di coloro che, a seguito di trasfusione, siano affetti da epatite  e'
riconducibile, come quella dei soggetti contagiati da HIV, all'ultima
delle ipotesi appena enunciate: l'indennizzo consiste in  una  misura
di sostegno economico fondata, non gia', come assume  il  rimettente,
sul dovere dello  Stato  di  evitare  gli  effetti  teratogeni  degli
interventi terapeutici, ma sulla solidarieta' collettiva garantita ai
cittadini, alla stregua degli artt. 2  e  38  della  Costituzione,  a
fronte di eventi generanti una situazione di bisogno» (C.  Cost.,  27
ottobre 2006, n. 342). 
    E, in  ordine  a  tali  misure  di  sostegno,  la  giurisprudenza
costituzionale ha anche affermato: «Il diritto a misure  di  sostegno
assistenziale in caso di malattia, alla stregua  dell'art.  38  della
Costituzione, non  e'  indipendente  dal  necessario  intervento  del
legislatore nell'esercizio dei suoi  poteri  di  apprezzamento  della
qualita',  della  misura  e  delle  modalita'  di  erogazione   delle
provvidenze  da  adottarsi,  nonche'  della  loro   gradualita',   in
relazione a lutti gli elementi di  natura  costituzionale  in  gioco,
compresi quelli finanziari, la cui ponderazione  rientra  nell'ambito
della sua discrezionalita' (per tutte, da ultimo, sentenza n. 372 del
1998). Non mancano a questa Corte gli strumenti  di  controllo  delle
scelte del legislatore nemmeno  in  questo  caso,  sotto  il  profilo
specialmente del rispetto della parita' di trattamento e  del  nucleo
minimo della garanzia; ma tali strumenti non le consentono  certo  di
sostituire alle necessarie valutazioni politiche del legislatore  una
propria     decisione     che,     in     mancanza     di     criteri
giuridico-costituzionali   predeterminati,   si    risolverebbe    in
un'esorbitanza in un campo che non e' il proprio e nel quale  trovano
comunque applicazione gli strumenti ordinari dell'assistenza sociale,
anche in relazione alle menomazioni alla salute di cui e'  questione»
(C. Cost., 22 giugno 2000, n. 226). 
    Cio' premesso, la Corte  costituzionale  ha  ritenuto:  «Ma,  una
volta estesa ai crediti previdenziali, in base a tale principio,  una
regola analoga a quella dell'art. 429, terzo  comma,  interviene,  in
favore dei crediti assistenziali, il principio di razionalita'. Sotto
questo profilo dell'art. 3 della Costituzione  il  dispositivo  della
sent. n.  156  del  1991  viene  in  considerazione  per  se  stesso,
indipendentemente dalla ratio decidendi che lo  sorregge.  In  ordine
alla questione ora in esame, esso diventa a sua volta ratio decidendi
nella forma di un argomento a fortiori: se ai  crediti  previdenziali
di qualsiasi entita', compresi  i  crediti  relativi  a  pensioni  di
elevato ammontare, si attribuisce al  titolare  una  tutela  speciale
contro i danni cagionali  da  mora  debendi,  a  maggior  ragione  la
medesima tutela deve essere concessa ai crediti  per  le  prestazioni
assistenziali  previste  dal   primo   comma   dell'art.   38   della
Costituzione. Esse hanno lo scopo di garantire ai cittadini inabili e
bisognosi "il minimo esistenziale,  i  mezzi  necessari  per  vivere,
mentre il secondo comma dello stesso articolo garantisce non soltanto
la  soddisfazione  dei  bisogni  alimentari   di   pura   sussistenza
materiale, bensi' anche  il  soddisfacimento  di  ulteriori  esigenze
relative al tenore di vita dei lavoratori'' (sent.  n.  31  del  1986
cit., punto 3 in  diritto).  Si  recupera  cosi',  coordinandolo  col
principio di razionalita', anche il secondo parametro  costituzionale
indicato dal Tribunale di L'Aquila  nell'art.  38,  primo  comma.  Ma
questo  parametro  puo'  essere  appropriatamente  invocato  non  con
l'argomento analogico di una pretesa somiglianza di  contenuto  e  di
funzione del precetto del primo comma a  quello  del  secondo  comma,
bensi' con l'argomento di meritevolezza "a maggior ragione'' da parte
dei titolari  di  prestazioni  assistenziali  della  medesima  tutela
attribuita  ai  crediti  previdenziali  contro  i  danni  da  ritardo
dell'adempimento» (C. Cost., 27 aprile 1993, n. 196). 
    Ora,  con  riferimento  a  prestazioni  previdenziali,  la  Corte
costituzionale ha recentemente affermato: «L'art. 38, secondo  comma,
Cost. Impone che al lavoratore siano garantiti "mezzi adeguati'' alle
esigenze di vita in presenza di determinate situazioni che richiedono
tutela. La mancata perequazione per un solo anno della  pensione  non
tocca il problema della  sua  adeguatezza.  Dal  principio  enunciato
nell'art.  38  Cost.,  infatti,  non  puo'  farsi  discendere,   come
conseguenza costituzionalmente necessitata,  quella  dell'adeguamento
con cadenza annuale di tutti i  trattamenti  pensionistici.  E  cio',
soprattutto ove si consideri  che  le  pensioni  incise  dalla  norma
impugnata, per il loro importo piuttosto elevato, presentano  margini
di  resistenza  all'erosione  determinata  dal  fenomeno  inflattivo.
L'esigenza di una rivalutazione sistematica  del  correlativo  valore
monetario e', dunque, per esse meno pressante di quanto non  sia  per
quelle di piu' basso importo» (C. Cost., 11 novembre 2010, n. 316). 
    Nella stessa pronuncia ha tuttavia anche precisato:  «Dev'essere,
tuttavia, segnalato che la  sospensione  a  tempo  indeterminato  del
meccanismo perequativo, ovvero la frequente  reiterazione  di  misure
intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad  evidenti  tensioni
con gli invalicabili principi di  ragionevolezza  e  proporzionalita'
(su cui, nella materia dei trattamenti di quiescenza, v. sentenze  n.
372 del 1998 e n. 349 del 1985), perche' le  pensioni,  sia  pure  di
maggiore consistenza, potrebbero non essere  sufficientemente  difese
in  relazione  ai  mutamenti  del  potere  d'acquisto  della  moneta»
(ibidem). 
    In modo analogo,  la  Corte  costituzionale  aveva  a  suo  tempo
ricordato, a proposito della perequazione dei  minimi  pensionistici:
«Se pertanto i predetti "minimi'' possono  essere  diversi,  anche  i
sistemi adottati per  la  loro  perequazione  automatica  non  devono
necessariamente essere identici, purche'  a  tutte  le  categorie  di
lavoratori sia comunque assicurata - come avviene  con  la  normativa
impugnata - la conservazione nel tempo del  potere  d'acquisto  della
pensione minima, ritenuta adeguata alle  "esigenze  di  vita''  della
singola categoria di lavoratori» (C. Cost., 23 gennaio 1986, n. 31). 
    Se ne desume che, per le prestazioni previdenziali, la esclusione
di un meccanismo  di  difesa  dai  mutamenti  del  potere  d'acquisto
inciderebbe negativamente sulla adeguatezza della prestazione. Per il
principio di maggior meritevolezza delle  prestazioni  assistenziali,
enucleato dalla  sentenza  n.  196  del  1993  sopra  richiamata,  la
conclusione deve valere a maggior ragione per queste ultime. 
    Le disposizioni in  esame,  nel  determinare,  al  momento  della
emanazione della legge n. 238/1997, come adeguata  alle  esigenze  di
vita  del  soggetto  affetto  da  malattia   post-trasfusionale   una
determinata somma, composta da un assegno e da  una  integrazione,  e
nel prevedere che soltanto l'assegno,  e  non  anche  l'integrazione,
venga adeguato  ai  mutamenti  del  costo  della  vita,  da  un  lato
irragionevolmente non assicura, nei sensi di cui sopra si  e'  detto,
la conservazione del potere di acquisto di quell'importo ritenuto  in
allora adeguato, dall'altro, anzi, essendo circostanza notoria che il
potere di acquisto e' in continua, tendenziale diminuzione,  comporta
la  ragionevole  certezza  che,  col  trascorrere  degli   anni,   la
adeguatezza verra' meno. 
    Da cio' il dubbio, non manifestamente  infondato,  di  violazione
degli artt. 3 e 38, comma 1 Cost. come parametri di ragionevolezza  e
adeguatezza delle prestazioni assistenziali. 
    Deve precisarsi che, stante  la  natura  di  misura  di  sostegno
assistenziale, e non di equo ristoro di una lesione del diritto  alla
salute, non si  puo'  ritenere  applicabile  al  caso  di  specie  il
principio, enucleato da C. Cost.,  23  febbraio  1998,  n.  27:  «Nel
rispetto dell'ampia discrezionalita' che deve essere riconosciuta  al
legislatore,  a  questa  Corte,  nell'esercizio  del   controllo   di
costituzionalita' sulle  leggi,  compete  tuttavia  di  garantire  la
misura minima essenziale di protezione  delle  situazioni  soggettive
che la Costituzione qualifica come diritti, misura minima al di sotto
della  quale  si  determinerebbe,   con   l'elusione   dei   precetti
costituzionali, la violazione di tali  diritti.  Alla  stregua  delle
proposizioni che precedono, deve ritenersi che, nel caso in esame, la
determinazione legislativa di cio'  che  ha  da  essere  l'indennizzo
"equo'',  in  relazione  e  nei  limiti  delle   possibilita'   della
situazione data, potrebbe  essere  oggetto  di  censura  in  sede  di
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  solo   in   quanto   esso
risultasse tanto esiguo da vanificare, riducendolo a un nome privo di
concreto contenuto, il diritto all'indennizzo  stesso,  diritto  che,
dal punto di vista costituzionale, e' stabilito nell'an  ma  non  nel
quantum»: la stessa pronuncia prosegue  infatti  argomentando:  «Cio'
che conta,  nel  giudizio  cui  la  Corte  e'  chiamata,  non  e'  la
percentuale della riduzione, ma l'entita' in se della  somma  che  ne
risulta. La sua valutazione in termini di legittimita' costituzionale
deve tener conto che l'assegno una tantum previsto dalla legge assume
il  significato  di  misura  di   solidarieta'   sociale,   cui   non
necessariamente si accompagna  una  funzione  assistenziale  a  norma
dell'art. 38, primo comma, della Costituzione. Esso e' infatti dovuto
indipendentemente dalle condizioni economiche dell'avente  diritto  e
non mira di per se agli scopi per i quali l'art. 38 stesso  e'  stato
dettato, aggiungendosi agli altri eventuali emolumenti  ci  qualsiasi
titolo percepiti, e quindi anche  a  quelli  di  natura  propriamente
assistenziale, in ipotesi dovuti anche in ragione dell'inabilita'  al
lavoro derivante dal danno  subito  in  conseguenza  del  trattamento
sanitario (art. 2, comma 1, seconda parte, della  legge  n.  210  del
1992). Il fondamento della misura  indennitaria  in  questione  negli
artt. 2 e 32 della Costituzione e non nel diritto previsto  dall'art.
38 della Costituzione (sentenza n. 118 del 1996), e quindi non  nelle
esigenze di vita e di assistenza dei cittadini inabili  al  lavoro  e
sprovvisti dei mezzi  necessari  per  vivere,  vale  a  ulteriormente
sottolineare l'ambito delle scelte discrezionali entro  il  quale  il
legislatore e' in questo caso abilitato a operare. In tale ambito, la
stessa differenziazione del regime di determinazione  dell'indennita'
per il passato,  rispetto  a  quello  per  il  futuro,  puo'  trovare
giustificazione  alla  stregua  delle   valutazioni,   spettanti   al
legislatore, circa le conseguenze  di  ordine  finanziario  derivanti
dalle misure predisposte». 
    Sotto altro profilo si pone il dubbio di violazione  dell'art.  3
Cost. come parametro di ragionevolezza. 
    La Corte di Cassazione, nella propria sentenza  n.  21703/09,  ha
identificato la  ratio  della  integrazione  dell'indennizzo  di  cui
all'art. 2, comma 1 legge n. 210 con una  somma  corrispondente  alla
indennita' integrativa speciale: «l'indennita'  integrativa  speciale
serve  ad  impedire  o  attenuare  gli  effetti  della   svalutazione
monetaria». 
    Tale  essendo  la  ratio  della  disposizione,  sembra  possibile
dubitare della sua ragionevolezza, nel senso che, non prevedendosi la
rivalutazione della somma che ha la funzione di impedire o  attenuare
gli effetti della svalutazione monetaria, tale funzione e'  destinata
a venire progressivamente meno. 
    La rilevanza della questione e' evidente. 
    L'art. 11, comma 13 del d.l. n. 78/2010, convertito in  legge  n.
122/2010, vincola il giudice a ritenere non dovuta  la  rivalutazione
monetaria sulla  somma  corrispondente  alla  indennita'  integrativa
speciale, e quindi a rigettare 1a domanda del ricorrente. 
    Ove la disposizione dell'art. 11, comma 13 del d.l.  n.  78/2010,
convertito in legge  n.  122/2010,  fosse  ritenuta  illegittima,  il
giudice  potrebbe  invece  adottare  la  interpretazione  gia'  fatta
propria da Cass., n. 15894/05, accogliendo la domanda del ricorrente. 
    Sembra il caso di precisare che non sembra necessario  sottoporre
al vaglio della Corte costituzionale anche la disposizione  dell'art.
2, comma 2 della legge n. 210/1992 nella parte in cui non prevede che
anche la somma corrispondente alla  indennita'  integrativa  speciale
sia rivalutata secondo quanto previsto dal comma  1,  dato  che,  ove
venisse meno la disposizione di  interpretazione  autentica,  sarebbe
possibile, in via interpretativa, seguendo il percorso gia' delineato
da Cass., n. 15894/05, desumere  dal  testo  della  disposizione  una
norma in tal senso. 
    Infine, occorre rilevare che non pregiudica  la  rilevanza  della
questione la decisione sulla legittimazione  passiva,  reciprocamente
attribuita dal Ministero alla regione e dalla regione  al  Ministero,
in quanto uno dei due enti e'  sicuramente  legittimato  e  la  causa
perverra' dunque sicuramente a una decisione sul merito. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  l,  comma  13  del  d.l.  n.
78/2010, convertito in legge n. 122/2010, nella parte in cui  prevede
che il comma 2, dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n.  210
e successive modificazioni si  interpreti  nel  senso  che  la  somma
corrispondente all'importo dell'indennita' integrativa  speciale  non
sia rivalutata secondo il tasso d'inflazione, per contrasto  con  gli
artt. 3 e 38, comma 1 Cost.; 
    Sospende il processo in corso; 
    Dispone  la  immediata  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale, insieme con la  prova  delle  notificazioni  e  delle
comunicazioni di cui oltre; 
    Dispone che il Cancelliere notifichi la presente  ordinanza  alle
parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e  la  comunichi  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Alessandria, addi' 13 dicembre 2010 
 
                          Il giudice: Viani