N. 210 ORDINANZA 4 - 13 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circolazione stradale - Patente a punti -  Obbligo  del  proprietario
  del veicolo di comunicare all'organo  di  polizia,  entro  sessanta
  giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i  dati
  personali e  della  patente  del  conducente  non  identificato  al
  momento dell'infrazione -  Previsione  di  sanzione  amministrativa
  pecuniaria  in  caso  di   inosservanza,   salvo   giustificato   e
  documentato  motivo  -  Denunciata  violazione  del  principio   di
  uguaglianza e del diritto di  difesa  -  Omessa  descrizione  della
  fattispecie  concreta,  con   conseguente   preclusione   di   ogni
  valutazione sulla rilevanza delle questioni - Oscurita' di uno  dei
  quesiti - Manifesta inammissibilita'. 
- Cod. strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 126-bis, comma 2,
  nel testo modificato dall'art. 2, comma 164, lett. b), del  d.l.  3
  ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,
  comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.31 del 20-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA. 
Giudici: Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di legittimita'
costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato
dall'art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006,
n. 262 (Disposizioni urgenti in materia  tributaria  e  finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
novembre 2006, n. 286, promosso dal Giudice di pace di  Ficarolo  nel
procedimento vertente  tra  G.R.  e  il  Comune  di  Castelmassa  con
ordinanza del  6  luglio  2010,  iscritta  al  n.  318  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 22  giugno  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Ficarolo, con ordinanza del  6
luglio 2010, ha sollevato - in riferimento agli articoli 24 e 3 della
Costituzione - due questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
126-bis, comma 2, del decreto legislativo  30  aprile  1992,  n.  285
(Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall'art. 2,  comma
164,  lettera  b),  del  decreto-legge  3  ottobre   2006,   n.   262
(Disposizioni  urgenti  in   materia   tributaria   e   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
novembre 2006, n. 286; 
        che, secondo il  giudice  remittente,  la  giurisprudenza  di
legittimita' (e' citata  Corte  di  cassazione,  Sezione  II  civile,
sentenza  n.  17348  del  30   maggio   2007)   avrebbe   prospettato
un'interpretazione  della  norma  censurata  secondo  cui  l'illecito
amministrativo  da  essa  previsto  -   e   consistente   nell'omessa
comunicazione, da parte del proprietario  di  un  veicolo,  dei  dati
personali  e  della  patente  del  conducente  dello  stesso,  resosi
responsabile di un'infrazione  stradale,  sanzionata  oltre  che  sul
piano pecuniario, anche  con  la  decurtazione  del  punteggio  dalla
patente di guida - avrebbe carattere «istantaneo», consumandosi  «nel
termine di sessanta giorni dalla notificazione del verbale» relativo,
appunto, ad una di tali  infrazioni  per  le  quali  e'  previsto  il
suddetto obbligo di comunicazione; 
        che siffatto indirizzo, tuttavia, darebbe luogo - secondo  il
giudice  a  quo  -  alla  «lesione  del  principio  nemo  tenetur  se
detegere»,  giacche'  il  proprietario  del  veicolo,  richiesto   di
comunicare i dati personali e della patente  del  responsabile  della
precedente infrazione (non identificato al momento  dell'accertamento
della   stessa),   dovrebbe   «necessariamente   fare   la   predetta
dichiarazione ex art.  126-bis»  nello  stesso  termine  di  sessanta
giorni «di cui dispone per la proposizione  dei  ricorsi»  esperibili
avverso  il  verbale  di   contestazione   dell'infrazione   stradale
«presupposto»; 
        che tale opzione ermeneutica - sempre a dire del remittente -
sarebbe, tuttavia, «in rotta  di  collisione»  con  quanto  affermato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27  del  2005,  giacche'
essa preciserebbe che in «nessun caso» il proprietario del veicolo e'
«tenuto a rivelare i dati personali e della  patente  del  conducente
prima  della   definizione   dei   procedimenti   giurisdizionali   o
amministrativi  per  l'annullamento  del  verbale  di   contestazione
dell'infrazione»; 
        che l'alternativa in cui  viene  posto  il  proprietario  del
veicolo - per effetto di tale interpretazione della norma censurata -
sarebbe in contrasto, secondo il giudice  a  quo,  con  il  principio
della inviolabilita' del diritto di difesa, e dunque  con  l'art.  24
Cost.; 
        che  l'interessato,  infatti,  potrebbe  o  «liberarsi  dalla
necessita'  di  ''confessare''  scegliendo  di  pagare  la   sanzione
pecuniaria di cui all'art. 126-bis» del codice della  strada,  ovvero
rendere  «una  confessione  di  responsabilita'»,  cio'   che   pero'
equivarrebbe a riconoscere «che lo Stato possa  pretendere  che  egli
confessi di essere stato il conducente del veicolo, al  diverso  fine
dell'applicazione della sanzione accessoria  della  decurtazione  dei
punti dalla patente di guida», prefigurando, cosi',  un  modello  del
tutto inedito di «collaborazione del  cittadino  all'attivita'  della
P.A.»; 
        che, per contro,  prima  dell'introduzione  della  cosiddetta
patente a punti, il  codice  della  strada  si  limitava  al  piu'  a
sanzionare - all'art. 180,  comma  8  -  «la  mancata  collaborazione
consistente  nell'omessa  esibizione  di  documenti,  dei  quali   il
conducente  di  un  veicolo»  fosse  risultato  sprovvisto  allorche'
«fermato»; 
        che nel sistema previgente, in altri termini, era  «ovvio  il
principio  secondo   cui   l'onere   della   prova   degli   illeciti
amministrativi» non puo' «trasferirsi  al  cittadino,  men  che  meno
prevedendo l'obbligatorieta' della confessione  della  sua  eventuale
responsabilita'»; 
        che  su  tali  basi,  pertanto,  il  remittente  ha   chiesto
dichiararsi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 126-bis,  comma
2, del codice della strada, peraltro limitatamente «al caso in cui il
proprietario» - ovvero  l'altro  soggetto,  diverso  dal  conducente,
tenuto alla comunicazione  (cioe'  l'obbligato  in  solido  ai  sensi
dell'articolo 196 del  medesimo  codice)  -  dovesse  «confessare  la
propria responsabilita'»; 
        che il giudice remittente -  pur  ritenendo  assorbente  tale
questione rispetto a quella prospettata dalla difesa  del  ricorrente
nel giudizio a quo - ha sollevato, per l'ipotesi in  cui  «cosi'  non
fosse ritenuto» dalla Corte costituzionale, un'ulteriore questione di
legittimita' costituzionale; 
        che, difatti, la norma censurata - ove fosse da  interpretare
nel senso che costringe il proprietario del  veicolo  ad  una  scelta
«tra il pagamento della sanzione pecuniaria e  l'effettuazione  della
dichiarazione» - violerebbe l'art. 3 Cost., giacche' le «persone meno
abbienti,   in   realta',   non   possono   avvalersi   della   prima
possibilita'», a differenza di «quelle facoltose», le  quali  possono
conservare intatti «i  propri  diritti  (punti  patente,  sospensione
della stessa) semplicemente pagando»; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   per   chiedere   che   le   questioni   vengano   dichiarate
manifestamente infondate; 
        che viene richiamata la sentenza n. 165 del 2008 della  Corte
costituzionale, la  quale  -  nel  rigettare,  a  dire  della  difesa
statale, analoga questione di legittimita' costituzionale -  ebbe  ad
osservare come il giudice a  quo  non  avesse  attribuito  il  dovuto
rilievo  «alla   circostanza   che   agli   illeciti   amministrativi
contemplati dal codice della strada si applica la disciplina generale
dell'illecito depenalizzato di cui alla legge 24  novembre  1981,  n.
689 (Modifiche al sistema penale), il cui art. 3, nel subordinare  la
responsabilita' all'esistenza  di  un'azione  od  omissione  che  sia
cosciente  e  volontaria,  ha  inteso,  appunto,  prevedere  il  caso
fortuito o la forza maggiore quali circostanze  idonee  ad  esonerare
l'agente da responsabilita'»; 
        che non in contrasto con tali principi si porrebbe -  secondo
l'Avvocatura generale dello Stato  -  l'interpretazione  della  norma
censurata proposta dalla giurisprudenza di legittimita'; 
        che, difatti, il  «compito  di  verificare  l'esimente  della
responsabilita' omissiva a carico del  proprietario  del  veicolo»  -
prosegue la difesa statale - «e' esercitato dal Giudice di  pace  nel
momento in cui  il  primo  proponga  ricorso,  sostenendo  l'ingiusta
valutazione da parte dell'autorita' verbalizzante del motivo  addotto
a  giustificazione  dell'impossibilita'  di  fornire   i   dati   del
conducente»; 
        che in riferimento, invece, «all'obbligo di comunicazione del
nominativo del conducente prima  e  a  prescindersi  dall'intervenuta
definitivita'  dell'accertamento  della   violazione»,   l'Avvocatura
generale dello Stato richiama la sentenza della Corte  costituzionale
n. 27 del 2005; 
        che la stessa, infatti, «pur non affrontando ex  professo  il
tema», ebbe ad affermare - osserva sempre la difesa statale - che «in
nessun caso il proprietario e' tenuto a rivelare i dati  personali  e
della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti
giurisdizionali o amministrativi per l'annullamento  del  verbale  di
contestazione dell'infrazione», dovendo  la  contestazione  ritenersi
definita solo  «quando  sia  avvenuto  il  pagamento  della  sanzione
amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi
amministrativi o  giurisdizionali  ammessi  ovvero  siano  decorsi  i
termini per la proposizione dei medesimi»; 
        che quanto, infine,  all'ipotizzata  violazione  dell'art.  3
Cost., la difesa statale rileva che il legislatore,  a  fronte  della
comprovata sussistenza di condizioni  personali  giustificative,  «ha
apprestato  appositi  strumenti  per  agevolare  il  pagamento  delle
sanzioni pecuniarie amministrative (rateizzazione della somma  dovuta
a seguito dell'acquisizione  della  forma  di  titolo  esecutivo  del
verbale)», secondo quanto previsto dall'art. 203, comma 3, del codice
della strada e dall'art. 26 della legge n. 689 del 1981. 
    Considerato che il Giudice di pace di Ficarolo ha sollevato -  in
riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione -  due  questioni
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  126-bis,  comma  2,  del
decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
strada), nel testo modificato dall'art. 2, comma 164, lettera b), del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286; 
        che le questioni appaiono manifestamente inammissibili; 
        che, difatti, il  giudice  remittente  -  oltre  a  proporre,
quanto alla prima questione, un quesito oscuro,  non  essendo  chiaro
come   il   carattere   istantaneo   dell'illecito    amministrativo,
conseguente alla violazione dell'obbligo di comunicazione di cui alla
norma censurata, possa determinare una  lesione  del  principio  nemo
tenetur se detegere (specie ove si  consideri  che  questa  Corte  ha
individuato una serie di ipotesi nella  quali  la  contestazione,  in
sede giudiziale o amministrativa, della legittimita' del  verbale  di
accertamento dell'illecito presupposto, rispetto  a  quello  previsto
dalla norma censurata,  risulta  «idonea  ex  se  ad  integrare  quel
documentato e giustificato  motivo  al  quale  da'  espresso  rilievo
l'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada»; ordinanza  n.  306
del  2009)  -  omette  completamente  di  descrivere  la  fattispecie
concreta oggetto del giudizio principale; 
        che tale carenza, impedendo a questa Corte  ogni  valutazione
sulla rilevanza delle  questioni  sollevate,  comporta  la  manifesta
inammissibilita' delle stesse (si vedano,  da  ultimo,  le  ordinanze
numeri 158, 154 e 131 del 2011). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della  strada),  nel
testo  modificato  dall'art.  2,   comma   164,   lettera   b),   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 24 novembre 2006,  n.  286,  sollevate  -  in
riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione - dal Giudice  di
pace di Ficarolo. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011. 
 
               Il Presidente - Il redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 13 luglio 2011. 
 
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti