N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 maggio 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30 maggio 2011 (della Regione Siciliana). 
 
Imposte e tasse - Finanza  regionale  -  Attuazione  dei  principi  e
  criteri recati dalla legge n. 42 del  2009  -  Federalismo  fiscale
  municipale - Attribuzione ai Comuni del gettito o quote del gettito
  derivante da taluni  tributi  elencati  -  Prevista  applicabilita'
  della disciplina anche alle  autonomie  speciali  -  Ricorso  della
  Regione  Siciliana  -  Ritenuta  lesione  dello  speciale   assetto
  finanziario  della  Regione  Siciliana,  lamentata  sottrazione  di
  risorse  proprie   della   Regione   in   assenza   di   meccanismi
  compensativi, lamentata insufficienza e aleatorieta' delle  risorse
  attribuite  ai  comuni,  lamentata  attribuzione  alla  Regione  di
  ulteriori  competenze  non  riconducibili  allo   Statuto   e   non
  assegnabili con  legge  ordinaria  -  Denunciata  violazione  della
  autonomia finanziaria e  delle  attribuzioni  in  materia  di  enti
  locali della Regione  Siciliana,  pregiudizio  all'esercizio  delle
  funzioni per  carenza  di  risorse  finanziarie,  violazione  della
  autonomia finanziaria dei comuni siciliani. 
- Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, artt. 2 e 14, comma 2. 
- Costituzione, artt. 81 e 119, comma quarto; statuto  della  Regione
  Siciliana, artt. 14, lett. o), 36  e  37;  decreto  del  Presidente
  della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074; legge 5 maggio  2009,  n.
  42. 
(GU n.33 del 3-8-2011 )
    Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore on. dott. Raffaele  Lombardo,  rappresentato  e  difeso,  sia
congiuntamente che  disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine  del
presente atto, dall'avv. Marina Valli e dall'avv. Beatrice  Fiandaca,
ed  elettivamente  domiciliato  presso  la  sede  dell'Ufficio  della
Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre
ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 136 del 13 maggio
2011, che si acclude; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso  gli  uffici
della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  e  difeso  per  legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 del d.lgs. 14 marzo 2011, n.  23,  recante
«Disposizioni  in  materia  di   federalismo   fiscale   municipale»,
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  23
marzo 2011, n. 67 - serie generale - per violazione degli artt. 36  e
37 dello Statuto, e delle relative norme  di  attuazione  di  cui  al
d.P.R. n. 1074 del 1965, e altresi'  dell'art.  14,  lett.  o)  dello
Statuto in relazione al regime della disciplina degli enti locali ed,
inoltre, dell'art. 14, comma 2, del succitato decreto  legislativo  e
delle ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad  essi  correlati
che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria  della  Regione  per
violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative  norme
di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, nonche' degli  artt.
81 e 119, quarto comma della  Costituzione,  nonche'  per  violazione
dell'autonomia finanziaria dei comuni; 
 
                              F a t t o 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  67  del  23  marzo
2011, e' stato pubblicato, il decreto legislativo 14 marzo  2011,  n.
23  in  materia  di  federalismo  fiscale  municipale,   emanato   in
attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42. 
    Il decreto interviene sull'assetto delle competenze  fiscali  tra
Stato ed enti locali, con decorrenza, dal 2011,  in  una  prima  fase
transitoria,  e  poi,  a  regime,   a   decorrere   dal   2014,   con
l'introduzione, in  sostituzione  di  tributi  vigenti,  dell'imposta
municipale (IMU). 
    Le entrate che si prevedono di attribuire  a  favore  dei  comuni
sono: dal 2011 al 2013: 
    Art. 2,  comma  2  -  il  30%  delle  imposte  sui  trasferimenti
immobiliari  (imposte  di  registro,  ipotecaria,  catastale,   tassa
ipotecaria e tributi speciali catastali); 
    Art. 2, comma 1, lett. a) - il gettito delle imposte di  registro
e di bollo sui contratti di locazione (devoluzione 100%); 
    Art. 2, comma 1, lett. c) - il  gettito  dell'Irpef  sui  redditi
fondiari (devoluzione 100%); 
    Art. 2, comma 4 - la compartecipazione all'IVA pari all'ammontare
del 2% del gettito Irpef; 
    Art. 2, comma 8 - una quota del 21,7 per l'anno 2011 e  del  21,6
per l'anno 2012 del  gettito  della  cedolare  secca  sui  canoni  di
locazione di immobili ad uso residenziale. 
    Dal 2014: 
    Art. 7, comma 2 - il 30% dei prelievi indiretti su  trasferimenti
immobiliari; 
    Art. 7, comma 3 - il 30% dei prelievi indiretti sui trasferimenti
immobiliari di cui all'art. 2, comma 2, lett. a), b), e) ed f); 
    Art. 7, comma 3 - il gettito delle imposte di registro e di bollo
sui contratti di locazione; 
    Art. 7, comma 3 - il gettito dell'Irpef sui redditi fondiari; 
    Art. 2, comma 8 - una quota, pari  al  21,6%  dei  gettito  della
cedolare  secca  sui  canoni  di  locazione  di   immobili   ad   uso
residenziale; 
    Art. 5  -  potenziale  manovrabilita'  dell'addizionale  comunale
all'Irpef (max 0,4%); 
    Art. 8 - IMU, che  sostituisce  per  la  componente  immobiliare,
l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali
dovute in relazione ai redditi fondiari relative ai beni non  locati,
e l'ICI. 
    Viene poi  istituita,  l'imposta  di  soggiorno,  affidandosi  ai
comuni capoluogo di provincia ed alle citta' turistiche e  d'arte  la
possibilita' di introdurre un'imposta fino  a  5  euro  per  notte  a
carico di  coloro  che  alloggiano  nelle  strutture  ricettive,  con
destinazione del relativo gettito ad alcune specifiche finalita', tra
cui quelle a favore del turismo. 
    Si prevede, altresi', una nuova disciplina dell'imposta di  scopo
(ora prevista nella legge n. 296/2006), da stabilirsi con un d.P.C.M.
che, tra l'altro, possa aumentarne la durata  fino  a  dieci  anni  e
prevedere che il relativo gettito finanzi  l'intero  ammontare  della
spesa dell'opera da realizzarsi. 
    Il gettito derivante dai tributi di cui agli innanzi citati commi
1  e  2  dell'art.  2,  affluisce  ad  un   Fondo   sperimentale   di
riequilibrio, di durata triennale, finalizzato a realizzare in  forma
progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione del gettito
medesimo ai comuni. 
    Il Fondo verra' ripartito sulla base di un  accordo  in  sede  di
Conferenza Stato-citta', nell'osservanza, comunque, di due  specifici
criteri: una quota del 30% del Fondo  andra'  ripartita  in  base  al
numero dei residenti  e,  al  netto  di  tale  quota,  una  ulteriore
percentuale del 20% dovra' essere destinata ai comuni che  esercitano
in forma  associata  le  funzioni  fondamentali  nonche'  alle  isole
monocomune. 
    Il decreto istituisce, inoltre, per il finanziamento delle  spese
dei comuni e  delle  province,  successivo  alla  determinazione  dei
fabbisogni standard per le funzioni  fondamentali,  all'art.  13,  un
Fondo perequativo a titolo di concorso  per  il  finanziamento  delle
funzioni svolte dai predetti enti, alimentato da  quote  del  gettito
dei tributi di cui all'art. 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione
ai tributi  sui  trasferimenti  immobiliari.  Il  predetto  fondo  e'
articolato  in  due  componenti   con   riferimento   alle   funzioni
fondamentali e non fondamentali. 
    Contestualmente all'attribuzione delle  entrate  derivanti  dalla
nuova fiscalita' che  attribuisce  autonomia  finanziaria  ai  comuni
viene  previsto   il   progressivo   superamento   del   sistema   di
finanziamento delle spese afferenti alle diverse  realta'  municipali
basato finora sui trasferimenti erariali. 
    Il decreto, come espressamente risulta dal preambolo, costituisce
attuazione dei principi e criteri recati dagli articoli 2,  commi  2,
11, 12, 13, 21 e 26, della legge n. 42 del 2009 e le norme suindicate
degli  artt.  2  e  14,  comma  2,   dello   stesso   si   appalesano
costituzionalmente illegittime e vengono censurate, in quanto  lesive
delle attribuzioni dell'autonomia finanziaria della Regione siciliana
nonche', rispettivamente, di quelle in materia di regime  degli  enti
locali, e degli artt. 81 e  119,  quarto  comma  della  Costituzione,
nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni  per  le
seguenti ragioni; 
 
                            D i r i t t o 
 
    Violazione degli articoli 36 e 37  dello  Statuto  della  Regione
siciliana e correlate norme  di  attuazione  in  materia  finanziaria
approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' degli artt.  81
e 119, IV comma della Costituzione. 
    Codesta ecc.ma Corte costituzionale in un  giudizio  promosso  da
questa Regione ed avente ad oggetto la legittimita' costituzionale di
talune norme della legge 5 maggio 2009, n. 42  -  fra  le  quali  gli
artt. 11 e 12 - ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'art.  1,  comma
2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che  gli  unici
principi  della  delega  sul  federalismo  fiscale  applicabili  alle
regioni a statuto speciale ed  alle  province  autonome  sono  quelli
contenuti negli artt. 15, 22 e 27» e ha ritenuto che «di  conseguenza
non sono applicabili alla Regione siciliana gli indicati  principi  e
criteri di delega contenuti nelle disposizioni censurate»  precisando
altresi' che la conclusione  enunciata  «e'  fondata  su  una  sicura
esegesi del dato normativo, priva di plausibili alternative». 
    Sennonche' diversamente dal decreto legislativo 28  maggio  2010,
n. 85, sul c.d.  federalismo  demaniale,  che  correttamente  non  si
occupa  delle  autonomie  differenziate,   il   nuovo   provvedimento
attuativo dedica loro due commi dell'art.  14  rubricato  «Ambito  di
applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme
transitorie» che di seguito si trascrivono: 
        «2. Al fine di  assicurare  la  neutralita'  finanziaria  del
presente decreto, nei confronti delle regioni a statuto  speciale  il
presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e  in
conformita' con le procedure previste dall'articolo 27  della  citata
legge n. 42 del 2009, e in particolare: 
a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle regioni a
statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta
sul reddito delle persone  fisiche  ovvero  al  gettito  degli  altri
tributi erariali, questa si intende riferita anche al  gettito  della
cedolare secca di cui all'articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza
e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo
2 nei confronti dei comuni ubicati nelle regioni a statuto  speciale,
nonche' le percentuali delle compartecipazioni di  cui  alla  lettera
a);  con  riferimento   all'imposta   municipale   propria   di   cui
all'articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti. 
        3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome
che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, le modalita'
di applicazione delle disposizioni  relative  alle  imposte  comunali
istituite con il  presente  decreto  sono  stabilite  dalle  predette
autonomie speciali in conformita'  con  i  rispettivi  statuti  e  le
relative norme di attuazione;  per  gli  enti  locali  ubicati  nelle
medesime regioni e province autonome non  trova  applicazione  quanto
previsto dall'articolo 2, commi da 1 a 8;  alle  predette  regioni  e
province autonome spettano le devoluzioni e le  compartecipazioni  al
gettito delle  entrate  tributarie  erariali  previste  dal  presente
decreto nelle misure e  con  le  modalita'  definite  dai  rispettivi
statuti speciali e dalle relative norme di attuazione per i  medesimi
tributi erariali o per quelli da essi sostituiti». 
    In particolare il comma  2,  pur  se  assume  di  intervenire  al
dichiarato  fine  di  «assicurare  la  neutralita'  finanziaria»  del
decreto stabilisce che nei confronti delle regioni a statuto speciale
il medesimo «si applica». 
    Ne' la previsione che cio' avvenga «nel rispetto  dei  rispettivi
statuti e in conformita' con  le  procedure  previste  dall'art.  27»
della legge n. 42 del 2009, puo'  far  ritenere  che  il  legislatore
delegato abbia inteso solo ribadire la clausola  della  legge  delega
ove si guardi anche al seguito della disposizione come pure al  comma
successivo relativo alle autonomie speciali che  esercitano  funzioni
di finanza locale. 
    Ed  invero  l'art.  14  al  comma  2  che  reca  la  clausola  di
salvaguardia applicabile alla Regione siciliana continua, come visto,
precisando alla lettera a)  che,  nei  casi  in  cui  alle  autonomie
speciali spetti una compartecipazione al gettito dell'IRPEF  o  degli
altri tributi erariali, essa si intende  riferita  anche  al  gettito
della cedolare secca, e  prevedendo  alla  lettera  b),  quanto  alla
devoluzione  ai  comuni  della  fiscalita'  immobiliare,  contemplata
dall'art. 2 del decreto,  il  rinvio  alla  sede  pattizia  solo  per
l'individuazione della  decorrenza  e  delle  modalita'  applicative,
nonche' delle percentuali delle compartecipazioni  al  gettito  della
cedolare   secca   ribadendo    cosi'    l'obbligo    dell'osservanza
dell'applicazione dei contenuti del provvedimento in parola. 
    E' palese quindi che le suenunciate disposizioni,  impugnate  col
presente ricorso, per effetto delle quali, in violazione dei principi
recati dalla legge delega,  viene  in  buona  sostanza  importato  in
ambito siciliano il nuovo sistema di finanziamento stabilito per  gli
enti locali situati nelle regioni  a  statuto  ordinario,  ledono  le
prerogative statutariamente riconosciute  alla  Regione  dalle  norme
rubricate sia in materia finanziaria sia sotto  i  dedotti  parametri
costituzionali. 
    La formula di presunta salvaguardia, infatti, non  tenendo  conto
delle osservazioni di  parte  regionale  rese  nelle  opportune  sedi
istituzionali, che evidenziavano come siffatto  impianto  finanziario
delineato per i comuni incida negativamente sulla finanza  regionale,
contraddice lo scopo della neutralita' finanziaria, che  dichiara  di
perseguire arrecando un vulnus al sistema finanziario garantito  alla
Regione. 
    E cio' in quanto l'attribuzione ai comuni del gettito o quote del
gettito derivante dai tributi elencati nell'articolo 2, ai  commi  1,
2, 3 e 4 sottrae alla Regione cespiti di spettanza regionale. 
    Ed invero, dalle previsioni recate dagli  artt.  36  e  37  dello
Statuto e dall'articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n.  1074  emerge
la regola generale secondo la quale  -  a  parte  talune  individuate
eccezioni, tra le  quali  sono  da  ricomprendere  le  nuove  entrate
tributarie il cui gettito  sia  destinato  con  apposite  leggi  alla
copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari   finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime -  spettano  alla  Regione  siciliana,  oltre  alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate ad  eccezione  di  quelle  riservate
allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla  produzione,  lotto  e
lotterie a carattere nazionale). 
    A fronte di tale assetto regolativo le disposizioni poste a  base
della riforma in senso federale della finanza municipale  non  recano
alcun esplicito contemperamento con il richiamato assetto finanziario
della Regione siciliana. 
    Ne' la prevista compartecipazione (art. 14,  comma  2,  lett.  a)
delle regioni a Statuto speciale al gettito della  cedolare  secca  e
dell'Imposta  municipale  propria,  e'  idonea   ad   assicurare   la
neutralita' finanziaria nei confronti della  Regione  siciliana,  ne'
sotto il profilo quantitativo ne'  sotto  il  profilo  dell'autonomia
finanziaria statutariamente garantita. 
    Infatti, diversamente dalle altre autonomie speciali, la  Regione
risulta titolare dell'intero cespite tributario  che,  pertanto,  non
dovrebbe subire decurtazioni e, tuttavia, la stessa, a  tenore  della
disposizione in argomento non potrebbe sottrarsi alla devoluzione  ai
comuni di una quota compartecipativa. 
    In altri termini il legislatore delegato per finanziare gli  enti
locali viene a disporre non di risorse proprie ma di quelle spettanti
alla Regione (IRPEF, IVA, tributi vari relativi  ad  atti  aventi  ad
oggetto immobili,cedolare  secca)  che  subisce,  in  tal  modo,  una
riduzione del gettito tributario, senza che si  prevedano  meccanismi
compensativi della forte contrazione delle entrate regionali. 
    In proposito si reputa opportuno riportare  quanto  rilevato  dal
Governo nella relazione alle camere in ottemperanza alla disposizione
dell'art. 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42 e precisamente
nell'allegata relazione  della  Commissione  tecnica  paritetica  per
l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF)  del  30  giugno  2010.
Infatti, nel considerare la particolare situazione  delle  regioni  a
Statuto  speciale,  e'  stato  rilevato  che  «I   trasferimenti   da
fiscalizzare dovrebbero riguardare solo gli enti locali situati nelle
regioni a  statuto  ordinario,  rimanendo  nelle  regioni  a  Statuto
speciale la fiscalizzazione affidata al particolare percorso  che  la
legge  n.  42/2009  ha  riservato  loro  in  ossequio   all'autonomia
statutaria. 
    Invero, la questione si pone solo per gli enti locali situati  in
Sicilia e in Sardegna, perche' le  regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e
Valle d'Aosta e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  hanno
gia' provveduto ad attuare la propria autonomia in materia di finanza
locale, assumendo a  proprio  carico  gli  oneri  corrispondenti.  In
Sicilia e Sardegna, invece, gli enti locali sono  ancora  destinatari
di cospicui trasferimenti da  parte  dello  Stato.  Sembra  difficile
sostenere che, in situazione siffatta, l'esercizio della delega possa
estendersi agli enti  locali  di  Sicilia  e  Sardegna:  molto  forte
risulterebbe il rischio di illegittimita' costituzionale e di eccesso
di delega». 
    Nel rammentare che le entrate spettanti  alla  Regione,  come  e'
noto, sono appena sufficienti a  ricoprire  gli  oneri  che  derivano
dall'esercizio delle funzioni  statutariamente  previste  si  precisa
infatti che da prime e approssimative  stime,  elaborate  utilizzando
come fonte primaria la relazione della COPAFF del 30 giugno  2010,  i
riflessi negativi per il bilancio regionale, appaiono  di  dimensioni
finanziarie ingenti quantificati in circa 700 milioni di euro annui. 
    Detto importo, che a titolo esemplificativo risulta pari al 76,67
per cento del Fondo autonomie (art. 8, comma 1, l.r. 30 gennaio 2006,
n. 1, che per l'anno 2009 e' stato  determinato  in  913  milioni  di
euro) e al 17,28 per cento della  quota  di  compartecipazione  della
Regione al Fondo sanitario nazionale (che per l'anno  2009  e'  stato
determinato in euro  4.051.721.354,84),  determina  all'evidenza  uno
squilibrio finanziario insostenibile  a  carico  del  bilancio  della
Regione. 
    Al riguardo quindi non puo' non richiamarsi il principio derivato
dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (cfr.  sentenze  n.  307
del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993, n. 376/2003, n. 260/2004,
n. 417/2005 n. 138/1999)  per  cui  lo  Stato  puo'  «nell'ambito  di
manovre  di  finanza  pubblica,  anche  determinare  riduzioni  nella
disponibilita' finanziaria delle regioni, purche', appunto, non  tali
da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze  complessive
della spesa regionale». 
    Pertanto la sottrazione di risorse proprie della Regione, gia' in
violazione ex artt. 36 e  37  dello  Statuto,  comporta  un  notevole
squilibrio  finanziario  che  pregiudica  la  possibilita',  per   la
Regione, di esercitare le proprie funzioni  per  carenza  di  risorse
finanziarie, in violazione anche dei principi derivanti dall'art.  81
e 119, quarto comma, della Costituzione. 
    In  ordine   al   suindicato   parametro   dell'art.   81   della
Costituzione, si osserva che le richiamate disposizioni del d.lgs. n.
23/2011  sottraggono  alla  Regione  siciliana  un  cospicuo  gettito
finanziario senza stabilire con quali risorse finanziarie esso  possa
essere sostituito. 
    Quanto alla dedotta violazione dell'art. 119, IV comma,  relativa
anche all'autonomia finanziaria dei  comuni,  questa  difesa  e'  ben
consapevole della sua applicabilita' alla Regione siciliana, ai sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale  modificativa  del  titolo  V
della Costituzione, solo per le parti in cui esso  preveda  forme  di
autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite, e tuttavia ne
prospetta  la  violazione  sia  per  la  lesione   delle   competenze
finanziarie proprie di questa Regione  che  per  il  pregiudizio  che
arreca alle attribuzioni degli enti locali siciliani. Ed  invero  «le
regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche  per  la
lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla
prospettazione  della   violazione   della   competenza   legislativa
regionale»  (sent.  n.  298/2009)   considerato   che   «la   stretta
connessione, in particolare [...] in  tema  di  finanza  regionale  e
locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali
consente di ritenere che  la  lesione  delle  competenze  locali  sia
potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze
regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del  2005  e  n.
196 del  2004).  Si  confida,  pertanto,  che  codesta  Corte  voglia
ritenere la sussistenza  delle  surriportate  lesioni  dei  parametri
costituzionali considerato che non solo la Regione ma pure  i  comuni
siciliani, in applicazione del  decreto,  verrebbero  a  disporre  di
mezzi finanziari insufficienti per l'adempimento dei propri compiti. 
    Infatti, il totale dei trasferimenti  a  carico  dello  Stato  ai
comuni siciliani viene stimato in circa  1,6  miliardi  di  caro  che
sommati ai trasferimenti a carico della Regione,  pari  a  circa  1,2
miliardi di euro, complessivamente ammontano a circa 2,8 miliardi  di
euro. 
    Ora,   l'ammontare   del   gettito    della    devoluzione    e/o
compartecipazione ai tributi erariali, nella previsione  del  decreto
legislativo in esame, pur considerando le entrate derivanti dai nuovi
cespiti  introdotti  dallo  stesso  decreto  (art.  4  -  imposta  di
soggiorno, art. 3 - cedolare  secca,  art.  6  -  imposta  di  scopo,
recupero  evasione  fiscale)  non  risulta  idoneo  a  garantire   un
ammontare uguale agli attuali trasferimenti provenienti dallo Stato. 
    Infatti,  l'incremento  derivante  dalla  compartecipazione  alla
cedolare secca, che comunque si ascrive integralmente alla  spettanza
regionale, ad oggi non risulta stimabile nel suo ammontare,  giacche'
la scelta di optare per tale  tipo  di  tassazione  e'  riservata  al
contribuente. 
    Ammesso che, nella emananda normativa di attuazione, si scelga la
compartecipazione agli enti locali, la relativa  entrata  per  questi
ultimi riveste un grado di aleatorieta' elevata. 
    Ne' i sistemi perequativi risultano di facile applicabilita'  per
i comuni siciliani, atteso il singolare  impianto  finanziario  della
Regione siciliana che ascrive alla integrale spettanza della medesima
quei tributi che nella relativa previsione dovrebbero  alimentare  il
fondo stesso. 
    Violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto siciliano. 
    L'art. 2 del  d.lgs.  n.  23/2011  prevedendo  l'attribuzione  ai
comuni di tributi o quote  di  tributi  di  spettanza  della  Regione
siciliana, oltre che dei suenunciati parametri statutari  in  materia
finanziaria e costituzionali per le ragioni sopra svolte, si  profila
lesivo della norma statutaria rubricata in  quanto  finisce  col  far
carico alla Regione siciliana di ulteriori competenze  che,  come  di
recente ribadito da codesta Corte con la sentenza n.  442  del  2008,
non sono riconducibili alla previsione dell'art. 14, lett.  o)  dello
Statuto  siciliano  e  non  possono  comunque  assegnarsi  con  legge
ordinaria. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale  del  d.lgs.  14
marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in  materia  di  federalismo
fiscale municipale» e precisamente: 
        dell'articolo 2 per violazione degli  artt.  36  e  37  dello
Statuto, e delle relative norme di attuazione di  cui  al  d.P.R.  n.
1074 del 1965, e altresi' dell'articolo 14, lett. o) dello Statuto in
relazione al regime della disciplina degli enti locali; 
        dell'articolo 14, comma 2, e delle ulteriori disposizioni  ad
essi correlati che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria della
Regione per violazione degli artt. 36 e 37  dello  Statuto,  e  delle
relative norme di attuazione di cui  al  d.P.R.  n.  1074  del  1965,
nonche' degli artt.  81  e  119,  quarto  comma  della  Costituzione,
nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni. 
    Con riserva di ulteriori deduzioni. 
    Si deposita con il  presente  atto:  deliberazione  della  Giunta
regionale n. 136 del 13 maggio 2011 che autorizza la proposizione  al
ricorso. 
      Palermo, addi' 18 maggio 2011 
 
                         Avv. Valli-Fiandaca