N. 218 ORDINANZA 4 - 21 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Credito agrario - Norme  della  Regione  Siciliana  -  Proroga  delle
  esposizioni agrarie scadute  alla  data  del  31  dicembre  2008  -
  Denunciata invasione della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
  materia di "ordinamento civile", nonche' sottrazione  al  creditore
  del diritto di  agire  per  l'adempimento  dell'obbligazione  e  di
  esercitare gli altri strumenti di tutela previsti dal  contratto  -
  Lamentata ingiustificata disparita'  di  trattamento  tra  imprese,
  limitazione dell'autonomia privata e incidenza  sulla  liberta'  di
  iniziativa economica degli  istituti  bancari  -  Esclusione  della
  legittimazione del  rimettente  (Arbitro  Bancario  Finanziario)  a
  sollevare questioni  di  legittimita'  costituzionale  -  Manifesta
  inammissibilita'. 
- Legge della Regione Siciliana 14 maggio 2009, n. 6, art. 19,  comma
  1. 
- Costituzione, artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lett. l). 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO Giudice,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma  1,
della  legge  della  Regione  Siciliana  14   maggio   2009,   n.   6
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009),  promosso
dall'Arbitro  Bancario   Finanziario,   Collegio   di   Napoli,   nel
procedimento vertente tra Di Caro Giuseppa nella qualita' di titolare
dell'impresa Individuale Azienda agricola  Deliella  e  il  Banco  di
Sicilia S.p.a., con ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al  n.  363
del registro ordinanze 2010 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2010; 
    Visti l'atto di costituzione di Di Caro Giuseppa  nonche'  l'atto
di intervento della Regione Siciliana; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  giugno  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Udito l'avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione Siciliana. 
    Ritenuto: 
        che, con provvedimento del 6 luglio 2010, l'Arbitro  Bancario
Finanziario, Collegio di Napoli, ha sollevato,  in  riferimento  agli
articoli 3, 41 e 117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1, della
legge della Regione Siciliana 14  maggio  2009,  n.  6  (Disposizioni
programmatiche e correttive per l'anno 2009), che prevede la proroga,
da parte degli istituti di credito, della scadenza dei termini  delle
esposizioni agrarie; 
        che il Collegio rimettente premette di essere stato investito
da  un  reclamo,  proposto  a  norma  delle  disposizioni   attuative
dell'art. 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993,  n.  385
(Testo unico delle leggi in materia bancaria e  creditizia),  con  il
quale la titolare di una azienda agricola  siciliana,  debitrice  nei
confronti del Banco di Sicilia per un credito agrario  gia'  scaduto,
aveva richiesto all'istituto di credito  l'applicazione  della  norma
oggetto di impugnativa ricevendo risposta  negativa  da  parte  dello
stesso istituto; 
        che, a fronte delle contrapposte tesi sostenute dalle  parti,
il Collegio ha rilevato come l'unica interpretazione plausibile della
norma  in  discussione,  avuto   riguardo   all'univoco   significato
testuale, e' che la disposizione stessa abbia  inteso  introdurre  un
vero e proprio diritto potestativo del debitore, con un corrispettivo
obbligo per l'intermediario bancario, non  rilevando  che  il  debito
della azienda ricorrente fosse gia' stato prorogato; 
        che la disposizione denunciata risulterebbe in contrasto  con
gli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione,
il quale, nell'individuare tra i limiti  della  potesta'  legislativa
regionale quello dell'«ordinamento civile», «certamente sottrae  alle
Regioni il potere di dettare prescrizioni che incidono sull'autonomia
privata, oltretutto nell'ambito  di  rapporti  contrattuali  gia'  in
essere»; 
        che il Collegio reputa pregiudizialmente necessario  svolgere
una approfondita disamina delle circostanze alla stregua delle  quali
ravvisa la propria legittimazione a sollevare il quesito  incidentale
di legittimita' costituzionale; 
        che l'Arbitro Bancario Finanziario, nell'ambito  dei  sistemi
di risoluzione stragiudiziale delle controversie,  avrebbe  un  ruolo
«autenticamente   decisorio»,   atteso   che   le    sue    decisioni
risulterebbero  per  vari  aspetti   vincolanti,   specie   per   gli
intermediari, la cui «reputazione» sarebbe messa in gioco in caso  di
inottemperanza; 
        che il ruolo dell'Arbitro Bancario Finanziario  risulterebbe,
pertanto, «in qualche modo contiguo» a  quello  degli  arbitri,  oggi
abilitati a promuovere questioni di  legittimita'  costituzionale  in
forza dell'art. 819-bis del codice  di  procedura  civile,  apparendo
essenziale, in forza anche della giurisprudenza  costituzionale,  che
l'organo rimettente sia chiamato a  risolvere  una  controversia  nel
rispetto delle garanzie del contraddittorio  e  facendo  applicazione
obiettiva del diritto; 
        che la questione sollevata sarebbe rilevante atteso che,  ove
la norma censurata, sicuramente applicabile  al  contenzioso  insorto
fra le parti, fosse  riconosciuta  costituzionalmente  legittima,  la
stessa imporrebbe al Collegio di accogliere la domanda della  azienda
agricola  ricorrente,  non  essendo  possibile   procedere   ad   una
interpretazione adeguatrice tale da scongiurare il prospettato  vizio
di legittimita'; 
        che la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  che  esclude   la   competenza
legislativa delle regioni in  materia  di  «ordinamento  civile»,  in
connessione all'esigenza di garantire  l'uniformita'  nel  territorio
nazionale delle regole fondamentali che disciplinano i  rapporti  fra
privati; 
        che, prorogando la scadenza di crediti gia' scaduti, la norma
stessa genererebbe l'«effetto di sottrarre al creditore il diritto di
agire per l'adempimento, anche nelle forme della esecuzione  forzata,
nonche' l'esercizio degli altri  strumenti  di  tutela  previsti  dal
contratto -  come  ad  esempio   il   diritto   di   risolverlo   per
inadempimento - costringendolo a subire la prosecuzione coattiva  del
rapporto, ed anzi addirittura la sua ricostituzione  coattiva  quando
(come tra l'altro  sarebbe  nel  caso  di  specie)  egli  abbia  gia'
manifestato l'intenzione di recedere dal rapporto»; 
        che,  d'altra  parte,  la  materia  oggetto   dell'intervento
legislativo censurato non rientrerebbe nell'ambito di quelle «per  le
quali l'art. 14 dello  Statuto  [siciliano]  riconosce  alla  Regione
competenza legislativa esclusiva», non potendo essa «ricondursi  alla
materia "agricoltura"»; 
        che  la  disposizione  censurata  si  porrebbe,  inoltre,  in
contrasto con l'art. 3  Cost.,  giacche'  essa  introdurrebbe,  senza
alcuna ragionevolezza, «un regime di maggior favore per  il  debitore
impresa agricola, e che abbia beneficiato di  erogazione  di  credito
agrario ai  sensi  dell'art.  43  TUB,  in  raffronto  per  un  verso
all'impresa sempre agricola che sia stata altrimenti finanziata [...]
e, per altro verso, e soprattutto, rispetto alle imprese  diverse  da
quella agricola appunto finanziate dal sistema bancario»,  senza  che
possano valere le ragioni  prospettate  dalla  norma,  ne'  sotto  il
profilo della crisi generale  (che  non  giustificherebbe  interventi
selettivi in ragione della tipologia del credito concesso), ne' sotto
il generico profilo delle «avverse condizioni climatiche»; 
        che essa,  infine,  violerebbe  anche  l'art.  41  Cost.,  in
quanto, incidendo su rapporti in corso o addirittura gia' risolti, si
tradurrebbe in una ingiustificata limitazione dell'autonomia privata,
incidendo sulla liberta' di iniziativa  degli  istituti  bancari,  ai
quali sarebbe «sottratta la possibilita' di scegliere, sulla base  di
valutazioni legate al merito creditizio  dell'impresa  debitrice,  se
concedere la proroga oppure perseguire nelle autonome prospettive  di
recupero del credito verso il debitore inadempiente», senza che  cio'
trovi giustificazione in «superiori esigenze  di  utilita'  sociale»,
potendo gli istituti  di  credito,  ove  non  vincolati  dalla  norma
censurata, liberare capitali per finanziare imprese piu' meritevoli; 
        che si e' costituita in giudizio la parte privata, ricorrente
nel  procedimento  principale,  la  quale   ha   concluso   chiedendo
dichiararsi inammissibile e comunque infondata la proposta questione; 
        che l'Arbitro Bancario Finanziario non sarebbe legittimato  a
sollevare questione di legittimita'  costituzionale,  trattandosi  di
organo che non esercita funzioni giudicanti e non e' collocato in una
posizione super  partes  e  le  cui  decisioni  non  produrrebbero  i
medesimi   effetti   della   sentenza   pronunciata    dall'autorita'
giudiziaria,  non  essendo  contro  di   esse   previsti   mezzi   di
impugnazione in quanto contenenti misure che non incidono sulla sfera
giuridica delle parti  e  non  precludono  il  ricorso  all'autorita'
giudiziaria; 
        che la questione risulterebbe pure inammissibile  considerato
che  nel  procedimento  a  quo  non  sarebbe  stato   rispettato   il
contraddittorio, non  essendo  le  controdeduzioni  avversarie  state
notificate alla parte ricorrente; 
        che  l'art.  117  Cost.  sarebbe  stato   evocato   in   modo
inadeguato, senza specifica indicazione  della  norma  statutaria  di
riferimento, senza, percio', che il rimettente abbia verificato se la
disposizione   legislativa   contestata   possa   essere   ricondotta
nell'ambito delle materie che rientrano nella  competenza  regionale,
limitandosi ad escludere che la  norma  impugnata  sia  riconducibile
alla materia, in genere, dell'«agricoltura»; 
        che la questione sarebbe, comunque,  infondata,  giacche'  la
disposizione  censurata  non  sopprime  l'autonomia  negoziale  delle
parti, ma si limita  ad  introdurre  una  norma  transitoria  la  cui
portata e' gia' esaurita, giustificata da una situazione  eccezionale
e da ragioni di interesse pubblico e  sociale,  con  attribuzione  al
debitore dell'onere del pagamento degli interessi; 
        che la questione risulterebbe parimenti  infondata  anche  in
riferimento agli artt. 41 e 3 Cost., stante il rilievo  che,  accanto
alle eccezionali emergenze di carattere economico ed atmosferico,  la
scelta  legislativa  sarebbe  orientata  verso  un  settore,   quello
agricolo, «sempre destinatario di discipline (anche comunitarie e non
solo regionali  o  nazionali)  specifiche,  in  considerazione  delle
proprie peculiarita'»; 
        che nel giudizio ha infine spiegato  atto  di  intervento  la
Regione Siciliana, in persona del  suo  Presidente  pro-tempore,  per
chiedere una pronuncia di inammissibilita' o di infondatezza; 
        che anche la Regione deduce il difetto di legittimazione  del
Collegio rimettente sul rilievo che la figura  dell'Arbitro  Bancario
Finanziario non potrebbe ritenersi «contigua» a  quella  dell'arbitro
rituale nonche' sul rilievo che le disposizioni che  ne  regolano  le
attribuzioni  evidenziano  il  carattere  non  alternativo   che   le
decisioni  adottate  dal  Collegio  presentano  rispetto  ai   rimedi
giurisdizionali; 
        che, infatti, a differenza di quanto previsto tanto  in  sede
giudiziaria che arbitrale, anche dopo la decisione del Collegio,  non
vincolante per il cliente e per l'intermediario, e' sempre  possibile
ricorrere alla autorita'  giudiziaria  ovvero  ad  ogni  altro  mezzo
previsto  dall'ordinamento  per  la  tutela  dei  propri  diritti  ed
interessi; 
        che le parti non sarebbero, del resto, neppure  collocate  in
posizione di parita', come avviene in un  giudizio  anche  arbitrale,
essendo   concessa   maggior   tutela   al   cliente,   quale   parte
contrattualmente piu' debole; 
        che, peraltro, la premessa interpretativa  da  cui  muove  il
Collegio  rimettente  sarebbe  erronea,  in  quanto  la  disposizione
impugnata avrebbe natura soltanto «propulsiva, costituendo un  invito
a porre in essere la prevista proroga al fine della realizzazione del
pubblico interesse sottostante,  ma  nel  rispetto  delle  previsioni
codicistiche che la vincolano ad una  espressa  e  conforme  volonta'
delle parti»; 
        che, pertanto, non essendo  stata  imposta  autoritativamente
alcuna proroga legale, la legge  regionale  non  avrebbe  travalicato
alcun limite posto dai parametri costituzionali evocati; 
        che, in una memoria depositata in  prossimita'  dell'udienza,
la  Regione  Siciliana  ha  insistito  nelle   precedenti   richieste
precisando argomenti gia' svolti nell'atto di intervento. 
    Considerato che, con provvedimento del 6 luglio  2010,  l'Arbitro
Bancario Finanziario, Collegio di  Napoli,  solleva,  in  riferimento
agli  articoli  3,  41  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
19, comma 1, della legge della Regione Siciliana 14 maggio 2009, n. 6
(Disposizioni programmatiche  e  correttive  per  l'anno  2009),  che
prevede la  proroga,  da  parte  degli  istituti  di  credito,  della
scadenza dei termini delle esposizioni agrarie; 
        che, preliminarmente, in punto di legittimazione a  sollevare
questioni di  legittimita'  costituzionale,  il  Collegio  rimettente
sottolinea come, alla luce della disciplina relativa alla struttura e
alla funzione di tale organismo - di cui,  in  particolare,  all'art.
128-bis del decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n.  385  (Testo
unico  delle  leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia)   e   alle
conseguenti  disposizioni  attuative  -,   trasparirebbe   un   ruolo
«autenticamente decisorio» delle controversie insorte tra clienti  ed
intermediari bancari, con la rigorosa  applicazione  delle  norme  di
diritto; 
        che la decisione adottata all'esito della prevista  procedura
presenterebbe profili di efficacia, sotto  vari  aspetti,  vincolante
(in  particolare  per  cio'   che   riguarda   la   posizione   degli
intermediari,  posto  che  la  «reputazione»  dei  medesimi  potrebbe
risultare compromessa in caso di inottemperanza), con la  conseguenza
di rendere il ruolo dell'Arbitro  Bancario  Finanziario  «in  qualche
modo contiguo» a quello degli arbitri, oggi espressamente abilitati a
promuovere  questioni  di  legittimita'   costituzionale   in   forza
dell'art. 819-bis del codice di procedura civile; 
        che una simile conclusione  si  troverebbe  in  linea  con  i
principi affermati da questa Corte nelle sentenze n. 83 del 1966 e n.
376 del 2001,  ove,  nel  delineare  la  nozione  di  giudizio  e  di
autorita' giurisdizionale ai fini di  quanto  previsto  dall'art.  23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  si  e'  stabilito  come  sia
essenziale, a quegli effetti, che l'organo rimettente sia chiamato  a
risolvere  una  controversia  nel   rispetto   delle   garanzie   del
contraddittorio e facendo applicazione obiettiva del diritto; 
        che detti requisiti risulterebbero nella specie  soddisfatti,
tenuto conto anche della posizione super partes che caratterizzerebbe
l'Arbitro Bancario Finanziario, anche  sul  versante  della  relativa
composizione e dei meccanismi di nomina dei componenti il collegio; 
        che  gli  accennati  rilievi,  diffusamente   elaborati   dal
Collegio rimettente per asseverare la propria qualita' di  «autorita'
giurisdizionale», non possono tuttavia essere considerati persuasivi,
alla  luce  della  stessa  disciplina  relativa   alle   attribuzioni
dell'organo in questione; 
        che, infatti, non puo' non osservarsi come l'Arbitro Bancario
Finanziario,  pur  istituito  sulla  base  di  una  disposizione   di
carattere legislativo, quale l'art. 128-bis del Testo unico  bancario
(il quale, peraltro, nelle varie e successive stesure, si e' limitato
a stabilire soltanto  la  previsione  di  un  organismo  destinato  a
favorire la risoluzione stragiudiziale delle controversie tra clienti
ed  intermediari  bancari,  in   modo   che   siano   assicurate   la
«imparzialita'» dell'organo e  la  «rappresentativita'  dei  soggetti
interessati»), ha poi trovato la propria  disciplina  esclusivamente,
come previsto, in disposizioni di carattere amministrativo, quali, in
particolare,  la  delibera  del  Comitato  interministeriale  per  il
credito e il risparmio (CICR) 29  luglio  2008,  n.  275,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 222 del 2008, e le disposizioni  adottate
dalla Banca d'Italia il 18 giugno 2009 e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 144 del 2009; 
        che,  pertanto,  gia'  alla  stregua  del   carattere   delle
disposizioni in base alle quali l'organismo  in  questione  e'  stato
effettivamente istituito ed e' chiamato a procedere  e  decidere,  si
profilano, sul  piano  strutturale  e  funzionale,  connotazioni  che
valgono ad escludere la riconducibilita'  di  tale  organo  a  quelli
giurisdizionali, ancorati, per  loro  stessa  natura,  al  fondamento
costituzionale e alla riserva di legge; 
        che,  d'altra  parte,  e'  ulteriormente  significativo,  per
denotare il carattere dei compiti dell'organismo in discorso, che gli
stessi criteri e requisiti di nomina dei componenti,  il  loro  stato
giuridico e  il  complesso  delle  regole  deontologiche,  non  siano
paragonabili ai presidi corrispondentemente previsti nei confronti di
organismi chiamati a svolgere funzioni giurisdizionali; 
        che,  allo  stesso  modo,  gli  indici  di   riconoscibilita'
considerati tipici delle funzioni giurisdizionali appaiono del  tutto
assenti in riferimento alle specifiche attribuzioni  che  l'organismo
in discorso e' chiamato a svolgere,  alla  stregua  delle  richiamate
fonti che ne disciplinano il funzionamento; 
        che,   difatti,   risulta   particolarmente   rilevante    la
circostanza  per  la   quale   l'intervento   dell'Arbitro   Bancario
Finanziario  e',  da  un  lato,  precluso  nell'ipotesi  in  cui   la
controversia sia stata gia' sottoposta alla autorita'  giudiziaria  o
rimessa a decisione arbitrale (art. 2, comma 6, della citata delibera
CICR) e, dall'altro, risulta ugualmente vanificato qualora nel  corso
del procedimento la controversia stessa sia  devoluta  ai  giudici  o
agli arbitri (art. 6, comma 4, della medesima delibera); 
        che  dette  circostanze  assumono,  nel  complesso,   portata
dirimente agli effetti che  qui  interessano  anche  sulla  base  del
comunicato della  Banca  d'Italia  del  26  ottobre  2010,  ove,  fra
l'altro, incisivamente si  puntualizza  che  «per  gli  intermediari,
cosi' come per i clienti, quale  che  sia  l'esito  della  procedura,
resta ferma la facolta' di ricorrere all'autorita' giudiziaria ovvero
ad ogni altro mezzo  previsto  dall'ordinamento  per  la  tutela  dei
propri diritti e interessi», sul rilievo che «le decisioni  dell'ABF,
infatti, non incidono sulle situazioni giuridiche delle parti»; 
        che i caratteri della giurisdizione si  rivelano,  del  pari,
inesistenti anche con riguardo al profilo  relativo  alla  decisione,
posto che la stessa non assume, in realta', alcun valore cogente  per
nessuna delle parti «in causa»,  svolgendo  essa  solo  una  funzione
destinata  ad   incidere   sulla   immagine   e   sulla   reputazione
dell'intermediario,  in  particolare  se  non  ottemperante,  secondo
connotazioni  che  possono  riecheggiare  gli  interventi  di  organi
amministrativi in autotutela; 
        che,  per  altro  verso,  la  circostanza  secondo   cui   il
«responso» dell'Arbitro Bancario Finanziario  debba  essere  adottato
«secondo diritto» non  puo'  ritenersi  in  se'  argomento  probante,
giacche' e' tipico di  qualsiasi  funzione  giustiziale  procedere  e
adottare le proprie determinazioni secundum ius, al pari di qualsiasi
organismo della pubblica amministrazione; 
        che,  pertanto,  deve  essere   esclusa   la   legittimazione
dell'Arbitro  Bancario   Finanziario   a   sollevare   questioni   di
legittimita' costituzionale, dovendo quella qui ora  proposta  essere
dichiarata manifestamente inammissibile. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1, della legge  della
Regione Siciliana 14 maggio 2009, n. 6 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l'anno 2009), sollevata, in riferimento agli  articoli
3,  41  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della   Costituzione,
dall'Arbitro  Bancario  Finanziario,  Collegio  di  Napoli,  con   il
provvedimento indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 2011. 
 
                       Il cancelliere: Melatti